GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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PMI DAY: l’iniziativa che promuove le aziende ed il made in Italy

INNOVAZIONE di

L’iniziativa del PMI DAY giunge alla sua ottava edizione, sostenuta e affiancata da “Industriamoci”.

Il Progetto ha visto coinvolti quest’anno a Bergamo, più di 1000 aziende, 79 istituti ed una visita di circa 41000 tra adulti e ragazzi.

Si è rivelato ,sin dal 2010, uno dei più significativi eventi proposti dal Comitato Piccola Industria: il grande successo è dovuto all’idea di mettere in mostra le piccole e medie imprese, orgoglio del “made in Italy”, con lo scopo di dar voce a quest’ ultime per metter in gioco la loro passione e talento da trasmettere agli spettatori .

Il PMI DAY è divenuto in questi anni, grazie al suo successo, sinonimo di fermezza e capacità del “fare impresa”.

Sintomatico, di questo grande consenso è, senza dubbio, l’idea di voler trasmettere, da parte delle aziende coinvolte, l’amore per il proprio lavoro e di far toccare con mano concreta i macchinari, cuori pulsanti delle imprese, oltre che la relativa spiegazione di ogni singolo passaggio del processo produttivo. Insegnamento che va ben aldilà dell’astrazione dei libri e che si rivela utile per i ragazzi che un giorno vorranno intraprendere lo stesso cammino.

Successo che sta spingendo questa iniziativa anche all’estero: oltre ai Balcani, quest’anno si prevede la partecipazione del Belgio e degli Stati uniti, dove in quest’ultimo, si lavorerà in sinergia con: Miami Scientific Italian Community , ISSNAF (Italian Scientists and Scholars of North America Foundation), ODLI (Organization for the Development of Italian Studies), SVIEC ( Silicon Valley Italian Executive Council), il Consorzio “Orgoglio Brescia” e con l’ambasciata d’Italia a Washington ed il Consolato Generale d’Italia a Miami.

Il PMI DAY sta, dunque, riuscendo ad acquisire un ampio successo ed ascolto anche a livello globale. L’intento è sempre quello di mostrare e far risaltare le capacità imprenditoriali per la quale l’Italia ha sempre avuto e deve continuare ad avere un grande vanto.

La Cooperazione Strutturata Permanente: un punto di svolta per la Difesa UE?

di

Negli ultimi due anni, le possibilità di integrazione aperte dal Trattato di Lisbona in ambito di azione esterna sembrano aver iniziato a concretizzarsi. Il varo della European Union Global Strategy nel giugno 2016, la Roadmap di Bratislava del settembre 2016, l’European Defence Action Plan del novembre 2016, la creazione del Fondo Europeo per la Difesa (EDF) e del Military Planning and Conduct Capability (MPCC) nel giugno 2017 sono testimonianze di un rinnovato interesse per una Difesa UE. Il paper analizza l’effettiva capacità trasformativa della Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO) che dovrebbe essere lanciata entro la fine dell’anno.

di Lorenzo Termine

La Cooperazione Strutturata Permanente: un punto di svolta per la Difesa UE?

EUROPA/SICUREZZA di

Negli ultimi due anni, le possibilità di integrazione aperte dal Trattato di Lisbona in ambito di azione esterna sembrano aver iniziato a concretizzarsi. Il varo della European Union Global Strategy nel giugno 2016, la Roadmap di Bratislava del settembre 2016, l’European Defence Action Plan del novembre 2016, la creazione del Fondo Europeo per la Difesa (EDF) e del Military Planning and Conduct Capability (MPCC) nel giugno 2017 sono testimonianze di un rinnovato interesse per una Difesa UE. Il paper analizza l’effettiva capacità trasformativa della Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO) che dovrebbe essere lanciata entro la fine dell’anno.

di Lorenzo Termine

Clicca qui per scaricare il paper:

 

 

 

 

 

 

