GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Alessandro Conte - page 24

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Libano: continua l’attività di cooperazione della missione italiana

Difesa/Medio oriente – Africa di

Libano del sud, Una importante attività di cooperazione è stata svolta dal contingente italiano in Libano a favore dei comuni di Dair Ntar e Kafra nel Sud del Libano

I progetti implementati dalla Brigata Taurinense  hano permesso la realizzazione di nuovi impianti di illuminazione con lampade a Led a basso costo alimentate da pannelli fotovoltaici.

I lampioni illumineranno tratti stradali prossimi ai villaggi senza l’ausilio della rete elettrica, che nel sud del Libano funziona solo per poche ore al giorno, e garantiranno inoltre un maggior controllo dei villaggi e delle loro periferie durante le pattuglie notturne.

Durante le cerimonie di inaugurazione è stata evidente la soddisfazione e la gratitudine delle autorità locali che hanno ben accolto la collaborazione e l’impegno delle forze dell’UNIFIL.

Le attività di cooperazione con le istituzioni locali sono molto importanti perché permettono lo sviluppo delle cittadine e delle comunità nel rispetto dei compiti assegnati

ad UNIFIL dalla Risoluzione 1701 delle Nazioni Unite.

Contro il Cyber Terrorismo nasce il  “Polo Tecnologico per la ricerca e sviluppo

INNOVAZIONE di

Non è più una novità ma un dato di fatto, le minacce informatiche sono ormai una realtà  indiscutibile che coinvolge fortemente la difesa nazionale. Gli attacchi di hacker hanno un rilievo di primo piano in molte azioni terroristiche ma anche di intelligence come visto nei mesi scorsi con il caso della violazione alla società Hacking Team o più n generale ai continui attacchi alle reti informatiche istituzionali.

Per fare fronte a questa crescente minaccia nel cyberspazio nasce proprio in Italia il “Polo Tecnologico per la ricerca e sviluppo: in piena ‘guerra telematica’ al terrorismo, l’Intelligence incontra il privato e mette in campo nuovi strumenti di sicurezza. Dall’integrazione progettuale e operativa tra Intelligence, università e aziende nasce il ‘Polo Tecnologico per la ricerca e lo sviluppo che integra nella sua struttura una stretta collaborazione tra Intelligence, Università e aziende private.

L’inaugurazione del Polo è stato  inaugurato con una Tavola rotonda sul Cyber, alla quale – insieme a qualificati rappresentanti del mondo accademico e delle aziende – partecipano il sottosegretario Marco Minniti, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, il Direttore generale del  Dis, Giampiero Massolo.

Il Polo Tecnologico è un luogo unitario, fisico e logico in cui sarà possibile integrare, coordinare, sintetizzare e ottimizzare idee, esperienze e risorse tra  pubblico e privato con l’obiettivo di conseguire una maggiore  sicurezza cibernetica.

Con questo modello si vuole raggiungere l’obiettivo di accelerare  la ricerca, l’innovazione e soprattutto la  condivisione di capacità hi-tech nazionali con l’obiettivo di una difesa efficace.

Sono ormai troppe le infrastrutture vitali,  come il trasporto elettrico, ferroviario, aereo, etc, che devono assicurare la massima sicurezza delle comunicazioni, del telecontrollo della gestione logistica per erogare in sicurezza i propri servizi, senza i quali il paese verrebbe immobilizzato.

Il Polo Tecnologico non è soltanto difesa cibernetica ma costituisce una messa a terra concreta di studi e buone pratiche: declinando insieme le ricerche dell’outreach accademico con la realtà delle Pmi, questo moltiplicatore di opportunità si fa volano di sviluppo di un’ampia gamma di nuove tecnologie a supporto della sicurezza nazionale.

