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La maestosa parata del 2 giugno: un’apoteosi di valori democratici e di orgoglio nazionale.

Anche quest’anno, nel 78° anniversario della Repubblica, nostante il tempo uggioso e la pioggia battente, il cielo mattutino della Città eterna si è tinto di tricolore e le vie dell’Urbe hanno risuonato al passo cadenzato di una parata militare di incomparabile e rara bellezza, simbolo supremo dell’unità nazionale, della fedeltà e della dedizione incrollabile delle Forze Armate alla Patria.
In presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Capo Supremo delle Forze Armate, il quale ha nobilitato con la sua augusta partecipazione l’importanza dell’evento, la parata ha assunto una dimensione ancor più solenne. Un evento di straordinaria rilevanza – impreziosito dalla presenza del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e del Ministro della Difesa Guido Crosetto e delle più alte cariche dello Stato – che rappresenta non solo una cerimonia militare, ma prima di tutto una solenne celebrazione dei valori democratici della nostra amata Italia.
La rivista, che annualmente si svolge ai Fori Imperiali, nel cuore pulsante della Capitale, si è affermata anche stavolta come un appuntamento imperdibile per i cittadini italiani e – almeno per la maggioranza di essi – come un momento di sana riflessione patriottica e di atteso orgoglio collettivo.
Quest’anno, come sempre – dopo il doveroso omaggio delle più alte cariche dello Stato al sacello del Milite Ignoto – la manifestazione, aperta da una rappresentanza dei sindaci d’Italia, ha visto sfilare i vari corpi delle Forze Armate, i reparti speciali e le unità storiche, i mezzi, gli aerei e i quadrupedi, in un susseguirsi di quadri marziali che hanno esaltato la disciplina, il coraggio e l’abnegazione di donne e uomini che quotidianamente si prodigano per la sicurezza e la salvaguardia della Nazione.
Nel rassicurante clangore delle lance e delle sciabole, in un colorato ma composto connubio di pennacchi piume, penne, mostrine, alamari, ghette e cordellini, accanto alle Forze Armate, accompagnate dalle note di bande e fanfare, anche le Forze di Polizia e le componenti del soccorso pubblico hanno reso omaggio alla Repubblica, esibendo la loro instancabile ed indispensabile opera di tutela della legalità e di pronto intervento in situazioni di emergenza.
In questa edizione hanno sfilato per la prima volta anche i rappresentanti dell‘Unità di Crisi della Farnesina e delle rappresentanze diplomatiche e consolari.
Non è una mera e vuota esaltazione di forza, bensì una celebrazione della democrazia, dell’amor di Patria, dello spirito di corpo e di appartenenza che caratterizzano le nostre Forze Armate.
Gli Italiani si stringono attorno alle loro Forze Armate. Le Forze Armate si stringono intorno agli Italiani. Così è stato oggi e così dovrebbe essere sempre.
Un evento che rispecchia l’essenza stessa dei valori costituzionali su cui si fonda la nostra veneranda Repubblica.
Oggi, qui, la forma si è fusa con la sostanza.
Tante facce pulite, che si intravedono anche dietro a qualche mephisto.
Un’aria da bravi ragazzi e brave ragazze, “acqua e sapone”, che cela però cuori impavidi, valori immutabili e professionalità di altissimo valore.
Dai cavalieri agli incursori, dai marinai ai piloti, dal Carabiniere di quartiere alle operazioni spaziali, le nostre Forze Armate sono il luogo dove albergano la fedeltà, la giustizia, la bellezza, l’onestà, l’onore, il sacrificio.
In un’epoca in cui le sfide globali sono sempre più intricate, gli uomini e le donne con le stellette si ergono come un baluardo di stabilità e sicurezza, impegnate sia sul fronte interno che nelle missioni per la pace e la cooperazione internazionali.
Le Forze Armate italiane non si limitano alla difesa del territorio nazionale; il loro impegno si estende anche al supporto delle popolazioni afflitte da calamità naturali, offrendo assistenza umanitaria e aiuto concreto nei momenti di maggior bisogno.
La partecipazione dell’Italia alle organizzazioni internazionali con vocazione securitaria come la NATO, l’ONU e altre importanti alleanze globali e regionali, testimonia il ruolo fondamentale del nostro Paese nella promozione della pace e della sicurezza mondiale.
Ma la parata di quest’anno può stimolare gli addetti ai lavori – e non solo – a pensare all’attuale apertura delle nostre Forze Armate verso nuove sfide, alcune delle quali sono già in corso.
L’integrazione delle associazioni professionali a carattere sindacale rappresenta un passo importante verso uno strumento militare più moderno e inclusivo, capace di rispondere alle esigenze e ai diritti dei suoi membri, nonostante la complessità di un quadro giuridico in via di rapida definizione.
