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Generale Mini al master in Intelligence: nel mondo (e anche In Italia) il potere militare partecipa sempre di più al “deep state” e condiziona la politica. Attenti alla criminalità che saccheggerà sempre più i beni comuni

Il polo di Rende (Cosenza) dell’Università della Calabria, sede del master e del corso di laurea in intelligence

Fabio Mini, generale, docente e saggista, ha tenuto, nello scorso weekend,  una lezione al ​m​aster in Intelligence dell’Università della Calabria, introdotto dal ​direttore Mario Caligiuri. Mini ha esordito dicendo che più sono le incertezze e maggiori risorse e deroghe alle procedure si richiedono per farvi fronte. Ha quindi evidenziato che le capacità previsionali della politica democratica si orientano nell’immediato​. ​

La politica autoritaria, infatti, pianifica per 10 anni e la politica militare si sviluppa per 20 anni. L’intelligence strategica deve invece proiettarsi in un arco temporale di 30-50 anni, il tempo necessario ai grandi cambiamenti geopolitici.
Mini ha ​poi ​affrontato il tema delle minacce globali: dopo a​v​ere esaminato il fenomeno dello Stato Islamico,per il generale, invece, un altro tema di preoccupazione universale è  rappresentato dagli squilibri demografici, che vedono quasi tutti i paesi europei in capitolazione, come Italia, Germania e Gran Bretagna ma anche Russia e Cina, mentre alter nazioni registrano un boom demografico come l’Afghanistan, il Pakistan, l’Iraq, l’India e la Nigeria. 
Lo studioso ha quindi affrontato il tema della guerra, concentrandosi su quelle relative all’appropriazione dei beni comuni definiti “global commons”, come gli oceani, i fondi sottomarini, l’Antartide, l’atmosfera, lo spazio esterno e il cyberspazio. 
E’ poi entrato nel merito del potere militare, evidenziando una profonda trasformazione che vede il potere militare aumentare la propria capacità d’influenzare le scelte del potere politico.

Sotto tale aspetto, nelle grandi potenze, ma anche nei paesi meno orientati alla militarizzazione come l’Italia, l’apparato militare-industriale insieme all’intelligence e ad altri apparati istituzionali partecipano alla formazione del Deep State che mantiene obiettivi chiari e costanti prescindendo dalle temporanee maggioranze parlamentari, ma talvolta anche dalle obiettive mutazioni geopolitiche. A tale proposito, ha messo in rilievo la fornitura dei 130 aerei F35, che costano adesso 130 milioni di euro l’uno, che partono da progetti avviati negli anni ’90 e che ora non ci possiamo permettere e difficilmente potremo utilizzare nel quadro di una politica di difesa quanto meno erratica.

A sinistra, il generale Mini. A destra, il prof. Caligiuri.
​Il generale ha poi affrontato il tema della guerra del futuro, spiegando che più che una guerra cibernetica o attraverso droni e robot, la più probabile e drammaticamente pericolosa rimane quella nucleare. 
L’Ufficiale si è poi soffermato sulla minaccia della criminalità, evidenziando come l’illecito si sviluppi parallelamente agli scambi legali, creando strette relazioni che si materializzano nelle piazze finanziarie e nei paradisi fiscali. Il generale si è quindi soffermato sull’interesse che la criminalità internazionale rivolgerà anche per lo sfruttamento dei Global Commons.
Infatti, il controllo delle risorse sottomarine, dello spazio e del cyberspazio saranno molto presto motivo di conflitto non solo tra Stati ma anche tra poteri legali e poteri criminali. Il generale ha rilevato come le triadi cinesi stiano già pensando al mercato illegale dello spazio, mentre altre organizzazioni criminali sono interessate a fornire a privati supporto allo sfruttamento delle risorse energetiche del sottosuolo, così come il cyberspazio, sia nella dimensione visibile che sopratutto quella invisibile, è già da anni un ambito costantemente utilizzato dalla criminalità.Infine Mini ha rilevato che attualmente viviamo in una fase in cui i vecchi sistemi non sono scomparsi ma non funzionano e quelli nuovi non sono ancora nati. In questo spazio si colloca la prospettiva dei “futuri multipli” in base alla quale gli scenari dipendono dalle scelte che persone e Nazioni compiono giorno per giorno.
“Un esempio per tutti – ha concluso il generale – se oggi continuiamo a costruire missili il futuro più probabile è quello che ne contemplerà l’uso”

Intelligence, al Master dell’università della Calabria lezioni di Carlo Mosca su “Intelligence e democrazia” e di Marco Valentini sulla sicurezza nazionale

CRONACA/SICUREZZA/Varie di
Coordinate dal direttore Mario Caligiuri, si sono svolte durante lo scorso fine settimana, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, le lezioni dei prefetti Carlo Mosca, consigliere di Stato emerito e vice direttore vicario del Sisde dal 1992 al 1994, e Marco Valentini, direttore dell’Ufficio Affari Legislativi e Relazioni Parlamentari del Ministero dell’Interno.