In questo senso, costituisce un incubatore di eccellenze e professionalità attraverso lo sviluppo di attività di formazione, di un confronto efficace e di un aggiornamento costante proteso anche all’acquisizione di risorse finanziarie attraverso la partecipazione a progetti europei

Il settore delle aziende che offrono tecnologie e servizi avanzati nel settore Ict è di assoluto rilievo e conta in Italia più di 75.000 imprese e 456 mila addetti, concentrati principalmente nell’ambito dei servizi (circa il 70%), nel software (23%), telecomunicazioni (5%), produzione hardware (1,5%)

Un jet da combattimento russo Su-24 è stato abbattuto vicino al confine turco-siriano

Secondo una dichiarazione rilasciata dallo Stato Maggiore Turco, l’aereo da guerra abbattuto è stato avvertito per 10 volte in cinque minuti da due F16  turchi mentre il Su-24 stava volando sopra la città di Yaylidagi nella  provincia di Hatay della Turchia.

L’Agenzia di Stampa Turca “Anadolu Agency”, citando  dei funzionari vicino all’ufficio del presidente Erdogan, ha  affermato che l’aereo è stato avvertito dopo aver violato lo spazio aereo turco, prima di essere abbattuto in linea con le regole di ingaggio della Turchia. Al contrario, il Ministero della Difesa russo sostiene di avere “prove oggettive” che confermano che  l’aereo era in volo sul territorio siriano solo e  a una altitudine di 6000 metri.

I russi hanno anche detto che  l’incidente sarebbe stato causato da colpi di arma da terra come dimostrerebbero le  informazioni preliminari raccolte. I locali Ribelli turkmene affermano che  hanno catturato i piloti, uno di loro ferito e l’altro in buona salute.

Un video con il logo della Free Siryan Army  mostra un gruppo di uomini che camminano fino a un’area molto boschiva, dove un paracadute giallo era atterrato.

Mentre è chiaro che il  Su-24 Russo è stato abbattuto in un modo o nell’altro, la specificità della descrizione turca dell’incidente deriva dalle sue comunicazioni con gli F-16 che sono stati impegnati con l’aereo prima che fosse abbattuto.

Al contrario, il ministero della difesa russo potrebbe ancora tentare di ricostruire ciò che è accaduto dalle sue ultime  comunicazioni con il pilota. La cosa importante da notare è che la Turchia ha riconosciuto  direttamente la responsabilità sull’abbattimento mentre ancora  le due parti continuano a contestare esattamente dove e quando è accaduto l’ingaggio.

Fin dai primi giorni del l’intervento russo in Siria, Turchia, Stati Uniti e gli altri partner della coalizione hanno espresso serie preoccupazioni circa la possibilità che si potesse verificare questo scenario. I velivoli russi hanno aumentato l’intensità delle loro operazioni in tutta la Siria, con  targeting sia sullo stato islamico che sulle forze ribelli siriane.

In alcuni casi, gli attacchi aerei russi si sono verificati in prossimità di aree in cui Turchia,  Stati Uniti e Francia hanno condotto le proprie operazioni aeree contro lo Stato islamico, aumentando il rischio di urti accidentali.

Ankara e Mosca sono impegnate in discussioni in ambito strategico militare per il diminuire lo sato di conflitto in Siria e hanno mantenuto una stretta relazione diplomatica. L’abbattimento del velivolo russo non fa presagire una immediata escalation militare diretta tra la Turchia e la Russia. Le due parti saranno probabilmente in grado di gestire le ricadute dell’incidente attraverso mezzi diplomatici e attraverso ulteriori contatti militari per definire meglio le loro aree di attività.

La speranza di Turchia sarà che la Russia esercita una maggiore cautela nelle sue operazioni in Siria per evitare tali incidenti in futuro, tanto più che la Turchia si prepara ad approfondire il proprio impegno militare nel nord della Siria a ovest del fiume Eufrate. In effetti, i ribelli prevalentemente turkmeni affiliati.

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Raw Footage: Russian Jet Downed by Turkey – Nov. 24, 2015

Il Califfato rallenta la sua corsa

POLITICA di

Nel 2014 gli attacchi terroristici in occidente aveva generato nell’opinione pubblica un nervosismo generalizzato, la paura di un trend in crescita difficile da fermare.

