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Ginevra Baldassari

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E’ (ancora) il nostro genere Willie Peyote

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Ha fatto tappa a Roma, all’Orion di Ciampino, il tour invernale che porta Willie Peyote nei principali club italiani, organizzato da Magellano Concerti.

Affollato come non mai, il club sembra essere l’habitat più giusto per i brani di Willie, che richiedono una certa intimità con il pubblico, con i loro testi irriverenti, e che allo stesso fanno muovere qualche passo grazie ai ritmi rap, funk e pop.

A dieci anni da “Non è il mio genere, il genere umano”, Willie fa il punto sulla situazione, dai suoi esordi a oggi, con il “Non è (ancora) il mio genere” club tour.

Parte dagli esordi, quindi, e, come in un cerchio che si chiude perfettamente, cita il titolo dell’album e contemporaneamente una frase dal brano UFO (Non è ancora il mio genere, scrivilo sulla lapide) che riassume quanto dissenso, quanta voglia di non sottostare alle regole e ai dettami della società, ci sia ancora nella penna del nostro Willie Peyote.

Amore invece per i giochi di parole, l’ironia e l’intelligenza, di cui si serve per porre domande su questioni sociali e personali, che dipingono una realtà diversa da quella che a volte vogliamo vedere.

Starà al pubblico poi scegliere se cercare di darsi delle risposte o proseguire con leggerezza, passando oltre il significato e limitandosi ai ritmi accattivanti e ai sorrisi amari che molti dei suoi brani riescono a strapparci.

Il genere non è solo quello umano, ma anche quello musicale. Dai suoi esordi come rapper atipico, lontano quindi da certi stereotipi, passando per pop, indie, cantautorato, sicuramente vanta la giusta dose di questi ingredienti nel suo stile atipico, senza appartenere fedelmente ad alcun genere o etichetta precisa.

È decisamente rap/hip hop old school la matrice dei brani, nel loro parlare crudo e scandito e nei testi taglienti, ma c’è molto altro. Accompagnato da un’eccellente band composta da batteria, tastiere, chitarra e trombone, si intravedono scorci di rock, venature indie, suoni pop e ritmi funk.

La scaletta è ampiamente dedicata all’Album “Non è il mio genere (il genere umano)”, e non mancano naturalmente i suoi manifesti del disincanto sentimentale come “La tua futura ex moglie”, “Ottima scusa”, del disagio sociale delle nostre generazioni, come “Io non sono razzista ma”, “I cani”, la sanremese “Mai dire mai”, “C’era una vodka” e molte altre dal suo esteso repertorio, inclusa “Aglio e Olio” di Fulminacci.

Willie Peyote ha il dono di sbatterci in faccia verità dolorose, facendoci sorridere e toccando i tasselli vacillanti delle nostre abitudini mal radicate.

È un esempio rassicurante di come la musica, e il rap/urban in particolare, abbiano l’opportunità di comunicare con un numero elevato di persone, e siano in grado di farlo in modo profondo, intelligente, e tutt’altro che pesante o noioso.

In mezzo alla scaletta un breve omaggio al concittadino Paolo Conte con “Vieni via con me”, e un accenno al riff di chitarra di “Do I wanna know” degli Artic Monkeys, a sottolineare l’eclettismo e la professionalità di Willie Peyote e di tutta la band. Questa sera oltre alle capacità tecniche hanno dimostrato energia, ottima padronanza del palco, empatia con il pubblico e tanta sincerità, confermandoci che Wille Peyote, decisamente, è (ancora) il nostro genere.

 

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IRAMA RKOMI – NO STRESS

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Dopo l’uscita del joint album No Stress, gli artisti multiplatino Irama & Rkomi condividono il palco per il No Stress Tour, la tournée nei palasport prodotta e organizzata da Vivo Concerti.


Giovanissimi, hanno entrambi all’attivo una serie d traguardi ineguagliabili in termini di ascolti, e data l’amicizia e le passate e proficue collaborazioni hanno pubblicato un album insieme, anticipato dal singolo di grande successo Hollywood.

 

Ed è proprio con questo brano che si apre la serata al Palazzo dello sport di Roma, scatenando l’entusiasmo del pubblico che esplode in un boato di gioia.

 

Giochi di luce e proiezioni sul palco grandissimo che i due condividono con coriste, chitarra, basso, batteria e pianoforte a coda. Lo show è diviso in quattro parti e inizia con alcuni estratti da No Stress interpretati dal patinatissimo Irama insieme al fido compare Rkomi, a cui segue la celebre “5 gocce”, in cui quest’ultimo compariva in feat.

