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“L’invenzione dell’Occidente” di Alessandro Vanoli: Una Storia di Esplorazioni, Dibattiti e Identità

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Nel 1494, soltanto due anni dopo la “scoperta dell’America”, a Tordesillas, una piccola località della Castiglia, venne firmato un trattato tra Spagna e Portogallo che divise il mondo in due e inventò l’Occidente come spazio, comunità e cultura.

Nessuno avrebbe potuto prevedere che una semplice firma avrebbe avuto conseguenze così gigantesche e durature. Questa è la storia di come, tra il Medioevo e l’età moderna, le società europee (in particolare spagnoli e portoghesi) spingessero sempre più le loro ambizioni verso l’oceano, trasformando gradualmente l’idea stessa di “Ovest”: da una direzione geografica a uno spazio pensabile.

È una storia di grandi navigatori e di dibattiti accesi tra geografi, una storia di sfide e di esplorazioni che hanno solcato l’ignoto. Ma è anche la storia dei dibattiti culturali che ne seguirono, inventando e definendo quell’Occidente che prima mancava dalle mappe. E oggi, nel momento in cui tutto sembra messo in discussione, vale la pena riprendere il discorso da capo e chiedersi come siamo giunti alla nostra idea di Occidente. Come una direzione geografica ha dato vita e ha fatto maturare un’idea di appartenenza.

Non possiamo darlo per scontato. La nostra storia, cultura e civilizzazione non corrispondono da sempre a uno spazio indistinto con i piedi in Europa e la testa nell’Atlantico. Quell’Occidente, in questo secolo faticoso, appare sempre più difficile da definire nelle nostre idee e nelle nostre mappe.

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