Il Generale Claudio Graziano nominato presidente del Comitato Militare UE

Difesa/EUROPA di

Un ruolo di spicco per l’Italia nell’Europa della difesa. Il Capo di Stato Maggiore della Difesa italiano, generale Claudio Graziano, torinese di 67 anni,  è stato nominato presidente del Comitato Militare dell’Unione Europea. L’incarico sarà di durata triennale a partire dal mese di novembre 2018, fino ad allora il generale torinese continuerà a svolgere le proprie funzioni e il ruolo verrà ricoperto dall’attuale presidente, il generale Mikhail Kostarakos, in carica dal 6 novembre del 2016. La decisione è stata presa a seguito di una votazione avvenuta il 7 novembre a Bruxelles tra i 27 Capi di Stato Maggiore della Difesa dei Paesi membri. Il comitato  militare è stato istituito nel 2001, ha il compito di dirigere tutte le attività militari nel quadro dell’UE. Claudio Graziano ricoprirà dunque la più alta carica militare in questo ambito, lavorerà in quanto tale a stretto contatto con il rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione, incarico che ad oggi ricopre Federica Mogherini. Avrà il compito di presentare pareri e decisioni di natura militare presso il comitato Politico e di Sicurezza (PSC), oltre che a fornire linee guida e direttive al Direttore Generale dello European Union Military Staff (EUMS). Che Graziano fosse uno dei favoriti a rivestire la carica non era un mistero, soprattutto dopo che, due mesi fa, sfumò la sua nomina a presidente del Comitato militare della Nato, incarico andato `a sorpresa´ al generale britannico Stuart Peach. Claudio Graziano, nella sua prima dichiarazione a commento dell’incarico, ha ringraziato in primo luogo tutti i Capi di Stato Maggiore della Difesa, definendosi onorato per la nomina ottenuta, soffermandosi anche sul governo e sulla Senatrice Roberta Pinotti: “Desidero esprimere la mia gratitudine al Governo, e in particolare al Ministro della Difesa, Senatrice Roberta Pinotti, per il pieno supporto alla mia candidatura. All’attuale Chairman, il Generale Mikhail Kostarakos, rivolgo un caloroso ringraziamento per lo straordinario lavoro svolto”, ha proseguito  Graziano. Finiti i ringraziamenti ha fatto il punto sulla propria situazione: “Desidero confermare la totale abnegazione con il quale porterò avanti, con orgoglio, la carica di Capo di Stato Maggiore della Difesa” anticipando che :“Una volta in carica, mi impegnerò al massimo delle mie capacità per rafforzare ulteriormente l’autorevolezza del Comitato Militare, per contribuire fattivamente al progetto di realizzazione della Difesa europea e per garantire che l’Unione Europea sia pienamente in grado di rispondere alle nuove sfide sulla sicurezza”.

Non si sono fatte attendere le congratulazioni da parte della Pinotti “Questo importante traguardo è il riconoscimento da parte dell’Unione Europea dell’impegno del Paese e delle Forze armate italiane. Al Generale Graziano il mio più sentito ringraziamento per la dedizione, l’orgoglio, la professionalità e l’umanità con le quali ha operato in qualità di Capo di Stato Maggiore della Difesa”. L’Italia aveva già ottenuto la guida dell’alto consesso con il Generale Rolando Moschini, che ricoprì questo ruolo 2004 al 2006.

Sull’Iran USA e UE sono destinati alla rottura?

AMERICHE/EUROPA/SICUREZZA di

Il dossier iraniano dividerà il fronte trans-atlantico. Le dichiarazioni dei leader europei e dell’Alto Rappresentante seguite alla decisione del Presidente americano Donald Trump di interrompere la certificazione presso il Congresso del Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), dimostrano una divaricazione con Washington già in atto ma che rischia di consumarsi più aspramente quando (verosimilmente) il Congresso boccerà definitivamente l’accordo. Le posizioni emerse sembrano ispirarsi, a monte, a concezioni di sicurezza e stabilità divenute quasi antitetiche oltre che ad interessi nazionali e collettivi diversi.

