E’ ormai prossimo alla settima edizione il master di II livello in intelligence dell’Università della Calabria. Unico nel suo genere, è il primo percorso formativo – non necessariamente indirizzato agli esperti del settore – che rappresenta il primo vero esperimento ben riuscito di far assurgere l’intelligence e le sue sottodiscipline al rango di insegnamento universitario. In realtà, le scuole di intelligence, i corsi di intelligence ed i percorsi di formazione, più o meno “alta”, sono numerosi in Italia, e non sempre – o quasi mai – vengono somministrati da atenei che a giusto titolo possano fregiarsi di tale appellativo. Nessuno di questi percorsi formativi, ad eccezione di quello che ci accingiamo a descrivere, è però a nostro parere valido: molti sono i punti di vista personali, moltissimi i contenuti parziali, troppi gli elementi informativi che fanno pensare più ad approfondimenti giornalistici che ad un approccio scientifico e metodologico.
Il master in intelligence dell’Università della Calabria, voluto dal compianto Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga – appassionato di intelligence e di forze armate – e diretto dal prof. Mario Caligiuri, annovera invece tra i suoi docenti politici, diplomatici, security manager delle più affermate multinazionali italiane, ufficiali e funzionari delle forze di polizia; nelle scorse edizioni, hanno preso parte alle lezioni i direttori delle Agenzie di Informazioni e Sicurezza e del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza della Presidenza del Consiglio, oltre che studiosi e teorici dell’analisi criminale e di intelligence.
Non è nostro intento pubblicizzare un corso di studi, per quanto lo stesso sia validissimo, ma cercare di far comprendere ai lettori l’importanza dell’approccio all’intelligence in quanto scienza sociale a pieno titolo.
Sinora l’intelligence è stato confinata, in un’atmosfera quasi da romanzo noir o da cronaca complottista o scandalistica, in un mondo per i soli addetti ai lavori: militari, sbirri, americani, gladio, la NATO e chi più ne ha più ne metta…. ma non è così. Lo scopo del master (e del presente articolo) è quello di far comprendere che l’intelligence dovrebbe essere pane quotidiano per tutti e non solo per un’indecifrabile intellighenzia. Mi spiego: non affermo che informazioni riservate o documenti protetti dal segreto di stato dovrebbero essere accessibili a tutti. Tutt’altro. Esattamente l’opposto. La popolazione dovrebbe capire che esiste l’intelligence, e che se esiste la segretezza è proprio perché informazioni e documenti riservati, apparati ed agenti sotto copertura servono a tutelare prima di tutto la sicurezza della Repubblica. La sicurezza di tutti.
Sarebbe importante capire in maniera più diffusa come operano i servizi segreti, conoscere approfonditamente le leggi che ne regolano inflessibilmente il funzionamento e comprendere, prima di tutto, che non sono uno strumento politico utile alle campagne elettorali, ma che se il loro operato sfugge – solo in parte – al controllo della magistratura è perché le decisioni emergenziali (come sempre sono quelle relative alla sicurezza) sono proprie del potere politico. C’è sempre tempo, come è giusto che sia in ogni democrazia, in fase di discussione parlamentare e di dibattimento giudiziario, per capire se è stato fatto tutto ciò che andava fatto e per accertare eventuali omissioni o responsabilità. Ma davanti ad un rischio od un pericolo, o per arginare un danno (tutti concetti apparentemente sinonimi, ma totalmente diversi, ben noti a chi studia queste materie) una decisione va presa, giusta o sbagliata che sia. L’intelligence è anche questo: una breve e minima deroga alla democrazia, per decidere con rapidità ed efficacia il da farsi quando la sicurezza esterna ed interna del nostro Paese, dei suoi cittadini e dei suoi interessi militari od economici sono minacciati.
“Cyber Intelligence: tra libertà e sicurezza“, “Intelligence e Magistratura” “Intelligence e Scienze Sociali” “Cossiga e l’Intelligence” “Intelligence e ‘Ndrangheta“, sono solo alcuni titoli dei tantissimi volumi scritti dal prof. Mario Caligiuri, direttore del master ed accademico, che per primo ha dimostrato nel nostro paese la validità di un approccio scientifico, universitario e sistematico all’intelligence. Con un occhio di riguardo per la sua regione, nella quale ha ricoperto in varie vesti ed in differenti periodi anche ruoli politici ed amministrativi, egli ha sviscerato e sta sviscerando ogni singolo aspetto della (nuova?) disciplina universitaria in relazione ad ogni materia delle scienze sociali, senza trascurare la modernità, la contemporaneità e le insidie del cybercrime e del cyberterrorismo. Non a caso, la necessità di conformarsi ai tempi moderni, di velocizzare e meglio veicolare le informazioni attraverso il web hanno trovato anche espressione in una rivista on-line, curata dall’Ateneo e denominata IntelligenceLab.
Insomma, l’intelligence – che è un termine intraducibile in italiano – è una disciplina aperta e fruibile a tutti e, almeno come metodo, tutti dovrebbero accrescere la loro consapevolezza al riguardo.
Europeanaffairs.media ha sempre avuto a cuore l’argomento intelligence, specie per gli aspetti strategici e geopolitici ad esso contigui e con esso interdipendenti. La nostra speranza è quella di far comprendere, con queste poche righe, che un mondo costituito da persone più consapevoli, senza riserve e con il desiderio di approfondire anche tematiche spesso più ostiche o meno frequenti nella vita di tutti i giorni, può essere un mondo più sicuro.
Lo studio dell’intelligence – senza riserve e senza cercare ovunque complotti e macchinazioni – se condotto con un approccio interdisciplinare (in cui la psicologia, l’informatica, il diritto, l’ingegneria, la geopolitica e la religione, e non solo, si intrecciano) può contribuire a creare un mondo migliore. E’ non è sterile romanticismo. Basta leggere i giornali per capire quanto la sicurezza sia un bene sempre più prezioso, di cui tutti hanno fame e sete.
Cominciamo dall’Italia.