Presso il polo di Rende, il prefetto Mosca ha affrontato il tema “Intelligence e democrazia” spiegando che l’attività delle agenzie delle informazioni per la sicurezza è fondamentale per la sicurezza della Repubblica. L’intelligence, ha spiegato, è innanzi tutto visione per tutelare l’interesse nazionale. Ha poi ricordato che l’ultimo decennio, spesso su sollecitazione del Comitato Parlamentare di Controllo, ha visto molte modifiche alla legge di riforma dell’intelligence, che oggi viene considerata una tra le più aggiornate a livello europeo.

Un momento dell’ultima lezione del Master
Nell’occasione, ha ribadito il coraggio del legislatore italiano nel regolare progressivamente, a partire dal 1977, un settore fondamentale dello Stato in cui si consideravano le regole un impedimento all’efficacia della funzione. E’ stato importante – ha ricordato – distinguere tra intelligence convenzionale e intelligence non convenzionale, assolta dai Servizi a beneficio del decisore politico nel quadro delle attività per la tutela della sicurezza della Repubblica. In tale contesto ha evidenziato come i rapporti tra intelligence e magistratura rappresentino un tema di grande delicatezza. Mosca ha poi ribadito che fino al 1979, anno in cui redasse la voce “servizi segreti” sul “Nuovissimo Digesto Italiano” non fosse stata mai scritta una sola riga su questo tema dal punto di vista giuridico nel nostro Paese.
È del 1995 la prima rivista di cultura dell’intelligence in Italia “Per Aspera ad Veritatem”, la cui esperienza editoriale è proseguita negli anni successivi con “Gnosis”, disponibile anche nelle librerie, segno evidente di un lungo percorso di accreditamento culturale dell’intelligence. Mosca si è poi soffermato sul segreto di Stato e sulla classificazione delle informazioni, spiegandone il significato, gli scopi e le modalità. In particolare ha spiegato che il tema del segreto va inquadrato nel contesto del sistema democratico che è basato sulla trasparenza. Al riguardo, ha richiamato Norberto Bobbio che evidenziava come la trasparenza fosse la regola mentre il segreto rappresentasse l’eccezione, che va motivata e va usata solo in casi specifici, che confermano appunto la regola.
Nella seconda parte della giornata, si è svolta la lezione di Marco Valentini, che ha trattato il concetto di sicurezza nazionale, in un percorso giuridico volto alla ricerca di una nozione ovvero di una definizione, pur nel presupposto che la funzione di protezione e di garanzia della sicurezza nazionale rappresenta la suprema attività politica dello Stato.
Prioritariamente ha definito il concetto di sicurezza nazionale, avuto riguardo alla Costituzione e alle fonti della legislazione primaria. Il prefetto ha poi spiegato che pur avendo la giurisprudenza costituzionale chiaramente collocato la funzione di protezione della sicurezza nazionale quale bene giuridico afferente allo Stato comunità, l’ordinamento italiano è sembrato ripiegato, anche dopo la riforma del 1977, su una concezione in larga parte riconducibile alle funzioni dello Stato apparato. Ciò ha determinato conseguenze, tra le quali la difficoltà per i Servizi di uscire da quel cono d’ombra della democrazia che ne aveva caratterizzato l’esperienza prima della legge del 1977.

Il sacrificio di Nicola Calipari nel 2005 a Bagdad – secondo il prefetto – ha rappresentato uno spartiacque nella percezione dell’opinione pubblica. Sono maturi i tempi per una concezione democratica e costituzionale della funzione dell’intelligence, che consente tra l’altro di distinguere, nella visione del Prefetto Valentini, tra libertà di dissenso e minaccia alla sicurezza, tra sorveglianza generalizzata e attività di controllo mirata a prevenire e reprimere minacce alla sicurezza. In

Il polo di Rende (Cosenza) dell’Università della Calabria, sede del master e del corso di laurea in intelligence

questo quadro, secondo Valentini, diventa fondamentale stabilire la rilevanza dei princìpi etici nello svolgimento di questa delicata funzione, che va messa in relazione alle regole, ai principi e ai valori della Costituzione.

