GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Intelligenza artificiale e tecnoscienza: opportunità, o rischio antropologico?

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LA GRANDE TENTAZIONE DEL NOSTRO TEMPO 
(di Alessandro Pagano)

1) La storia dell’uomo è intrinsecamente intrecciata alla tecnologia. Di fatto la tecnologia è una vera e propria propaggine che lo spinge alla crescita. Per la prima volta nella storia però, stiamo assistendo ad una tecnologia, di suo inanimata, che rischia di prendere il sopravvento sull’uomo, autoevolvendosi per proprio conto. 

2) Ma la tecnologia è una estensione dell’uomo. Sin dall’era primitiva, l’uomo di allora, al pari dell’uomo moderno, inventò il bastone per evolversi. L’uso era diverso a seconda della finalità: era vincastro per guidare le pecore, era arma per difendersi dagli aggressori o per aggredire. Da allora, generazione dopo generazione, è andata sempre così, a dimostrazione che la tecnologia-scienza, (che da ora in avanti chiamerò tecnoscienza) è fantasticamente   ambigua, cioè aperta a tutto e al contrario di tutto.
 
3) Voglio dire che non bisogna avere paura della tecnologia in sé, semmai, se di qualcuno dobbiamo avere paura è solo dell’uomo e delle sue intenzioni.
Introduco questo tema per affermare subito e senza timore di equivoci che la sfida dell’ora presente in materia di A.I. non risiede, come dicono in tanti, nel saper governare questa transizione tecnologica. 
La sfida, a mio parere, è centrata sull’uomo contemporaneo e sulla reale conoscenza della sua interiorità e della sua intelligenza.
 
4) Perché se l’uomo non dovesse essere all’altezza di questo tempo così difficile e delle responsabilità a cui è chiamato, con la AI rischieremmo di avviarci alla fine della storia, per dirla come dicono tanti autori   contemporanei (*1). 
D’altronde a giudicare da quello che diffonde il noto filantropo Bill Gates sembrerebbe di sì, visto che pronostica “profondi sconvolgimenti” che non risparmieranno nessuno. E Gates non è uno qualunque. Su queste tematiche detta tempi e obiettivi, oltre a investire somme di denaro pazzesche e ottenere profitti altrettanto pazzeschi. 
 
5) Nell’ultimo secolo è davvero passato il messaggio che, chi possiede conoscenze avanzate di tecnoscienza gestisce potenza e realizza dominio su altri uomini.
Non tutti comprendono questo rischio perché l’attenzione è focalizzata sull’utente finale e sulle comodità che gli derivano dalla AI. Ma in verità bisognerebbe concentrarsi sui vantaggi, non tanto del consumatore finale, quanto dei produttori iniziali e dei circoli a essi collegati (imprenditori, manager, fondi d’investimento, banche, forum di discussione internazionali, think tank, circoli di opinione a chiaro indirizzo globalista, multinazionali specialmente informatiche, ong controllate da filantropi e, ovviamente, mass media). 
 
 IL CONTROLLO INDIVIDUALE E SOCIALE
 
6) A proposito di AI e di dominio verso l’umanità, non può essere sottaciuto il controllo dell’individuo e della sua percezione. 
Essere controllato con metodi violenti è gravissimo, ma non è da meno essere controllati con metodi apparentemente democratici e ingannevoli. Profeticamente ne parlò per primo, nel 1991, San Giovanni Paolo II’ nella sua enciclica “Centesimus Annus”, quando ci spiegò che esistono non solo i “totalitarismi aperti”, ma anche i “totalitarismi subdoli”. 
 
7) Quest’ultimo totalitarismo è ormai prevalente nella nostra società e sempre più lo sarà. 
Come dice Massimo Naro: “rispetto al passato, il fattore tecnologico ha un ruolo preponderante. Non sarà più soltanto una “protesi”, ma addirittura un “innesto”, capace di condizionare e orientare le relazioni; e in extrema ratio, aggiungo io, se la catena di comando è in mano a persone prive di scrupoli, potrebbe diventare anche arma letale, potendo decidere potenzialmente bla fine anticipata di una determinata vita.
 
8) Con i famosi microchip sottocutanei anticipati da ElonMusk e che in alcuni paesi occidentali (Svezia) sono già innestati in decine di migliaia di umani. “Siamo già in pieno transumanesimo: anime, coscienze e ragione sostituite da un algoritmo”, continua Massimo Naro. 
 
9) La cosa inquietante è che non si osservano reazioni sociali, contestazioni o anche indignazione. A riprova di una tacita accettazione che si appresta a diventare un fatto di costume e culturale. Che è esattamente quello che agogna qualsiasi totalitarismo. 
 