La serie di attacchi portati a termine da cellule indipendenti o da singoli ha avuto il suo culmine con la strage di Parigi alla redazione di Charlie Hebdo furno stimolati dalla Fatwa che il portavoce dello Stato Islamico islamico Abu Muhammad al-Adnani aveva lanciato “…  l’incredulo americano, il francese, o uno qualsiasi dei loro alleati, spaccategli  la testa con una pietra, o  la  macellazione con un coltello, o  investitelo con la vostra auto, o  buttatelo  giù da un luogo elevato, o soffocatelo , o avvelenatelo. “

Dopo Parigi e Copenaghen però gli attacchi hanno subito un rallentamento ed è diventato chiaro che i Johadisti di base in occidente non sono stati in grado di mantenere il ritmo evidenziando il dato che quanto accaduto nell’ottobre del 2014 era una anomalia e non l’inizio di un trend inarrestabile.

Questo risultato può essere dovuto in parte all’intensificazione delle attività di intelligence e sicurezza delle varie nazioni ma anche dal fatto che la parte di popolazione a cui fa riferimento il terrorismo islamico abbia raggiunto la saturazione e il messaggio non faccia più breccia.

Questo non significa che spariranno in futuro le minacce terroristiche dei lupi solitari ma sicuramente saranno fenomeni isolati e sicuramente con un ritmo più lento.

Il fenomeno dei foreign fighters sembra essere diminuito forse anche per il fatto che i fattori di Appeal dello Stato Islamico sono in crisi,  meno successi sul campo, una espansione meno rapida, la differenza tra la vita sontuosa promessa e la realtà di una quotidianità da trincea difficile da sostenere.

In tal senso molti sono i rapporti filtrati dalle linee  parlano di esecuzioni ai danni di militanti che avrebbero voluto lasciare il campo di battagli a per tornare a casa e comunque i racconti di chi è riuscito a tornare minano fortemente la capacità di adesione che solo lo scorso anno sembrava inarrestabile.

Nonostante tutte queste difficoltà il messaggio dei terroristi islamici ha mantenuto un suo fascino quello della profezia che si avvera in un nuovo stato potente e accogliente che riporta alla memoria i fasti di un impero medioevale.

La brutale strategia del saccheggio e degli stupri non hanno allontanato o del tutto  le potenziali reclute che provengono dall’occidente mentre per i molti all’interno delle linee occupate la scelta è quella di obbedire o morire.

In sintesi il miraggio profetico di un nuovo stato islamico non scomparirà  immediatamente ma sarà sgretolato con il tempo e non riuscirà ad aumentare le sue fila cosi velocemente come si è visto recentemente. Le esecuzioni barbare, la sistematica distruzione del capitale culturale e storico delle zone occupate risveglia nei molti una indignazione più forte della volontà di appartenenza.

 

Bashar Al Assad flies to Moscow

Middle East - Africa di

For the first time since the outbreak of the crisis, Syrian President Bashar Assad has left the capital for a corporate trip to Moscow.

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An Unexpected Journey, the Kremlin said in a press release, but suggests a renewed confidence in his government by the Syrian president.

In Moscow Bashar Al Assad met with Vladimir Putin, with whom he discussed the results of the current joint military actions and future initiatives to reach a political solution to the internal conflict in Syria. This his first international public from the beginning of the conflict in 2011 following the Arab Spring of Damascus shows how the changed situation on the ground thanks to Russian, so as not to cause fear a temporary removal from the capital.

The same destination of this presidential trip is emblematic, a kind of recognition of the importance of the Russian intervention as stated on the same Bashar Al Assad, “the terrorism that is spreading through the region now would make even greater losses without it. ”

Iran is also a great supporter of the Assad regime but the choice of Russia as the first visit of the Syrian leader can be interpreted as a sign of the need for the government to Assad to secure recognition of reward legitimacy by a major international player with a seat on the UN Security Council. Many international reactions to the meeting in Moscow was a sign of how Russian intervention is considerable in this quadrant.

Shortly after the visit, Putin has received phone calls from Turkey and Saudi Arabia leaders. Prime Minister turkish Ahmet Davutoglu said that after this meeting could start a political negotiation with Assad while Putin himself has informed the Saudi king Salman on the results of the meeting. Instead, Russian Foreign Minister Sergei Lavrov received a phone call from US Secretary of State John Kerry after the visit.

A further consequence of the talks in Moscow is the convening on 22 October a series of talks on the Syrian crisis between the top diplomats of Russia, the US, Turkey and Saudi Arabia in Vienna although a great skepticism emerges as to finding a agreement for a transition plan in Syria. There are many factors that complicate the search for a political solution of the conflict, not least that of the deep Syrian divisions.

