Geopolitica e geoeconomia. Opportunità globali post-covid

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L’emergenza Covid non è certo ancora terminata e non è dato sapere quali potranno essere gli sviluppi futuri anche solo nel breve periodo: la campagna di vaccinazione è solo all’inizio e i toni sono decisamente più ottimistici rispetto a solo alcuni mesi orsono; se quindi a livello sanitario sembra si intraveda l’uscita dal tunnel altre considerazioni possono essere fatte a livello politico globale.

Seppur in maniera diversa sembra infatti si stiano ripresentando, con i dovuti distinguo e in un nuovo contesto, condizioni perlomeno analoghe a quelle dei primi anni novanta quando, con la il dissolvimento dell’URSS e la caduta del muro di Berlino, si presentò un’opportunità purtroppo perduta di ridisegnare i teatri di cooperazione politica ed economica in maniera da far fronte al prossimo nuovo millennio ed evitare le crisi ed i rigurgiti che si sono invece registrati e di cui si sente il peso a livello politico ed economico.

La fine della guerra fredda e il venir dell’Unione Sovietica come potenza mondiale, erano condizioni ideali per l’Unione Europea, allora ancora CEE, per unificare i suoi membri sotto un’unica bandiera che la trasformasse finalmente in quegli Stati Uniti d’Europa che già nel 1849, Victor Hugo descriveva come una fratellanza che avrebbe fronteggiato sul mare gli Stati Uniti d’America. Una visione decisamente aderente all’idea e allo spirito del Manifesto di Ventotene. 

Nei primi anni 90, con gli Stati Uniti unica potenza mondiale e la Russia alla ricerca di consenso internazionale, così come la Cina che doveva riscattare la vergogna di Tienanmen, l’Europa aveva la possibilità di assumere un ruolo guida nel contesto geopolitico ma, principalmente, in quello geoconomico che poteva crearsi ponendo al centro del sistema il mercato, gli scambi e la cooperazione in una prospettiva che potremmo definire illuminista, magari riprendendo le parole di Montesquieu quando con non poco acume poneva in evidenza che “dove c’è commercio ci sono buone maniere e principi morali.”. 

Era l’occasione per poter superare il concetto di stato-nazione e aprirsi ad una prospettiva realmente globale che permettesse anche di affrontare la nuova civiltà tecnologica digitale che stava iniziando ad entrare nel nostro quotidiano.

Più circostanze impedirono questo passo avanti decisivo: sicuramente la mancata intesa su una costituzione europea è stato un fattore determinante così come la presa di potere in Russia da parte di Putin che ha dato alla nazione una sterzata in direzione quasi più zarista che nazionalista. Altri fattori sono stati la prepotente ascesa economica della Cina e l’undici settembre che ha aperto scenari drammatici e fatto cadere un velo di paura sul mondo che ancora non riesce a svanire.

Oggi si presenta però di nuovo la possibilità di guardare il futuro con occhi nuovi sulla base delle esperienze e degli innegabili fallimenti del passato. Il Covid ha dimostra una volta di più, se mai ve ne fosse stato bisogno, che le emergenze globali vanno affrontata con strategie globali ed in maniera coordinata e condivisa, non certo lasciate in balia di realtà locali nelle quali prevalgono interessi particolari o, peggio ancora, ideologie scollegate dalla realtà e dall’evidenza scientifica.

In questo contesto un ruolo fondamentale è quello della nuova presidenza americana che, con le sue anticipazioni di voler rientrare nell’accordo sui cambiamenti climatici, potrebbe dare un nuovo impulso alle scelte ecologiche globali e porsi come paese leader anche nel campo ambientale e non rivestire solo quel ruolo di “Reluctant Sheriff” che ha visto gli Stati Uniti intervenire come guardiano di pace e sicurezza in molti contesti. Dovrà essere peraltro chiarita la posizione americana nei confronti della Cina e viene da sperare che, in questo, Biden continui le politiche di Trump  per cercare di arginare le pretese egemoniche di Pechino che vanno ben oltre quelle economiche. In tal senso anche il Giappone e l’India avranno un ruolo fondamentale come contraltari alla potenza cinese anche a livello politico in Asia.

Siamo in sintesi in una situazione in cui la politica mondiale ha la possibilità di ridisegnarsi e non commettere errori del passato, in primis non farsi influenzare da localismi ormai anacronistici e obsoleti, se non persino pericolosi, in un mondo sempre più globale e connesso, ma anche da movimenti demagogici di piazza che possono solo generare danni incalcolabili laddove addirittura irreparabili.

Gianni Dell’Aiuto

Bookreporter Settembre

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