Le riforme, il decisionismo e Mazzini

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L’articolo odierno vuole affrontare il tema mai risolto delle riforme del sistema istituzionale del nostro paese; riforme fondamentali per sbloccare e dare sviluppo alla vita politica, civile ed economica del nostro paese, che è in crisi oramai da più di un trentennio.

Ma qual è il legame fra le riforme del sistema e il cambiamento della nostra complessiva società politica, civile ed economica?

Ebbene come noto i malfunzionamenti del nostro sistema politico e istituzionale in realtà perdurano sin dalla nascita della repubblica, già dalla promulgazione della nostra costituzione.

La nostra costituzione infatti fu elaborata dai padri costituenti, sotto il condizionamento del contesto storico dall’uscita del nostro paese dal ventennio del regime fascista e dal timore di un ritorno della dittatura o cmq di un regime autoritario.

Questo spinse i padri costituenti a disegnare un’architettura istituzionale della nostra repubblica, dove il potere esecutivo e decisionale era (ed è) molto debole e inefficace, non solo a livello dell’esecutivo e del presidente del consiglio, ma anche a tutti livelli politici: dagli enti locali territoriali alla Pubblica Amministrazione.

Tutto quanto sopra ovviamente fermo restando la straordinarietà visionaria de principi che i padri costituenti vollero introdurre nella prima parte della costituzione (pensata ad esempio all’articolo 1: l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro che fu una geniale intuizione di quel grande politico e intellettuale che fu Fanfani) e che sono sacri e inviolabili e che rappresentano la base dei valori condivisi della nostra nazione e popolo.

Principi della nostra costituzione che affondano le loro radici nel pensiero del vero profeta della nostra patria ovvero Giuseppe Mazzini, basti pensare alla sua idea di democratizzazione e socializzazione che teorizzò, non solo per le nostre istituzioni ma anche e soprattutto per la società civile ed economica del nostro paese.

Pensate ad esempio al valore che Mazzini assegnava alle forme di lavoro cooperativo o alle centralità della formazione ma in chiave popolare e non elitaria, ma sono solo esempi e non è questa la pagina per approfondire il pensiero Mazziniano (vedi pensiero e azione).

Principio di democratizzazione del nostro paese che trovò per la prima volta applicazione nella costituzione della repubblica romana (oltre un esempio di buon governo) e che è alla base e ha ispirato i nostri padri costituenti, nella stesura appunto della prima parte della nostra costituzione con i suoi bellissimi principi che sono sacri e inviolabili.

E forse il poeta creatore del canto degli italiani Goffredo Mameli (grande genovese come Mazzini) morendo a ventitre anni per la difesa proprio della repubblica romana, sapeva in cuor suo di dare la vita, per porre il seme per la nascita della futura democratica repubblica italiana.

Principio di democratizzazione della nostra costituzione da cui appunto il già ricordato “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”, ma anche la funzione sociale che la repubblica assegna alla proprietà (articolo 42), così come il valore in essa riservato alla forma cooperativa di lavoro (art. 45 della costituzione) ma anche il principio che la repubblica premia i capaci e i meritevoli (art. 34 della costituzione) ovvero la scuola deve funzionare come ascensore sociale e essere accessibile da tutti i ragazzi (ma non è questa la pagina e cmq vedi la scuola media gratuita voluta fortemente da Nenni).

Ma lo straordinario è che anche la costituzione della repubblica sociale ponendo anch’essa la funzione sociale della proprietà e l’obiettivo della socializzazione delle attività produttivo, ha come obiettivo proprio la democratizzazione del nostro paese così come la nostra costituzione repubblicana.

Potenza certamente del pensiero Mazziniano (del resto anche esaltato dal fascismo almeno quello repubblicano) che fu così pervasivo e profetico da influenzare virtuosamente sia il fascismo che l’antifascismo.

Pensiero Mazziniano di democratizzazione del nostro paese che volle contrapporsi e fu in polemica feroce per tutto l’ottocento, con la visione di lotta di classe dei lavoratori di Bakunin e Marx.

Ma ancora principi fondamentali della nostra costituzione di democratizzazione del nostro paese che i padri costituenti vollero porre come programma di attuazione da realizzare (la famosa costituzione sostanziale) da parte del futuro legislatore.

Ma malgrado la sacralità dei principi fondamentali della nostra costituzione, resta il fatto che i nostri padri costituenti disegnarono un sistema esecutivo della nostra repubblica con insufficienti poteri decisionali e quindi incapace di dare attuazione e applicazione in modo efficace e virtuoso alle leggi approvate dal parlamento e dal potere legislativo.