Inoltre, la visione di un esercito europeo, sebbene ancora in fase embrionale, inizia a prendere lentamente forma, riflettendo il desiderio di una difesa comune più coesa e razionale all’interno dell’Unione europea, in termini sia economici e industriali che valoriali e politici.
La concreta solidarietà all’Ucraina, devastata da un conflitto che ha sconvolto la comunità internazionale, rappresenta un ulteriore esempio dell’impegno italiano per la difesa della democrazia e della libertà oltre i confini nazionali.
Le Forze Armate italiane, con il loro contributo, ribadiscono il loro ruolo cruciale nella promozione della pace e della sicurezza globale.
L’Italia è da sempre impegnata affinché tutti gli attori internazionali rispettino il diritto internazionale umanitario, che mai può cedere il passo al pur sacrosanto diritto all’autodifesa. Questa ferma posizione, oggi più che mai, sottolinea l’importanza della giustizia e della legalità anche nei contesti più difficili, promuovendo un ordine internazionale basato sulla cooperazione e il rispetto reciproco.
I critici che vedono in questa parata un atto muscolare di militarismo fine a sé stesso, o – peggio – un pericoloso e vago atto di fanatismo per capitoli ormai risalenti della nostra storia, dimostrano di non cogliere la profondità e il significato dell’evento.
E, come scritto in passato su queste pagine virtuali: chi non gradisce le uniformi, chi le teme, chi addirittura le attacca ha la coscienza sporca o, quanto meno, non è in pace con sé stesso.
Al contrario, chi vi partecipa o vi assiste con occhi attenti può percepire l’autentico spirito di servizio e la dedizione che anima la compagine militare.
Un servizio che non conosce confini, ma che si estende ovunque vi sia bisogno di proteggere e promuovere i valori democratici e costituzionali.
Il rumore delle critiche, spesso superficiali e infondate, non deve infatti distogliere l’attenzione dal vero scopo della parata: esaltare e onorare coloro che, con sacrificio e abnegazione, operano quotidianamente per il bene della Nazione.
Coloro che mettono a repentaglio la propria vita, spesso in modo drastico e fatale, per garantire la sicurezza di tutti, meritano rispetto e riconoscenza.
Non basterebbero svariati volumi per descrivere gli innumerevoli esempi di eroismo compiuti dai nostri soldati in Patria e all’estero.
Ne sono un esempio le rappresentanze degli atleti paralimpici e dei mutilati e invalidi della Difesa che hanno avuto un ruolo di primo piano nell’odierna celebrazione.
In maniera sicuramente elementare e tautologica, è noto come la nostra componente mililtare operi da sempre a favore dell’Italia e per l’Italia: possedere delle Forze Armate costituisce uno dei capisaldi di qualsiasi entità che voglia definirsi “statuale”, perché le Forze Armate rappresentano espressione della sovranità di qualunque Stato, che voglia definirsi tale e che abbia anche un territorio e un popolo.
Questo è pacifico.
Ma, al contrario e in maniera forse anche un po’ infantile, nel nostro caso specifico, occorrerebbe chiedersi se sia davvero possibile pensare all’Italia senza le sue Forze Armate.
La risposta è scontata, perché – che piaccia o no – la storia del nostro Paese è legata da sempre a doppio filo a quella delle sue Forze Armate e, proprio durante le vere difficoltà e le crisi profonde, gli Italiani hanno guardato non a caso alle Forze Armate per la propria salvezza e la propria sicurezza.
Che piaccia o no, le Forze Armate rappresentano la nostra identità. Fortunatamente. 
La parata militare che si svolge a Roma e le altre manifestazioni di analogo tenore che si tengono in altre città non sono soltanto un evento celebrativo, ma un importante simbolo di unità e di valori condivisi.
Grazie alla visione lungimirante dell’attuale leadership istituzionale, la celebrazione del 2 giugno si è confermata come un appuntamento fondamentale per la vita realmente democratica del nostro Paese.
Non è solo una festa della Difesa, ma una festa di tutti gli Italiani e come tale dovrebbe essere sentita e vissuta.
Un’occasione per tutti i cittadini per rinnovare l’impegno verso la Patria e per riscoprire il valore dell’appartenenza a una Nazione che, forte delle sue radici e dei suoi ideali, guarda con fiducia e speranza al futuro.
Avevamo scritto qui, su European Affairs Magazine, della necessità di ripensare e di esaltare lo strumento militare, specie dopo gli inenarrabili sacrifici profusi dai nostri soldati durante la pandemia.
Finalmente, sembra che quanto auspicato in termini di considerazione e tributo alle Forze Armate, quale simbolo di unità nazionale e punto di riferimento per tutti, si stia concretizzando.
Finalmente, perché non è stato sempre così.
Ancora una volta, grazie alle nostre Forze Armate… e viva l’Italia!