La posizione di Donald Trump (e del Gabinetto?) sembra improntata ad una visione circoscritta della sicurezza e della stabilità del Medio Oriente, come assenza di minacce e rischi per gli interessi di Washington e dei (pochi) alleati regionali. Una concezione “negativa” della sicurezza, un “non facere”.

La conferenza stampa del Presidente Donald Trump sul cambio di strategia in Iran:

 

La posizione di Federica Mogherini e, in sfumature diverse, dei leader europei confermerebbe l’adesione ad una visione integrata (integrated approach) interessata alla promozione di stabilità, sicurezza, prosperità economica, salvaguardia dei diritti umani, in cui ruolo fondamentale è rivestito dalla negoziazione multilaterale. Una concezione “positiva” della sicurezza.

La conferenza stampa dell’Alto Rappresentante dell’UE Federica Mogherini sull’Iran Deal:

Oggi il punto di disaccordo è, sostanzialmente, questo: Donald Trump propone la rottamazione dell’accordo perchè lo considera non esaustivo e svantaggioso non annoverando misure di contro-proliferazione missilistica e di altri sistemi d’arma. Gli Europei, pur condividendone le preoccupazioni, non ritengono essenziale la dismissione del JCPOA che è ritenuto un valido punto di partenza per  più ampi negoziati multilaterali che affrontino i nodi irrisolti.

Dal canto suo, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA), deputata alla verifica del rispetto dell’accordo, ha certificato che Teheran ha onorato tutte le condizioni ed è pienamente in regola con il JCPOA.

Negli ultimi 2 anni, l’Unione Europea si è fatta promotrice, inoltre, tramite la “Iran Task Force” di una crescente cooperazione con Teheran su un vasto numero di materie. Le frizioni, , chiaramente rimangono preponderanti: il supporto iraniano delle milizie Houthi in Yemen e di Hezbollah in Libano, il massiccio programma missilistico di Teheran, le posizioni su Israele, le violazioni di diritti umani e civili, sono solo alcuni dei punti di contrasto. Non è un caso, infatti, che le sanzioni UE all’Iran per le violazioni dei diritti umani siano rimaste in vigore nonostante le proteste di Teheran.

Teheran è, paradossalmente, l’unica che potrebbe guadagnare qualcosa da questa frattura: i top officials iraniani, infatti, non hanno mai nascosto che un fronte atlantico fiaccato sarebbe un vantaggio per gli interessi regionali dell’Iran. In caso di uscita americana dall’accordo, l’Iran potrebbe continuare a supportare l’accordo avvicinando UE e Russia oppure dichiararne la fine per sopraggiunta violazione da parte degli USA che, verosimilmente, riapplicherebbero il set di sanzioni contro Teheran a cui avevano rinunciato con il JCPOA.

In entrambi i casi, l’Unione e gli Stati membri saranno obbligati a prendere decisioni fondamentali sull’Iran e sul rapporto con gli USA nel settore medio-orientale, che potrebbero segnare un punto di svolta della Politica Estera e di Sicurezza Comune. Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha in programma una visita a Washington nei primi giorni di novembre. Cercherà di ricucire la ferita? Quale sarà la risposta del Presidente americano?

Lorenzo Termine

Il Presidente Juncker in visita al porto spaziale europeo

Europe di

Nella giornata di venerdì 27 ottobre, il Presidente della Commissione europea Juncker, insieme al Presidente francese Macron, si recheranno in visita presso il Centro spaziale della Guyana, a Kourou. L’infrastruttura unica è nata per garantire all’Europa un accesso autonomo allo spazio, in linea con la strategia spaziale per l’Europa, presentata nell’ottobre del 2016.

La Commissione si sta impegnando nello sviluppo di progetti spaziali su larga scala, come il programma di osservazione della Terra Copernicus e i programmi di navigazione satellitare Galileo e EGNOS, per un investimento complessivo di oltre 12 miliardi di euro nel periodo 2014-2020.