VERSO L’ANNULLAMENTO DELLA PERSONA? 
 
10) Sembra evidente un graduale, ma costante annullamento della persona. La  “Persona”, nella cultura anglosassone è mente e fisico, ma nella cultura universale (non solo quella cristiana) è anima e fisico.
L’errore primario della attuale cultura dominante è che vuole scomporre l’uomo in tante funzioni, senza rendersi conto che l’uomo ha unità ontologica; l’uomo non è un organismo vivente che si somma a parti meccaniche che svolgono delle funzioni e che sono un artefatto. L’uomo è un tutto! 
Tutt’al più il ricorso intenso alla AI determinerebbe il declino dell’intelletto e del principio di responsabilità. 
Ma noi umani “non siamo per nulla esentati dall’esercizio di responsabilità” 
 Nel celeberrimo “I Fratelli Karamazov”, capitolo “Il grande inquisitore”, Fëdor Dostoevskij fa una riflessione circa l’incapacità di molti esseri umani di non essere capaci di sopportare e di gestire una propria responsabilità, da qui per chi ha il potere, la necessità di farsi carico della responsabilità altrui.
Ora, se il potere è esercitato da uomini animati da spirito caritatevole (*2) o da sana inquietudine (*3), ciò è una benedizione per la società.  Ma se invece il potere è esercitato da uomini con sete di dominio, essi chiederanno ad altri uomini, agli utenti finali, di cedere loro tutte le libertà così da liberarli di tutte le angosce, le ansie, le preoccupazioni delle responsabilità quotidiane. In altre parole, un invito a ricercare una vita più facile, perché tanto ci saranno altri che penseranno a loro, per loro e a tutto. 

11) Quello del voler delegare la propria responsabilità, non è fattore banale, ma una tragica realtà che esiste da sempre. 
La grande scrittrice Hannah Arendt nel suo “Banalità del Male”, descrisse bene il fenomeno della “obbedienza deresponsabilizzante”, nel caso del criminale nazista Adolf Eichmann, catturato in Argentina nel 1960 che si discolpò di tutte le sue azioni criminali, affermando che non aveva alcuna responsabilità, perché in fondo aveva obbedito a ordini a cui non poteva sottrarsi.
Le stesse giustificazioni che diedero i gerarchi nazisti al processo di Norimberga. 
 Come è noto, queste argomentazioni non furono giustificate dalla IV’ Straftkammer del Tribunale di Norimberga, che giustamente li condannò, affermando il principio di responsabilità verso sé stessi e verso coloro che a loro vengono affidati.
La sentenza statuì infine che il principio di responsabilità è insito nella natura dell’uomo, ed è irrinunciabile.
 
DALL’ESSERE UMANO ALL’ESSERE SOSTENIBILE
 
12) Nel 1831 (attenzione alla data), nel suo “Democrazia in America”, Alexis de Tocqueville diede luce a questa considerazione: “la società rischia di morire, se mentre il legame politico si allenta, il legame morale non si restringe”.
(…) “E che fare di un popolo padrone di sé stesso, se non è sottomesso a Dio?”  
Una grande personalità si misura dalle sue doti profetiche. Tocqueville, già nel 1831, nella sostanza ci diceva che anche un popolo che è padrone di sé stesso, cioè che è affrancato dalle dittature, quando si ritrova con una politica debole (ritiene scontato che ciò possa avvenire), si potrà salvare solo se sarà sottomesso alla morale che deriva dall’unico Dio Padre Onnipotente, Creatore del Cielo e della terra.
 
13) Andando in scia, poco più di 100 anni dopo, Karl Popper, anche lui da non ascrivere tra gli autori del cattolicesimo sociale, nel suo “La Società aperta”, scriveva: “la società liberale (che da lì a poco avrebbe conquistato per intero l’Occidente), alla fine non sarebbe stata una società aperta, ma atomizzata, impersonale, anonima, disgregata”. Grazie ai progressi della tecno scienza “sarebbe diventata completamente astratta e depersonalizzata”, con “gli uomini che non si incontreranno mai faccia a faccia”. Un altro PROFETA! 
E anche John Locke, certamente un anticipatore dell’illuminismo e padre del pensiero liberal-democratico, anche lui non ascrivibile al cattolicesimo sociale, nel suo “Secondo trattato sul governo, II,6”, scriveva: “la legge di natura, che è per tutti vincolante, e la ragione, insegnano a tutti gli uomini, che essendo uguali e indipendenti, non devono arrecare danno agli altri nella vita, nella società, nella libertà e negli averi. Infatti essendo tutti gli uomini opera di un solo Creatore Onnipotente (…), sono creati per durare fino a che piaccia a Lui e non ad altri. Ed essendo forniti di una comune natura, non ci autorizza a distruggerci l’un per l’altro”.
Ciascuno è tenuto a conservare sé stesso, a non abbandonare intenzionalmente il suo posto, per quanto possibile preservare gli altri uomini, e contribuire alla conservazione della libertà, della salute, dei beni”. 
Abbiamo citato tre autori che profeticamente, da centinaia di anni ci dicono come sarebbe andata a finire e qual sarebbe stata l’unica soluzione per evitare il disastro: ricercare la Civitas Dei e allontanarsi dalla Civitas Diaboli. 
 
