Panorama ISIS, da insurgens a nuovo terrorismo
Ai famosi Al Quaeda e le sue varie ramificazioni, Talebani e Boko Haram si è aggiunto prepotentemente l’ISIS, nuova realtà proveniente dallo stesso substrato culturale ed ideologico che si è dimostrata meglio strutturata e dagli obiettivi più chiari.
L’esperienza vissuta soprattutto dagli Stati Uniti negli ultimi decenni con i gruppi estremisti ha mostrato come questi fino a poco tempo fa rispondessero più alle caratteristiche tipiche dei gruppi di insurgens (combattenti che utilizzano sistemi e metodi terroristici per i loro fini) piuttosto che a quelle delle organizzazioni terroristiche.
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La definizione di insurgens richiama quelle frange estremiste che si limitano a compiere attività in un determinato territorio e che emergono proprio per compiere insurrezioni verso un preciso e contestualizzato nemico. Queste realtà restano però fuori da una logica di mondializzazione della loro azione.
Quello che invece caratterizza Al Quaeda e l’ISIS è, oltre all’utilizzo di metodi terroristici, il fatto che inseriscano le loro azioni e la loro stessa esistenza in un più vasto obiettivo che è quello di diffondere la religione musulmana. Al Quaeda e lo Stato islamico, entrambe organizzazioni provenienti da realtà localizzate hanno con il tempo costruito un sistema, un vero e proprio apparato che per vivere ha bisogno di essere nutrito massicciamente dall’esterno.
Certamente, elaborando il concetto di insurgens dal quale avevano preso vita per poi applicarne le tattiche fino a scollegarsi dall’utilizzo esclusivo di tale metodica per intraprendere una strada propria. Dal momento in cui la rivoluzione islamica ha intrapreso un cammino globale si è riformata, ricostruita, iniziando una sorta di nuova guerra terroristica il cui scopo non era più solo scacciare un invasore o rivendicare un ruolo su un territorio preciso.
Dati alla mano, vite perse alla mano, le strategie intraprese dai vari governi che hanno agito di loro iniziativa e dalle varie coalizioni che si sono impegnate, non si può non riconoscere che buona parte degli sforzi compiuti abbiano avuto poco successo. Sul fronte dell’eliminazione della minaccia terroristica in generale i progressi sono stato pochi mentre su quello della cooperazione si sono avuti risultati sicuramente più concreti.
Eppure non solo molte di queste organizzazioni restano in vita, ma ad essere divenute più efficienti sono le loro reti di supporto e paradossalmente la loro credibilità agli occhi delle popolazioni interessate. Se Bin Laden dal canto suo a partire degli anni ’80 era riuscito a costruire una rete capillare in decine di Stati composta da migliaia di seguaci, strutturati canali di finanziamento, riciclaggio e stabili rotte commerciali, lo Stato Islamico ha sviluppato questi meccanismi rendendoli più efficienti ed anche più palesi agli occhi di tutti.
Non é infatti una novità che i suoi canali di finanziamento comprendano anche la vendita ed il contrabbando di greggio. L’ISIS è in grado di generare da solo una grande fetta degli introiti con cui nutre le sue politiche. Il paradosso che ne consegue è che mentre Bin Laden era stato costretto a sviluppare una rete di intermediari finanziari invisibili nascondendosi a sua volta, lo Stato Islamico oltre a questo dimostra ogni giorno che può vivere ed operare alla luce del sole.
Sebbene il territorio di operazioni e su cui lo stesso Stato vanta sovranità sia costituito da deserto e non abbia ai suoi confini barriere, reti o mura, l’ISIS sembra ancora lontano dall’essere sconfitto. Grazie sicuramente ad una vasta rete di supporto economico anche esterno si sostiene che i guadagni che lo Stato Islamico genera e di cui gode siano enormemente più elevati di quelli della “primitiva” Al Quaeda, quasi passata di moda.
Se il secolo da poco terminato ha visto tra le minacce proprio questi gruppi terroristici, è lecito domandarsi se qualcosa stia cambiando all’interno del modo di concepire queste organizzazioni da parte dei leader stessi. Lo Stato Islamico potrebbe certo essere un’eccezione ma a giudicare dal successo che sta ottenendo e dalla mondializzazione della sua idea di rivoluzione islamica, si pone il rischio che questo gruppo divenga sempre più un esempio nel favorire l’insorgenza di nuovi attori ad esso simili. Attori che molto spesso non nascono come statali. Questa concezione non gli appartiene dal momento che nascono in clandestinità ed in clandestinità essi vivono.
Il degrado permanente che caratterizza particolari forme di società viene spesso sorretto da forme autoritarie di governo e l’appellativo di “organizzazioni terroristiche” rischia di trasformarsi in una definizione vecchia ed inadeguata: la minaccia si è accentuata da quando si è passati dal controllo del territorio all’amministrazione del territorio.
Questo pare vero se guardiamo allo Stato Islamico, al momento unico rappresentante di questo nuovo terrorismo. Di conseguenza, la poca concretezza degli interventi messi in piedi all’inizio della campagna militare forniscono un margine di manovra ancora più ampio all’ISIS. Possiamo infatti notare come dalla metodica dell’insorgenza armata propria di molti gruppi terroristici si sia giunti ad Al Quaeda. Non è un caso che il nome significhi oltre “la base” anche “la regola”, il che fa pensare ad una concezione di tipo organico da applicare e diffondere su vasta scala dell’organizzazione e della sua ideologia. Da Al Quaeda il passo successivo degno di nota è stato lo Stato Islamico, che ha fatto proprie tutte le armi di cui poteva disporre.
E’ bene però sottolineare un punto generale che serve ad inquadrare il panorama all’interno del quale l’ISIS si muove, che non è solo quello che appare all’esterno: dalla tecnologia alle armi di distruzione di massa, dai semplici fucili all’utilizzo dei media le mire di queste organizzazioni saranno sempre più alte. Quanto più sarà disponibile sul mercato, tanto più esse saranno pericolose. Continue esecuzioni, persecuzioni, rapimenti, rastrellamento di villaggi. Il grande tema dello Stato Islamico resta la reazione che viene opposta, ma attorno ad esso vi è un insieme di Stati deboli, distratti o più interessati alla propria sicurezza interna e competizione internazionale per rappresentare una proposta concreta.
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