GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

Monthly archive

Maggio 2015 - page 3

L'Isis conquista la città di Palmira

Video di

Inarrestabile la marcia dell’Isis che dopo aver conquistato la citta’ di Palmira muove verso Bagdad .

il califfato si dirige verso le due capitali damasco in Siria e Bagdad in Iraq con l’obiettivo di far cadere i due governi e instaurare il califfato nero

Ma intanto anche i qaedisti del Fronte al Nusra, insieme ad altri gruppi armati fondamentalisti, hanno inferto un altro duro colpo alle forze siriane, occupando un ex ospedale trasformato in caserma nella citta’ Nord-Occidentale di Jisr al Shughur, dove erano assediati da settimane 200 soldati, la cui sorte rimane per ora sconosciuta

[youtube]https://youtu.be/ZLutWBZIo0A[/youtube]

Shi'ite militias advance on Islamic State insurgents near Iraq's Ramadi

Breaking News Tv di

Shi’ite Muslim militiamen and Iraqi army forces launched a counter-offensive against Islamic State insurgents near Ramadi on Saturday, a militia spokesman said, aiming to reverse potentially devastating gains by the jihadi militants.

The fall of Ramadi, the Anbar provincial capital, to Islamic State on May 17 could be a shattering blow to Baghdad’s weak central government. The Sunni Muslim jihadis now control most of Anbar and could threaten the western approaches to Baghdad, or even surge south into Iraq’s Shi’ite heartland.

Ferma condanna dell'ONU per gli attacchi in Siria

BreakingNews di

“La decisione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è un risultato importante frutto dell’azione del governo italiano.”

Così il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Paolo Gentiloni ed il Ministro dei Beni ed Attività culturali e turismo Dario Franceschini hanno espresso il proprio plauso per l’iniziativa assunta dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che, su impulso dell’Italia, ha rilasciato un Press Statement che condanna con fermezza i barbarici attacchi terroristici in atto in Siria da parte dell’ISIL, inclusa la violenta occupazione della città di Palmira.

“La salvaguardia del patrimonio mondiale dell’umanità deve costituire un elemento centrale nelle iniziative internazionali di pace e l’Italia sta lavorando in sede Unesco per difendere i valori identitari delle nazioni colpite dalla distruzione indiscriminata del proprio patrimonio culturale”, hanno sottolineato Gentiloni e Franceschini.

ONU, uniti per una maggiore sicurezza

BreakingNews di

Si è conclusa nel pomeriggio di ieri, presso il Ministero degli Affari Esteri italiano una conferenza internazionale, che aveva quale tema i “Percorsi per un Consiglio di Sicurezza più inclusivo e responsabile” ed è stata incentrata sulla riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e promossa dal dall’Italia quale focal point del gruppo “Uniting for Consensus”.

Durante le due giornate di lavoro i rappresentanti dei singoli Stati hanno disquisito e si sono confrontati sulla riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in itinere, ed imperniata principalmente sulle modifiche al diritto di veto, sulle categorie dei seggi – permanenti e non permanenti – sulla rappresentanza regionale e sulle dimensioni del futuro del Consiglio stesso.

Si è trattato di nodale momento di approfondimento delle diverse situazioni negoziali in atto , utile ad individuare punti di incontro e di attrito tra i diversi Stati, che – stanti gli scenari in mutamento specie in Russia e nell’Este Europa – sono sempre più interessati alle questioni ONU, ed al consenso ad esse necessario.

UN, joined for security

An important international conference ended yesterday afternoon, at the Italian Ministry of Foreign Affairs, whose theme was the “Paths to a Security Council more inclusive and responsible”. The conference was focused on the reform of the UN Security Council and sponsored by Italy as focal point of the “Uniting for Consensus” group.

During the two working days, representatives from each single Member State have discussed about the reform of the Security Council of the United Nations, which is ongoing and mainly focuses on changes to the “veto” system, on the different categories of seats (permanent and non-permanent), on regional representation and on the size and the future of the Council itself.

The conference was a nodal time of deepening the different negotiating situations in place, and helped identify the different points of contact and friction between States, which – due to the changing scenarios in Russia and Eastern Europe – are increasing their interest in UN issues and their related “Consensus”.

Siria, rapito sacerdote priore della comunità fondata da Padre Dall’Oglio

BreakingNews di

Uomini armati hanno fatto irruzione nel monastero di Mar Elian dove padre Murad svolgeva il suo priorato.