La Strategia spaziale per l’Europa, approvata lo scorso anno, risponde alla crescente concorrenza globale, aumentando il coinvolgimento del settore privato e contribuendo alle principali evoluzioni tecnologiche. I programmi spaziali europei forniscono servizi che sono già diventati indispensabili nella vita di ogni giorno, dai dati che servono per l’utilizzo di apparecchi elettronici, fino alla protezione delle infrastrutture fondamentali, come le centrali elettriche. Inoltre contribuiscono alla gestione delle frontiere, ai controlli marittimi e ambientali, migliorano la risposta in caso di catastrofi naturali e servono nel controllo dei cambiamenti climatici.

Con l’approvazione da parte della Commissione della Strategia spaziale per l’Europa, sono stati previsti una serie di interventi che permetterebbero ai cittadini europei di beneficiare pienamente delle opportunità offerte dallo spazio. Ciò, di fatti, sta permettendo la creazione di un ecosistema ideale per la crescita delle start-up, il cui fine è quello di promuovere il primato dell’Europa nel settore e aumentare la sua quota sui mercati mondiali delle attività spaziali.

Per quanto riguarda i prodotti e i servizi offerti dai programmi spaziali dell’UE, sono disponibili un video e una scheda dettagliata in francese e inglese.
È possibile seguire la visita del Presidente Juncker in Guyana sul portale audiovisivo della Commissione europea.

Il futuro delle finanze dell’UE: una nuova relazione sulle politiche di coesione alimenta la discussione sui fondi UE dopo il 2020

Europe di

Bruxelles – In data 9 ottobre 2017, la Commissione Europea ha pubblicato la relazione sulla coesione. Il documento tende a mettere in chiaro la condizione economica, sociale e territoriale attuale degli Stati membri dell’UE, prendendo le mosse dai risultati ottenuti grazie allo stanziamento dei fondi per la coesione, durante gli anni della crisi.

L’economia europea, seppur in ripresa, è tuttora affetta da disuguaglianze tra le varie regioni appartenenti all’Unione, nonché da differenze interne agli stessi territori. Inoltre, a livello di investimenti pubblici, questi risultano inferiori rispetto al periodo antecedente la crisi e, con riferimento al documento di riflessione sul futuro delle finanze europee, è stata evidenziata la necessità di maggiori incentivi da parte dell’UE.

La relazione non ha lo scopo di condizionare la proposta definitiva della Commissione, ma alimenta la discussione sulla politica di coesione dopo il 2020, suggerendo una politica di respiro europeo.

In generale, la politica di coesione dell’Unione ha registrato successi concreti in molte regioni, costituendo un’importante fonte di investimenti e creando 1,2 milioni di posti di lavoro negli ultimi dieci anni, ma allo stesso tempo, altri Stati hanno registrato un crollo degli investimenti pubblici che avrebbero dovuto sostenere la crescita.

Nonostante una riduzione graduale del divario economico tra i diversi paesi, il documento di riflessione poneva il quesito secondo cui fosse o meno necessario concentrare la politica di coesione sulle regioni meno sviluppate.

La crescita degli Stati è un fatto innegabile, ma questa risulta essere tutt’altro che omogenea, in quanto molti rimangono nella fascia del “reddito medio”. Queste regioni avranno sicuramente bisogno di ulteriori sostegni finanziari per creare posti di lavoro e promuovere i cambiamenti strutturali necessari, anche in termini di perseguimento degli obiettivi di produzione energetica a partire da fonti rinnovabili e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra fissati per il 2030.

La politica di respiro europeo, si pone tre obiettivi principali: gestire la globalizzazione, non lasciare nessuno indietro e sostenere le riforme strutturali.

Gestire la globalizzazione, nel panorama europeo, significa modernizzare le economie dei paesi e creare valore. Sono necessari nuovi investimenti volti all’innovazione, in quanto solo alcuni paesi svolgono un ruolo trainante nell’ambito della modernizzazione, della digitalizzazione e della decarbonizzazione.

