GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Giacomo Pratali - page 10

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Libia: sì al governo di unità nazionale

Il governo di unità nazionale libico si farà. L’accordo, raggiunto nella tarda serata di giovedì 8 ottobre, è stato firmato da tutte le fazioni in gioco, compreso l’esecutivo di Tripoli, il quale, dopo molte reticenze, ha detto sì alla bozza del 21 settembre scorso avallata dalle altre parti in gioco. Il ruolo di Primo Ministro, secondo quanto annunciato dal delegato Onu Bernardino Leon, dovrebbe spettare a Fayez Serray, ex Ministro della Casa in uno degli esecutivi del dopo Gheddafi.

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“Esprimiamo la nostra gioia perché c’è almeno una chance – ha affermato Leon -. Secondo le agenzie Onu, 2,4 milioni di persone sono in una grave condizione umanitaria. A tutti loro vanno le nostre scuse per non essere stati capaci di proporre prima questo governo”.

Dopo circa un anno di trattative pronte a naufragare da un momento all’altro, Leon, a fine incarico in Libia, è riuscito a portare a termine l’accordo tanto atteso. Pur con i distinguo da parte delle ali estreme dei due esecutivi, i governi di Tobruk e Tripoli si sono impegnati a scegliere il futuro Consiglio dei Ministri. Mentre le Nazioni Unite hanno già nominato i tre vicepresidenti che comporranno, assieme al premier, il Consiglio di Presidenza.

Moussa Kony, indipendente e proveniente da Fezzan. Ahmed Maemq, membro del Congresso Generale Nazionale di Tripoli. Fatj Majbari, proveniente dalla Cirenaica ma non fedele al generale Khalifa Haftar.

La comunità internazionale ha accolto con soddisfazione l’accordo. Adesso, si apre la fase della formazione del governo e del possibile intervento militare, sotto l’egida delle Nazioni Unite e a possibile guida italiana, contro lo Stato Islamico: “Ora i partiti libici sostengano l’intesa che va incontro alle aspettative del popolo libico, nel cammino verso la pace e la prosperità. L’Ue -ha annunciato- è pronta a offrire un immediato e concreto sostegno finanziario di 100 milioni di euro al nuovo governo”, ha annunciato l’alto rappresentante Ue Federica Mogherini.

Mentre il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon auspica che “non venga sprecata questa opportunità per mettere il Paese sulla strada della costruzione di uno stato che rifletta lo spirito e le ambizioni della rivoluzione 2011″.

Sulla stessa lunghezza d’onda, il ministro degli Affari Esteri italiano Paolo Gentiloni, il quale ha espresso “soddisfazione per il risultato conseguito  nella notte dalle delegazioni delle formazioni libiche. Si tratta di un’importante tappa del percorso verso l’auspicabile creazione di un governo di unità nazionale. Ora è fondamentale che  tutte le parti approvino l’intesa raggiunta questa notte e procedano alla firma dell’accordo”.  – ha detto  il Ministro –  “L’Italia, nel riconoscere l’incessante sforzo compiuto dall’inviato delle Nazioni Unite, Bernardino Leon –  ha concluso Gentiloni –  continuerà a dare il suo sostegno alle prossime tappe verso la pace e la stabilità della Libia”.

Giacomo Pratali

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Libya: yes to national unity government

Bernardino Leon has announced Libya national unity government. The agreement, reached in the late evening of Thursday 8 October in Morocco, has been signed by all factions, including Tripoli, which has approved draft endorsed by other parties last September. The UN envoy has also named Prime Minister Fayez Serray, former member of Tripoli parliament.

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“More work remains. Negotiators who attended the peace talks representing the rival governments approved the names of candidates, but the parliaments for both sides must approve them, too. The U.N. says an estimated 2.44 million people in Libya are in need of protection and some form of humanitarian aid, “ Leon said.

After about a year of difficult talks, Leon, at the end of his assignment in Libya, has also aexplained that Tobruk and Tripoli will have to choose the future Cabinet. While the United Nations has already named three vice presidents who will compose, together with Prime Minister, the presidential council.