Il sequestro sarebbe avvenuto  lo scorso 18 maggio secondo quanto riporta l’agenzia stampa Fides, insieme al priore sarebbe stato prelevato anche il dicono del monastero Boutros Hanna, il condizionale è d’obbligo vista la difficoltà di avere notizie certe.

Secondo le prime ricostruzioni, il rapimento è stato realizzato da uomini armati giunti in moto al Monastero di Mar Elian. I sequestratori hanno costretto padre Jacques a mettersi alla guida della propria auto e, sotto la minaccia delle armi, gli hanno imposto di dirigersi verso una destinazione sconosciuta.

Fonti locali consultate da Fides ipotizzano che dietro il rapimento ci siano gruppi salafiti presenti nella zona, che si sono sentiti rafforzati dai recenti successi dei jihadisti di al-Nusra e dello Stato Islamico in territorio siriano.

Padre Jacques Murad è Priore del Monastero di Mar Elian e parroco della comunità di Qaryatayn, 60 chilometri a sud est di Homs. L’insediamento monastico, collocato alla periferia di Quaryatayn, rappresenta una filiazione del Monastero di Deir Mar Musa al Habashi, rifondato dal gesuita italiano p. Paolo Dall’Oglio, rapito anche lui il 29 luglio 2013 mentre si trovava a Raqqa, capoluogo siriano da anni sotto il controllo dei jihadisti dello Stato Islamico.

Negli anni del conflitto, la città di Qaryatayn era stata più volte conquistata da miliziani anti-Assad e bombardata dall’esercito siriano. Proprio padre Jacques, insieme a un avvocato sunnita, avevano assunto la funzione di mediatori per garantire che il centro urbano di 35mila abitanti fosse risparmiato per lunghi periodi dagli scontri armati.

Nel Monastero sono stati ospitati centinaia di rifugiati, compresi più di cento bambini sotto i dieci anni. Padre Jacques e i suoi amici hanno provveduto a trovare il necessario per la loro sopravvivenza anche ricorrendo all’aiuto di donatori musulmani.

Ukraine: Russian soldiers “were armed, but had no orders to shoot”

Europe di

They caught fighting with the Donbass rebels. Despite the daily non-compliance of the ceasefire, the civil war is not going anywhere. Next winter could be crucial to Ukrainian national unity.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
“They were armed, but they had no orders to shoot. One of them said he had received orders from his military unit to go to Ukraine”. Today, th eOsce communcates it after two Russian soldiers were captured on Ukrainian soil while fighting alongside the pro-Russian militias on Monday, May18. After the arrival of military convoys last winter, intercepted by US satellites, this has definitely proved external interferences in the Donbass’ civil war. Interference which follows the video, of January 2015, whereas a US soldier was shot with Kiev’s army.

But the crisis in Ukraine still seems to be not going anywhere. Despite continuous clashes, especially near the airport of Donetsk and around the port city of Mariupol, confirm the no-compliance of the ceasefire declared by Minsk Protocol. The real showdown could take place next winter, when gas issue, supplied by Moscow, will become relevant again.

Meanwhile, the War has apparently become less Cold on the international front. The meetings in mid-May between the Secretary of State Kerry and President Putin, the first official visit on Russian soil since the crisis Ukrainian, show a willingness to dialogue between Washington and Moscow.

As well as having discussed the Syria case, the possible sale of Russian S-300 missiles to Iran and the Yemen war, Ukraine’s future was the main topic on the table. The US should want to entered in negotiating table consists of Russia, Ukraine, France and Germany, which led to the Protocol of Minsk in February.

According to the Minister of Foreign Affairs Lavrov, Kerry said that respect for these agreements should lead to the end of civil war in the Donbass. However Kiev’s desire to recover militarily Donetsk caused embarrassment.

The US military troops presence in the NATO base in Javorov (near the border with Poland) is a source of discord with Russia. Here, they are ongoing training of almost 1,000 Ukrainian soldiers from April.

The constant anti-Russian releases from the Ukrainian President and Prime Minister Poroshenko Yatseniuk also show how far is the solution to this crisis. On one side, Kiev accuses the Kremlin of having anti-Western aims and would economic and military aid to the United States and the European Union. On the other side, Moscow doesn’t want to give up the Russian-speaking regions (Donetsk, Lugansk and Crimea), which is the reply to Nato military forces and armaments’ developement in the former Soviet countries.

