Tropea: belli come ribellione

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Forti della recente uscita del loro primo album in sei anni di carriera, i Tropea si sono esibiti al Wishlist di Roma i 23 febbraio, per il Serole tour 2024, organizzato da BPM Concerti, che li sta portando nei club di tutta la penisola. Terzo concerto nel giro di un mese di un artista uscito dai talent, dopo Matteo Alieno e Stunt Pilots, i Tropea sono sufficientemente lontani da quella ventata di fama portata dal passaggio televisivo e ci presentano uno show personale, originale, in cui si divertono, e sono sinceri e credibili sotto ogni punto di vista.

La scaletta riprende la quasi totalità del loro nuovo album “Serole”, uscito da poco per Peermusic Italy e Artist First, oltre ad alcuni dei brani che hanno contribuito a farli conoscere sin dal loro esordio.

Malgrado la pioggia che scende generosa su Roma, il locale è pieno di aficionados che cantano ogni nota, e con cui la band interagisce piacevolmente. Nonostante le dimensioni ridotte del palco non permettano loro tutta la libertà di esprimersi anche nei movimenti, rimediano scendendo tra il pubblico a più riprese o facendolo sedere a terra per una toccante Which One. Oltre alla voce, a certe armonie nostalgiche e orecchiabili, all’aria scanzonata con cui affrontano testi e immaginario del gruppo, è sicuramente la sincerità con cui compongono, suonano e si donano senza riserve nei loro live ad aver facilitato la costruzione di un seguito di fans sempre crescente. Anche se speravamo nella partecipazione di Marco Castello in Tu credi che, è stato il pubblico a intonare la canzone insieme ai Tropea creando uno dei momenti più magici della serata. E sebbene ci sia mancata la cover di Luna dei Verdena, che sembrava essere ormai entrata di diritto nel loro repertorio live, ci siamo consolati con l’omaggio ai sempre più attuali CCCP, con Curami e ci siamo scatenati sui loro  singoli Cringe Inferno, Gallipoli e Ribellione.

Nella scaletta entrano di prepotenza vari brani in inglese, forse per la maggiore vicinanza alle loro melodie di stampo estero, senza che ne risenta troppo il lato originale ed emotivo del progetto, e permettendo loro di proseguire il loro viaggio anche fuori dai nostri confini (ascoltare la versione francese di Lost in Singapore per credere). A centrare il loro suono sono principalmente le chitarre di Domenico e la voce malinconica e graffiante di Pietro, che tinge ogni brano di una tonalità tutta loro, a prescindere dalla lingua scelta.  Canzoni che parlano dei sogni e delle ambizioni che si respirano in quest’epoca, ma soprattutto delle sue incoerenze “perché più ci riempiamo di vuoto più sentiamo il vuoto da riempire”.

Nella loro musica si fondono influenze diverse che il gruppo Milanese dosa con estrema libertà e gusto, rendendo il loro suono unico e poco incline a piegarsi alle leggi di mercato, nonostante qualche piacevole ammiccamento. Un’ottima base ritmica, su cui si posano una varietà di “abiti” stilistici che attingono da varie epoche. Uno stile per ogni colore sulla camicia di Pietro, in questo loro sound che ci trasporta dagli anni 60 agli anni 2000, e che sa essere contemporaneo ma senza limitarsi a somigliare a qualcos’altro. La dimensione live regala ancora più emozioni, e ci scalda l’anima la vasta gamma di sfumature racchiuse nei loro brani e nel modo che hanno di proporli. Sono tanti i rimandi, dal beat all’ alternative, dal grunge alla psichedelia, dal prog al post punk, ma sono tutte strade che portano a una sola destinazione, non geografica ma identitaria e simbolica, in cui ci auguriamo di tornare presto: in arte, Tropea.

 

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