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Iraq: La Task Force Praesidium conclude il primo ciclo di addestramento delle forze di sicurezza irachene

Difesa/SICUREZZA di

Le forze armate italiane della Task Force Praesidium hanno concluso un primo ciclo di addestramento nei confronti della Polizia irachena e delle Unità del Counter Terrorism, impiegate dal governo di Baghdad presso la diga di Mosul.

Poligoni, superamento di pareti verticali in assetto “full equipped” e combined urban warfare training sono le attività ritenute determinanti dai vertici delle Forze di Sicurezza Irachene e condotte a favore e con il Counter Terrorism Service. Quest’ultima è un’unità di altissimo livello, già impiegata in questa zona nei mesi precedenti, nell’attività di liberazione da Daesh, avvenuta nel mese di luglio 2017.

In particolare, grazie ai Team di Istruttori di alpinismo, sono state sviluppate differenti sessioni addestrative per il superamento di ostacoli verticali e di arrampicata in assetto operativo, fornendo alla componente delle forze speciali nuove conoscenze nell’ambito del più specifico “Mountain Warfare”.

Diverse invece le attività di addestramento svolte nei confronti delle forze di Polizia. L’insieme delle lezioni si chiama Wide Area Security Force Course. L’obiettivo è fornire alle ISF (la polizia federale in questo caso) le capacità per incrementare la sicurezza di siti sensibili e attuare le diverse misure di protezione contro possibili atti ostili. Sono state aumentate la dimestichezza e la sicurezza nell’uso delle armi in dotazione, oltre che integrate le procedure di primo soccorso e di controllo dei Check Point, con un occhio di riguardo rispetto all’attività di individuazione e di riconoscimento degli “ Improvised Explosive Device”(Ordigni Esplosivi Improvvisati).

Questi ordigni sono difficilmente riconoscibili, non hanno forme e dimensioni definite. La potenza in alcuni casi può essere anche di gran lunga superiore ad una mina anti-carro di produzione industriale. Gli “IED” vengono spesso usati in situazione di guerriglia o dalle organizzazioni terroristiche.

In questa zona, inoltre, le forze italiane stanno lavorando a stretto contatto con quelle irachene per la stabilizzazione del paese dopo il periodo di occupazione dell’Isis. In questo ambito è stato creato un “Civil Affair Team” della Task Force Praesidium. Quest’unità lavora per la ricostruzione e per lo sviluppo socio-economico delle aree che erano sotto il controllo del Daesh

 

Missione Atalanta: passaggio di consegne al comando dell’operazione anti-pirateria

Difesa di

Passaggio di consegne al comando dell’operazione anti-pirateria Atalanta in Africa. Il 7 dicembre 2017 il Contrammiraglio Fabio Gregori della Marina Militare italiana ha lasciato il comando della Task Force 465 al Major General Charlie Stickland. Nei 5 mesi di mandato, iniziato il 27 luglio scorso, il comandante Gregori si è reso protagonista del fermo di sei sospetti pirati somali che il 17 e 18 novembre avevano attaccato una nave mercantile e un peschereccio oceanico. Successivamente i sei sospetti sono stati consegnati alle autorità giudiziarie delle Seychelles. Nel discorso di commiato, tenuto a bordo della Nave Virginio Fasan, il comandante si è dichiarato molto soddisfatto del lavoro svolto negli ultimi mesi ringraziando vivamente tutti i suoi collaboratori.

La missione Atalanta. È una missione diplomatico-militare promossa  dall’Unione Europea, e sostenuta dalle Nazioni Unite, iniziata nel dicembre del 2008. Il fine è quello di prevenire e reprimere la pirateria marittima lungo le coste del Corno d’Africa. Le navi messe a disposizione dai 17 paesi partecipanti dell’Unione Europea possono contare anche di supporto aereo. Dalla data di inizio della missione, in area, opera la Task Force 465 che si pone anche l’obbiettivo di fornire aiuti umanitari alle comunità locali in Somalia e Yemen. La missione Atalanta rientra inoltre nelle attività CiMiC (Cooperazione Civile Militare). Tali attività rappresentano un concreto aiuto allo sviluppo della società locale, e consentono al personale delle forze armate italiane di stringere solidi legami di integrazione e collaborazione con le istituzioni nazionali.

La costante minaccia della pirateria è in atto fin dall’inizio della guerra civile somala nei primi anni novanta del ‘900. Tra i numerosi episodi di pirateria avvenuti in acque del Corno d’Africa, si può sicuramente annoverare quello dell’aprile del 2009. In quell’occasione il comandante della MSC Melody, con una manovra evasiva è riuscito a scappare al tentativo di attacco dei pirati armati di Kalasnikov.