Cold war issues, Putin’s place in Syria and in other geopolitical contexts will be crucial to possible the Russian-speaking regions independence from Ukraine.
Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

Ucraina: soldati russi catturati “erano armati, ma non avevano ordine di sparare”

EUROPA di

L’Osce rende noti i dettagli della missione dei militari di Mosca, sorpresi a combattere con i ribelli del Donbass. Nonostante la quotidiana inosservanza del cessate il fuoco, la guerra civile appare in una fase di stallo. Mentre la Casa Bianca e il Cremlino fanno prove di disgelo, il prossimo inverno appare decisivo per le sorti del conflitto.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
“Erano armati, ma non avevano l’ordine di sparare. Uno di loro ha detto di avere ricevuto ordini dalla sua unità militare di andare in Ucraina”. È quanto comunicato dall’Osce dopo che, lunedì 18 maggio, due soldati russi erano stati catturati sul suolo ucraino mentre combattevano a fianco delle milizie filorusse. Dopo l’arrivo dei convogli militari lo scorso inverno, intercettati dai satelliti Usa, questa è la conferma definitiva di un’ingerenza esterna nella guerra civile nel Donbass. Un’ingerenza che fa seguito al video, risalente al gennaio 2015, in cui un soldato americano è stato filmato tra le fila dell’esercito di Kiev.

Ma la crisi in Ucraina, tuttavia, sembra essere ancora in fase di stallo. Malgrado i continui scontri, soprattutto nei pressi dell’aeroporto di Donetsk e attorno alla città portuale di Mariupol, confermino la fallacia del cessate il fuoco decretato dagli accordi di Minsk di febbraio. La vera resa dei conti sembra essere rinviata al prossimo inverno, quando tornerà in gioco la questione delle forniture di gas da parte di Mosca.

La guerra fredda che ne consegue ha intanto dato i primi, timidi segnali di disgelo. Gli incontri di metà maggio tra il segretario di Stato Usa Kerry e il presidente Putin, la prima visita ufficiale sul suolo russo dall’inizio della crisi ucraina, mostrano la volontà di dialogo tra le due parti.

Oltre ad avere parlato del caso Siria, della possibile vendita dei missili russi S-300 all’Iran e del conflitto in corso in Yemen, il futuro dell’Ucraina è stato al centro del dialogo intercorso tra le due amministrazioni. Gli Stati Uniti vogliono entrare a tutti gli effetti nel tavolo delle trattative composto da Russia, Ucraina, Francia e Germania, che ha portato al Protocollo di Minsk di febbraio.

Nell’incontro con il ministro degli Affari Esteri Lavrov, Kerry si è dimostrato concorde nell’evidenziare che, il rispetto di tali accordi, dovrebbe portare alla fine del conflitto civile nel Donbass. Ma altrettanto evidente è stato l’imbarazzo sulla volontà di Kiev di riprendersi manu militari Donetsk, nonché sulle sanzioni economiche imposte a Mosca.

La presenza, in questo caso ufficiale, delle truppe militari statunitense nella base Nato di Javorov (vicina al confine con la Polonia) è motivo di frizioni con la Russia. Qui, da aprile, sono in corso l’addestramento di quasi 1000 milizie dell’esercito ucraino. Ed è proprio questo punto a frenare una vera e totale distensione tra Washington e Mosca.

Se a questo, aggiungiamo le continue dichiarazioni antirusse del presidente ucraino Poroshenko e del premier Yatseniuk, vediamo che la definizione di questa crisi geopolitica appare distante. Da una parte, Kiev accusa il Cremlino di avere mire antioccidentali e chiede aiuti economici e militari a Stati Uniti ed Unione Europea. Dall’altra parte, Mosca non intende rinunciare alle regioni russofone in territorio ucraino (Donetsk, Lugansk e la Crimea), che considera la risposta allo schieramento di forze e armamenti militari Nato negli Stati un tempo facenti parte del Patto di Varsavia.
Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

Moas, Xuereb: “L’immigrazione nel Mediterraneo è una questione internazionale che richiede una soluzione globale”

EUROPA di

L’Unione Europea e le Nazioni Unite stanno trattando questa emergenza nell’intento di non lasciare sole Italia e Malta. Riguardo a queste questioni, European Affairs ha intervistato Martin Xuereb, Direttore Migrants Offshore Aid Station (Moas), l’organizzazione non governativa impegnata nel salvataggio dei migranti in arrivo dall’Africa.