Il secondo obiettivo, non lasciare nessuno indietro, fa riferimento alla realtà che vede molte regioni soggette alla perdita di popolazione, al contrario di altre che non riescono a gestire la pressione demografica e i flussi migratori. Allo stesso tempo, mentre da una parte l’occupazione nell’UE ha registrato una crescita, dall’altro resta alto il livello di disoccupazione, specie tra i giovani.
Una risposta a tale fenomeno la si trova nell’incentivo dei finanziamenti, volti a combattere l’esclusione e la discriminazione, per una maggiore coesione sociale all’interno dell’Unione.

Sostenere riforme strutturali, migliorando la pubblica amministrazione, per una crescita della competitività e una massimizzazione dell’impatto degli investimenti. La relazione sulla coesione, tende a riconoscere la necessità di rafforzare il collegamento tra la politica e la governance economica, per sostenere riforme che creino un ambiente urbano favorevole alla crescita.

In questa prospettiva, tra le prossime tappe della Commissione, vi sarà quella che vede il lancio di una consultazione pubblica, all’inizio del 2018, attraverso la quale verrà proposto il quadro finanziario pluriennale (QFP), al cui seguito vi saranno le proposte per la politica di coesione dopo il 2020.

 

Per ulteriori informazioni:

Settima relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale

Memo – Il futuro delle finanze dell’UE: settima relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale

Scheda informativa: la coesione nell’Unione

Scheda informativa: la politica di coesione in azione e i suoi effetti in tutte le regioni dell’UE

Inforegio – mappe interattive

La Turchia senza Europa, un nuovo equilibrio in medio oriente

EUROPA di

La decisione delle autorità olandesi di vietare l’ingresso nel Paese ai ministri turchi Fatma Betül Sayan Kaya e Mevlüt Çavusoglu, preceduta da iniziative analoghe delle municipalità tedesche e dell’Esecutivo austriaco, ha innescato una grave crisi tra i due Stati segnata dalla sospensione delle relazioni diplomatiche di alto livello tra l’Aja ed Ankara e dalla chiusura dello spazio aereo turco ai diplomatici dei Paesi Bassi, ampliando così la frattura già esistente tra l’Unione europea e la Turchia filo-islamica di Erdogan.

A provocare questo crescendo di tensione tra il Governo conservatore di Ankara ed i suoi alleati occidentali, sono stati, oltre al recente rifiuto di Germania, Austria e Olanda di ospitare sul proprio territorio nazionale rappresentanti turchi in campagna elettorale per il sì al referendum costituzionale, anche, e soprattutto, la posizione ambigua assunta da Ankara nelle crisi geopolitiche regionali (in particolare nella guerra civile siriana), e la risposta eccessiva e violenta di Erdogan al tentato golpe del 15 luglio scorso, con cui il Presidente turco è riuscito a indebolire ogni contro-potere interno.

La svolta autoritaria guidata dal leader dell’Akp ha prodotto, infatti, un drammatico deterioramento dello Stato di diritto che è stato rilevato anche nell’ultimo Rapporto annuale della Commissione europea sui negoziati di adesione della Turchia all’UE ed ha aumentato le preoccupazioni all’interno di molti Stati membri.

Questi ultimi hanno lanciato un duro monito alla dirigenza politica turca dichiarando che le recenti azioni del Governo di Ankara nel capo dei diritti umani e della libertà di espressione, incluse le valutazioni sulla reintroduzione della pena di morte, la sempre minore indipendenza della magistratura e la discriminazione delle minoranze, sono incompatibili con il desiderio ufficiale dello Stato turco di diventare membro dell’Unione e stanno mettendo a repentaglio i progressi fatti da Ankara nell’ultimo decennio per conformarsi ai criteri di Copenaghen.

In realtà, i negoziati per l’adesione, avviati nel 2005, sono rimasti bloccati, oltre che per la mancata pacificazione del conflitto curdo ed il lento processo di consolidamento della fragile democrazia turca, anche a causa della posizione di Francia, Germania, Austria e Cipro da sempre contrarie all’ingresso di un Paese ad alta densità demografica che avrebbe mutato radicalmente i fondamentali economico- geografici e gli equilibri politici interni al blocco europeo.