Moussa Kony, independent and coming from Fezzan. Maemq Ahmed, a member of the General National Congress of Tripoli. Fatj Majbari, coming from Cyrenaica but not belonging to General Haftar army.

The international community has welcomed this deal. Now, after new government composition, a military intervention, under the aegis of the United Nations and maybe led by Italy, could be begin against Daesh: We now expect the Libyan parties to endorse this deal which meets the aspirations of the Libyan people, to take the path of peace and prLiosperity. The European Union stands ready to offer immediate substantial political and financial support – worth 100million euros – to the new government, “ the EU High Representative Federica Mogherini remarked.

While Secretary General of the United Nations Ban Ki-moon has pushed Tobruk and Tripoli “not to squander this opportunity to put the country back on the path to building a state that reflects the spirit and ambitions of the 2011 revolution”.

As Italian Minister of Foreign Affairs Paolo Gentiloni, who expressed “satisfaction with the results achieved over night by the Libyan delegations. This is an important step toward the much hoped for establishment of a national unity government. It is now essential that all the parties concerned approve the agreement and proceed to signing it”, the minister said. “In acknowledgement of the unceasing efforts of UN envoy Bernardino Leon – the minister concluded – Italy will continue to lend its support to the next stages in attaining peace and stability in Libya”.

Giacomo Pratali

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Siria: accordo USA-Russia necessario

Medio oriente – Africa di

Dopo l’inizio dei bombardamenti russi sul territorio siriano, l’appoggio al regime di Assad e la violazione dello spazio aereo turco, i rapporti tra Usa e Russia si sono fatti ancora più freddi. Tuttavia, l’intervento militare dell’Occidente in Siria e Iraq impongono un accordo di cooperazione tra le parti in gioco.

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Il Ministero della Difesa russo potrebbe accogliere la proposta del Pentagono sul coordinamento nella lotta all’Isis in Siria. Questo è quanto il Cremlino ha fatto trapelare mercoledì 7 ottobre, parlando di continui contatti a livello diplomatico con la Casa Bianca dopo il vertice Usa-Russia alle Nazioni Unite lo scorso 29 settembre.

Dal 30 settembre, data dell’inizio dell’intervento aereo russo in Siria, si è verificata una duplice escalation. Sul piano militare, con i caccia russi impegnati presso Palmira, nelle province di Aleppo e Hama, dove sono intervenuti spalleggiando l’offensiva contro i ribelli islamici, non appartenenti al Daesh, delle truppe del presidente Bashar al Assad. Proprio l’appoggio al regime siriano, contestato dagli Stati Uniti e dalla Nato, e la violazione dello spazio aereo turco hanno portato all’altra escalation, quella di tipo diplomatica.

Infatti, sono stati molti i botta e risposta tra l’Occidente, che accusa la Russia di colpire i ribelli siriani non fondamentalisti e di fare il gioco dei jihadisti, e il Cremlino, che ha bollato tali accuse come montature mediatiche.

“Respingiamo l’idea della Russia che tutti coloro che sono contro Assad siano terroristi”, ha tuonato il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Mentre il ministro della Difesa britannico Micheal Fallon ha precisato che solo il 5% dei raid russi hanno come obiettivo il Califfato: “Le nostre prove indicano che stanno sganciando munizioni non guidate in aree civili, uccidendo civili, e contro l’ELS”. Percentuale in termini di vittime confermata anche dall’Osservatorio Nazionale per i Diritti Umani siriano (ONDUS).

“L’unico modo per combattere il terrorismo internazionale in Siria e nei Paesi limitrofi, è combattere i ribelli sul loro territorio”, ha invece affermato il presidente russo Vladimir Putin. Mentre il ministro degli Esteri Lavrov, rispondendo all’accusa di volere colpire tutti gli oppositori di Assad, ha ribadito che “noi combattiamo lo Stato Islamico, il Fronte al Nusra e i gruppi ad essi associati. Non consideriamol’Esercito Libero Siriano un gruppo terroristico, anzi pensiamo che dovrebbe essere parte della soluzione politica”. In aggiunta, i dati forniti dal Ministero della Difesa sui raid in territorio siriano sono di segno opposto.