 

Un breve video mostra alcuni momenti di backstage e scene di vita in tour di Irama, annunciando la parte in cui si esibirà da solo, surfando abilmente sull’onda di tutti gli stili musicali che ha cavalcato negli anni.

 

Stessa cosa per il più arruffato, sia visivamente che per l’approccio stilistico, Mirko, in arte Rkomi, che delizia i fan in delirio con le sue hit come “Maleducata”, “10 ragazze” “Partire da te”. Sportivo, scattante, si giostra da sempre con vari generi musicali, passando con agilità dal rap al pop rock, con lo sguardo sperduto del bambino e il sorriso grande di chi è a suo agio sul palco.

 

Non mancano le sorprese, i due affrontano insieme i loro brani più celebri (e sanremesi) “Insuperabile” e “Ragazza dal cuore di latta”, si mescolano con la folla, cambiano pelle come cambiano d’abito, per la gioia delle fan più scatenate sottopalco che cantano a squarciagola su ogni singola nota.

 

Si chiude in bellezza con “Luna piena” e il nuovissimo singolo “Sulla pelle” che conferma il grande successo di questo sodalizio artistico in cui Irama e Rkomi, entrambi amanti degli anagrammi (hanno scelto il nome d’arte anagrammando i propri nomi di battesimo) si completano musicalmente, vocalmente e visivamente, moltiplicando la notorietà di cui già godevano da solisti.

 

Piccola nota di merito, durante l’esibizione Rkomi scivola sul palco, ma lo show deve andare avanti e si rialza, come se niente fosse, mostrando la giusta attitudine di reazione alle avversità. Come a dire: No stress.

 

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PREVIEW MARTE LIVE

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Preview MArteLive 

Venerdì 8 dicembre all’Angelo Mai di Roma 

ospite speciale Gold Panda (Uk)

Nella stessa serata anche Edda, Bono/Burattini
e Marco Fracasia 

 

Venerdì 8 dicembre all’Angelo Mai di Roma (Viale delle Terme di Caracalla, 55, ingresso ore 21.00) andrà in scena la “Preview MArteLive” con ospite speciale il Dj internazionale Gold Panda, EDDA, Bono/Burattini, Marco Fracasia.

Un evento speciale in attesa di MArteLive Lo Spettacolo totale che si terrà al Qube di Roma il 12 e 13 dicembre e che dimostra la costante ricerca di MArteLive nello scovare e promuovere i nuovi e futuri talenti della scena nazionale ed internazionale.

Gold Panda, pseudonimo del producer Derwin Schlecker, nato a Londra nel 1980 e cresciuto nell’Essex è ormai una stella di prima grandezza nel panorama delle musiche digitali, come testimonia l’incredibile e crescente successo delle sue apparizioni live – a partire da quelle italiane – che ogni volta raccolgono una eccezionale risposta da parte del pubblico. Dopo aver pubblicato diversi singoli, tra cui il brano “Quitters raga” che entra nella Top 100 della classifica inglese, nel 2010 debutta con il suo primo album “LUCKY SHINER”. Nel 2013 è invece la volta di “HALF OF WHERE YOU LIVE” che viene acclamato sia dalla critica che dal pubblico tanto che Gold Panda si si cimenta in un enorme tour in Nord America per poi completare le tournée in Europa e due estati di apparizioni ai festival. È del 2016 il terzo album “Good Luck And Do Your Best”, ispirato da una serie di viaggi in Giappone e completato da un progetto visivo in collaborazione con la pluripremiata fotografa Laura Lewis. Il 2022 vede il ritorno di Gold Panda con il suo quarto disco.

Edda nasce artisticamente alla fine degli anni ’80 come cantante dei Ritmo Tribale, band seminale nel nascente mondo del rock italiano, con cui ha realizzato cinque dischi di studio e tenuto centinaia di concerti. E’ del 2014 Stavolta come mi ammazzerai?, l’album rock della sua carriera solista che consacra Edda come uno dei più significativi cantautori italiani. La critica è unanime nel dichiarare che è uno dei dischi italiani più belli del decennio. Segue poi la collaborazione con Gianni Maroccolo in Noio; volevam suonar del 2020 uscito a nome Edda & Marok, scritto e registrato a distanza e in pieno lockdown che prosegue nel successivo album Illusion (ɪˈluːʒ(ə)n). Nell’autunno 2023 Edda torna on the road per una serie di concerti speciali intitolati Minimal (animal) set, che lo terranno impegnato fino alla primavera del 2024.