Tali ostacoli all’adesione di Ankara all’UE, posti principalmente dall’asse franco-tedesco, mostrano come l’avvicinamento della Turchia all’Europa stia scontando un doppio affaticamento frutto, da un lato, di resistenze e problematiche interne all’UE e dall’altro, di un processo di riforme dello Stato turco che rallenta proporzionalmente alle difficoltà di dialogo con Bruxelles, aggravate sicuramente dal crescente euroscetticismo dell’opinione pubblica turca e dagli avvenimenti delle ultime settimane.

Dopo il comizio negato ed il respingimento dei ministri turchi in Olanda, la crisi diplomatica si è infatti estesa anche ad altri Paesi europei, coinvolgendo la Danimarca, che ha deciso di rimandare la visita del Ministro degli Esteri turco Yildirim in segno di solidarietà con i vicini olandesi, e alla Germania che ha espresso sdegno per le accuse di nazismo pronunciate dal Presidente Erdogan.

Anche a Parigi, dove tutti i canditati all’Eliseo hanno condannato la decisione delle autorità francesi di autorizzare una manifestazione pro-referendum dopo le dichiarazioni inaccettabili del Governo turco, è montata la polemica e la conseguente escalation della tensione tra l’Unione e la Turchia, aggravata anche dalla sentenza della Corte di Giustizia del 14 marzo sulla possibilità di vietare il velo islamico nei luoghi di lavoro all’interno dell’UE.

Ankara, da anni impegnata nelle procedure di ammissione all’Unione, si è ritrovata, quindi, in aperto contrasto con i Paesi europei che fino pochi mesi fa avevano scelto una politica più “morbida” e pragmatica nei confronti dello Stato turco, all’insegna della connivenza e della tacita accettazione del crescente autoritarismo di Erdogan, che permettesse all’Unione, incapace di trovare un’intesa sulla distribuzione equa dei migranti e di sorvegliare i propri confini, di risolvere, o quantomeno arginare, il problema migratorio riducendo il numero di profughi nel Mar Egeo.

È per rispondere a tale esigenza che è stato lungamente discusso, e poi concluso il 18 marzo 2016, l’accordo sulla gestione dei migranti tra Bruxelles ed Ankara, di cui il Governo turco ha già minacciato più volte la sospensione.

Tra i punti d’azione previsti dall’EU-Turkey Statement figurava anche l’accelerazione della tabella di marcia per la liberalizzazione dei visas con l’obiettivo di abolire entro giugno 2016 l’obbligo del visto per i cittadini turchi e favorire così il processo di integrazione di Ankara nell’Unione, che ora, alla luce dei recenti avvenimenti, sembra più una chimera che una reale possibilità.

La diffidenza reciproca e la profonda crisi di fiducia che esiste oggi tra i Paesi dell’Unione ed Ankara, hanno infatti reso l’opzione dell’adesione turca all’Unione europea sempre più impraticabile e determinato un’ulteriore perdita di interesse del Governo dell’Akp nei confronti dell’UE che sta spingendo la Turchia di Erdogan a ricercare ad Est alternative ai suoi alleati occidentali.

Di qui il progressivo rafforzamento dei legami politici, economici e diplomatici tra Mosca ed Ankara, riconducibile, non solo alla comune disillusione nei confronti dell’Europa, che ha deluso le aspettative di rapida inclusione della Turchia e le speranze russe di un rapporto collaborativo e paritario, ma anche alla presenza, in entrambi i Paesi, di movimenti tradizionalisti che tendono verso Est (insistendo sulla natura politica e culturale euroasiatica), nonché al progetto turco di impedire la nascita di un corridoio curdo tra Siria e Turchia (a cui neanche i russi sembrano particolarmente favorevoli) che costituirebbe una barriera enorme alle ambizioni espansionistiche di Ankara.

Per Erdogan, infatti, il separatismo curdo è diventato una minaccia maggiore della sopravvivenza del regime di Bashar al Assad, che fin dalla primavera del 2011 la Turchia aveva combattuto appoggiando prima il Free Syrian Army e poi i gruppi jihadisti.