The question of how will Syria after the transition from the leadership of al-Assad will be crucial to the multilateral talks in Vienna. Many of the rebels have refused to accept a deal that allows the government to Assad to continue its work of government in any form. The United States and Turkey, among others, are not happy at the prospect that al-Assad will have a say in any political negotiations.

 

Alessandro Conte

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Bashar Al Assad vola a Mosca

Medio oriente – Africa di

Per la prima volta dallo scoppio della crisi il presidente siriano Bashar al Assad ha lasciato la capitale per un viaggio istituzionale alla volta di Mosca.

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Un viaggio inatteso, ha dichiarato il Cremlino attraverso un comunicato stampa, che però suggerisce una ritrovata fiducia nel suo governo da parte del presidente siriano.

A Mosca Bashar Al Assad ha incontrato Vladimir Putin con il quale ha discusso i risultati delle attuali azioni militari congiunte e delle future inziative per raggiungere una soluzione politica del conflitto interno siriano.

Questa sua prima uscita internazionale pubblica dal 2011 inizio del conflitto a seguito della primavera araba di Damasco dimostra quanto sia cambiata la situazione sul campo grazie all’intervento russo, tanto da non suscitare timore un suo allontanamento temporaneo dalla capitale.

La stessa destinazione di questo viaggio presidenziale è emblematica, una sorta di riconoscimento dell’importanza dell’intervento russo come ha dichiarato lo stesso Bashar Al Assad , “il terrorismo che si sta diffondendo attraverso la regione ora avrebbe reso ancora maggiori perdite senza di esso.”

Anche L’Iran è grande sostenitore del regime di Assad ma la scelta della Russia come prima visita del leader siriano può essere interpretata come segno della necessità che al governo di al Assad sia riconosciuto il riconoscimento di legittimità da parte di un grande attore internazionale con una seggio nel Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Molte le reazioni internazionali all’incontro di Mosca segno di quanto sia stato rlevante l’intervento russo nel quadrante.

Poco dopo la visita, Putin ha ricevuto telefonate dai leader della Turchia e Arabia Saudita. Il primo ministro turco Ahmet Davutoglu ha detto che dopo questo incontro potrebbe iniziare una trattativa politica con Assad mentre lo stesso Putin ha informato il re saudita Salman sui risultati della riunione.

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha ricevuto una telefonata dal segretario di Stato Usa John Kerry dopo la visita.

Una ulteriore conseguenza dei colloqui di Mosca è l’aver convocato per il 22 ottobre una serie di colloqui sulla crisi siriana tra i vertici diplomatici di Russia, Stati Uniti, Turchia e Arabia Saudita a Vienna anche se un grande scetticismo emerge sulla possibilità di trovare un accordo per un piano di transizione in Siria.

Molti sono i fattori che complicano la ricerca di una soluzione politica del conflitto, non ultimo quello delle profonde divisioni della Siria.

La questione di come sarà la Siria dopo la transizione dalla leadership di al Assad sarà fondamentale ai colloqui multilaterali di Vienna . Molti dei ribelli hanno rifiutato di accettare un accordo che consenta al governo di al Assad di proseguire la sua azione di governo sotto qualsiasi forma. Gli Stati Uniti e la Turchia, tra gli altri, non sono felici alla prospettiva che al Assad possa avere voce in qualunque negoziato politico.
Alessandro Conte

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Libano, Unifil: passaggio di consegne tra le Brigate aeromobile Friuli e alpina Taurinense

Difesa/Medio oriente – Africa di

Libano, Unifil: passaggio di consegne tra le Brigate aeromobile Friuli e alpina Taurinense

Cambio di guardia alla base Millevoi di Shama, nel sud del Libano, dove la Brigata alpina Taurinense ha assunto la guida del Settore Ovest di Unifil, subentrando alla Brigata aeromobile Friuli. Il neo costituito comando si avvale del supporto di unità d’oltralpe, nell’ambito della consolidata sinergia italo-francese. La missione, coordinata dall’Italia a partire dal 2007 e partecipata da 13 nazioni per un totale di 3000 peacekeepers, è fondamentale per la sicurezza e la stabilità socio-economica del paese, e riscuote grande favore tra la popolazione locale.

