In quell’angolo del continente africano dal 1960 non c’è stata pace duratura, gli scontri etnici hanno lasciato ferite insanabili nella società e nello spirito della popolazione.
Padre Aurelio gestisce la missione cattolica di Bozoum dal 1992 e ha visto crescere al comunità cristiana giorno dopo giorno tra le mille avversità della guerriglia.
Sono riuscito a mettermi in contatto con lui non appena rientrato alla missione dal suo ultimo viaggio in Europa.
Padre Aurelio, da quanto tempo si dedica alla missione di BOZOUM?
Bozoum è il primo amore… Sono arrivato qui la prima volta nel 1982, subito dopo la maturità. Ero già frate, ed ho vissuto qui un anno molto intenso (niente telefono, niente radio…) ed è lì che mi sono innamorato dell’Africa e del centrafrica in particolare.
Sono tornato in Centrafrica dopo aver finito gli studi, nel 1992. E da allora sono qui: prima a Bouar, e dal 2003 (appena dopo l’ennesima guerra) qui a Bozoum, piccola città a circa 400 km a Nord di Bangui, la capitale.
Nel 2003 si trattava di ricostruire la Missione e la città, dopo i saccheggi causati dalle milizie ciadiane di Bozize e poi da quelle congolesi di Pierre Bemba. Ricostruzione di strutture, riapertura delle scuole e, soprattutto e più importante, ricostruzione della voglia di vivere e ricominciare.
In questi anni siamo sempre vissuti in situazioni piuttosto difficili: tra il 2003 e il 2008 c’erano bande di banditi, e poi bande di ribelli. E nel 2012 l’inizio della guerra scatenata dai ribelli (in parte ciadiani e sudanesi) della Seleka. E a fine 2013 la reazione degli antibalaka.
Tra queste difficoltà, c’è sempre stata la volontà di aiutare la gente a non aver paura, a credere nella propria dignità (più forte e più potente delle armi) e a cercare sempre di dialogare perchè ci fosse una consapevolezza delle proprie responsabilità, e un’apertura verso una risoluzione pacifica dei conflitti.
Proprio in questi giorni, il 13 gennaio, abbiamo ricordato l’anniversario della partenza della Seleka da Bozoum: una delle prime città ad essere liberate, e questo proprio grazie al dialogo (anche se non sono mancati momenti di paura…).
Quali sono le attività più importanti che riuscite a realizzare alla missione?
La prima è la Parrocchia: Bozoum è una missione nata nel 1927, una delle prime fuori da Bangui. C’è una comunità cristiana molto giovane. Ogni anno ci sono circa un centinaio di battesimi di giovani e adulti. Ci sono poi 35 villaggi che seguiamo regolarmente.
Le attività portate avanti dalla missione comprendono la scolarizzazione con una struttura che ospita i bambini dall’asilo al liceo, sono circa 1.200 gli alunni dei vari gradi che frequentano le aule della missione.
Oltre agli studi la missione pensa anche al sostegno agli orfani che si può ben immaginare molti vista l’impossibilità di una pacificazione del paese che ancora oggi subisce attacchi e violenze dalle varie fazioni.
Nell’ambito dell’agricoltura – continua Padre Aurelio – seguiamo circa 400 cooperative agricole, per oltre 20 mila membri, con formazioni tecniche sulle coltivazioni ma anche sulla gestione economica del lavoro agricolo. Ogni anno organizziamo una Fiera Agricola (quest’anno sarà il 31 gennaio e il 1° febbraio 2015), che ha come obiettivi l’esposizione dei prodotti e la vendita (nel 2013, il giro d’affari era stato di quasi 90 mila euro, in un paese con un reddito annuo di circa 400 dollari pro capite…).
Molto importante anche l’attenzione che Padre Aurelio con la missione ha verso temi legati alla Giustizia e la pace un tema molto interessante e concreto. Si passa dalla lotta contro la corruzione, la stregoneria, il malgoverno – ci racconta il missionario – per poi volare alto con il lavoro di mediazione e di dialogo con ribelli di vari colori, e le comunità musulmana e cristiana…
Un tema molto interessante che viene sviluppato attraverso l’opera missionaria è la Microfinanza, ovvero la cessione di prestiti di piccoli importi che servono a chi non ha garanzie a poter avviare una attività. Da qualche anno – racconta Padre Aurelio – abbiamo aperto una Cassa di risparmio, che attualmente ha 4 sportelli, che serve a mettere in sicurezza il risparmio, e ad erogare piccoli crediti
Sono tante le difficoltà che si incontrano in questi territori come lo stesso missionario testimonia “Si passa dalla temperatura (adesso, stagione secca, si varia tra i 10° di notte, e i 38 di giorno), alle piogge (per 8 mesi circa), alla mancanza di una rete elettrica (ogni sera accendiamo un gruppo elettrogeno per circa 3 ore…), alla salute (malaria spesso, e più volte a rischio vita… e nessun ospedale degno di questo nome a meno di 90 km)…Difficoltà anche dalla situazione fragile del paese: non saprei dire, in 23 anni, quanti colpi di stato e quante guerre ci sono state..”