Iraq: Nasce a Mosul il primo Team Joint per la stabilizzazione.

Difesa/SICUREZZA di

Nasce a Mosul il Civil Affair Team della Task Force Praesidium. L’obbiettivo  è quello di supportare la ricostruzione e lo sviluppo socio-economico del territorio recentemente liberato dal Daesh . Il Team nasce dalla volontà di implementare le attività legate alla stabilizzazione dell’area attraverso il supporto diretto alla popolazione ed è costituito dai rappresentati del Counter-Terrorism Service e del National Security Service, supportati da personale della Praesidium.

Tra le iniziative che possano rispondere adeguatamente alle esigenze dei villaggi, il Civil Affair Team ha costituito, nel vasto distretto di Wanà, a pochi chilometri dalla Diga, un tavolo di incontro settimanale con il Manager della Municipalità. Tra i principali scopi del tavolo di lavoro è prevista sicuramente la realizzazione di progetti caratterizzati da una maggiore presenza sul territorio da parte di Organizzazioni Umanitarie, in grado di conseguire attività a lungo termine a favore della popolazione.

Il team è già a lavoro. Nella prima settimana di attività sono stati donati arredi scolastici alla scuola primaria del vicino villaggio di Babinet. Quotidianamente il team si incontra con le autorità locali per discutere e pianificare i progetti di sviluppo e di implementazione di settori fondamentali quali l’istruzione, la sanità e dell’agricoltura.

La delicata situazione sanitaria ha infatti spinto la Praesidium a realizzare un progetto congiunto con il reparto del Counter-Terrorism per il supporto alla locale Clinica pubblica, attraverso un’assistenza settimanale fornita da medici italiani e iracheni in rinforzo al personale della struttura

Il territorio; Il distretto conta oltre 30 villaggi ed una popolazione di circa 30mila abitanti. Questo numero è però in forte crescita dopo che l’area è ritornata sotto il controllo delle Forze Irachene. Infatti, in queste ore, molte famiglie, che avevano abbandonato l’area durante la presenza dell’Isis, stanno facendo ritorno dai campi profughi o dalle altre zone dove avevano trovato riparo.

 

Kosovo; Il contingente Italiano del MNBG-W, prosegue nelle operazioni di supporto alle fasce deboli della popolazione

Difesa di

Il 22 novembre scorso, i militari appartenenti al contingente italiano del Multinational Battle Group West(MNBG-W), hanno effettuato una consegna di materiale sanitario all’ambulatorio di Decane e una fornitura composta da 45 bastoni e 12 mascherine all’associazione non vedenti di Istok. Le mascherine serviranno per coprire gli occhi durante la pratica di attività sportive.

In particolare, presso l’ambulatorio è stato consegnato un defibrillatore, acquistato con i fondi della Difesa Italiana. Sarà utile al centro di primo soccorso per fornire un servizio di salvataggio tempestivo a favore della popolazione di Decane nei casi di imminente pericolo di vita.

Il direttore dell’ambulatorio, Dr Selman Berisha, ha ringraziato l’Italia, come si legge nel comunicato stampa del contingente italiano in Kosovo, per il suo impegno, che da oltre 18 anni, garantisce lo sviluppo e il miglioramento della capacità di intervento in un settore delicato come quello sanitario.

Il supporto alla popolazione,  realizzato grazie ai fondi della Difesa assegnati ai progetti della Cooperazione Civile e Militare (CIMIC), è una delle attività che si affianca a quella di monitoraggio della libertà di movimento e della vigilanza del Monastero di Decane, in prossimità della linea di  confine tra Kosovo e Serbia.

CIMIC è l’acronimo che indica la Civil Military Cooperation, una funzione operativa che presiede all’interazione tra le forze militari e le componenti civili presenti nelle aree di crisi, con attività di supporto alle fasce deboli delle popolazioni.  Il contingente italiano del MNBG-W, in questo paese, opera nell’ambito delle missioni KFOR a guida NATO. Le Kosovo Force (KFOR) hanno l’obiettivo di ristabilire l’ordine e la pace in Kosovo, paese che si è autoproclamato indipendente dalla Serbia nel 2008.