Il sostegno statunitense alle milizie curde siriane dell’Ypg legate al Pkk, che ha incrinato profondamente le relazioni turco-americane, insieme alla preoccupazione di Teheran per i sommovimenti della minoranza curda iraniana nelle regioni settentrionali e occidentali del Paese, hanno determinato un netto cambiamento della posizione turca nel conflitto siriano che ha portato a uno spostamento degli equilibri diplomatici verso Est.

In questo senso deve essere letto il disgelo con Mosca e l’Iran di Rouhani (alleati di Damasco), ed il cambiamento della posizione di Ankara anche nella questione dei progetti turco-russi sui gasdotti e gli oleodotti diretti al mercato europeo attraverso l’Anatolia.

Il nuovo corso della politica estera turca, fondato su un importante coordinamento con Teheran (con cui permangono comunque divergenze strategiche) ed il Cremlino (che sta approfittando delle tensioni tra Ankara e l’UE per avvicinarsi ulteriormente ad Erdogan), mostra quindi uno slittamento del baricentro geopolitico della Turchia verso Russia, Cina e Iran, indispensabile ad Ankara per trasformarsi in una potenza euroasiatica egemone.

Di fronte a tale situazione geopolitica di spostamento a oriente del potere economico e politico, emerge con sempre maggior evidenza la crisi del progetto europeo e la progressiva marginalizzazione dell’Europa che, invece, ha sempre cercato nella Turchia un alleato chiave nella lotta al terrorismo e nella gestione della crisi migratoria.

La riconciliazione turco-russa e l’inasprimento dei rapporti tra Ankara e Bruxelles mostrano, al contrario, una Turchia sempre più lontana dalla NATO e un Erdogan più propenso a portare avanti una politica interna ed estera indipendente dall’Occidente che potrebbe condurre all’affossamento dei negoziati con l’Unione, alla trasformazione della Turchia in una Repubblica presidenziale senza pesi e contrappesi sul modello russo e a un importante cambiamento degli equilibri geopolitici nel Vicino e Medio Oriente a vantaggio delle grandi potenze asiatiche.

 

Marta Panaiotti

 

Focus sull’Estonia: capitolo 2

Varie di

Come abbiamo anticipato nel nostro primo articolo sull’argomento, ci concentreremo adesso sull’evoluzione del ruolo di questo paese nelle istituzioni europee. Cominciamo dalla cosa più facile. Meglio: comminiciamo da una cosa difficilissima e molto tecnica, ma molto facile da essere spiegata ai lettori. Parliamo di eu-Lisa. L’abbiamo menzionata in qualche nostro articolo precedente, parlando della specularità tra alcune agenzie ONU ed Europee. eu-Lisa è speciale, è non ha “gemelli” nel contesto ONU.

Il suo acronimo si riferisce letteralmente all’Agenzia (A), all’Europa (eu), alla Libertà (L), alla Giustizia (la “I” o la “J” di Justitia), ed alla Sicurezza (S). Il suo nome per esteso è Agenzia Europea per i sistmi IT di larga scala nelle aree di libertà, sicurezza e giustizia.

L’agenzia ha sede in Tallinn, la graziosa capitale dell’Estonia, sin dal 2012 e fornisce supporto tecnico per gli Stati Membri e le Istitutzioni dell’UE, gestendo i sistemi IT di larga scala integrati, il cui scopo è quello di mantenere la sicurezza interna nei paesi dell’area Schengen, facilitare la materia dei visti per l’ingresso in tali paesi, e determinare quale Stato Membro debba esaminare le richieste di asilo, secondo quanto stabilito dal ben noto sistema Dublino.