14) Questa celebre frase di Sant’Agostino, frutto della sua opera più grande (De Civitate Dei) è attualissima a distanza di 1600 anni esatti da quando fu scritta. Come infatti giudicare ciò che viene partorito in questi anni recenti, in questi stessi giorni,  dalle menti più sofisticate e potenti del mondo attuale? Ascoltate cosa dice Yuval Noak Harari, l’ideologo del WEF, il Word Economic Forum, che ogni anno si riunisce a Davos per dettare l’agenda del pianeta su tutti i temi più attuali e scottanti: “Assistiamo alla creazione di una grande quantità di persone inutili. I computer stanno diventando sempre migliori in molti campi e ci sarà la possibilità che ci supereranno in molti compiti, rendendo gli umani superflui. E il grande interrogativo politico ed economico del XXI’ secolo sarà « a cosa servono gli umani? O almeno a cosa servono così grande quantità di umani? Attualmente, la migliore idea è quella di tenerli felici con droghe e videogiochi.»

15) A queste nuove utopie ideologiche dobbiamo guardare, non ad altro! E tutto quello che in umiltà mi sono sforzato di dire, va in questa direzione. 
Chiudo! Nel 2006 nel discorso alla Accademia delle Scienze, Benedetto XVI indicò che il pericolo di questo secolo risiedeva nel fatto che scienze e tecnologia, ignorando i bisogni esistenziali e spirituali e non sottostando alla legge della neutralità, possono diventare una nuova religione, con una «moltiplicazione di ASSOLUTI che non ammettono discussioni, al punto di generare una nuova dittatura, la dittatura del relativismo etico.»
 
Di fronte alla moderna dittatura del relativismo etico e della conseguente schiavitù dell’uomo moderno, la salvezza ritengo che passi dal Vangelo di Giovanni 18,37: 
 “Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla Verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». 

Riferimenti Bibliografici:
(*1) Francis Fukujoma, “La fine della storia”
(*2) “Spiriti caritatevoli”, vedi I Promessi Sposi, cap.29, Don Abbondio e il sarto, esempi negativi e positivi di carità umile e attiva, pronta all’accoglienza generosa verso il prossimo e attenta alle esigenze degli ultimi.
(*3) “Sana inquietudine”, vedi Papa Francesco, “Incontro con i giovani” del 13 giugno 2018.

La nuova strategia di Hamas

 

L’esito delle operazioni militari all’interno della Striscia di Gaza suscita la preoccupazione, l’angoscia e la condanna da parte dei Governi, delle Organizzazioni Internazionali e dei media occidentali unanimi nel chiedere a Israele di interrompere il conflitto ed evitare una “catastrofe umanitaria”.

L’intento di questo insieme di iniziative è assolutamente condivisibile da un punto di vista concettuale e umano, quello che risulta meno accettabile, e alquanto dissonante, è la mancanza di un’uguale pressione nei confronti della controparte israeliana in questo ennesimo episodio del conflitto endemico che caratterizza il Medio Oriente da circa un secolo: non ci sono voci in questa levata corale di scudi che abbiano come soggetto il ruolo di Hamas!

Anche le discutibili manifestazioni di piazza e l’occupazione degli atenei (discutibili non in quanto proteste o espressione di dissenso in termini generali, ma perché frutto di una strumentalizzazione condotta da elementi estremizzati, prive di oggettività e avulse da una reale conoscenza e un’obiettiva analisi della situazione) sono indirizzate a senso unico contro Israele, colpevole di tutti i mali, tra i quali il peggiore è quello di cercare di sopravvivere in un mondo ostile che dichiara apertamente di volere la sua distruzione, e, soprattutto, non ammettono alcuna critica nei confronti di Hamas.