Il Generale Claudio Graziano nominato presidente del Comitato Militare UE

Difesa/EUROPA di

Un ruolo di spicco per l’Italia nell’Europa della difesa. Il Capo di Stato Maggiore della Difesa italiano, generale Claudio Graziano, torinese di 67 anni,  è stato nominato presidente del Comitato Militare dell’Unione Europea. L’incarico sarà di durata triennale a partire dal mese di novembre 2018, fino ad allora il generale torinese continuerà a svolgere le proprie funzioni e il ruolo verrà ricoperto dall’attuale presidente, il generale Mikhail Kostarakos, in carica dal 6 novembre del 2016. La decisione è stata presa a seguito di una votazione avvenuta il 7 novembre a Bruxelles tra i 27 Capi di Stato Maggiore della Difesa dei Paesi membri. Il comitato  militare è stato istituito nel 2001, ha il compito di dirigere tutte le attività militari nel quadro dell’UE. Claudio Graziano ricoprirà dunque la più alta carica militare in questo ambito, lavorerà in quanto tale a stretto contatto con il rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione, incarico che ad oggi ricopre Federica Mogherini. Avrà il compito di presentare pareri e decisioni di natura militare presso il comitato Politico e di Sicurezza (PSC), oltre che a fornire linee guida e direttive al Direttore Generale dello European Union Military Staff (EUMS). Che Graziano fosse uno dei favoriti a rivestire la carica non era un mistero, soprattutto dopo che, due mesi fa, sfumò la sua nomina a presidente del Comitato militare della Nato, incarico andato `a sorpresa´ al generale britannico Stuart Peach. Claudio Graziano, nella sua prima dichiarazione a commento dell’incarico, ha ringraziato in primo luogo tutti i Capi di Stato Maggiore della Difesa, definendosi onorato per la nomina ottenuta, soffermandosi anche sul governo e sulla Senatrice Roberta Pinotti: “Desidero esprimere la mia gratitudine al Governo, e in particolare al Ministro della Difesa, Senatrice Roberta Pinotti, per il pieno supporto alla mia candidatura. All’attuale Chairman, il Generale Mikhail Kostarakos, rivolgo un caloroso ringraziamento per lo straordinario lavoro svolto”, ha proseguito  Graziano. Finiti i ringraziamenti ha fatto il punto sulla propria situazione: “Desidero confermare la totale abnegazione con il quale porterò avanti, con orgoglio, la carica di Capo di Stato Maggiore della Difesa” anticipando che :“Una volta in carica, mi impegnerò al massimo delle mie capacità per rafforzare ulteriormente l’autorevolezza del Comitato Militare, per contribuire fattivamente al progetto di realizzazione della Difesa europea e per garantire che l’Unione Europea sia pienamente in grado di rispondere alle nuove sfide sulla sicurezza”.

Non si sono fatte attendere le congratulazioni da parte della Pinotti “Questo importante traguardo è il riconoscimento da parte dell’Unione Europea dell’impegno del Paese e delle Forze armate italiane. Al Generale Graziano il mio più sentito ringraziamento per la dedizione, l’orgoglio, la professionalità e l’umanità con le quali ha operato in qualità di Capo di Stato Maggiore della Difesa”. L’Italia aveva già ottenuto la guida dell’alto consesso con il Generale Rolando Moschini, che ricoprì questo ruolo 2004 al 2006.

NATO: Aeronautica Militare , conclusa la missione di rinforzo alla difesa aerea in Bulgaria