Proprio il caso della regolamentazione delle garanzie funzionali per gli operatori dei Servizi dimostra che una simile integrazione è possibile, cioè riconoscere l’eccezionalità della violazione autorizzata della legge ponendo nel contempo dei limiti invalicabili. Per quanto attiene gli studi giuridici sull’intelligence, ha ricordato che la dottrina ne ha approfondito di più i compiti che le funzioni da un punto di vista contenutistico. Solo negli ultimi anni in Italia, secondo Valentini, sta crescendo la consapevolezza del rapporto tra intelligence e democrazia, nella ricerca necessaria di un equilibrio tra libertà e sicurezza. Valentini ha poi evidenziato che oggi la sovranità dello Stato è messa fortemente in discussione dalle tecnologie e dalla globalizzazione. In tale contesto, gli Stati devono competere con le organizzazioni finanziarie, le cyber corporation e la criminalità. Tale competizione è anche un’opportunità poiché le funzioni globalizzate e oligopoliste delle grandi organizzazioni che gestiscono big data rappresentano anche un bacino di informazioni che possono essere utilizzate per il fine istituzionale di garantire la sicurezza. I cambiamenti creano problemi ma anche impensabili opportunità.
Le lezioni del Master in intelligence dell’Università della Calabria proseguiranno sabato 26 gennaio 2019 alle presso l’aula “Caldora” con le lezioni del generale e saggista Fabio Mini sull’Intelligence militare e del Capo Dipartimento per le politiche del Personale del Ministero dell’Interno Luigi Varratta sul tema “L’intelligence del Prefetto”.

La Calabria e l’intelligence.

Varie volte su European Affairs Magazine ci siamo occupati di intelligence  e della possibilità che questa scienza umana potesse assurgere al rango di disciplina universitaria (leggi, ad esempio, quiqui, ed in parte anche qui). In questo ambito, pioniere assoluto in Italia è stata l’Università della Calabria che, prima con il Master di 2° Livello in Intelligence e, poi addirittura con un corso di laurea in Intelligence ed Analisi del rischio ha riconosciuto l’importanza di questa materia. Leggi Tutto

L’intelligence ancora una volta tra i banchi universitari: in Calabria il primo corso di laurea in “Intelligence ed analisi del rischio”

INNOVAZIONE/Policy/Report/SICUREZZA di

Rende (Cosenza): – Varie volte, ed a vario titolo, European Affairs si è occupato di intelligence. Abbiamo spesso fatto riferimento alle varie forme, anche registrate storicamente, in cui tale disciplina è ed è stata applicata, discussa e studiata. Ci siamo occupati dello studio dell’intelligence in quanto scienza sociale ed in quanto materia universitaria

“Il Polo di Rende”, sede dell’Università della Calabria

proprio in questo articolo. Bene, l’opera di sdoganamento dell’intelligence quale disciplina di studio – di cui la società non può più fare a meno – continua sempre in Calabria, proprio nella sede dell’Ateneo a cui ci siamo riferiti poco più di un anno fa. L’Università della Calabria, ha infatti inaugurato, ieri 4 luglio 2018, il primo corso di Laurea in Intelligence ed Analisi del Rischio, incardinato nella classe Scienze della Difesa e della sicurezza, presso il Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione dell’Ateneo (il leaflet è scaricabile qui) . La Laurea Magistrale in Intelligence e Analisi del Rischio, erede delle precedenti e riuscitissime edizioni del Master in Intelligence (percorso formativo di 2° livello, che continuerà ad esistere) si propone di sviluppare abilità e competenze funzionali a valutare le diverse tipologie di rischio presenti negli aspetti operativi e di localizzazione delle organizzazioni complesse.