Ma la tensione sul piano diplomatico riguarda anche i rapporti con la Turchia. La violazione dello spazio aereo turco, dovuta alle “pessime condizioni meteorologiche” secondo l’Amministrazione russa, ha aperto un fronte con il presidente turco Recep Erdogan, storicamente nemico di Assad e accusato di avere favorito l’ingresso in Siria dei foreign fighters andati a combattere tra le fila del Califfato.

Le giustificazioni del Cremlino sono state respinte sia da Erdogan sia dal segretario generale della NATO Jens Stoltenberg. Proprio una dichiarazione congiunta tra gli Stati membri dell’Alleanza Atlantica, pubblicata il 5 ottobre, ha chiesto “l’immediata cessazione degli attacchi aerei contro l’opposizione siriana e i civili” e ha condannato “la violazione dello spazio aereo turco”.

Questo scontro sul piano diplomatico, tuttavia, potrebbe essere mitigato da un eventuale accordo di cooperazione tra Washington e Mosca. Se la Russia ha deciso autonomamente di intervenire in Siria, l’Occidente, dal canto suo, non è restato fermo a guardare. Gli Stati Uniti sono impegnati nella riconquista militare delle città irachene cadute nelle mani dell’Isis: missione a cui potrebbe prendere parte anche l’Italia. Francia, Australia e Gran Bretagna (in attesa della ratifica del Parlamento) sono invece impegnate con le loro aviazioni militare sul territorio siriano.

La condotta provocatoria della Russia nei confronti di Stati Uniti e Nato celava probabilmente uno scopo: coinvolgere i partner occidentali nella lotta contro lo Stato Islamico. Pur con i distinguo, soprattutto in merito ad Assad, questo scopo sarà forse raggiunto nei prossimi giorni.
Giacomo Pratali

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Syria: the necessary deal between the US and Russia

Middle East - Africa/Policy di

After Russian bombings in Syria, the violation of Turkish airspace and the support of Assad, relationship between the Washington and Moscow have become even colder. However, a cooperation agreement against Islamic State is possible.

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Ministry of Defense of Russian Federation could accept the Pentagon proposal on coordination in the fight against ISIS in Syria. This is what the Kremlin leaked Wednesday 7th October, speaking of ongoing diplomatic relathioship with the White House after the US-Russia summit at the United Nations on 29th September.

Since last 30th September, when Russia began to bomb Syria, it started a double escalation. From military point of view, with Russian fighters brought to Palmira, in the provinces of Aleppo and Hama, where they helped regular army against Islamist insurgents, but not belonging to Daesh. Russian support of Assad, challenged by the United States and NATO, and the violation of Turkish airspace caused the diplomatic escalation.

Indeed, there were several give and take between the West, which accuses Russia to hit Syrian not fundamentalists rebels and play jihadists game, and the Kremlin, which has branded these accusations as hoaxes.

“We reject the Russian assertion that all armed opponents of the “brutal” Mr Assad were terrorists, ” president of the US Barack Obama boomed out While minister of Defence Michael Fallon stated that only 5% of Russians raid hit the Caliphate: “Our evidence indicates they are dropping unguided munitions in civilian areas, killing civilians, and they are dropping them against the Free Syrian forces fighting Assad. Percentage of victims proved by The Syrian Observatory for Human Rights (SOHR) .

“The only true way to combat international terrorism, in Syria and in the territories of neighboring countries where international terrorism is rampant, is to act preemptively by fighting and killing terrorists which have captured territories,” Russian President Vladimir Putin said. While Minister of Foriegn Affairs Sergey Lavrov explained that “we have the same approach: it’s ISIL, Al-Nusra and other terrorist groups. We believe that the Free Syrian Army should be part of the political process, like some other armed groups on the ground.”

But this tension on the diplomatic level is also involving Turkey. The violation of Turkish airspace, caused by “bad weather” according to Russian reason, opened a diplomatic incident with Turkish President Recep Erdogan, historically enemy of Assad and accused to taking in Syria many foreign fighters enlisted by the Caliphate.