L’Agenzia ha anche il compito di testare le nuove tecnologie e di realizzare un moderno e sicuro sistema di gestione delle frontiere esterne europee. Per esempio, le è stato chiesto di testare e realizzare la fase pilota (con le relative risultanze) del progetto “Frontiere intelligenti“, che è la traduzione operativa del “pacchetto Frontiere Intelligenti“: un pacchetto legislativo delineato dalla commissione e discusso dal  Consiglio dell’Unione Europea, nella sua versione Giustizia e Affari Interni. Questo “pacchetto” istituira – solo dopo una condivisa e ben condivisa procedura di co-decisione – un Sistema di Entrate e Uscite (SEU) ed un Sistema Europeo di Informazione ed Autorizzazione al Viaggio (ETIAS, secondo l’acronimo inglese European Travel Information and Authorization System). Si suppone che entrambi possano essere operativi nel 2020. Il primo dovrà assicurare la sicurezza delle frontiere tracciando tutti i movimenti dei cittadini di Stati extra-UE attraverso le frontiere esterne dell’Unione in entrambe le direzioni. Ovviamente, monitorando turisti e viaggiatori il sistema dovrebbe controllare visti, passaporti e documenti d’identità, verificando se qualcuno dei soggetti controllati è un criminale, un terrorista o sia coinvolto in qualche modo nell’immmigrazione illegale o, peggio, nel traffico di migranti. Il SEU dovrebbe effettivamente prevenire e deterrere il compimento di crimini collegati all’immigrazione, al terrorismo ed alla tratta di esseri umani. Inoltre, dovrebbe automaticamente avvisare le forze di polizia dela presenza di “overstayers“, ossia di persone che hanno superato il loro periodo massimo di permanenza nel territorio dell’Unione in base al visto precedentemente concessogli.

L’ETIAs sarà invece molto simile all’americano ESTA e dovrebbe istitutire una sorta di prenotazione per ottenere il permesso a viaggiare verso l’europa. L’entrata in funzione di tale sistema comporterà la necessità di modificare il vigente Codice Frontiere Schengen. Ma, ovviamente, determinerà un incremento della prevenzione e del perseguimento dei reati sempre connessi alle frontiere ed alla sicurezza interna. Di sicuro coloro che saranno sospettati di essere riminali o terroristi non verranno autorizzati ad entrare nell’UE.

Riteniamo che la presenza di eu-Lisa in Estonia sia motivo di orgoglio per questa nazione evoluta, smart, e risoluta.

L’Agenzia è dotata di un Consiglio di Amministrazione che si riunisce due volte all’anno ed in cui tutto gli Stati Memembri sono egualamente rappresentati, e si avvale di alcuni gruppi di consulenza, costituiti da esperti sia nelle materie IT che in quele relative al settore Giustizia e Affari Interni (GAI). Essa gestisce i tre principali sistemi (o banche dati) GAI: il Sistema di Informazione Schengen, Il Sistema di Informazione sui Visti ed il sistema Eurodac (il ci principale obiettivo è quello di raccogliere ed analizzare le impronte digitali dei richiedenti asilo nell’UE).

Ovviamente l’Agenzia studia il modo di rendere l’Europa più sicura, da un punto di vista meramente tecnico, ma non ha poteri legislativi o cogenti. Coopera con i singoli Stati membri e con le Istituzioni europei – nel settore GAI – agendo come un consulente ed un consigliere altamente specalizzato e molto qualificato.

L’Agenzia è anche parte della rete delle Agenzie europee GAI che, una volta all’anno, organizzanoun incontro congiunto tra i loro leader per scambiare infromazioni metodologiche, buone prassi ed addestramento. Il Presidente del network è scelto a rotazione tra i Direttori delle singole agenzie e la sua carica dura un anno. L’Agenzia che detiene la presidenza ha il compito di organizzare presso la citta in cui ha sede il meeting. Tutte le Agenzie, dopo l’incontro, approvano e distribuiscono un documento congiunto recante le loro conclusioni, il cui scopo è sempre quello di rendere le loro policy e le loro azioni più coerenti, sempre meno accavallate e meglio collegate.

eu-Lisa e Tallinn hanno avuto il compito di organizzare questo incontro nel 2015. Un’altra ragione per guardare all’Estonia come un partner ed un attore chiave nell’UE, che sta incrementando anche il suo ruolo nell’assetto generale della sicurezza in Europa.     

Domenico Martinelli
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