Fermo restando che il tributo di sofferenza imposto alla popolazione civile (palestinese e israeliana) sia altissimo e assolutamente condannabile, e che quindi sia lecito impegnarsi per identificare una soluzione che ponga fine a una tale situazione, rimane però il punto che nessuno dei citati protagonisti abbia condotto un’analisi sulle cause che hanno riacceso il conflitto e sugli obiettivi che Hamas ha inteso conseguire con l’attacco a Israele e, soprattutto cosa vorrebbe raggiungere dopo la cessazione delle operazioni militari.

Con l’attacco dello scorso ottobre Hamas si era prefisso di raggiungere una serie di obiettivi militari e politici finalizzati a ferire lo spirito della popolazione civile dell’area, indebolire Israele e creare le premesse per l’eliminazione dello stato ebraico.

Da un punto di vista militare, in primo luogo, l’efferatezza delle modalità che hanno contraddistinto le operazioni di Hamas aveva lo scopo di suscitare una risposta immediata, violenta e non ragionata da parte di Israele che avrebbe rovesciato il paradigma vittima-aggressore (buono-cattivo) a favore di Hamas.

Successivamente, l’idea era quella di essere supportati nella lotta contro il nemico sionista mediante l’apertura di un secondo fronte in Cisgiordania e un terzo in Libano, sperando di coinvolgere, ancorché indirettamente, l’Iran nel tentativo di infiammare tutta la regione e creare le condizioni per distruggere Israele (obiettivo dichiarato nel testo istitutivo dell’Organizzazione di Hamas).

Anche gli obiettivi politici erano molteplici: riqualificare l’immagine dell’Organizzazione agli occhi della popolazione della Striscia, offuscata dalla pessima gestione governativa e in calo costante di consensi, proponendosi come il difensore dei diritti della popolazione palestinese; sabotare il processo di distensione in atto (Patto di Abramo e intesa con l’Arabia Saudita) in modo da scongiurare il pericolo che il successo di tali iniziative potesse ridefinire l’assetto della regione favorendo la distensione tra Israele e i Paesi Arabi, minando così, il potere e l’autonomia di Hamas e vanificando la sua capacità di gestire la Striscia di Gaza (cioè l’enorme flusso di fondi che Qatar e donors mondiali – tra cui l’Unione Europea – riversano quotidianamente e che avrebbero dovuto essere usati a beneficio della popolazione civile e non per rifornire l’arsenale di Hamas come avvenuto, senza che nessuno dimostrasse o protestasse con sit-in o cortei); riproporre all’attenzione internazionale il problema palestinese assumendo il ruolo di principali difensori della causa nella regione

A otto mesi circa dall’inizio del conflitto, considerato che alcuni di questi obiettivi sono stati parzialmente raggiunti, altri, invece, non sono stati conseguiti affatto; che le operazioni militari continuano e che l’odioso ricatto sulla vita degli ostaggi (cosa che nessuno si è sognato di portare davanti a qualche Corte Internazionale di Giustizia!!!) non ha prodotto i risultati sperati, Hamas ha riconfigurato la sua strategia per il futuro.

Politicamente i vertici dell’Organizzazione hanno intrapreso un’azione di ravvicinamento verso la PLO (Palestine Liberation Organization) che risulta essere profonda ostile a Mahamoud Abbas, leader della PNA (Palestine National Authority), con il fine di poter essere comunque parte di qualsiasi struttura di Governo si possa configurare a Gaza al termine delle operazioni militari.

Una tale mossa, inoltre, consentirebbe alla struttura politica di Hamas di inserirsi anche nella Cisgiordania dove la PNA risulta essere in difficoltà di consensi.

Corruzione, scarsa capacità organizzativa e mancanza di unità di intenti nella gestione della Cisgiordania hanno notevolmente eroso il credito dei vertici del PNA nei confronti della popolazione locale che potrebbe essere spinta a identificare nel PLO e nei vertici di Hamas un’alternativa alla direzione del PNA.

La possibilità di inserirsi nella nuova struttura di governance che dovrebbe essere costituita per favorire la ricostruzione di Gaza e l’assestamento dei territori, al temine dell’attuale fase militare darebbe, quindi, la possibilità ad Hamas di introdursi nel panorama politico assumendo un ruolo nel sistema di governance in collaborazione con altre formazioni politiche, senza essere avere, quindi, l’intera responsabilità del governo come invece accaduto precedentemente a Gaza.

In sintesi, Hamas sta cercando di replicare il modello libanese di Hezbollah dove l’ala politica dell’Organizzazione partecipa al sistema di governo del Paese, legittimando la sua posizione quale entità politicamente rappresentativa, mentre, l’ala militare può continuare a perseguire l’obiettivo di combattere Israele nel Sud del Paese.

