Unione Europea: bloccati i fondi a Polonia e Ungheria.

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Da Bruxelles arriva la notizia che l’Unione Europea avrebbe bloccato i soldi del Recovery Fund, come anche quelli di altri finanziamenti, ai danni di Polonia e Ungheria. I due Paesi, secondo la Corte di Giustizia Europea, sarebbero rei di non aver rispettato le condizioni poste dal cosiddetto “Stato di Diritto”. La normativa dell’Unione prevede infatti che qualora un Paese non persegua al suo interno una politica democratica, può essere punito con sanzioni che prevedono tagli ai finanziamenti in suo favore.

Negli ultimi giorni lo scontro tra l’Europa e i due Stati si è alzato di livello finendo addirittura in sede legale dove però, i magistrati di Lussemburgo hanno dato ragione alla Commissione e al Parlamento Europeo.

Polonia e Ungheria sono finiti sotto la lente d’ingrandimento europea in quanto avrebbero perseguito politiche volte a mettere in discussione l’indipendenza della magistratura e preso provvedimenti contro le comunità Ltgbq.

I due Stati, a guida sovranista, hanno fatto ricorso alla decisione della Corte appellandosi all’indeterminatezza del concetto di Stato di Diritto”. Il reclamo, tuttavia, non è stato accolto dai magistrati di Lussemburgo, anche se la Presidente Ursula Von Der Leyen ha dichiarato che la Commissione presto provvederà a rendere più chiari i principi, i termini e le applicazioni del concetto di “Stato di Diritto”.

In Ungheria il Presidente Orban ne ha approfittato per rendere questa contrapposizione con Bruxelles un’arma da usare in vista della prossima campagna elettorale, definendo politica la sentenza della Corte.

<< E’ una sentenza politica, il cosiddetto meccanismo condizionale prevede che siano trattenuti finanziamenti se un Paese membro non rispetta i valori base del blocco, o perlomeno così dicono. Di fatto la sentenza di oggi è un attacco contro la legge per la protezione dei minori ungherese che ha come obiettivo quello di lasciare le attività Ltgbtq fuori dalle scuole>>, tuona il portavoce di Orban.

Non da meno i toni utilizzati in Polonia dal viceministro della Sebastian Kaleta, il quale ha invocato l’unità nazionale in difesa del diritto di autodeterminazione nazionale, messo a repentaglio da Bruxelles

Non si è fatta attendere la reazione della Commissione Europea che ha annunciato che continuerà a difendere con fermezza e decisione quei principi che fanno dell’Europa il più grande baluardo democratico del mondo. Per il Parlamento europeo, infatti, il rispetto del principio dello Stato di Diritto è un qualcosa di non negoziabile e non è un caso che la “maggioranza Ursula” si sia fortemente compattata su questo tema. Da vedere che posizione prenderanno le forze politiche che fanno parte del gruppo conservatore. Quel che è certo è che il tema del rispetto dei principi dello Stato di Diritto ha aperto uno scontro con Polonia e Ungheria di cui si sentirà parlare ancora a lungo.

 

Bookreporter Settembre

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