E proprio questi insufficienti strumenti e poteri decisionale del nostro esecutivo è il principale ostacolo alla capacità del nostro governo di realizzare nel concreto e nella società politica, sociale, civile ed economica, proprio quella costituzione materiale e la conseguente democratizzazione del nostro paese che i padri costituenti vollero porre come obiettivo per il futuro legislatore (Mazzini docet).

Quanto sopra fu prontamente rilevato con lucidità da Pietro Nenni, allorchè già negli anni 60, con l’avvento del centro sinistra divenendo vice presidente del consiglio esclamò la famosa battuta e frase storica: ” Sono arrivato nella stanza dei bottoni ma non ho trovato i bottoni”.

Inoltre come sempre lucidamente analizzato da Claudio Martelli in una sua recente intervista, la nostra costituzione dedica poco spazio a delineare le modalità di gestione della vita democratica dei partiti e sindacati e alla lor regolamentazione, come ad esempio ma non solo sulle loro modalità di finanziamento (aspetto che ha avuto come detto già in precedenti articoli impatti importanti sul fenomeno della corruzione).

Partiti e sindacati che pur la nostra costituzione pone come attori sociali e politici fondamentali e al centro della vita democratica del nostro paese, ma che a causa della loro degenerazione e corruzione (per effetto anche ma non solo come detto della loro mancata corretta ed efficace regolamentazione) hanno perso credibilità presso i cittadini, generando quel fenomeno pericoloso e demagogico che è l’antipolitica (il famoso tutti ladri o vaffa day se volete).

Inoltre anche il funzionamento del potere legislativo è stato disegnato dai nostri costituenti con poteri insufficiente e in modo non ottimale (per le medesime ragioni di timore dell’avvento di un regime o involuzione autoritaria) e da sempre il grado di efficienza e produttività in termini di leggi e soprattutto buone leggi promulgate, dal nostro parlamento è molto bassa.

Pensate ad esempio come già rilevavano i socialisti negli anni 80, che il parlamento è chiamato a legiferare spesso anche su argomenti di secondario valore, che potrebbero essere lasciati a una normazione secondaria e non ingolfare così gli ordini del giorno della camera come del senato.

Infine le leggi della nostra repubblica devono essere approvate, con un doppio esame e voto, con gli stessi contenuti e poteri, sia da parte della camera che senato, caso quasi unico nel panorama delle democrazie occidentali; fatto che rallenta notevolmente, se non ostacola la produttività della macchina legislativa.

E ancora sono più di 40 anni che si parla di riformare i regolamenti parlamentari vetusti e burocratici, per rendere più efficace l’azione legislativa del parlamento (pensate al fenomeno dell’ostruzionismo oppure all’abuso del voto segreto o alla gestione spesso irresponsabile degli emendamenti o al fenomeno trasformistico dei cambi di casacca dei parlamentari); riforma dei regolamenti ovviamente sempre tutelando i diritti di controllo dell’opposizione.

Malfunzionamento del nostro sistema che si rilevano anche nel sistema di autogoverno della magistratura, che ha favorito la sua politicizzazione e corporativismo e un sistema delle carriere basato sull’anzianità e l’appartenenza a correnti politiche a svantaggio della valutazione del merito dei pur di valore giudici.

E pensate ancora ai sistemi di governo degli enti locali che pur in presenza di una riforma, che ha portato una parziale devolution di competenze legislative dal governo centrale verso le regioni, non ha saputo creare nel contempo meccanismi virtuosi di controllo e programmazione della spesa di questi enti; tant’è vero che la crescita del debito pubblico nazionale da oramai più di 20 anni è dovuto principalmente all’esplodere senza controllo della spese della sanità gestite proprio dalle regioni.

Capitolo a parte va dedicato alla nostra Pubblica Amministrazione dove non solo il merito non è mai stato premiato, con conseguenza di tassi di produttività da paesi del terzo mondo, ma dove anche le direzioni generali dei ministeri sono spesso fuori dal controllo politico e rappresentano quasi dei poteri autoreferenziati.

Ne fa testo che ne i governi del centro destra che del centro sinistra, per via appunto della corporativa (uso un eufemismo) burocrazia della nostra P.A. e del suo ostruzionismo, sono riusciti a fare i famosi tagli verticali e chirurgici della spesa inefficiente, ma solo dei tagli lineari e generali alla spesa pubblica, in questo modo sottraendo anche risorse a servizi necessari e fondamentali per la nostra collettività

Degenerazione e malfunzionamento che avuto come effetto finale il crescere e svilupparsi di una partitocrazia, clientelismo e corruzione sempre più pervasivi non solo nella politica ma anche nella società civile ed economica, che i partiti hanno occupato quasi militarmente.