Infatti, per poter replicare una simile struttura Hamas ha ripreso i contatti con Al-Fatah (l’ala militare del PLO) cercando possibili intese nonostante i profondi dissidi che avevano causato lo scontro tra le due opposte fazioni nella striscia di Gaza negli anni 2005 2007.

Il disegno strategico di Hamas sarebbe quello di qualificarsi come entità politica ed entrare a far parte della struttura statuale che gestirà i territori palestinesi, così da poter controllare e indirizzare le azioni politiche senza avere, comunque, la responsabilità totale di governo, in questo modo avrà campo libero per poter condurre con maggiore libertà e autonomia le azioni militari contro Israele, sia dal fronte Sud (Gaza), sia da quello a Est (Cisgiordania) presumibilmente supportato da Al-Fatah, nell’ottica di poter coinvolgere anche Hezbollah a Nord.

Se questo disegno strategico dovesse realizzarsi sarebbe impossibile evitare un conflitto generale nella regione le cui conseguenze sarebbero disastrose non solo per l’equilibrio del Medio Oriente.

L’azione diplomatica internazionale deve assolutamente evitare che questo possa concretizzarsi, impedendo che Hamas si possa inserire nel processo politico di riassestamento dei territori palestinesi.

Per evitare che questo possa avverarsi è fondamentale che vengano adottate tutte le possibili azioni a livello internazionale, non solo per fare cessare le operazioni a Gaza, ma soprattutto, per identificare una soluzione che consenta di stabilire delle reali condizioni di pace e di stabilità che tengano conto delle legittime aspirazioni di tutti: uno Stato per i Palestinesi e la garanzia di vivere in sicurezza per Israele.

Soluzione che, come il passato recente dimostra, è possibile costruire e perseguire ma che non deve essere rifiutata da una minoranza politica per considerazioni di potere personale.

Il problema del Medio Oriente affonda le sue radici nella storia antica e recente e per la sua risoluzione necessita del contributo e della buona volontà di tutta la comunità internazionale che è la maggiore responsabile della situazione nella regione.

Spesso sfugge a molti che il capitolo più recente di questa storia (che magari anche l’attuale Segretario Generale farebbe bene a considerare) è iniziato nel 1947 quando l’Assemblea Generale dell’ONU ha votato, approvandola, la Risoluzione n.181, senza, tuttavia, preoccuparsi minimamente della reale applicabilità di una soluzione come quella proposta dalla commissione UNSCOP, (composta dai rappresentanti dei seguenti 11 Stati: Australia, Canada, Guatemala, India, Iran, Paesi Bassi, Perù, Svezia, Cecoslovacchia, Uruguay, Jugoslavia) che stabiliva sulla carta, la creazione di due entità Statali secondo aleatori criteri dimostratesi immediatamente di difficile applicazione.

Mi si consenta una considerazione personale, anche chi protesta, occupa atenei e marcia in corteo per sostenere una Palestina libera dovrebbe avere l’umiltà di informarsi riguardo a che cosa e a chi stanno supportando: popoli che vogliono vivere in pace o strutture terroristiche che perseguono obiettivi di potere nascondendosi dietro le aspettative di una popolazione; desiderio di sicurezza e di vita oppure volontà di distruggere l’altro per il perseguimento di un’interpretazione distorta della religione o della politica; ricorso all’estremismo religioso o razziale, oppure volontà di dialogo e di comprensione?

Una volta che avranno fatto chiarezza sui motivi che li spingono a scendere in strada e si saranno liberati dei condizionamenti di una ideologia estremizzante e accecante allora la loro protesta potrà essere utile e potrà concorrere nella individuazione di una soluzione umanamente accettabile.

Palermo: Convegno all’Assemblea Regionale Siciliana sul regionalismo differenziato

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L’Università di Palermo e la Rivista giuridica “Nuove Autonomie” organizzano un importante convegno di livello nazionale sull’Autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, venerdì 26 e sabato 27 gennaio 2023 presso l’Assemblea regionale siciliana, Sala Piersanti Mattarella. Il convegno, dal titolo “L’Autonomia differenziata e l’ordinamento italiano”, si svolge a pochi giorni dall’approvazione in Senato del discusso disegno di legge governativo in materia. Vi prenderanno parte studiosi ed esperti provenienti dalle principali università italiane, che analizzeranno da diverse prospettive disciplinari gli effetti del regionalismo differenziato sull’unità nazionale, alla luce dei principi costituzionali di uguaglianza, solidarietà e coesione territoriale. Sono previste quattro sessioni di approfondimento tematico, con una tavola rotonda finale sulle prospettive dell’Autonomia differenziata in Italia. Il convegno intende offrire un importante momento di analisi e confronto accademico su uno dei temi di maggiore attualità istituzionale e politica nel panorama nazionale.