Difesa/EUROPA di

Si è conclusa la missione “Bulgarian Horse”, condotta nell’ambito dell’operazione “Enhanced Air Policing” della NATO nei cieli della Bulgaria. L’attività di Air Policing è cominciata a partire dagli anni cinquanta e consiste nella continua sorveglianza e identificazione di tutte le violazioni all’integrità dello spazio aereo NATO, prevede l’integrazione, in un unico sistema, delle procedure missilistiche e di difesa dei paesi membri . In particolare nella missione “Bulgarian Horse”, l’Italia ha partecipato dal 1° luglio 2017, mettendo a disposizione quattro Eurofighter Typhoon dell’Aeronautica Militare con relativi piloti, tecnici e specialisti (in tutto circa 110 militari) . Il personale ha contribuito ad  integrare la difesa dello spazio aereo della Repubblica bulgara,  sono stati distaccati infatti controllori della Difesa Aerea italiani presso il Centro di Riporto e Controllo  di Sofia, al fine di fornire  assistenza e supervisione ai colleghi bulgari.  La missione è durata a partire da Luglio 2017 fino a ottobre dello stesso anno. In quatto mesi la Task Force Air ha effettuato 550 ore di volo con 85 Scrumble simulati, ossia la tecnica militare che prevede di far decollare un caccia intercettore al fine di identificare aerei sconosciuti. Queste operazioni sono state condotte con lo scopo di migliorare la prontezza operativa della TFA. E’ bene sottolineare, punto centrale dell’operazione “Enhanced Air Policing,  che molte di queste missioni sono state svolte congiuntamente ai piloti bulgari al fine di standardizzare le procedure dei due paesi NATO e migliorare la flessibilità degli assetti dell’alleanza. Alla cerimonia di chiusura, tenuta presso la base aerea Graf di Ignatievo,  erano presenti  il Generale di Squadra Aerea Fernando Giancotti e Silvano Frigerio, Comandante delle Forze da Combattimento dell’Aeronautica Militare, mentre la Bulgaria era rappresentata dal Comandante Ivan Lalov. Fernando Giancotti è intervenuto ringraziando  il comandante della TFA Moris Ghiadoni e più in generale tutto il personale che ha preso parte alla missione, “Il nostro essere qui insieme è un grande segno del percorso verso la pace. Ma la pace non deve essere data per certa va perseguita giorno dopo giorno” ha dichiarato nel proprio discorso. Non si sono fatti attendere i ringraziamenti anche da parte del colonnello Ghiadoni che si è espresso enfatizzando il rapporto di collaborazione istauratosi tra il personale italiano e quello bulgaro; “questo tipo di sinergia è il fattore che ha permesso di raggiungere i risultati da entrambe le nazioni”.

L’UE sempre più “operativa” nelle aree di crisi: nuova missione in Iraq, confermata missione in Bosnia, adottata nuova strategia per l’Afghanistan

Il 16 ottobre è stata una giornata impegnativa per la politica di sicurezza dell’UE, per vari motivi.

In primis, il Consiglio ha lanciato una nuova missione civile nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) in Iraq. La missione sarà incentrata sul sostegno alle autorità irachene nell’attuazione degli aspetti civili della strategia di sicurezza nazionale dell’Iraq, e sarà guidata dal tedesco Markus Ritter. Saranno 35 gli esperti dell’UE che forniranno consulenza e assistenza in diversi settori fondamentali identificati come “critici” (nel senso anglosassone del termine) dalle autorità irachene.  La missione dovrebbe essere dispiegata a Baghdad entro la fine dell’anno, e dovrebbe avere un costo (inziale) di 14 milioni di euro. La missione, sotto egida PSDC si inquadra nelle missioni così dette “civili” dell’UE: ossia quelle missioni che hanno il principale obiettivo di ricostruire le istituzioni nei paesi martoriate dalla guerra, che ne siano usciti o ne stiano uscendo. Normalmente l’UE invia degli esperti (per l’appunto) civili, affinché affianchino le autorità locali e tentino di riformare e rifondare i settori della pubblica amministrazione: polizia, apparato giudiziario, sanità. Ma gli esperti possono fornire consulenza anche in settori come l’uguaglianza di genere ed i diritti umani; insomma: tentano in ogni modo di ripristinare o di stabilire lo stato di diritto. Le missioni dell’UE vengono dirette dal Comitato Politico di Sicurezza, che risponde all’Alto Rappresentante per la Politica Estera dell’UE (ora Federica Mogherini). L’Alto Rappresentante è a capo del SEAE, il Servizio di Azione esterna dell’UE, e presiede anche il Consiglio dell’UE nella sua versione “Affari Esteri” (cosa anomala per il Consiglio, la cui presidenza nei diversi settori

La sede del Servizio Europeo di Azione Esterna a Bruxelles

di legiferazione, normalmente, è a rotazione).  L’Alto Rappresentante è anche uno dei Vice Presidenti della Commissione europea: è l’unica figura, quindi, a cavallo sia del Consiglio che della Commissione. Il Comitato Politico di Sicurezza ha due ulteriori entità alle sue dipendenze: il Comitato Militare dell’UE, che guida le missioni di taglio più “robusto” o militare, ed il così detto CIVCOM o comitato per la gestione civile delle crisi. A occhio e croce questa nuova missione in Iraq dovrebbe inquadrarsi sotto l’egida del CIVCOM. L’obiettivo della strategia di sicurezza nazionale dell’Iraq è creare istituzioni statali capaci di consolidare la sicurezza e la pace e di prevenire i conflitti, rispettando nel contempo lo Stato di diritto e le norme in materia di diritti umani. La strategia individua una serie di minacce urgenti alla sicurezza nazionale – tra cui terrorismo, corruzione, instabilità politica e polarizzazione etnica e settaria – che la missione PSDC contribuirà ad affrontare.