Come dichiara l’artista:“Edda e i Semplici perfettamente allineati col progetto cosmico del Signore Supremo scendono di nuovo in campo. Karmicamente schierati in versione trio presenteranno nei club di tutto il Regno la collezione autunno inverno delle loro canzoni più celebri. Il morale è alto, la gloria ci attende. Viva l’Italia”.

Sarà la volta poi del duo Bono/Burattini composto da Francesca Bono cantante di Ofeliadorme e membro del collettivo Donnacirco, e Vittoria Burattini, batterista e componente storico dei Massimo Volume. “Suono In Un Tempo Trasfigurato” è il debutto discografico del duo Bono / Burattini prodotto e registrato da Stefano Pilia, il disco è composto quasi esclusivamente con un vecchio synth Juno 60 e una batteria.

Presentato dalla label come «un insieme di esplorazioni sonore che mescolano wave sperimentale, groove alieni, elettronica contemporanea e futurismi sci-fi», il lavoro è direttamente ispirato a tre enigmatici film della regista sperimentale degli anni ’40 Maya Deren (At Land, Ritual in Transfigured Time e A study in Choreography for Camera).

A seguire:

MARCO FRACASIA Un talento sognante e sospeso, ha solo 22 anni e arriva da Torino.  Nel 2022 ha fatto uscire il primo ep “Adesso torni a casa”, che da subito lo ha collocato tra le proposte più interessanti del nuovo underground italiano e lo ha portato a suonare in festival prestigiosi come il Mi Ami e Apolide. Ora torna con un nuovo brano più maturo “Lezione” che è un manifesto del suo mondo e un ponte verso il nuovo lavoro, che uscirà quest’anno per 42 Records.

La serata dell’8 dicembre si aggiunge al ricco cartellone di eventi 2023 di MArteLive, programmato da settembre a dicembre 2023 e curato da Giuseppe Casa il cui evento clou sarà rappresentato da MArteLive lo Spettacolo Totale il 12 e 13 dicembre al Qube di Roma che, per il secondo anno consecutivo, sarà completamente stravolto e ridisegnato rispetto alla sua veste abituale grazie alla presenza di oltre 300 artisti fra guests ed emergenti distribuiti nelle 16 sezioni artistiche di MArteLive.

Questi alcuni degli artisti che prenderanno parte alla due giorni al Qube: Daniel Pes, Clap! Clap!, MEG, Montoya, Casino Royale. Tutta la line up qui: www.martelive.it

Il progetto fa parte di”Insieme Siamo Arte” di Città Metropolitana di Roma Capitale e ATCL -Circuito Multidisciplinare del Lazio, sostenuto dal Ministero della Cultura e Regione Lazio.

Con la sua esperienza e il suo network Scuderie MArteLive ambisce a posizionarsi come la prima agenzia multidisciplinare in Italia e in Europa forte di una ricerca costante e approfondita sul territorio nazionale dal 2001 e su quello europeo dal 2021.

ScuderieMArteLive è un centro di produzione culturale, specializzato nella realizzazione di autentici progetti/format da offrire “chiavi in mano” alle istituzioni. L’obiettivo per MArteLive resta quello di coinvolgere il pubblico in modi innovativi e interattivi con spettacoli ad alto impatto emozionale in location inusuali e suggestive.  Scuderie MArteLive inoltre negli anni si è posizionata come una realtà leader nel portare l’arte nelle strade in mezzo al pubblico.

TICKETS:  MArteTicket.it / dice.fm

Info:
𝗣𝗿𝗲𝘇𝘇𝗼 𝗶𝗻 𝗽𝗿𝗲𝘃𝗲𝗻𝗱𝗶𝘁𝗮 – 12 𝗲𝘂𝗿𝗼, 𝗮𝗹 𝗯𝗼𝘁𝘁𝗲𝗴𝗵𝗶𝗻𝗼 -15 𝗲𝘂𝗿𝗼
www.martelive.it – www.scuderiemartelive.it

 

 

BOMBINO – Brilla la stella della desert music

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Nato e cresciuto in Niger, ad Agadez, nel nord dell’Africa, nella tribù dei Tuareg Ifoghas, che lotta da secoli contro il colonialismo e l’imposizione dell’Islam più severo. Diventa allievo del celebre chitarrista Tuareg Haia Bebe e poco dopo entra a far parte della sua band, acquisendo il soprannome di Bombino, una storpiatura dell’italiano “bambino”. Ispirato dalla musica popolare della sua terra e da alcune leggende del rock come Jimi Hendrix e Mark Knopfler, comincia la carriera di musicista molto giovane, combinando la sua passione per il blues rock e per la chitarra elettrica con le sonorità tipiche dell’Africa subsahariana, creando uno stile personale e inconfondibile. E’ solo dal 2013 che ottiene un grande riscontro di pubblico con l’album Nomad, pubblicato dalla Nonesuch Records debuttando come numero uno su iTunes Chart World e World Chart di Billboard. L’album è stato prodotto da Dan Auerbach dei Black Keys,  catturato dalle sonorità dell’artista nigerino. Nel 2015 collabora con Lorenzo Jovanotti  nel brano Si alza il vento, e compare come ospite in un brano dell’album Film O Sound del chitarrista Adriano Viterbini, suonando con lui dal vivo in diverse occasioni negli anni a seguire.