Qualità dell’aria, dal MASE 25 milioni di euro per Roma e Valle del Sacco

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La Giunta regionale del Lazio, presieduta da Francesco Rocca, ha approvato, su proposta dell’assessore Ambiente, Transizione Energetica e Sport Elena Palazzo, la delibera che ratifica lo schema di Accordo Integrativo per l’adozione coordinata e congiunta di misure per il miglioramento della qualità dell’aria, che verrà sottoscritto tra il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e il Presidente della Regione Lazio. Leggi Tutto

Uno studio Eurispes mette a confronto l’economia del Mezzogiorno con quella della Germania dell’Est

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La storica frattura tra il Nord e il Sud del nostro paese ha radici antiche e problemi strutturali che ne rendono ardua la risoluzione. Il divario tra un Settentrione sviluppato e moderno ed un Meridione arretrato sembra cristallizzato e difficile da colmare. In questo contesto, il paragone con la Germania e la sua riunificazione può offrire utili spunti di riflessione.

La recente ricerca Eurispes “Mezzogiorno e Germania Est: un confronto” coordinata da Luigi Ruscello e pubblicata nella collana dedicata agli studi dell’Eurispes di Rubbettino Editore, si concentra proprio sul raffronto tra la condizione del Meridione d’Italia e quella della Germania Orientale prima della caduta del Muro. Lo studio prende in esame vari fattori socio-economici, dall’andamento demografico al Prodotto Interno Lordo, dai consumi al mercato del lavoro. Il quadro che ne emerge è di un dualismo italiano più marcato e difficile da sanare rispetto alla frattura tedesca.

In Germania, dopo un crollo iniziale, l’Est ha iniziato una lenta ma costante rincorsa grazie ad ingenti investimenti pubblici mirati. In Italia non c’è stato nulla di simile e lo sviluppo del Sud langue. Anche sotto il profilo demografico, nonostante i flussi migratori interni, la popolazione orientale tedesca tende a ridursi meno drasticamente di quella meridionale.

Passando all’economia, il Pil pro-capite del Sud arretra sempre più rispetto al Nord Italia, mentre quello dell’Est recupera parte del divario con l’Ovest tedesco. Il segreto è tutto nelle risorse stanziate per la coesione territoriale: in Germania si è investito in cinque anni oltre il doppio di quanto speso in Italia in quasi cinquant’anni.

I tedeschi, insomma, hanno fatto sistema e pagato un prezzo per riunificare non solo formalmente il loro paese. In Italia si sono alternate leggi speciali senza una vera strategia di riequilibrio. Anche nei consumi, l’Est tedesco ha superato il Meridione, che langue nonostante un tenore di vita un tempo migliore.

In conclusione, la comparazione tra doti e virtù teutoniche e debolezze italiane appare impietosa. Certo i tedeschi sono noti per la loro laboriosità e il senso di appartenenza alla comunità, mentre da noi il campanilismo la fa da padrone. Eppure, guardando al modello germanico, emerge chiaro che servirebbero ingenti capitali pubblici vincolati per il Sud, insieme ad un progetto di crescita che parta dal basso, dalla società civile e dall’imprenditoria locale.

Senza un piano organico di rilancio e una visione d’insieme, il Mezzogiorno rimarrà indietro. Le infrastrutture da sole non bastano: c’è bisogno di creare lavoro, assistenza sociale, servizi. Bisogna puntare su giovani e donne, troppo spesso costrette a emigrare. Serve insomma un nuovo sentimento di unità nazionale, altrimenti l’Italia rimarrà spezzata in due. Il confronto con la Germania, tra luci e ombre, può essere uno stimolo a non rassegnarsi ad un destino a due velocità.

La situazione in Medio Oriente dopo il 7 Ottobre

L’attacco che Hamas ha condotto contro lo Stato di Israele, lo scorso 7 Ottobre, rappresenta un ulteriore episodio del conflitto che devasta il Medio Oriente da circa un secolo (anno più, anno meno).

Per poter comprendere tale nuova fase di questa guerra infinita, è necessario esaminare gli aspetti che ad essa sono connessi al fine di potere avere una visione complessiva del suo significato.