In un contesto caratterizzato da processi di despazializzazione e di rispazializzazione, nel quale si intrecciano fitte reti di interdipendenza nei diversi ambiti istituzionali, si producono infatti rischi e minacce per la sicurezza in campi diversi. Lo abbiamo detto anche noi, nei nostri convegni e, e scritto tante volte, ogni giorno, nei nostri articoli. Tale concetto, negli ultimi anni, ha acquisito significati più ampi che interessano la politica, ma anche l’ambiente, l’alimentazione, le comunicazioni, l’intelligenza artificiale, la criminalità. La crescente difficoltà regolativa derivante dall’aumento di complessità della società richiede decisioni rapide ed efficaci. Il nuovo percorso si propone proprio di formare le figure che dovranno raccogliere, selezionare e analizzare informazioni rilevanti proprio in questi delicatissimi processi decisionali. Ma l’intelligence non è solo spionaggio, impermeabili beige, barbe finte o intercettazioni. Esiste, a titolo esemplificativo e non esaustivo, anche una intelligence economica che si affianca alle altre forme di intelligence, e che giova particolarmente anche agli interessi aziendali e finanziari di privati e multinazionali, oltre che strategici e di difesa degli interessi economici di uno Stato.  Quindi, lo studio dell’intelligence non è solo una questione per pochi e selezionati addetti ai lavori. La materia merita certo l’attenzione di addetti ai lavori ed esperti, ma anche di studiosi e di studenti e di chiunque voglia avvicinarsi al mondo del lavoro con un background ed una preparazione diversi, multidisciplinari, e per questo open-minded e flessibili.

Un momento della presentazione del corso, presso l’aula “Andreatta” dell’Università della Calabria

Il corso è stato presentato nella prestigiosa sala stampa dell’Aula Magna “Beniamino Andreatta” dell’Università della Calabria. I lavori sono stati presieduti dal direttore del Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione, Roberto Guarasci, che ha sottolineato come “il corso di Laurea in Intelligence è il risultato della collaborazione di tre Dipartimenti con competenze diverse che integrano i saperi umanistici con quelli scientifici per rispondere alla complessità di questo tempo”. Il magnifico rettore dell’Ateneo calabro, Gino Mirocle Crisci, nella circostanza, ed a sostegno della bontà dell’iniziativa scientifica, ha riferito ai cronisti di aver “maturato il convincimento dell’utilità dello studio dell’intelligence nelle università italiane poiché riguarda la conoscenza che è prerogativa delle Università. Parlare di intelligence significa offrire ai nostri studenti una maggiore consapevolezza di quelli che saranno gli eventi futuri e quindi aumentare le opportunità”. Il rettore ha poi ricordato che questo nuovo corso di laurea si inserisce nella fase di crescita dell’ateneo calabrese che proprio ne giorni scorsi ha ricevuto un significativo riconoscimento da parte del CENSIS che lo ha considerato il secondo ateneo d’Italia tra quelli collocati tra i 20 e 40 mila iscritti. Francesca Guerriero, vice direttore del Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Energetica e Gestionale – anch’esso coinvolto nell’iniziativa formativa –  ha sostenuto che il  contributo del suo Dipartimento “riguarderà l’analisi del rischio poiché sarà importante l’utilizzo di tecniche che consentano di prendere decisioni in condizioni di grande pericolo e in un ambito di sistemi complessi. Sviluppare la capacità di prevedere queste situazioni è un aspetto fondamentale del corso in Intelligence”. Anche Franco Rubino, direttore del Dipartimento di Scienze Aziendali e Giuridiche, ha sottolineato il raccordo con il mondo del lavoro, tenendo conto degli aspetti legati all’intelligence economica che è sempre più strategica per gli Stati. Per Piero Fantozzi, professore di Teorie della regolazione e della sicurezza, “il tema dell’intelligence è relativo al contesto in cui questa scienza si esplica ed è poi intimamente collegato alla sicurezza della comunità”.

Ha chiuso la presentazione Mario Caligiuri, direttore del Master in Intelligence, per il quale “questo primo corso di

Da sinistra, Francesca Guerriero, Mario Caligiuri, Gino M. Crisci, Roberto Guarasci, Franco Rubino e Piero Fantozzi.

laurea in Italia è il frutto di un percorso scientifico e culturale iniziato circa venti anni fa e che ha visto il coinvolgimento di intellettuali, studiosi e uomini dello Stato di grande rilievo. Questa iniziativa oggi intende essere un laboratorio di sperimentazione che intende aprire una riflessione sui saperi del XXI secolo, rappresentando un punto di incontro tra discipline scientifiche e umanistiche. L’intelligence è il tempo del futuro e consente l’interpretazione del presente, essendo uno strumento indispensabile per cittadini, imprese e Stati per comprendere la realtà offuscata dalla disinformazione”. 