The Kremlin explanations were rejected by Erdogan and NATO Secretary General Jens Stoltenberg. The statement published by Member States of the Atlantic Alliance last 5th October called on Russia “to end air strikes on the Syrian opposition and civilians” and commented on violation of Turkish airspace as “the extreme danger of such irresponsible behaviour”.

However, this argument could be mitigated by a possible cooperation agreement between Washington and Moscow. Moreover, not only Russia, but also the West decided to intervene in Syria. The United States (and maybe Italy) are reconquering Iraqi city defeated by Islamic State. France, Australia and Great Britain (pending the ratification of the Parliament) are sending their fighters to Syria.

Russian annoying attitude against the United States and NATO probably concealed one purpose: to involve the Western partners in the war against Islamic State. This goal could be reached in the coming days.
Giacomo Pratali

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Italia: pronta azione militare in Iraq?

Difesa/EUROPA di

“In merito a indiscrezioni di stampa su operazioni militari aeree italiane in Iraq, il Ministero della Difesa precisa che sono solo ipotesi da valutare assieme agli alleati e non decisioni prese che, in ogni caso, dovranno passare dal Parlamento”. Questa la nota pubblicata dal Ministero della Difesa italiano a seguito dell’indiscrezione, rilanciata da Il Corriere della Sera il 5 ottobre, in merito ad un presunto intervento dei propri Tornado a fianco della coalizione occidentale contro lo Stato Islamico.

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Se da un anno a questa parte, infatti, gli aerei italiani sono stati configurati per le ricognizioni sul territorio iracheno e in appoggio ai Peshmerga, adesso le regole d’ingaggio con il governo iracheno cambierebbero, così come avvenuto tra quello siriano e la Russia. Mentre sullo sfondo Nato, Francia e Gran Bretagna (in attesa del via libera da parte del Parlamento) operano militarmente in Siria.

Tornando al caso italiano, se da una parte il Ministero della Difesa ha smentito le indiscrezioni della stampa, dall’altra parte l’incontro tra il ministro Roberta Pinotti e il Segretario di Stato alla Difesa Ashton Baldwiin Carter, in programma a Roma il 7 ottobre, potrebbe essere un chiaro indizio sulla volontà italiana di partecipare ai bombardamenti contro le postazioni dell’Isis. E forse il prologo di una missione militare in Libia con l’Italia a capo di una coalizione internazionale.
Giacomo Pratali

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Kunduz, distruzione ospedale MSF: scuse e accuse

19 morti e circa 30 tra feriti e dispersi. È questo il bilancio del raid aereo condotto per errore sabato 3 ottobre dalla coalizione guidata dagli Usa contro l’ospedale di Kunduz, Afghanistan, dove aveva sede Msf. L’attacco segue altri interventi delle forze speciali Usa che, nel corso di questa settimana, sono riusciti ad uccidere 200 talebani di Mansour. Tuttavia, i jihadisti, scacciati dal centro cittadino, controllano ancora alcune zone periferiche.

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Medici Senza Frontiere, di cui 12 operatori sono rimasti uccisi, ha negato che dentro l’ospedale ci fossero talebani: “Tutte le parti in conflitto, comprese Kabul e Washington, erano perfettamente informate della posizione esatta delle strutture MSF  – ospedale, foresteria, uffici e unità di stabilizzazione medica a Chardara (a nord-ovest di Kunduz). Come in tutti i contesti di guerra, MSF ha comunicato le coordinate GPS a tutte le parti del conflitto in diverse occasioni negli ultimi mesi, la più recente il 29 settembre. Il bombardamento è continuato per più di 30 minuti da quando gli ufficiali militari americani e afghani, a Kabul e Washington, ne sono stati informati. MSF chiede urgentemente chiarezza per capire esattamente cosa sia successo e come sia potuto accadere un evento di questa gravità”, si legge nel comunicato diffuso dalla Ong.