Sono i suoni dell’acclamato Bombino, ad abitare questa alle ore 20 la Sala Sinopoli nella serata di chiusura del Roma Europa Festival. Definito dalla stampa “la stella più luminosa del desert blues”, torna al REF per presentare dal vivo il suo ultimo album Sahel e conquistare il pubblico con il suo stile malinconico, energico e coinvolgente.

Nonostante canti in tamashek, la lingua dei tuareg, ha da tempo conquistato il cuore del pubblico italiano grazie al suo approccio musicale, che abbatte ogni barriera. La sala è gremita, il pubblico partecipe, composto e attento, fino a che, su invito del bassista Djakrave Dia, si sposta sotto palco per ballare e avvicinarsi a questo incredibile e coinvolgente gruppo di musicisti.

Se sono la voce e il tipico sound della chitarra di Goumour Almoctar (vero nome di Bombino) i protagonisti indiscussi del concerto, l’amalgama vincente, potente e in continuo crescendo, è data dalla impressionante sezione ritmica. Il già citato Djakrave Dia, e l’inarrestabile Corey Wilhelm alla batteria. Accompagnata dalla seconda chitarra di Nabil Othmani, sulla base ritmica si tesse una sorta di dialpgo tra le due chitarre e la voce di Bombino che si mescola alle note, come un ricamo. Ne risultano una perfetta sintonia e una leggerezza, nello struggimento delle chitarre e del cantato, che non possono lasciare indifferenti.

Ai brani più lancinanti, quelli più soft e quelli più intensi per testi e intenzioni, si alternano brani tinti di blues/rock e reggae one drop, che rendono il suo linguaggio universale e contemporaneo. Uno stile di cui Bombino è pioniere e che lui stesso ha definito “Tuareggae”.

L’incantesimo è assistere a questa sincronia, ai virtuosismi suonati con apparente semplicità, mischiati alle armonie vocali che, benché incomprensibili a livello linguistico, ci arrivano dritti al cuore e si insinuano sottopelle, che siano struggenti storie d’amore o i più impegnati testi che narrano le difficoltà del popolo tuareg. Il perfetto dosaggio di world, musica del deserto e influenze e armonie più occidentali, dona alle canzoni una grande intensità. Un sound a tratti dolce, a tratti energico, che evoca il deserto e la sofferenza di un popolo a cui cerca di dare voce. Sul palco tutto è armonia. Bombino e dei suoi compagni sono in abiti tradizionali, in varie sfumature colorate, perfettamente allineati sia nel look che nell’intesa musicale. Celebrano questa sera i 10 anni dalla loro prima esibizione su un palco italiano, e, al termine di questa calorosa esibizione, dopo aver ringraziato l’affezionato pubblico, lasciano il palco per passare all’altra sala in cui si esibirà la “sorella” Fatoumata Diawara

 

 

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Il segreto dei mille volti di Venerus

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Grande attesa per questo nuovo live di Venerus, a pochi mesi dall’ultima esibizione dello scorso giugno a Roma. Il nuovo tour invernale “‘18-’23 Club Tour”, prodotto da Palace Agenzia, lo sta portando infatti nei principali club italiani elo abbiamo visto nello spazio più raccolto dell’Orion Club di Ciampino.

«‘18-‘23 sono le coordinate del viaggio percorso da “Non ti conosco” fino a “Il Segreto”» racconta Venerus «Questo tour è un momento di raccoglimento per guardarsi negli occhi e ripercorrere tutto quello che è successo dall’inizio fino ad ora e magari sbirciare verso il prossimo futuro.»

Da sempre fortemente legato alla dimensione live, l’artista milanese con il “‘18-’23 Club Tour” aggiunge un nuovo tassello alla sua carriera ed è ora pronto a calcare i palchi dei club più rinomati, per dare risalto a tutte le tappe del suo già ricco percorso musicale: dai primi singoli e EP che lo hanno avvicinato al pubblico come “A che punto è la notte” (2018)  e “Love Anthem” (2019, contenente l’ormai iconico “Love Anthem, No. 1”, brano certificato disco d’oro), fino all’atteso album di debutto “Magica Musica” (2021, disco d’oro), apprezzato da fan e critica, e “Il Segreto”, uscito il 9 giugno scorso per Asian Fake/Sony Music, con cui ancora una volta svela all’ascoltatore le sue mille sfaccettature, sonorità e sperimentazioni continue.