Come tutti i conflitti, anche questo si svolge su piani paralleli ineluttabilmente interconnessi e le cui conseguenze richiedono una comprensione d’insieme per identificare le eventuali ipotesi di soluzione. Leggi Tutto

Prima seduta plenaria della nuova Commissione tecnica specialistica (Cts) per le autorizzazioni ambientali in Sicilia

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La Commissione tecnica specialistica (Cts) per le autorizzazioni ambientali in Sicilia ha tenuto la sua prima seduta plenaria, segnando un importante passo avanti nella riforma che mira a fornire risposte veloci alle richieste di investimento nella regione. L’insediamento di questa Commissione è stata sottolineata come un’azione prioritaria dal presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, che ha riconosciuto l’importanza di semplificare e accelerare le procedure autorizzative per sostenere lo sviluppo economico e ambientale dell’isola.

Durante la seduta plenaria, l’assessore regionale all’Ambiente, Elena Pagana, ha evidenziato il momento particolare che la Sicilia sta vivendo per le sfide energetiche. La regione si trova di fronte a importanti opportunità nel settore delle energie rinnovabili, ma è anche chiamata a gestire in modo sostenibile le risorse naturali e a tutelare l’ambiente. La Cts, attraverso una valutazione accurata e tempestiva delle richieste di autorizzazione ambientale, svolge un ruolo fondamentale nel garantire un equilibrio tra sviluppo economico e tutela dell’ambiente.

Il presidente della Cts, Gaetano Armao, ha tracciato un primo bilancio positivo dell’attività svolta dalla Commissione. Fin dalla sua istituzione, la Cts ha emesso 130 pareri e ha esaminato pratiche relative a investimenti per un valore complessivo di 2 miliardi di euro. Questi numeri testimoniano l’impegno della Commissione nel rispondere prontamente alle esigenze delle imprese e dei comuni siciliani, garantendo al contempo il rispetto delle norme ambientali e la salvaguardia del territorio.

Un obiettivo ambizioso della Cts è quello di azzerare l’arretrato delle pratiche entro un anno. La riduzione dei tempi di attesa per le autorizzazioni ambientali è cruciale per consentire alle imprese di pianificare e avviare i loro progetti in tempi ragionevoli. Inoltre, la Cts mira a fornire risposte certe alle imprese e ai comuni per sfruttare al meglio i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che rappresentano un’opportunità significativa per la crescita economica e la transizione ecologica della Sicilia.

La riforma della Commissione tecnica specialistica per le autorizzazioni ambientali in Sicilia e il suo impegno a semplificare e accelerare le procedure autorizzative sono passi importanti verso uno sviluppo sostenibile e un ambiente più salubre per gli abitanti dell’isola. L’obiettivo di fornire risposte tempestive alle richieste di investimento e di sfruttare al meglio i fondi disponibili rappresenta una chiara volontà di promuovere lo sviluppo economico e ambientale della Sicilia, nel rispetto dei principi di sostenibilità e tutela dell’ambiente.

Convegno ASEL: patto strategico Sicilia-Sardegna nel segno dell’insularità

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L’insularità è da sempre un tema di grande importanza per le regioni costiere italiane e di recente è stato oggetto di discussione in un convegno organizzato dall’Associazione delle Regioni Insulari (Asel). Questo incontro ha visto la partecipazione di diversi amministratori provenienti da isole italiane, dalla Corsica alla Sicilia, che hanno condiviso le proprie esperienze e riflessioni sull’argomento.

Hanno partecipato alla conferenza: il Sindaco di Cagliari Paolo Truzzu; il Presidente A.S.E.L. Rodolfo Cancedda; il Presidente A.S.A.E.L. Matteo Cocchiara; il Presidente della Commissione speciale Insularità della Regione Autonoma della Sardegna Michele Cossa; il Professore Gaetano Armao, delegato del Rettore dell’Università di Palermo per le questioni legate all’insularità; l’Assessore all’Industria della Regione Autonoma della Sardegna Anita Pili, il Componente della Commissione speciale Insularità della Regione Autonoma della Sardegna Giuseppe Meloni e il Vicepresidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati Pietro Pittalis. Gli intervenuti hanno portato la loro testimonianza sulle sfide e le opportunità legate all’insularità, sottolineando come l’insularità sia un tema che unisce la Sicilia, e la Sardegna, in quanto entrambe le isole affrontano problemi simili dovuti alla loro posizione geografica.

La presenza dei rappresentanti di diverse aree insulari italiane al convegno ha evidenziato l’importanza di rendere effettivo il principio di insularità, oggi inserito nella Costituzione italiana (art. 119). Questo principio riconosce le specificità delle regioni insulari e sancisce il diritto a pari opportunità rispetto alle regioni continentali.

Tuttavia, nonostante questa importante conquista legislativa, è necessario fare di più per garantire che l’insularità non rimanga solo una dichiarazione sulla carta, ma diventi una realtà concreta per Sardegna e Sicilia. Queste due regioni devono fare squadra e unire le proprie forze per ottenere pari opportunità rispetto alle regioni continentali.