Istituzioni, dunque, sotto accusa. In special modo, Stati Uniti e Nato: “Il ministero della Difesa ha lanciato un’inchiesta completa e aspetteremo i risultati prima di dare un giudizio definitivo sulle circostanze di questa tragedia – ha chiarito il presidente degli Usa Barck Obama -.  “Ho chiesto al dipartimento di tenermi al corrente delle indagini e mi aspetto un resoconto completo dei fatti e delle circostanze. Michelle e io preghiamo per tutti i civili colpiti da questo incidente, le loro famiglie e le persone care. Continueremo a lavorare a stretto contatto con il presidente Ghani, il governo afgano e i nostri partner internazionali per sostenere le forze di difesa nazionale afghane che lavorano per garantire la sicurezza al loro Paese”, ribadisce il capo della Casa Bianca.

Anche il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg esprime cordoglio: “Sono profondamente amareggiato per i tragici eventi che hanno coinvolto la struttura di Medici Senza Frontiere a Kunduz. Rivolgo le mie condoglianze a tutti coloro che ne sono rimasti coinvolti. Il lavoro di Msf in tutto il mondo è straordinario, incluso in Afghanistan. Essi giocano un ruolo importante nella creazione di un futuro migliore per la popolazione afghana”.

Mentre l’Onu è decisa ad aprire un’inchiesta, la Ong è stata costretta a spostarsi in altre strutture cittadine. Tuttavia, le spiegazioni e le inchieste annunciate dalla varie autorità non bastano a dare una spiegazione di quanto successo: “Questo attacco è ripugnante ed è una grave violazione del Diritto Internazionale Umanitario” ha detto Meinie Nicolai, presidente di MSF che oggi si trova in Italia. “Chiediamo alle forze della Coalizione completa trasparenza. Non possiamo accettare che questa terribile perdita di vite umane venga liquidata semplicemente come un ‘effetto collaterale’.”

Se l’intervento militare russo in Siria e il sostegno al presidente Assad hanno incontrato il dissenso di Washington, l’errore umano che ha portato alla morte di numerosi pazienti e operatori di Msf mettono gli Stati Uniti in grave imbarazzo di fronte alla comunità internazionale, soprattutto dopo i gravi fatti dello Yemen in cui, le bombe sunnite contro i campi profughi, di qualche mese fa, provenivano dall’equipaggiamento dell’esercito americano.

Giacomo Pratali

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Kunduz, MSF hospital airstrike: excuses and charges

19 dead and about 30 wounded and missing after the wrong air raid conducted yesterday by the US coalition against hospital in Kunduz, Afghanistan, where MSF had its headquarters. The attack follows other United States special actions on this city, during the last week, wherein they killed 200 Mansour’s Taliban. Jihadists run away from city center, but now still control some suburban areas.

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Doctors Without Borders, of which 12 workers were killed, denied that Talibans were in the hospital: “All parties to the conflict, including in Kabul and Washington, were clearly informed of the precise location (GPS Coordinates) of the MSF facilities – hospital, guesthouse, office and an outreach stabilization unit in Chardara (to the north-west of Kunduz). As MSF does in all conflict contexts, these precise locations were communicated to all parties on multiple occasions over the past months, including most recently on 29 September. The bombing continued for more than 30 minutes after American and Afghan military officials in Kabul and Washington were first informed. MSF urgently seeks clarity on exactly what took place and how this terrible event could have happened. “ NGO’s statement said.

President of United States Barack Obama offered MSF his deepest condolences and explained that “the Department of Defense has launched a full investigation, and we will await the results of that inquiry before making a definitive judgement as to the circumstances of this tragedy.”

“I am deeply saddened by the tragic incident involving a Doctors without Borders hospital in Kunduz – NATO Secretary General Jens Stoltenberg said -. I extend my condolences to all those affected. Doctors without Borders perform extraordinary humanitarian work across the world, including in Afghanistan. They play an important role in helping create the conditions for a better future for the Afghan people. “

While the UN is determined to open an investigation, the NGO was forced to move to other city medical centers. However, the investigations announced by United States and United Nations are not enough sufficient: “This attack is abhorrent and a grave violation of International Humanitarian Law,” said Meinie Nicolai, MSF President. “We demand total transparency from Coalition forces. We cannot accept that this horrific loss of life will simply be dismissed as ‘collateral damage’.”