Italiani nel Mondo, a Roma la IV conferenza permanente del CGIE

EA Talks/SOCIETA' di

si svolgerà a Roma la IV conferenza Permanente del CGIE convocata dal  Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, . La conferenza si terrà a Roma, nella sala convegni Angelicum, dal 15 al 17 dicembre. Tre giorni di dibattiti, confronti, interventi che offriranno l’opportunità di svolgere una riflessione completa e aggiornata su attualità e prospettive delle collettività all’estero. L’occasione potrà contribuire anche all’elaborazione delle riforme che il nostro Paese ha già avviato e in particolare alla realizzazione del PNRR per integrare nel sistema paese la grande realtà e risorsa che l’Italia possiede oltre i confini nazionali.

Temi grande rilevanza  saranno discussi nei tavoli di lavoro nella tre giorni di dibattiti ai quali parteciperanno le più alte cariche dello stato a cominciare dal Presidente Mattarella che aprirà i lavori. Presenti alla conferenza i Ministri Gelmini, Carfagna, Garavaglia, Dadone, Orlando.

Si discuterà di ”Nuova Emigrazione italiana e mobilità”, ”Internazionalizzazione e Sistema Paese”, “Cultura e Lingua Italiana nel Mondo–Ripresa  e “Diritti e cittadinanza, rappresentanza degli italiani all’estero” temi di grande interesse per i circa 5.600.000 italiani residenti all’estero.

Ne parliamo con Mariano Gazzola, Vicesegretario CGIE , Giangi Cretti,  Consigliere CGIE  e Rodolfo Ricci , Vice Segretario Generale CGIE nelle nostre video Interviste.

 

 

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La visita di Mattarella in Qatar e in Israele

MEDIO ORIENTE/POLITICA di

La settimana appena trascorsa è stata per il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricca di appuntamenti istituzionali per lo più centrati sui nodi del Medio Oriente e della questione libica. 

 

IL SUMMIT IN QATAR
Il Capo di Stato dopo aver ricevuto nel 2018 al Quirinale il sovrano del Qatar, l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani, si è recato a Doha lunedì 20 gennaio per sostenere dei colloqui assieme a quest’ultimo. Nei due giorni di permanenza sono stati toccati numerosi temi, dai problemi che affliggono la comunità internazionale e la stabilità della regione fino alle fruttuose relazioni economiche tra i due paesi, che negli ultimi anni hanno registrato 2 miliardi di euro in interscambio, ovvero nell’insieme di importazioni ed esportazioni, di cui uno per le esportazioni italiane; a testimonianza del rapporto saldo in materia economica tra Italia e Qatar erano presenti al vertice gli amministratori delegati di numerose aziende italiane, tra cui Eni, Fincantieri, Leonardo e Cassa depositi e prestiti.