Alla cerimonia d’avvicendamento tra il Generale Salvatore Cuoci, cedente, e il subentrante Generale Franco Federici, hanno presenziato il Comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze (COI), Generale di Corpo d’Armata Marco Bertolini, che ha contribuito al consolidamento dei rapporti tra UNIFIL e la popolazione libanese, e il Force Commander di UNIFIL, Generale di Divisione Luciano Portolano, che ha sovrinteso al passaggio della bandiera di UNIFIL, ma non solo. L’evento ha visto la partecipazione delle autorità politiche, religiose e militari locali, nonché delegazioni di diverse nazionalità presenti in UNIFIL. Durante la cerimonia e i saluti di rito, i sindaci di Tiro e Tibnin, municipalità del Settore Ovest, hanno manifestato la propria gratitudine ai militari italiani consegnando al generale Cuoci le chiavi delle rispettive città, un gesto simbolico in segno di riconoscenza per il lavoro svolto e a conferma della fiducia pazientemente conquistata. In sei mesi di attività, i nostri soldati hanno realizzato numerosi progetti in favore della popolazione locale, quali la costruzione e manutenzione di strade, scuole, impianti di illuminazione.

Di grande rilievo anche le iniziative di contrasto alla povertà, sia in fatto di fornitura di beni alimentari e sviluppo di attività lavorative, sia in termini di attenzione all’istruzione, alla diversità di genere e alla coesione sociale. Fra queste, la costruzione di un campetto di calcio nella provincia di Tiro, a Qana. Restano prioritarie le attività formative destinate a milizie e istituzioni locali: si è concluso ad Al Mansouri il seminario internazionale  “Analysis of operational capacity, human resources and capacity of responses in case of natural disaster and humanitarian crisis”, organizzato dal contingente italiano di UNIFIL della Task Force ITALBATT, cui hanno partecipato le Forze Armate Libanesi (LAF), le Forze di Sicurezza Interna (ISF) e diversi organismi di protezione civile. Scopo del training workshop, istruire le forze locali nella pronta gestione di emergenze umanitarie e calamità naturali.

Viviana Passalacqua

Trattato anti proliferazione nucleare, USA e Russia per l’aggiornamento

AMERICHE/EUROPA di

La  Russia si sente sempre più vincolata dal trattato INF (Intermediate Nuclar Forces) di disarmo nucleare siglato negli anni 80, che nonostante sia firmato da entrambe le gradi potenze non ha impedito loro di modernizzare i propri arsenali nucleari e le difese missilistiche.

Il patto IFN è una parte fondamentale del trattato di disarmo nucleare bilaterale che ha fermato la proliferazione di tetsate a medio aggio in Europea negli anni 80 con un pericolo di incidenti molto alto.

Le spinte a rivedere e modificare gli accordi sono oggi molto forti sia in campo statunitense che in campo sovietico con il percolo che venga abbandonato del tutto.

Lo scorso 23 settembre la ussia ha criticato aspramente il dispiegamento del modello aggiornato delle testate B61-12 in Germania alzando ancora i toni della discussone minacciando di ritirarsi dal trattato.

. L’INF vieta la presenza di armi nucleari in deposito a terra  o missili a medio raggio convenzionali (da 500 a 5.500 chilometri, o da 300 a 3.400 miglia). Anche se la distribuzione statunitense di B61-12 armi nucleari in Germania non viola il Trattato INF, viene percepita da Mosca come una prova di forza nei suoi confronti e si sente limitata nella reazione dal trattato.

Nessuna delle due super potenze vuole ritirarsi dal trattato ma è chiaro che in questo periodo di forte instabilità geopolitica entrambe sono portate a flettere i muscoli spingendo per una rivisitazione del trattato che permetta una difesa dei propri territori.

Search And Rescue “Grifone 2015”

Difesa di

Si svolgerà dal 21 al 25 settembre l’esercitazione di Ricerca e Soccorso “Grifone 2015” alla quale parteciperanno forze armate e civili di Italia, Spagna e Francia.