[subscriptionform]
[level-european-affairs]
Quando e perché è stato fondato Moas?

“Moas è stato fondato nel 2014. l’idea è venuta a Regina e Christopher Catambrone dopo il naufragio di 400 migranti avvenuto vicino alle coste di Lampedusa durante l’estate del 2013. Dopo la visita del Papa, sempre nel 2013, quando egli chiese fortemente di aiutare queste persone in qualsiasi modo, Regina e Christopher hanno avuto la scintilla. Essi hanno iniziato a pensare ad un’organizzazione che salvasse la vite a rischio nel Mediterraneo. Io sono stato coinvolto nel febbraio 2015, quando mi è stato chiesto aiutare, prestare soccorsi e salvare i migranti. Noi siamo un ente privato e dipendiamo dalle donazioni fatte dalle persone. Speriamo che il nostro messaggio, che la vita è preziosa e non importa a chi appartiene, sia fonte d’ispirazione per gli altri affinché donino”.

 

In cosa consiste la vostra attività?

“Noi abbiamo iniziato a lavorare lo scorso anno. Dopo 16 giorni di operazioni in mare aperto, avevamo già salvato 3000 persone. Poi, siamo tornati a settembre e a fine ottobre abbiamo iniziato a pensare alla missione del 2015. Adesso, a differenza dello scorso anno, collaboriamo con Msf. Essi hanno il compito di provvedere all’assistenza e al salvataggio delle persone. Moas, invece, possiede una nave di 40 metri (Phoenix), due Remote Piloted Aircraft e due Rhibs: questi ultimi hanno la possibilità di spostarsi e volare se abbiamo necessità di avere informazioni urgenti. Tutti questi mezzi vengono diretti dal Rescue Coordination Center. In più, abbiamo due gommoni che possono servono quando un’imbarcazione in alto mare necessita di assistenza. La scelta di fare salire a bordo i migranti viene fatta sempre assieme al Rescue Coordination Center. Quando le persone sono a bordo, Msf, con i loro dottori, infermieri e mezzi logistici, provvede alle loro cure mediche e li tiene costantemente monitorati”.

 

Quanto sono determinanti le competenze professionali acquisite durante le operazioni di salvataggio umanitario in mare aperto?

“Cercare di salvare le persone in un contesto così difficile è molto impegnativo. Servono capacità, conoscenze e attitudine al rischio. Ovviamente, serve passione per un lavoro del genere, ma ancora più importante è l’essere capaci di lavorare professionalmente perché in gioco ci sono le vite delle persone”.

 

Quali risultati avete conseguito?

“3000 persone sono state salvate nei 60 giorni di operazioni svoltesi nel 2014. Nel 2015, dopo essere partiti il 2 maggio, abbiamo salvato 1441 persone da imbarcazioni alla deriva nel Mediterraneo: di questi, 106 bambini, 211 donne e 1124 uomini”.

 

Con quali istituzioni ed enti collaborate?

“Prima di tutto con il Rome’s Maritime Rescue Coordination Centre e con il centro omologo maltese. Essi hanno il compito di coordinare le missioni di salvataggio e noi, a nostra volta, siamo ben lieti di collaborare con loro. Essi sono molto soddisfatti delle nostre capacità e del fatto che non utilizziamo solamente imbarcazioni per il mare aperto, bensì anche droni e cliniche mediche a bordo. Infatti, come tutte le altre navi, anche noi abbiamo l’obbligo per legge di prestare soccorso ad imbarcazioni alla deriva. Ma, la differenza tra noi e le navi mercantili, è che il salvataggio delle vite umane è la nostra missione”.

 

Dopo che il Consiglio Europeo ha deciso di triplicare i fondi per “Triton”, l’immigrazione è davvero divenuto un tema europeo?