Sale sul palco in abbigliamento a metà strada tra una barbuta sposa circense e una divinità indù e, forse anche grazie ai giochi di luci sul palco, tra gli strumenti e gli oggetti decorativi, come le mani in posa mudra poggiate sulle tastiere, caliamo subito nel suo universo onirico. Un viaggio tra i suoi brani, senza fronzoli, senza aggiunte, puro, ricco di suggestioni e profondo come ci ha abituati la sua musica fino a oggi. Venerus – cantautore e polistrumentista – è un’anima libera dalle etichette, che con la sua musica fuori dagli schemi – ma proprio per questo unica e magica- rappresenta una perla rara nel panorama contemporaneo. Il “‘18-’23 Club Tour” costituisce una nuova occasione per entrare nel suo mondo, fatto di atmosfere oniriche, condivisione e libertà.

Circondato dalla fida e ottima band composta dal produttore Filippo Cimatti e dai musicisti Danny Bronzini alla chitarra, Andrea Colicchia al basso, Elia Pastori alla batteria e Danilo Mazzone all’organo e tastiere, l’esibizione di questa sera è stata anche teatro delle mille sfaccettature e caratteristiche di Andrea Venerus.

Il trasformismo, non solo nei costumi e nel look, penetra ogni nota dei suoi lavori, rendendolo uno degli artisti più insoliti ed eclettici dell’attuale panorama musicale italiano. Venerus, cognome d’arte, è senza dubbi uno degli artisti che stanno contribuendo a innovare la scena musicale contemporanea. Libero e fuori da qualsiasi catalogazione, non segue i facili dettami delle mode e dei filoni musicali attualmente in voga, e viaggia su un binario a parte, coinvolgendo la sala in questo gioioso, commovente, lucido e sognante viaggio.

La scaletta di questa sera è un percorso circolare che inizia da adesso e si sposta a ritroso nel tempo, per poi tornare alla partenza. Il concerto inizia infatti con una manciata di brani dal suo ultimo album Il Segreto, per poi passare ai primissimi singoli “Non ti conosco” e “Deamliner”. Qualche brano dagli EP Love Anthem e A che punto è la notte, alternati sapientemente, per poi passare al primo album Magica Musica e concludere, come per incanto, tornando al presente de Il Segreto, con i brani più toccanti “Istruzioni” e la straziante “Il tuo cane”. Resteranno tra i nostri ricordi la bellissima e inaspettata la versione di “La collina dei ciliegi” di Lucio Battisti, e l’arrivo sul palco di Gemitaiz e Franco 126 per “senza di me”, una delle canzoni più iconiche di questi ultimi anni.

Impossibile assegnargli un genere musicale preciso, dicevamo, anche se il filo conduttore dei suoi brani è sicuramente la raffinatezza, che lega tutti gli stili e le sonorità di questa serata. I cambi d’abito sul palco sembrano rappresentare tutti gli stili, le influenze e le sfaccettature di questo artista, e i diversi piani di lettura e interpretazione delle sue canzoni. Mischia infatti vocalità soul, rap, accenni di jazz, assoli di chitarra elettrica, suoni della natura, strutture classiche o sperimentali, con l’elettronica, creando una sorta di urban music allucinata. Originale, strana, affascinante e mistica. Sono molti i momenti in cui la sua voce e il suo modo di cantare ti si aggrappano all’anima, te la strappano via dal petto, e la fanno volare via sulle note in una dimensione e in un tempo non descrivibili se non in quelli di un sogno. Una musica, in primo luogo umana e sofisticata, da seguire senza opporre resistenza. Venerus, ma dove andiamo, senza di te?

 

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Gazebo Penguins – Frammenti discreti e indivisibili

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È passato quasi un anno dall’uscita del loro ultimo album quando i Gazebo Penguins annunciano una nuova data,  all’ Orion Club di Ciampino all’interno delle serate Blackout.

Ad aprire la serata la band romana dei Wake Up Call, per promuovere il loro primo album in italiano “Doveva essere un disco indie”. Un titolo che preannuncia quello che la loro musica non è. Un album, come una raccolta di fotografie, che racconta undici storie diverse in formule che non si ripetono: tante sfumature, dalle canzoni più introspettive a quelle in cui l’ironia la fa da padrona, dalle sonorità più dure ai brani di più facile ascolto.