La missione opererà in stretto coordinamento con la delegazione dell’UE in Iraq e con i partner internazionali presenti nel paese, compresi il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), la NATO e la coalizione internazionale contro lo Stato Islamico. Il che significa che le questioni squisitamente militare

Soldati dell’EUFOR e forze di polizia della Bosnia Erzegovina (fonte www.euforbih.org)

resteranno un affaire della NATO.

In secundis, il Consiglio ha ribadito e confermato il suo impegno a favore della prospettiva europea della Bosnia-Erzegovina come paese unico, unito e sovrano ed ha ufficialmente stigmatizzato il fatto che, negli ultimi mesi, le riforme siano state rallentate a causa di politiche legate al (triste) passato e di polemiche sorte in occasione delle elezioni anticipate.

Per tale motivo, l’Istituzione europea ha dichiarato, con una nota, che approva ed accetta di buon grado il fatto che l’operazione ALTHEA continui ad esistere in BiH. Le forze militari impegnate nell’operazione contribuiscono ormai da tempo alla capacità di deterrenza delle legittime autorità bosniache nelle situazioni di crisi. Inoltre, non si può non dire che la forza multinazionale europea, con sede presso la base di Butmir e “succursali” in tutto il paese,  ha effettivamente contribuito anche a formare ed incrementare le capacità delle forze armate e di polizia bosniache e, più in generale, a sostenere tutti i settori della pubblica amministrazione che andavano riformati.

Infine, sempre il Consiglio ha adottato delle conclusioni su una strategia dell’UE relativa all’Afghanistan. Nel documento è stato ribadito l’impegno a lungo termine dell’UE e degli Stati membri in Afghanistan per promuovere la pace, la stabilità e lo sviluppo sostenibile. La strategia si concentra su quattro settori prioritari, così come elencati nel documento: la promozione della pace, della stabilità e della sicurezza nella regione; il rafforzamento della democrazia, dello stato di diritto e dei diritti umani e la promozione della buona governance e dell’emancipazione delle donne; il sostegno allo sviluppo economico e umano; la gestione delle sfide legate alla migrazione. L’UE vanta ormai una lunga storia di cooperazione con l’Afghanistan ed in Afghanistan volta a contrastare la corruzione e la povertà ed a favorire la crescita economica ed il rafforzamento delle istituzioni democratiche.

In un solo giorno tre segnali da parte di un UE sempre più impegnata ben oltre i suoi confini, e – come nell’ultimo caso esaminato – ben oltre le così dette politiche di vicinato. In futuro, aspettiamoci un’Europa sempre più solida e più compatta nel campo della risoluzione (militare o civile) delle crisi internazionali, magari anche al fianco della NATO e, sicuramente, su mandato dell’ONU.

 

(fonte www.consilium.europa.eu)

12 e 13 ottobre: i Ministri della Giustizia e dell’Interno europei si incontrano a Bruxelles.

Il Palazzo Justus Lipsius, sed eprincipale del Consiglio dell’UE.

Varie volte su queste colonne abbiamo avuto modo di parlare delle istituzioni europee deputate alla sicurezza interna, ossia all’interno delle frontiere dell’Unione. Una di queste è di sicuro il Consiglio Giustizia  Affari Interni, che riunisce a Bruxelles, con cadenza mensile, tutti i ministri dell’Interno e della Giustizia degli Stati membri. Ovviamente gli argomenti oggetto di discussione si soffermano sulle proposte legislative in itinere tra le viari istituzioni europee coinvolte. Di volta in volta, vuoi su input della Commissione europea, vuoi sulla base del lavoro dei  sottogruppi strategici e tecnici che sempre in seno al Consiglio si riuniscono, il Consiglio GAI affronta gli argomenti più disparati: dalla gestione delle frontiere esterne, all’ordinamento delle agenzie europee che operano nel settore, dal terrorismo all’eguaglianza di genere, dal cybercrime all’immigrazione ed all’asilo, dalla cooperazione giudiziaria alla procura europea. A distanza di qualche mese dall’avvio delle primissime attività della Presidenza estone, non possiamo non lodare le numerosissime iniziative intraprese nel settore dallo Stato membro baltico, di cui abbiamo esaltato parecchie peculiarità diverse volte qui su Europeanaffairs.it (qui, qui e qui ): un particolare impulso è stato dato proprio alle banche dati, allo scambio delle informazioni tra forze di polizia, alla cooperazione con le agenzie GAI specializzate; il tutto nell’ottica di una visione sempre più analitica e statisticamente intellegibile dei fenomeni securitari dell’Unione, volta a cercare rimedi e soluzioni altrettanto analiticamente misurabili e subito operativi sul campo.