If Russian military intervention in Syria and support for President Assad have not been approved by Washington, the human error, which caused several victims among patients and MSF doctors, embarasses the US in front of the international community, especially after Yemen where, a few months ago, bombs against Sunni refugee camps came from United States equipment.
Giacomo Pratali

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Nigeria: international community’s deafening silence

BreakingNews @en di

Five suicide little girls killed 4 deaths (including themselves) and 41 wounded in Maiduguri, the capital of Borno State. Explosions took place near a mosque, after the evening prayer, and security building. Although it has not claimed responsibility yet, attacks are very probably endorsed by Boko Haram. In addition, it’s not the first time that this jihadist organization uses brainwashed girls to hit population.

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If Syria and Libya are in international community spotlights, the same can not be said for Nigeria, as evidenced by refusal of military aid from the United States last July. Already in September, Borno has seen over 100 casualties caused by Boko Haram. Nigerian army outposts strengthening in Maiduguri and African military force creation along with Cameroon, Chad, Nigeria and Benin have not led to the desired results, despite some hostages release in north-eastern Nigeria.

In addition, to worsen this context, there is sanitation situation in the capital of Borno State. As reported by MSF, in the count of 16 September, there were 16 deaths and 172 cases of cholera in the camps in Maiduguri. Displaced people at these facilities would be 1,600,000, too many for the number of beds available: “Once again, MSF and the International Committee of the Red Cross (ICRC) are alone on the field,” MSF Head of Mission in Nigeria Ghada Hatim said.

The news of Boko Haram arrival in Libya and the migration emergency due to the displacement of hundreds of thousands Chadians and Nigerians, can no longer remain silent. Finally, Nigerian division between developed south and under siege north, it makes almost impossible refugee status to Nigerian people escaped by Boko Haram: indeed, Nigerian people are generically considered illegal economic migrants.

Giacomo Pratali

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Nigeria: l’assordante silenzio della comunità internazionale

Cinque ragazzine si sono fatte esplodere a Maiduguri, capitale dello Stato di Borno, provocando 14 morti (tra cui loro stesse) e 41 feriti. Le azioni suicide sono avvenute nei pressi di una moschea, a margine della preghiera serale, e di un edificio di vigilantes. Seppure non sia ancora stato rivendicato, gli attacchi portano inequivocabilmente a firma Boko Haram. In più, non è la prima volta che l’organizzazione jihadista si avvale di bambine plagiate per colpire i centri abitati della regione.

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Se Siria e Libia sono sotto i riflettori della comunità internazionale, altrettanto non si può dire per la Nigeria, come testimoniato dal rifiuto di aiuti militare da parte degli Stati Uniti lo scorso luglio. Già nel mese di settembre, la regione nord-est del Paese ha visto oltre 100 vittime causate dalla furia di Boko Haram. Il rafforzamento degli avamposti dell’esercito nigeriano a Maiduguri e la creazione di una forza militare africana assieme a Camerun, Ciad, Nigeria e Benin non hanno portato ai risultati sperati, se non la liberazione di qualche ostaggio nel nord della Nigeria.

In più, a peggiorare il contesto, è la situazione igienico-sanitaria della capitale dello Stato di Borno a destare ancora più preoccupazione. Come testimoniato da MSF, nel conteggio del 16 settembre, sono stati riscontrati 16 decessi e 172 casi di colera nei campi presso Maiduguri. Gli sfollati presso queste strutture sarebbero 1,6 milioni, troppi per i posti letto disponibili: “Ancora una volta, MSF e il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) si ritrovano da sole sul campo”, afferma il capomissione MSF in Nigeria Ghada Hatim.

La notizia dell’arrivo di miliziani di Boko Haram in Libia e l’emergenza migratoria dovuta alla fuga di centinaia di migliaia di nigeriani e ciadiani non possono più passare sotto silenzio. Infine, la divisione della Nigeria tra un sud sviluppato e un nord sotto assedio, rende al momento quasi impossibile, da parte dei Paesi europei, concedere lo stato di rifugiato ad un nigeriano, considerato, invece, migrante economico clandestino.

Giacomo Pratali

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UE, quote e hotspot: un via libera forzato

EUROPA/POLITICA di

I Paesi occidentali votano sì alla redistribuzione di 120mila rifugiati arrivati in Italia e Grecia, le quali dovranno rendere efficienti i centri d’identificazione entro novembre. Ostruzionismo degli Stati dell’Est. Via libera ai raid contro gli scafisti.