Il rapporto tra i due paesi non è solo di cooperazione economica, difatti sia l’Italia che il Qatar nella questione libica appoggiano il governo di Tripoli guidato da Fayez al-Sarraj, nell’ultimo periodo sotto l’attacco del Generale Haftar, comandante dell’Esercito Nazionale Libico, che sta conducendo una grave offensiva sulla capitale nonostante le richieste di tregua avanzate sia dalla Conferenza di Berlino che dalla Russia e la Turchia, principali alleati delle rispettive compagini libiche.
Il presidente Mattarella non ha nascosto all’emiro al-Thani la sua preoccupazione per questa grave escalation di violenze, soprattutto alla luce dell’invio da parte del presidente turco Erdogan di un contingente militare in supporto di Tripoli sulla base di un accordo trovato tra Anakara e il Governo di Accordo Nazionale libico lo scorso 27 novembre. Tra i paesi che hanno condannato quest’intromissione, che sembra aver colpito l’intera comunità internazionale, c’è l’Italia. Il Presidente Mattarella ha definito la situazione preoccupante ed ha auspicato una maggiore saggezza; la crisi libica deve essere risolta tramite la mediazione poiché un ulteriore conflitto sarebbe devastante per un paese che dal 2011 ha perso la propria stabilità; è per questo che l’Italia, ha continuato il Capo di Stato, appoggia l’azione multilaterale dell’ONU e del suo alto rappresentante Ghassan Salamé.
Da parte sua l’emiro qatariota al-Thani supporta il governo di al-Serraj ed è al contempo stretto alleato di Ankara, da quando nel 2017 Erdogan supportò il Qatar a fronte di un blocco commerciale che altri Stati vicini come l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, l’Egitto, lo Yemen e il Barhein gli imposero a seguito di accuse di finanziamento allo Stato Islamico; aiuto per cui la Turchia sta ora beneficiando di un piano d’investimenti pari a 15 bilioni di dollari da parte di Doha per contrastare la forte svalutazione della lira turca. L’incontro di Doha è stato quindi salutato con esito positivo,nonostante restino alcuni interrogativi circa il futuro della Libia; il multilateralismo e le richieste di tregua restano al contempo strumenti tanto solenni quanto poco efficaci, tant’è che il generale Haftar oltre a violare la tregua auspicata a Berlino sta limitando fortemente la produzione di greggio negli impianti sotto suo controllo, recando danni ingenti a compagnie come la NOC e l’Eni.

 

LA VISITA IN ISRAELE
Dopo gli incontri tenuti in Qatar per il Presidente Mattarella è stata la volta di Gerusalemme, invitato lì il 24 gennaio assieme agli altri capi di stato dal Presidente israeliano Reuven Rivlin per commemorare il 75imo anniversario della liberazione di Auschwitz-Birkenau al memoriale della Shoah Yad Vashem. Il Presidente Rivlin per l’occasione si è voluto congratulare con l’Italia per il suo impegno in prima fila nella lotta contro l’antisemitismo, testimoniato anche dalla nomina di Liliana Segre a senatrice a vita nel 2018, a 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziali. L’evento di commemorazione si è svolto linearmente; hanno preso parola molti capi di stato tra cui il Presidente russo Vladimir Putin, che anche se con un leggero ritardo ha voluto ringraziare Israele per conservare tutt’oggi la memoria dei tragici eventi legati al nazismo, eventi che uniscono il popolo russo a quello ebraico, e Mike Pence, vice-presidente statunitense, il quale ha rivolto l’attenzione dei partecipanti verso gli attuali nemici del popolo ebraico, prima fra tutti Teheran.
IL VICE USA AL QUIRINALE

All’indomani della commemorazione che si è svolta a Gerusalemme il Presidente Mattarella ha accolto venerdì 24 gennaio, presso il Quirinale, proprio il vice-presidente USA Mike Pence. Le buone relazioni che intercorrono fra Stati Uniti e Italia sono dato certo; le situazioni di crisi nella politica internazionale non ne hanno scalfito l’intesa sebbene l’Italia, come confermato dalle parole dello stesso Presidente, sia preoccupata dal graduale disimpegno americano in Siria e in Libia, oltre che dall’applicazione di dazi nei confronti del nostro paese.