A Mario Caligiuri, professore, giornalista ed attivissimo scrittore, si deve proprio il merito, l’idea ed il plauso di aver studiato l’intelligence, per la prima volta in Italia, da vari punti di vista e sotto diverse prospettive, in funzione di contrasto al crimine, nei rapporti con le differenti scienze sociali, con la magistratura e le forze di polizia, sotto gli aspetti della cybercriminalità e della geopolitica, fino a giungere ad una intelligence che soccorra i governi per arginare gli aspetti più pericolosi del traffico di migranti e dell’immigrazione irregolare ed incontrollata, in quanto fenomeni criminali (e ovviamente non in chiave politica). E, sicuramente, ne vedremo ancora delle belle….

Alla conferenza stampa ha partecipato anche una delegazione del Liceo Classico “Campanella” di Reggio Calabria, guidata dalla dirigente Maria Rosaria Rao, che sta svolgendo con l’Ateneo di Arcavacata un innovativo progetto sull’educazione all’intelligence. Ed anche questo è un segnale importantissimo.

Una prospettiva del “campus” dell’UniCal

Se ogni cittadino, sin dalle ultime fasi dell’adolescenza, fosse informato davvero sui principali aspetti – anche solo basilari – della sicurezza non potremmo che trarne tutti beneficio. Cittadini più attivi e più attenti a determinati particolari potrebbero contribuire ad un maggior senso si responsabilità collettiva, anche non necessariamente arruolandosi in un’agenzia governativa.  La cultura dell’intelligence e, più in generale, della sicurezza, non può non tradursi anche in una società più sicura. Una società più sicura – o, quanto meno, con una percezione di sicurezza più elevata – non può non essere una società più ricca, più attiva e più protagonista nelle sfide sociali ed economiche che la attendono.

Il corso di laurea di cui abbiamo parlato, insieme agli altri percorsi simili ideati dal professor Caligiuri e dal suo Ateneo, contribuiscono sicuramente a dotare l’Italia di professionisti migliori e di una società migliore.

“Nome in codice Gladio”. Seconda puntata.

BOOKREPORTER/Difesa di

Ancora un approfondimento su una pagina poco conosciuta della storia italiana.

Come promesso in un precedente articolo di European Affairs (qui), siamo ritornati di nuovo sull’argomento “Gladio”, che ci affascina proprio perché rappresenta un fenomeno storico unico nel suo genere, in grado di fondere insieme politica, geopolitica, storia, intelligence e difesa.

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Nome in codice Gladio. La storia e i valori dell’organizzazione Gladio, nel libro di Mirko Crocoli. Uno stralcio di storia italiana, sconosciuto ai più.

BOOKREPORTER di

Visto l’interesse che da sempre European Affairs nutre verso l’intelligence e la difesa,​ non potevamo non cogliere alcune novità editoriali ed alcuni importanti anniversari – appena trascorsi ed ignoti ai più – di sicuro interesse per gli appassionati di questioni strategiche e per gli addetti ai lavori. 

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Strage Kenya: flop dell’intelligence, 147 morti

Medio oriente – Africa di

I servizi segreti kenyoti concentrano le attenzioni sui college della capitale Nairobi. Ma a pochi chilometri dal confine somalo, è strage. Al Shabaab rivendica l’attacco

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L’intelligence sbaglia bersaglio. Ha aumentato i controlli presso le tre università presenti a Nairobi, lasciando blande le misure di sicurezza nel resto del Paese. Questo quanto emerso a seguito dell’attentato avvenuto giovedì 2 aprile nel campus universitario di Garissa, nel nord est del Kenya: 147 i morti accertati, mentre i feriti sono almeno 80. Le vittime sono quasi tutte studenti cristiani.

Iniziato all’alba, l’azione terroristica è stato rivendicato dal gruppo somalo di Al Shabaab (la Somalia dista solo 150 chilometri dal college), cellula affiliata ad Al Qaeda. Mentre il portavoce dell’organizzazione jihadista ha affermato che “sono stati rilasciati gli ostaggi di fede musulmana”, una sopravvissuta e scappata al raid ha affermato di avere visto diverse persone decapitate. Il conflitto con la polizia è durato almeno fino alla notte.

Le stesse forze di sicurezza del Kenya hanno istituito una taglia di 220 mila dollari su colui che è ritenuto essere il responsabile della strage, Mohammed Mohamud. L’uomo è ritenuto il capo di Al Shabaab in Somalia e sarebbe l’ideatore dei molteplici attentati avvenuti nel Paese dal 2013 ad oggi.

Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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