Non a caso, la velocità con cui il Consiglio GAI promuove l’iter legislativo, la rapidità con cui discute di quanto portato alla sua attenzione in sede strategica e tecnica e l’efficacia delle azioni intraprese, molto dipendono dalla Presidenza di turno. Repetita iuvant, chi assume la Presidenza del Consiglio dell’Unione, guida tutti i tavoli  anche a livello ministeriale, quando il Consiglio si riunisce in diverse “versioni” per legiferare rispettivamente in “diverse” materie.

Ma veniamo a noi: il 12 ed il 13 ottobre a Bruxelles si è riunito un’altra volta il Consiglio GAI. Sono stati affrontati vari argomenti. Ci soffermeremo su quelli più inerenti gli home affairs, facendo un volo in planata sulle questioni attinenti alla giustizia.

Dopo un breve scambio di vedute sulla proposta di modifica del Codice Frontiere Schengen, già da tempo all’ordine del giorno del Consiglio, i Ministri hanno subito rinviato a quanto verrà loro suggerito a livello tecnico: la riforma del Codice Schengen prevede dei cambiamente nelle regole che disciplinano la reintroduzione dei controlli alle frontiere interne agli Stati membri. Inutile nascondere che l’argomento è un topic sensibile e non è facile, almeno a livello politico, raggiungere immediati accordi: pertanto è necessario che i tecnici, i così detti “eurocrati” (termine che noi non consideriamo dispregiativo, anzi) trovino prima delle possibili soluzioni compromissorie, sul campo.

A sinistra il commissario europeo per la Migrazione,Avramopoulos e a destra, il Ministro dell’Interno Estone, presidente del Consiglio GAI, Andreas Anvelt (foto www.consilium.europa.eu)

Alto argomento dibattuto è stato il terrorismo: è già il secondo mese che la Presidenza propone scambi di vedute sullo scambio di informazioni in chiave anti-terrorismo tra le Forze Armate e le Forze di Polizia. Anche questo argomento è però di difficile evoluzione: come abbiamo già detto su questo giornale (qui) non intravediamo nel breve periodo la nascita di una intelligence europea. Nessuno la intravede. E questo gli Stati membri, tutti gelosi della loro intelligence – dove non esistono alleanze – lo sanno bene. Si sta tentando allora di diffondere chiaramente l’idea che le Forze Armate, ormai da parecchi anni impegnate in medio-oriente ed in altre aree di crisi, godono dell’immenso privilegio di raccogliere intelligence durante le operazioni da loro condotte in queste aree e sono, sull’argomento, molto ferrate. Le loro informazioni, che sono quindi processate ed analizzate con rigore scientifico e , per l’appunto, militare, sono una risorsa preziosa. Queste informazioni sarebbero utilissime se condivise tra gli Stati e, ancora di più, tra le loro forze di polizia. Di sicuro i Paesi di origine “latina”, che annoverano tra le loro forze di polizia delle componenti di gendarmeria (ossia di forze di polizia a statuto militare, con competenza anche sulle questioni civili e di ordine pubblico) saranno avvantaggiati in questo ambito, proprio perché le gendarmerie possono dialogare indistintamente ed efficacemente sia con le forze militari sia con le forze di polizia ad ordinamento civile. Ma a parole sono bravi tutti: come abbiamo cercato di dimostrare in passato, un conto è scambiare informazioni di polizia, di taglio investigativo, ed un conto è scambiare ed utilizzare in ambito giudiziario informazioni coperte dal segreto perché raccolte dall’intelligence militare. Ogni ordinamento giuridico, e giudiziario,  di ogni Stato membro, è diverso dall’altro:  in qualche caso, molti Stati sono favorevoli ad una raccolta ed una condivisione dell’intelligence senza limitazioni ed a tutta birra; in alcuni Stati – sembrerà assurdo – l’azione penale non è obbligatoria da parte degli inquirenti (il che significa che un magistrato od un poliziotto potrebbero anche tenere per sé un’informazione relativa ad un reato, utilizzandola in un secondo momento… cosa impossibile in Italia!); in altri Stati la privacy, la corretta utilizzazione delle informazioni in sede giudiziaria, la più precisa separazione tra “poteri”, rappresentano capisaldi del diritto, che non possono essere intaccati se non in casi eclatanti, per necessità ampiamente comprovate. Ma va da sé che se l’intelligence si chiama così proprio perché è molto difficile parlare di dati “comprovati”. Insomma, l’Europa è in realtà ancora lontana, secondo chi scrive, dal raggiungere un accordo in materia. Altro argomento spinoso, di cui i Ministri hanno discusso, è quello dell’immigrazione: avanza l’iter legislativo per l’istituzione di un Sistema Europeo Comune di Asilo (CEAS – Common European Asylum System), e per il miglioramento del sistema EURODAC (che consente di identificare in maniera chiara ed incontrovertibile l’identità dei richiedenti asilo, principalmente per evitare che una persona possa richiederlo in più paesi contemporaneamente o in caso di diniego da parte di uno degli Stati membri). È una novità invece il tentativo della Presidenza di ricevere mandato dal Consiglio per avviare i negoziati con il Parlamento europeo su una normativa che disciplini e regoli la ricollocazione dei migranti e le prescrizioni in capo agli Stati membri nel settore della loro accoglienza. Una norma che, se approvata come piace a noi, metterebbe in mora gli Stati che fanno finta di non sentirci, quando si tratta di accoglienza dei migranti e, in più, metterebbe in ridicolo tutti quei movimenti di destra più o meno estrema che, cavalcando la tigre dell’intolleranza e della disoccupazione dei connazionali, rendono impossibile il processo di integrazione europea ed espongono i propri governi alle ire della Commissione, sempre pronta – con draconiana e giusta severità – ad avviare procedure di infrazione contro gli inadempienti.