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Via libera alla quota di 120mila rifugiati, alla creazione di hotspot entro novembre, ai raid contro gli scafisti. Tra il 22 e 24 settembre, durante la riunione straordinaria dei ministri degli Interni della Ue e il Consiglio Europeo, il pacchetto di proposte della Commissione Europea sull’immigrazione è stato accolto nelle sue linee guida. Come prevedibile e già manifestato in più occasioni nel corso di questo 2015, lo schieramento di Paesi dell’Est (“Visegrad”), composto da Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia più la Romania, ha votato contro la ripartizione dei profughi.

Sulla distribuzione dei 120mila rifugiati giunti in Italia e Grecia, infatti, è stato necessario il ricorso alla maggioranza qualificata, data l’impossibilità di raggiungere l’unanimità. A loro volta, i due Stati del Mediterraneo si sono impegnati al rafforzamento dei centri d’identificazione, i quali dovrebbero essere pronti entro novembre, come deciso dal Consiglio Europeo.

L’obiettivo è snellire le procedure di rimpatrio per chi non detiene il diritto d’asilo e facilitare lo smistamento di tutti coloro che invece ne posseggono i requisiti. È una misura di valore storico poiché di fatto annulla la norma comunitaria del Trattato di Dublino che consente al rifugiato di potere risiedere solo presso lo Stato nel quale ha fatto domanda d’asilo.

Il Consiglio Europeo che ha poi detto sì ai raid contro gli scafisti provenienti dalla Libia. Tale operazione navale, attiva dal prossimo 7 ottobre, rientra nella seconda fase della EunavFor e prevede l’abbordaggio, la perquisizione e il sequestro delle imbarcazioni con a bordo migranti.

Piccolo passo in avanti anche nei rapporti con gli enti internazionali e i Paesi vicini. La Ue ha infatti predisposto un piano di aiuti del valore di 1 miliardo di euro a favore delle agenzie Onu che aiutano i profughi. Mentre, sul fronte del trust fund, l’Europa ha chiesto un maggiore sforzo agli Stati membri, visto che i fondi per i Paesi esposti alle crisi, Siria e Iraq in primis, non sono sufficienti.

Le decisioni prese in questi due vertici sono state salutate positivamente da una parte d’Europa. Dai vertice dell’Unione Europea, passando per Italia e Francia, fino ad arrivare alla Germania, con la cancelliera Angela Merkel che ha parlato di “passo in avanti decisivo”.

Dichiarazioni a cui ha fatto seguito la replica, di certo non conciliante, del premier ungherese Orban, che ha parlato di “moralismo imperialista”. E sono proprio queste parole che evidenziano al meglio il clima che si respira tra i leader dell’Est Europa. A partire dal primo ministro slovacco Robert Fico il quale, in rappresentanza del gruppo Visegrad, ha annunciato di un’azione legale contro la norma sulla ripartizione dei rifugiati.

Ma ciò che evidenzia ancora di più la spaccatura è il comportamento dell’Ungheria. Dopo le leggi antiimmigrazione e la costruzione del muro al confine con la Serbia, il governo ha annunciato di volere innalzare un’ulteriore barriera al confine con la Croazia. Notizia che, aggiunta alle migliaia di profughi arrivati in Serbia, stanno riportando a galla le antiche ruggini tra Belgrado e Zagabria.

Sulle politiche immigratorie, così come già dimostrato sul versante economico, l’Europa viaggia a doppia velocità. Nella fattispecie, la spaccatura tra Ovest ed Est affonda le sue radici nella storia moderna e contemporanea europea. Più che il Comunismo, gli Stati orientali, come evidenziato da più fonti internazionali, sono contrari all’accoglienza perché la loro indipendenza reale è stata raggiunta recentemente, con il ricordo ancora presente del sangue versato per la propria patria. Questo divario tra le due aree dell’Unione Europea sottolinea quanto l’unità politica continentale sia ancora molto distante.
Giacomo Pratali

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