Un evento a carattere multinazionale e interagenzia organizzato dell’Aeronautica Militare italiana con la partecipazione delle altre forze armate oltre a numerosi altri Corpi dello stato con un ingente dispiegamento di mezzi per un totale di 14 elicotteri, un drone di tipo Predator e più di 25 squadre terrestri.

Nell’attività saranno impegnate tutte le figure professionali che generalmente vengono coinvolte nelle operazioni di ricerca e soccorso, dalle unità cinofile al predator per i rilevamenti aerei, dai soccorritori acquatici agli aero-soccorritori.

Per l’Italia prenderanno parte alla “Grifone”, l’Esercito Italiano, la Marina Militare, l’Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza, il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, il Corpo Forestale dello Stato, la Polizia di Stato, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, la Protezione Civile Regionale, il Centro Coordinamento 118, il Corpo Ausiliario delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana e Associazioni Volontariato Protezione Civile.

La Spagna e la Francia metteranno a disposizione dei reparti di volo per l’attività di ricerca.

Questa esercitazione ha lo scopo di aumentare la capacità di interazione tra le varie componenti che partecipano alle operazioni di soccorso sia a livello nazionale che a livello internazionale. Capacità indispensabile per poter intervenire con successo nelle operazioni di ricerca e soccorso.

Accoglienza ai rifugiati un’arma contro l’ISIS

EUROPA/POLITICA di

Fiumi di persone, famiglie intere percorrono a piedi il corridoio balcanico, chilometri infiniti da Salonicco alla frontiera Ungherese e poi la speranza di fermarsi in Germania, Austria o nei paesi del Nord come la Danimarca.

Un flusso di rifugiati che ha sorpreso l’opinione pubblica europea abituata alla tratta mediterranea con accesso a l’Italia ma sicuramente meno inattesi dalle istituzioni europee che conoscono da oltre un anno le condizioni dei campi profughi siriani al confine con la Turchia.

Il vero cambio di regia lo ha stimolato la politica estera della Turchia che ha assunto in questi anni di instabilità la delicata posizione di ago della bilancia nella geopolitica mondiale.

Stato di frontiera con la Siria da sempre nemica di Assad e delle popolazioni Curde che si dividono tra Siria, Iraq e Turchia dove alle ultime elezioni hanno conquistato una rappresentanza in parlamento grazie al 10% di preferenze votate. Una vera spina nel fianco del presidente Erdogan.

Dalle prime fasi della crisi Siriana le frontiere Turche sono state sigillate lasciando gli esuli nei campi profughi e osservando dal confine le battaglie ormai tristemente famose di Kobane.

Cosa è cambiato ? sicuramente la politica estera USA che in passato aveva chiesto alla Turchia un intervento senza però occuparsi di Assad e soprattutto senza colpire i curdi che stavano, unici e soli in quel momento, combattendo le forze dell’ISIS alle porte dei loro villaggi.

Dopo alcune dimostrazioni di forza e di immobilità generale tese soprattutto a dimostrare l’importanza strategica della Turchia nell’area gli USA hanno evidentemente dato il via libera anche su questi due punti così delicati. Visto anche l’intervento della Russia in favore di Assad che in caso di epilogo favorevole darebbe a Putin il controllo dell’area.

Da qui il via libera ai profughi siriani, confini aperti e via libera verso l’Europa che ora deve fare i connti con dei flussi che possono arrivare fino ad un milione di persone, tanti sono quelli ammassati nei campi fino ad ora.

Accoglierli sarebbe la scelta giusta anche perché lasciando la Siria mettono in seria difficolta lo Stato Islamico che si trova ora senza personale specializzato per far funzionare le infrastrutture, centrali elettriche, gasdotti, raffinerie, ospedali.

Proprio con questa chiave di lettura si devono leggere i minacciosi messaggi  che l’ISIS ha lanciato in rete in questi giorni definendo la fuga “ un grave peccato che merita una pena esemplare”.

Per questo motivo l’accoglienza dei profughi siriani e libici oltre che doverosa per chi fugge dalle guerre e dalle carestie, humus ideale per il fiorire di estremismi religiosi, potrebbe essere motivo di destabilizzazione dei programmi di crescita dei terroristi dell’ISIS.

Alessandro Conte
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