Il Ministro italiano Orlando, il 12 ottobre, alla riunione dei Ministri della Giustizia (foto www.consilium.europa.it)

In ogni caso, non si può negare che ciascuno – a modo suo – sta cercando di far confluire in uno sforzo congiunto il tentativo di risolvere i problemi e le paure dei cittadini in questi settori.

Il giorno 12 ottobre, invece, i ministri della Giustizia hanno portato avanti l’iter legislativo per la creazione di una procura europea (EPPO – Europeana Public Prosecutor’s Office), che avrà tra i primi incarichi quello di indagare e punire chi si macchierà di offese agli interessi finanziari dell’Unione. Altro tassello  che si sta felicemente incasellando è quello della creazione del sistema ECRIS: European Criminal Records Information System, una banca dati centralizzata dei casellari giudiziali degli Stati membri, che dovrebbe facilitare il contrasto a vari fenomeni criminali, specialmente ste transfrontalieri e transazionali.

Nessun pericolo per le reti informatiche della Difesa

Difesa/Varie di

La Difesa con un comunicato risponde a quanto riportato oggi da un quotidiano italiano sul tema della sicurezza cibernetica affermando  che non corrisponde a realtà la descrizione di quanto e accaduto e della attuale condizione di sicurezza delle reti informatiche delle Forze Armate.

Innanzi tutto, la problematica riguarda il controllo delle reti “aperte”- viene specificato nella nota inviata oggi- (per capire meglio, quelle con accesso ad internet), che, per quanto attiene alla Difesa, sono fisicamente separate da quei sistemi informatici, dedicati alla trattazione degli argomenti classificati, i quali sono invece collegati tra loro tramite “reti chiuse”. Pertanto, non esiste alcun rischio di compromissione di dati e informazioni di natura riservata.

Il software obsoleto dall’Esercito citato nell’articolo è, di fatto, una sorta di “sentinella” che rileva eventuali anomalie nel traffico dati. Il suo mancato aggiornamento non è un problema, perché si sta già provvedendo alla sua sostituzione nel pieno rispetto dei tempi tecnico-amministrativi necessari, ma soprattutto perché nella sua attività è affiancato da altre “sentinelle” (altri software e applicativi) che svolgono appieno il loro compito in maniera ridondante.

Tutti questi sistemi devono essere costantemente rivisti e, quando necessario, cambiati per poter fronteggiare efficacemente una minaccia, quella cibernetica, che è mutevole e in continua evoluzione.

Con le direttive impartite dal Libro Bianco, la Difesa sta realizzando un ambizioso progetto di governance di sicurezza unica delle reti con il potenziamento del C4 Difesa (il Comando preposto alla gestione e alla sicurezza delle reti informatiche della Difesa) e con la creazione del Comando Interforze per le Operazioni Cibernetiche. Stupisce perciò leggere l’affermazione che tale comando sarà operativo solo nel 2019. La struttura è già in funzione e opera con pienezza già da tempo, come peraltro documentato in numerose attività mediatiche di cui è stato protagonista.