Dopo aver girato l’Europa e l’Asia con i loro brani in inglese, hanno deciso di tornare a casa e raccontarsi nella loro lingua madre.

Sul palco hanno una grande energia che, nonostante l’ora avanzata, accende gli animi del pubblico in attesa della seconda parte del live di questa sera. Si divertono, fanno divertire il pubblico e si portano a casa un concerto senza incertezze.

Dopo una manciata di minuti salgono sul palco gli headliners.

Di ritorno sulle scene a quasi un anno dall’uscita dell’ultimo album “Quanto” – pubblicato lo scorso 16 dicembre per Garrincha Dischi, con la collaborazione di To Lose La Track, storica etichetta della band, i GAZEBO PENGUINS si confermano uno dei gruppi più interessanti del post-hardcore/emo-core italiano.

Quanto” è un viaggio lungo 7 canzoni che attraversano l’obliquità dello spazio e del tempo, l’inesistenza del vuoto, i buchi neri, per raccontare concezioni del mondo inedite attraverso una visione sfocata, sfuggente. Come lo è l’atmosfera in cui veniamo proiettati durante il concerto, sepolti sotto un muro di suono denso e spesso, generato da sferzate di chitarra e colpi di batteria da cui si staglia un cantato urgente e urlato, quasi un grido disperato: un caos primordiale dove la tensione sonora è vivissima e sempre sul punto di esplodere.

Il titolo del nuovo album è legato alla meccanica quantistica, alle sue possibilità di mondi infiniti, e sia le tematiche che il loro approccio dal vivo si discostano in vari aspetti dai tanti altri gruppi che seguono lo stesso genere.

Esplorando concetti cari alla fisica moderna e alla filosofia della scienza, il nuovo album della band emiliana traccia un percorso che oltrepassa la superficie della realtà per addentrarsi più nel profondo, verso ciò che ancora non conosciamo.

A livello sonoro il gruppo propone soluzioni innovative, sperimentando in alcuni brani fino a spingersi al limite della destrutturazione, pur mantenendo le coordinate care ai fan che li seguono da anni e che cantano con forza tutti i loro ricordi nei brani più popolari della band, da “Senza di te” a “Soffrire non è utile”, brani che, incredibile ma vero, hanno ormai superato i dieci anni, appartenendo di diritto a quel momento cruciale in cui la musica italiana ha preso quella curva inaspettata che la ha cambiata radicalmente.

La band di Correggio infiamma la platea con ogni brano, la scaletta mescola con sapienza brani estratti dall’ultimo disco con altri del passato, con una grande capacità di svincolarsi dai cliché che si potrebbero associare al genere.

Gazebo Penguins sono distantissimi dai vari stereotipi del post punk-hardcore o dell’indie. Il sound creato è massivo ma pulito, la batteria di Pietro Cottafavi è precisa, le voci unite di Malavasi e Andrea Sologni creano un impasto al contempo straziante ed energico. Un muro di suoni da cui trapassano tutte le emozioni, senza lasciar fuori niente.

Un concerto senza pause, energico, in cui la tensione non ha mai accennato a diminuire, tenendo la platea col respiro spezzato, fino all’ultima nota.

 

 

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Sei tutto l’indie (di cui ho bisogno)

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Sei tutto l’indie Fest

Si è festeggiato al Monk il decimo anniversario di “Sei tutto l’Indie”, community fondata da Giuseppe Piccoli e Gianmarco Perrotta nel 2013.

A rappresentare lo spirito della community, si sono esibiti Kuni, Soloperisoci, Clavdio e Management. È proprio degli allora Management del Dolore Postoperatorio il brano Pornobisogno, dal cui ritornello è stato coniato il nome del progetto.

Questo anniversario è anche l’occasione per riflettere sullo stato attuale del circuito indie, cosa è rimasto dello spirito e del sound originale e quali possono essere le evoluzioni attuali e future.

Apre i festeggiamenti un breve incontro nel cortile del Monk, con Exitwell, sul tema dell’Indie italiano. Come e quando è nato? A che punto è adesso? E’attivo, è morto, e soprattutto ha ancora senso parlare di Indie quando l’indie diventa mainstream (riferimento all’album di Calcutta assolutamente voluto)? Può avere senso universalmente, ò è un tipo di attitudine che può essere sincero e spontaneo solo nei localini di una città come Roma?