Le sfide che le isole affrontano sono numerose e complesse. Tra queste, vi è la necessità di migliorare le infrastrutture di trasporto e connettività, sia marittima che aerea, per agevolare gli scambi commerciali e turistici. Inoltre, è fondamentale promuovere lo sviluppo economico e sostenibile delle isole, valorizzando le risorse locali e creando opportunità occupazionali.

In questo contesto, è essenziale che le istituzioni nazionali e regionali sostengano le richieste di Sardegna e Sicilia. È necessario destinare risorse adeguate per affrontare le specificità insulari e promuovere politiche di sviluppo mirate. Solo attraverso un impegno concreto e coordinato sarà possibile superare le sfide e sfruttare appieno il potenziale di queste regioni.

La valorizzazione dell’insularità non riguarda però solo Sardegna e Sicilia, ma può rappresentare un modello di sviluppo per altre regioni insulari italiane ed europee. L’esperienza e le buone pratiche condivise nel convegno dell’Asel possono essere un punto di partenza per promuovere un dialogo e una collaborazione più stretta tra le isole, al fine di ottenere il riconoscimento e il sostegno che meritano.

Addio a Napolitano Presidente emerito della Repubblica

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La figura di Giorgio Napolitano ha segnato in modo indelebile la storia della Repubblica Italiana, e lo ha fatto partendo dalla sua militanza nel Partito Comunista Italiano. Questo napoletano di gran classe, noto per la sua eleganza e attenzione ai dettagli, è stato il primo presidente nella storia della Repubblica ad essere eletto due volte, prima nel 2006 e poi nel 2013. Leggi Tutto

Verso il pieno riconoscimento dei diritti degli insulari: l’articolo del professor Gaetano Armao su Federalismi

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La pubblicazione dell’articolo del professor Gaetano Armao sulla prestigiosa rivista giuridica “Federalismi” segna un importante passo avanti nel dibattito sul riconoscimento dei diritti dei cittadini insulari. Il professor Armao, delegato del Rettore dell’Università di Palermo alle questioni dell’insularità, ha presentato la sua relazione alla Conferenza annuale di ICON•S – International Society of Public Law, intitolata “Islands and Oceans. Public Law in a Plural World”, che si è tenuta il 3 luglio 2023 presso la Victoria University di Wellington, in Nuova Zelanda.

L’articolo del professor Armao si concentra sul livello europeo come chiave per completare il quadro normativo e garantire il pieno riconoscimento dei diritti dei cittadini insulari. Questo dibattito assume particolare importanza dopo l’introduzione dell’insularità nell’articolo 119 della Costituzione italiana. Tale modifica costituzionale ha posto le basi per affrontare questioni cruciali legate alle isole e alla loro condizione geografica peculiare.

Sul piano pratico, la condizione insulare impatta indirettamente sulla vita quotidiana dei cittadini in molteplici forme, non sempre  in maniera così esplicita e visibile come nel  caso degli abnormi costi del trasporto aereo che le isole devono affrontare. Questa problematica, non a caso, è oggetto di discussione presso la Commissione europea. L’alto costo del trasporto rappresenta una sfida significativa per gli abitanti delle isole, limitando la loro mobilità e l’accesso a servizi essenziali. Affrontare questa questione a livello europeo è fondamentale per garantire condizioni di parità per i cittadini insulari e favorire lo sviluppo delle comunità locali.

A livello nazionale, i temi legati all’insularità stanno emergendo nel dibattito parlamentare sul disegno di legge relativo al regionalismo differenziato. Grazie alla garanzia costituzionale acquisita con l’introduzione dell’insularità nell’articolo 119, questi temi diventeranno un elemento cruciale per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP). Ciò implica che le specificità delle isole e le loro esigenze particolari dovranno essere prese in considerazione nella definizione dei servizi essenziali che devono essere garantiti a tutti i cittadini, senza discriminazioni geografiche.

Il contributo del professor Armao rappresenta un”ulteriore passo avanti nel cammino verso il pieno riconoscimento dei diritti dei cittadini insulari. La sua relazione alla conferenza di ICON•S ha permesso di evidenziare l’importanza del livello europeo e dell’approccio transnazionale nel risolvere le sfide legate all’insularità. Ora, con l’attenzione crescente su questi temi a livello nazionale e internazionale, è auspicabile che si possano trovare soluzioni concrete per garantire la piena parità di diritti e opportunità per tutti i cittadini delle isole.

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Redazione
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