Nel 2019, invece, gli saranno affiancate due strutture: il cyber-range, un poligono virtuale in cui addestrare il personale non solo della Difesa ma anche di altre Amministrazioni dello stato che ne faranno richiesta, e il cyber-lab, un laboratorio in cui studiare le minacce e mettere a punto le relative contromisure. Tale progetto consentirà, infatti, di gestire e controllare unitariamente tutte le reti della Difesa e delle singole Forze Armate, andando ad eliminare proprio quelle possibili problematiche che potrebbero insorgere dall’impiego di sistemi e software differenti.

Peraltro, vale la pena ricordare che – viene spiegato nel comunicato – il software citato nell’articolo nulla ha a che vedere con le capacità di risposta cibernetica alle minacce in senso stretto, affidata invece al giusto mix di tecnologia – attraverso programmi antivirus costantemente aggiornati e pienamente validi, come testimonia il fatto che ormai da molto tempo pur a fronte di numerosi tentativi, le reti della Difesa non hanno registrato alcuna intrusione – e di professionalità del personale tecnico.

In quest’ultimo settore, la Difesa sta investendo particolarmente anche attraverso specifici bandi di concorso, per avere sempre le migliori risorse, umane e materiali, al fine di garantire al meglio la sicurezza delle proprie reti e, con essa, di quelle del Paese.

È anche utile sottolineare che le reti della Difesa non sono in connessione con le altre reti ministeriali e pertanto non esiste alcun rischio di compromissione di dati e di informazioni di natura riservata.

Afghanistan, expeditionary advisory package (eap) italiano a qual-eye-naw

Difesa di

Il contingente italiano supporta le Forze di Sicurezza afgane dislocate nella provincia di Bagdhis attraverso il nuovo concetto di “fly to advise”.

Si è conclusa oggi la prima attività esterna di Train Advise e Assist (TAA), condotta dagli advisor italiani a circa 150 Km a nord di Herat a favore della 3ª brigata del 207˚ Corpo d’Armata dell’Esercito Afghano, dislocata a Qual-eye-naw.

briefing pre missione per gli alpini del 2 reggimento Il personale italiano del Train, Advise and Assist Command West (TAAC-W) ha svolto un’attività di “fly to advise” raggiungendo Qual-Eye-Naw, nella provincia di Baghdis, con lo scopo di coordinare e implementare la pianificazione speditiva e la condotta delle operazioni della 3ª brigata del 207˚, impegnata a mantenere la sicurezza in una provincia costantemente minacciata da attacchi terroristici dei gruppi ostili al governo ed alla popolazione afgana.

Nel corso dell’attività, che ha visto impegnati numerosi elicotteri dell’Aviazione dell’Esercito – sia NH 90 per il trasporto dei team, sia A129 “Mangusta” per la sicurezza in volo – gli alpini del 2° reggimento della brigata Taurinense, supportati dai fanti del 66° reggimento di fanteria aeromobile “Trieste”, hanno consentito al generale Massimo Biagini, comandante del TAAC W, di confrontarsi sul campo con il comandante della 3a brigata discutendo le linee operative delle prossime operazioni che le forze di sicurezza locali condurranno nella seconda fase della campagna estiva.

La seconda fase infatti, vedrà gli advisor italiani assistere il personale di quei comandi delle forze afgane (ANDSF) che dovranno controllare e coordinare le unità locali impegnate nel mantenimento della sicurezza sia nell’area a nord di Herat che nelle province del sud, al fine di limitare ed annullare la minaccia delle formazioni terroristiche.

la preparazione del fly to advice - il coordinamento degli assetti elicottoriDurante il ‘fly to advise” svolto a Qual-eye-naw, il comandante di TAAC-W ha inoltre incontrato il governatore della provincia di Baghdis e i rappresentati della polizia locale, ricevendo da loro importanti aggiornamenti utili a implementare la conoscenza di un’area impervia, spesso teatro di azioni antigovernative.

Il lavoro degli advisor italiani – caratterizzato da attività fondamentali per l’addestramento quali lezioni, seminari e conferenze per migliorare il livello di preparazione dei colleghi afgani, oltre alla realizzazione di corsi specialistici in comunicazioni radio, informatica, identificazione e disattivazione degli ordigni esplosivi improvvisati (IED) e numerosi altri – ha consentito nei mesi scorsi l’innalzamento degli standard operativi delle unità del 207° Corpo d’Armata dell’Afghan National Army (ANA) e oggi di poter assistere durante le operazioni anche i comandi brigata dislocati nelle altre province della regione ovest attraverso il “fly to advise”

Alessandro Conte
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