Potremmo filosofeggiare per ore, ma è giunta l’ora di tornare in sala e assistere all’eterea performance di Kuni, pop elegante tinteggiata di rock, di stampo prettamente (ahimé oserei dire) internazionale. A suo agio sul palco (a parte una battaglia persa con gli in ear), Eleonora ha stoffa e potremmo sentirne parlare a breve, quando il progetto sarà un filo più definito e pronto a decollare veramente.

La “festa” continua con i Soloperisoci (al secolo Ernesto e i Soci) in formazione ridotta e temporanea che scatena l’entusiasmo dei presenti. Presentano i brani del loro album di debutto “Ingresso Riservato” (posso stringere la mano virtualmente a chi sceglie nomi e titoli di questa band?). Le prime file cantano a squarciagola i testi delle canzoni, con frasi che sono già slogan, e sembra davvero di tornare a dieci anni fa, quando nei locali si esibivano gruppi e artisti che crescevano grazie ai loro seguaci. Pop rock scaltro, interessante, con venature post-punk, e che ti resta ben bene incollato al cervello, schiarendoci l’idea di quello che può essere la scena attuale. Se la cavano più che dignitosamente e non vediamo l’ora di tornare a vederli in formazione completa, indossando le loro iconiche magliette.

Dopo le nuove leve è il turno di un rinnovato e più profondo Clavdio. Notevoli doti di scrittura che rendono allegra ogni vena malinconica che trafigge i suoi brani.  Una scaletta che spazia dai brani dei suoi esordi, quando era ancora “Il Rondine” a quelli dei suoi album “Togliatti Boulevard” e il più recente “Guerra Fredda”. Grandi capacità di scrittura, una penna in apparenza semplice, ma piena di richiami e giochi di parole, capace di trasmettere una scarica di emozioni sincere. Nella sua esibizione solitaria, Clavdio ci fa ben sperare che l’indie respiri ancora a pieni polmoni, al di là di ogni più pessimistico pronostico.

Siamo ancora in questo stato semi-onirico, immersi nei ricordi e nelle evocazioni, quando sul palco esplode la furia dei Management.  E cambiamo totalmente registro. La staticità di Clavdio, che ci ha smosso un milione di colori nel cuore (riferimento al suo brano assolutamente voluto), è spazzata via, o meglio risvegliata bruscamente dal sogno, dalla folle energia dei Management. Adrenalina, teatralità, provocazione, un’esibizione che ti lascia i lividi addosso, e che ti piace. Innegabili il carisma (e la follia) di Luca Romagnoli, biondo-platinato di fresco, con la sua sovrumana carica adrenalinica, che travolge e stravolge tutto ciò che si trova davanti e infiamma letteralmente il Monk. Una carrellata di brani, principalmente dal loro album “Ansia Capitale”, fino alla conclusiva, immancabile, già citata “Pornobisogno”.

Ospite d’eccezione Niccolò Carnesi, stella del cantautorato italiano, che ha all’attivo molteplici collaborazioni tra cui Brunori SAS, Lo Stato Sociale, Dente, Dimartino, Luci della Centrale elettrica, Appino, etc. Romagnoli butta giù, o meglio invade, le barriere che dividono pubblico e artisti sul palco, in un’esibizione che resterà nella storia (annunciata una lunga pausa dai live per i Management) per la qualità sonora e per la carica emotiva condivisa in questa serata speciale di “commemorazione” di uno dei più solidi movimenti della musica italiana, nato senza sapere di esserlo.

Si spengono le luci al grido di “l’indie è morto”, ma non ne siamo così sicuri. La serata prosegue, il live lascia il posto alle selezioni musicali e al popolo danzante. Se ce ne andiamo senza aver trovato risposta ai nostri interrogativi, abbiamo assaporato quanto abbiamo ancora voglia di concerti nei locali, di scoprire nuova musica, di cantare i testi sottopalco e avere un senso di appartenenza a qualcosa che sta prendendo forma. In questa serata nostalgica, ha vinto tutto l’indie di cui abbiamo ancora bisogno.

 

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L’Eroica, fatica e sorrisi tra le colline del Chianti.

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Eroica 2023 – Si ripete il rito magico degli eroi che volano sui pedali delle strade bianche, Grande successo quest’anno per il ciclismo su strade bianche de l’Eroica, che si è svolta il 30 settembre e 1 ottobre, nel cuore della Toscana più affascinante, con i suoi scenari di colline cosparse di vigne e cipressi, castelli e paesini in pietra.
L’emozione è tangibile da giorni nel centro di Gaiole in Chianti, interamente allestito per questa straordinaria XXVI edizione, conclusasi la scorsa domenica.

