Il 13 giugno 2025 ha segnato una svolta drammatica nel conflitto latente tra Israele e Iran. L’Operazione “Leone Nascente”, lanciata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF), ha colpito obiettivi sensibili nel cuore del programma nucleare iraniano. L’attacco ha sollevato interrogativi fondamentali non solo sul piano militare e politico, ma soprattutto sul terreno del diritto internazionale.
Israele ha giustificato l’operazione come un atto di legittima difesa contro una minaccia esistenziale imminente. L’obiettivo dichiarato: impedire che l’Iran si doti di un’arma nucleare. Ma tale giustificazione regge alla luce della Carta delle Nazioni Unite e del diritto consuetudinario internazionale?
Secondo l’articolo 51 della Carta ONU, uno Stato può ricorrere alla forza armata solo in risposta a un attacco armato in atto. Tuttavia, Israele ha invocato la dottrina della “legittima difesa anticipata”, sostenendo che attendere l’attacco iraniano sarebbe stato troppo tardi. Tale dottrina non è esplicitamente riconosciuta dalla Carta, ma è stata avanzata da alcune potenze occidentali, in particolare dagli Stati Uniti dopo l’11 settembre.
Il principio guida di questa dottrina è quello della “ultima finestra di opportunità”: se un attacco appare certo, imminente e devastante, uno Stato può agire per prevenirlo. Israele ha sostenuto che il fallimento dell’Iran nel cooperare con l’AIEA (l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), la retorica bellicosa di Teheran e l’arricchimento accelerato dell’uranio rappresentavano elementi sufficienti a giustificare l’uso preventivo della forza.
Tuttavia, la legittimità giuridica rimane contestata. La prassi internazionale e le opinioni giuridiche prevalenti, inclusa quella della Corte Internazionale di Giustizia, tendono a limitare severamente l’uso della forza al di fuori delle autorizzazioni del Consiglio di Sicurezza ONU.
Un aspetto particolarmente controverso dell’operazione riguarda gli attacchi mirati contro scienziati iraniani coinvolti nel programma nucleare. Secondo il diritto internazionale umanitario, i civili godono di protezione contro gli attacchi diretti, a meno che non partecipino attivamente alle ostilità. La qualifica giuridica di questi scienziati dipende dunque dal loro coinvolgimento operativo nei programmi militari.
Il principio di distinzione, parte dello jus cogens, impone agli Stati di distinguere in ogni momento tra combattenti e civili. Se un civile partecipa direttamente a un’azione bellica – per esempio contribuendo allo sviluppo di un’arma nucleare da utilizzare contro un altro Stato – può temporaneamente perdere la protezione e diventare un obiettivo legittimo.
Tuttavia, la soglia per stabilire una “partecipazione diretta alle ostilità” è alta e controversa. Secondo le linee guida del Comitato Internazionale della Croce Rossa, tale partecipazione deve essere concreta, diretta e immediata nella sua efficacia. Senza prove certe, colpire tali figure può configurarsi come violazione del diritto internazionale umanitario.
L’Operazione Leone Nascente ha sollevato reazioni divergenti. Gli Stati Uniti hanno supportato Israele nell’intercettazione dei missili iraniani, rafforzando l’alleanza strategica. Al contrario, molti Paesi membri dell’ONU hanno espresso preoccupazione per l’unilateralismo israeliano e per il rischio di un’escalation incontrollabile.
Il Consiglio dei Governatori dell’AIEA ha deferito la questione al Consiglio di Sicurezza e all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Tuttavia, l’assenza di un’azione concertata e l’inefficacia dei canali diplomatici hanno favorito la via militare.
Israele, dal canto suo, ha affermato che l’Iran è impegnato ideologicamente a distruggerlo e che ogni tentativo di negoziato era divenuto vano. Il governo di Teheran, invece, ha negato l’intenzione di dotarsi di armi nucleari, ma ha risposto agli attacchi con missili balistici e ipersonici.
Il conflitto tra Israele e Iran rappresenta un banco di prova per il diritto internazionale contemporaneo. La legittima difesa anticipata, la protezione dei civili e l’uso della forza senza mandato ONU sono temi che richiedono urgentemente una riflessione collettiva.
La comunità internazionale si trova davanti a una sfida complessa: garantire la sicurezza globale senza svuotare di significato i principi fondanti dell’ordine giuridico internazionale. Se il diritto cede al pragmatismo della geopolitica, il rischio è di aprire una stagione di instabilità senza precedenti, in cui la forza prevale sulla norma.