Ma come osservato giustamente Craxi nel dibattimento del processo Enimont tale contesto di malfunzionamento del nostro sistema deve essere fatto risalire sin agli albori della nascita della repubblica e per le ragione che abbiamo brevemente delineato all’inizio di questo articolo.

Insomma il nostro sistema politico è incapace di decidere e di decidere soprattutto bene e si è progressivamente per questo corrotto e degenerato (il problema del famoso insufficiente decisionismo del nostro sistema di cui parlavano già Craxi e i socialisti negli anni 80) e in più il sistema dei partiti e dei sindacati è ancora in attesa di una riforma seria che ne regolamenti la vita democratica in modo etico ma anche efficace.

In tutto questo contesto di degenerazione del sistema, la corruzione in rapporto al PIL è triplicata rispetto al 1992 anno di avvio di Mani Pulite (stagione che in realtà non è mai chiusa in questi trenta anni), come a dimostrare che il problema della corruzione, come dell’inefficienza dell’azione governativa non si risolve con un’azione giudiziaria e di polizia, ma cercando una soluzione politica, storica e riformando il sistema in modo etico ed efficace.  

Del resto la mancanza di una forte azione ed efficace azione di governo e legislativa e di politiche coerenti ed efficaci (pensate all’importanza della politica industriale ma non solo), hanno fatto si che il nostro paese proprio negli ultimi trenta anni si è avviato verso un declino evidente e inesorabile della propria economia, ma anche del proprio ruolo storico e politico nel contesto dei paesi occidentali.

Declino di cui sopra ancora più evidente nella seconda se non nella terza repubblica che ai tempi della crisi della prima repubblica.

Ma dobbiamo in conclusione rilevare che sul tema delle necessarie riforme del sistema la politica e i politici sia della prima repubblica che della seconda, sono colpevoli storicamente (e sottolineo storicamente e non sul piano giudiziario) di non aver saputo trovare un accordo per la riforma della nostra costituzione e sistema.

Accordo che seppero invece trovare i padri costituenti nella stesura della nostra costituzione e soprattutto dei suoi sacri e inviolabili principi fondamentali; accordo che i costituzionalisti definiscono un compromesso alto.

Del resto l’Italia e il carattere degli italiani è da sempre quello delineato da Macchiavelli ovvero inseguire il proprio particolare e in questo la nostra classe politica non ha saputo, arroccandosi sulle proprie rendite di posizioni e privilegi, trovare appunto il famoso compromesso altro dei nostri padri costituenti, per le fondamentali riforme del nostro sistema.

E l’unica riforma che è stata partorita dal nostro parlamento è stata quella demagogica, inutile e spinta dal clima di antipolitica nel nostro paese, generato anche dai nostri media, del taglio dei parlamentari (ma non è questa la pagina per approfondire il tema).

Ipotesi di lavoro per la riforma del sistema in chiave di un suo maggiore decisionismo?? Il semi presidenzialismo? Il sindaco d’italia (visto che la riforma dell’elezione dei sindaci di più di trenta anni fa è l’unica riforma che ha veramente funzionato nel nostro paese)??

Il tema è complesso, politico e storico e non è compito di questo articolo svilupparlo; ma mi piace sottolineare che si parla di riforme nel nostro paese da quasi quaranta anni e che la nostra classe politica non ha avuto la forza etica e morale di trovare il famoso compromesso alto, per riformare in modo efficace il nostro sistema.

E forse quanto sopra è il tema del famoso processo storico (e non giudiziario sottolineo) alla classe politica della prima repubblica ma anche della seconda repubblica di cui spesso abbiamo parlato nei nostri articoli.

Ma ora siamo entrati nella terza repubblica con nuovi leader politici (Meloni, Salvini, Letta, Conte, Speranza, Calenda etc) e tutti noi italiani auspichiamo che questi nuovi politici, sappiano, seguendo l’esempio dei padri costituenti trovare il famoso compromesso alto per riformare efficacemente ed eticamente, il nostro sistema istituzionale politico ma anche economico, civile e sociale.

Nella speranza che ancora una volta il grande segretario fiorentino non abbia ragione nell’affermare nel suo “Principe” che gli italiani sono un popolo che non sanno fare gli interessi della propria nazione, perché sempre presi a seguire il proprio particulare.

Guido Massimiano

 

 

 

Bookreporter Settembre

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