A tal proposito Mattarella ha esortato gli Stati Uniti ad applicare il proprio peso poltico specialmente in Libia, dove l’Italia conserva numerosi interessi, al fine di dare efficacia alla tregua chiesta dalla Conferenza di Berlino. Sulla questione dazi il Presidente ha richiamato il concetto di alleanza come “comunità di valori”, la stessa che lega i due paesi nell’alleanza trans-atlantica, e che rischia però di essere indebolita dall’intromissione di strumenti commerciali nocivi come i dazi commerciali. Dopo il colloquio avuto al Quirinale il vice USA Mike Pence si è diretto a Palazzo Chigi dal premier Conte ma, prima di lasciare il Colle, questo si è voluto complimentare con il Presidente Mattarella per la sua forte leadership.

Srebrenica: un massacro che compie vent’anni

EUROPA/POLITICA/Varie di

I Balcani sono più di un’espressione geografica, molto di più. Lingue, religioni, simpatie, tradimenti, massacri, contaminazioni e scambi culturali; gli autoctoni e gli arrivati da lontano; il latino, il cirillico e l’ellenico.Un ventennio, al giudizio di popolazioni che si rinfacciano ancora oggi l’epoca bizantina e i 500 anni di dominazione ottomana, quanta peso storico porta? Un peso inquietante, un macigno se si chiama Srebrenica.

Il premier serbo Vucic è stato contestato con rabbia determinata, lancio di pietre e altri oggetti alla celebrazione dei vent’anni dal massacro. A poco servono le annotazioni bosniache su”disturbatori venuti da fuori”. A che servono, se non a mettere una pezza a un sentore incontrollabile, all’odio che trova a tutt’oggi terreno fertile nell’oblio, nell’impunità, nella latitanza pluriennale dei responsabili, dell’una e dell’altra parte, di quei giorni feroci?

“Sono passati 20 anni dal terribile crimine commesso e non ci sono parole per esprimere rimorso e dolore per le vittime, così come rabbia e rancore verso coloro che hanno commesso questo crimine mostruoso. La Serbia condanna in modo chiaro e senza ambiguità questo crimine orribile” ha scritto Vucic in una nota “ed è disgustata da quanti vi hanno preso parte e continuerà a portarli davanti alla giustizia. La mia mano resta tesa verso la riconciliazione”.

Apprezzabile la partecipazione conciliatoria e l’esperienza diplomatica a 360° del premier serbo da quando è stato eletto, ma manca la definizione di “genocidio” ne dizionario politico serbo di quanto accadde nella guerra di Bosnia. Lo dice Obama, lo dice anche il Presidente Mattarella : “fu genocidio”, dichiarano.

“ Per genocidio s’intendono gli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”, secondo la definizione adottata dall’ONU.

Allora, mettiamo insieme quello che di significativo abbiamo per accettare o meno una definizione che poco cambia nel bilancio della storia, ma tanto disturba nella presa delle responsabilità: “Uccidere 50mila musulmani in più non porterebbe a niente. Recupereremo in seguito. La nostra vera priorità è sbarazzarci della popolazione musulmana”, scriveva Ratko Mladic, il boia di Srebrenica nei suoi diari segreti. “I musulmani sono il nemico comune nostro e dei croati, dobbiamo cacciarli in un angolo dal quale non possano più muoversi”.

Le 3500 pagine raccolte in 18 quaderni sono la prova più schiacciante degli intenti sciovinisti di quella elite militare e paramilitare serba che pretese di fornire una sorta di “soluzione finale” adoperandosi in una pulizia etnica bella e buona nel triennio 1992-1995.

Nella cittadina bosniaca di Srebrenica, oltre 8 mila uomini , bambini, giovani e anziani musulmani , venivano uccisi a colpi di mitraglia e poi nascosti in fosse comuni scavate dalle milizie serbo-bosniache del generale Ratko Mladić quel 11 luglio 1995. Un massacro passato alla storia come la più grave carneficina in Europa dai tempi della Seconda Guerra mondiale.Secondo i dati ufficiali, i morti fuorono 8372, secondo altre fonti si tratterebbe di circa 10mila persone.

Cosa significa un ventennio dal massacro di Srebrenica? Significa l’identificazione in corso di morti ancora senza nome.

Sabiena Stefanaj
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