“Io ritengo che questa sia una questione internazionale che richiede una soluzione globale. Noi volgiamo dire che l’Europa deve dimostrarsi più attiva in questa vicenda. Vorremmo intravedere una prospettiva di largo respiro. Penso che tutti dovrebbero essere consapevoli che, la maggior parte dei salvataggi, viene condotta in acque internazionali. Per questo motivo, perché l’Italia dovrebbe prendersi da sola tutta la responsabilità? Queste operazioni dovrebbero essere coordinate da qualcun altro. E credo anche che non solo gli stati, ma anche aziende private ed enti dovrebbe interessarsi alla questione. Come Moas, assieme a Msf, vogliamo portare sul tavolo un nuovo modus operandi”.

 

Giacomo Pratali

[/level-european-affairs]

Asilo e accoglienza ecco come si muove l’Europa

Europe di

Le Agenzie Europee impegnate nel miglioramento del sistema dell’asilo e dell’accoglienza ai rifugiati: il caso della Grecia.

Un paese europeo a noi molto vicino, la Grecia, ci sta dando una lezione importante: come sfruttare al meglio l’operato e l’efficienza della Agenzie Europee nel settore Justice and Home Affairs.

Non tutti sanno che, infatti, nella capitale maltese de La Valletta, esiste un’Agenzia Europea che fornisce assistenza qualificata nel settore dell’asilo e dell’accoglienza di chi l’asilo lo richiede: si tratta dell’EASO, ossia dell’European Asylum Support Office. L’Ente – che tra i sui compiti annovera proprio quello di fornire expertise ed addestramento nel settore dell’asilo e dell’immigrazione e, maggiormente, in favore degli Stati Membri i cui confini sono più duramente messi alla prova – ha firmato un accordo particolare con la Grecia pochi giorni fa.

L’accordo in questione, denominato “Special Support Plan to Greece”, prevede, in maniera molto particolareggiata, che l’Agenzia fornisca ad Atene il massimo supporto in determinate aree identificate quali prioritarie nei settori asilo ed accoglienza. Tra queste, la pianificazione ed il sostegno ai progetti già in itinere, l’addestramento del personale e, soprattutto, il corretto reperimento di fondi Europei ad hoc devoluti. Il tutto fino a maggio 2016.

La richiesta di tale supporto è stata ufficialmente formulata dai nostri vicini di casa nei primi mesi del 2015, e nasce su input del consolante quadro di risultati più che soddisfacenti ottenuti dal paese ellenico negli anni precedenti e sempre dalla stessa agenzia europea “maltese”. E già, perché il supporto alla Grecia aveva avuto inizio nel 2011, con un “Operating Plan to Greece”, messo in essere proprio in virtù dei pressanti flussi di immigrazione irregolare che nascevano fuori dai confini esterni all’Unione. In quella circostanza fu stabilita un’efficiente e sostenibile struttura di asilo e di accoglienza mediante l’impiego di squadre di esperti sul territorio greco, che contribuirono anche a codifcare un sistema di richieste e modulari da presentarsi a cura dei richiedenti asilo alle Autorità elleniche, le cui strutture di ricezione furono anche logisticamente migliorate rispetto a quelle già esistenti.

Ma non è tutto: un altro “Operating Plan to Greece” è stato reiterato nel 2013 ed è stato principalmente finalizzato all’addestamento del personale ed alla corretta gestione dei fondi dell’Unione stanziati per il settore.

Stavolta questo piano di supporto è, come dice il nome stesso, realmente “speciale”: le squadre dell’EASO stanno lavorando a stretto contatto con le Autorità greche, usufruendo però anche del supporto di FRONTEX, altra più (tristemente?) nota agenzia europea e con l’UNHCR dell’ONU.

Gli obiettivi: oltre alla già citata e consueta necessità di addestramento in favore degli addetti ai lavori ed alla consulenza in una sana gestione dei fondi europei reperiti a sostegno del budget nazionale, gli esperti aiuteranno a sviluppare una corretta policy di gestione dell’asilo e delle strutture di accoglienza dei minori non accompagnati, la cui gestione nei centri di accoglienza richiede particolari cautele da parte degli operanti, ed altrettanto particolari tutele nei confronti delle vittime più innocenti dei fenomeni che dell’immigrazione irregolare stanno alla base.

Sembra lecito domandarsi quando il nostro Paese – che è il secondo contributore al bilancio dell’UE – svilupperà e concepirà strumenti giuridici simili, beneficiadi dell’aiuto delle stesse istituzioni europee che contribuisce a mantenere.

 

Domenico Martinelli

 

 

 

Domenico Martinelli
0 £0.00
Vai a Inizio
×