A queste difficolta ambientali si sommano quelle della violenza e della guerriglia ,anche se tutti cercano di trovare e spingere le parti ad una tregua .
A Bozoum a situazione è abbastanza tranquilla, grazie al lavoro di mediazione compiuto da dicembre 2013. I fatti di violenza sono diminuiti, le scuole sono aperte, e si cerca di ridare speranza a chi ha perso tutto – racconta Padre Aurelio – Siamo riusciti a riaprire tutte le scuole. A Bozoum, caso unico, le scuole hanno funzionato sia nel 2013-14 che in quest’anno, aprendo a settembre (mentre nel resto del paese hanno iniziato i corsi alla fine di novembre, e neanche dappertutto): 70 scuole aperte, e oltre 15 mila bambini a scuola nelle elementari. Ma parte del paese è sotto dominio della Seleka, e comunque l’amministrazione è ancora assente.
Ci sono pericoli per la comunità cristiana?
La comunità cristiana in un primo tempo, con l’arrivo della Seleka nel marzo 2013, si è ritrovata spesso vittima di saccheggi, violenze, torture. Poi, con l’arrivo degli antibalaka e la reazione contro la Seleka, purtroppo molti musulmani sono stati minacciati ed hanno preferito scappare verso il Ciad e verso il Cameroun. Adesso si assiste a un timido rientro. Proprio oggi ho iscritto un bambino musulmano nella nostra scuola, rientrato dal Ciad.
Di cosa siete maggiormente preoccupati?
Siamo un po’ preoccupati, perchè la Nigeria è vicina, e anche Boko Haram. E temiamo che qualcuno approfitti della voglia di vendicarsi di alcuni musulmani per creare problemi.
Ma ci sono anche aspetti positivi: a novembre ho chiesto ai cristiani di fare una raccolta di cibo e di soldi in favore dei 200 musulmani rimasti a Bozoum (per la maggior parte donne e bambini). E la risposta è stata impressionante: molto cibo, e anche molti soldi (più del triplo di quello che normalmente raccogliamo). Sono stato commosso da questo: pochi mesi fa molti hanno perso beni e anche familiari a causa dei musulmani, ed ora sono stati capaci (e anche contenti) di fare un gesto così generoso…
La missione EURFOR è di aiuto in questo contesto?
EUFOR si limita alla capitale, ed abbiamo contatti, ma non ho molte ripercussioni. Il contingente italiano si sta facendo onore con alcuni lavori di ingegneria (ponti ecc).
Sarà utile la presenza dell’ONU?
Per ora abbiamo visto un dispiegamento massiccio di mezzi, ma non si vedono grandi risultati. Basta dire che l’unica strada che collega la capitale al Cameroun (e quindi al porto…) fino a qualche settimana fa era infestata da una decina di barriere degli antibalaka, che fermano le macchine e rapinano i viaggiatori, ONG comprese.
Inoltre parte di caschi blu provengono dal Bangladesh e altri paesi anglofoni… e non è facile intervenire e lavorare con grosse differenze di comprensione.
Speriamo che possano accompagnare il Paese, con misure forti che cambino in profondita il modo di governare e l’amministrazione. Per ora non si vede molto lavoro in questo senso…
Quali sono le necessità più impellenti per la vostra missione?
Sono molte!. Salute, orfani, agricultura, microcredito, case… Ma sono più preoccupato per altre necessità, più urgenti: una crisi come questa non nasce dal nulla, ma è il frutto di decenni di errori. Cito un solo esempio: il Governo Centrafricano, dal 1960, non ha mai costruito una scuola con i suoi soldi…
Sono convinto che se non facciamo un lavoro grosso di riflessione, che aiuti la gente a conoscere e cambiare, non ci sarà nessun cambiamento serio, e fra qualche anno saremo di nuovo in guerra…
Alessandro Conte