Nata nel 1997 da un’idea di Giancarlo Brocci, che, insieme ad altri 92 cacciatori di sentimenti ed emozioni, diede il via alla prima edizione di questo evento ciclistico, l’Eroica ci meraviglia ogni anno con i suoi percorsi impegnativi, i magnifici paesaggi e gli indimenticabili ristori.

L’idea iniziale fu quella di rievocare le imprese del ciclismo eroico di Bartali e Coppi, recuperando i valori di uno sport capace di insegnare i valori essenziali. Uno sport popolare e familiare, che non conosce confini e limiti di età, e privo di competizione. Appena si mette piede in questo grazioso borgo immerso nel verde delle colline Toscane, si inizia infatti a respirare un’atmosfera gioiosa, frizzante e completamente fuori dal tempo e dallo spazio.
Impossibile qui non innamorarsi de ciclismo e della sua storia. Per i non appassionati, l’Eroica è un evento, che gara non è poiché non c’è traccia di classifiche, che comprende percorsi di varie lunghezze e asperità. Il regolamento prevede l’uso di biciclette antecedenti al 1980 (addirittura anteguerra per le prime partenze del sabato), abbigliamento e accessori d’epoca, o fedeli riproduzioni. Ma soprattutto quello spirito di avventura, di scoperta, di solidarietà e di gusto per la fatica vera, che non deve appartenere solo al passato.

Che si scelga il percorso più lungo, quelli medi o i più brevi, si tratta comunque di una sfida in primis con sé stessi, poi con le strade, dure, sassose, bianche, sterrate, piene di curve, discese e soprattutto salite che mettono alla prova anche i più allenati. Non è raro vedere i ciclisti scendere e spingere le loro bici su per queste stradine cosparse di ghiaia, circondate dalle bellezze impareggiabili delle colline senesi. Così come non è raro vedere persone fermarsi a riparare una gomma forata, una catena uscita dalla sede, un dado perso, e tutti quegli imprevisti che possono capitare quando si  viaggia con mezzi e attrezzature ridotte all’essenziale. Eroici quindi gli oltre 8300 partecipanti che quest’anno sono saliti in sella, di cui ben 3133 sui percorsi più lunghi, in questo fine settimana dal clima estivo, in cui il bianco della strada abbaglia e la polvere
che si alza sotto le ruote copre tutto il resto e ci fa dimenticare il mondo intorno.

Ci si cala in un’altra epoca, fatta di cose semplici e belle, in cui la fatica è premiata dai sorrisi, dalla bellezza mozzafiato della natura che si scopre via via che si avanza sul cammino, e dalla bontà dei cibi locali. Perché non si tratta della ricostruzione di un’epoca ma di un tuffo nel passato, pedalando su una macchina del tempo che ci riporta a uno stile di vita diverso e ancora possibile. Niente gel, barrette e integratori quindi, ma solo cibi prelibati, locali, preparati e offerti a chi pedala dalle centinaia di volontari che partecipano ogni anno all’evento. Formaggi, frutta, salumi, pane e miele, olio e le buonissime zuppe toscane come la ribollita, la pappa al pomodoro o la passata di ceci.

C’è tanto buonumore nell’aria, “ci vorrebbe un misuratore di sorrisi – dice Brocci– per dare un’idea più diretta del successo dell’Eroica 2023”. Sorridono tutti, infatti, che siano in sella alle loro bici, o dietro le bancarelle del Mercatino Eroico a vendere abbigliamento e accessori, parti meccaniche o cibi nostrani, e sorridono le persone che affollano le strade,
per accompagnare qualcuno alla corsa, per fare acquisti o semplicemente per far parte di questa magia, che si ripete ogni anno e che continua a crescere e ad esportarsi in tutto il mondo. Perché non è una corsa in bici, ma un viaggio nel tempo che ci ricorda che la semplicità, il silenzio, la solidarietà e la lentezza, sono valori ancora possibili e che forse
anche un po’ più scomodi si può essere felici.

Alzarsi con la luna ancora alta nel cielo per partire alle 4, salire su fino al castello di Brolio, una lunga fila di fiaccole accese nel freddo buio della notte, e pedalare, pedalare, in abiti caldi come coperte, sfiorare l’alba arrivando nella grandiosità di piazza del Campo che si apre dai vicoli stretti e scuri, e andare avanti con il sole che si alza sempre di più, fino a infiammare gli spiriti di alcuni di questi eroi che sembrano volare sulle salite fitte e dure di terra bianca e ghiaia, battute dalle mille ruote che già le hanno percorse. E qualcuno invece scende e spinge a mano la bicicletta, sempre col sorriso stampato sulla faccia, a nascondere le smorfie della fatica. E tutti si fermano meravigliati quando si aprono gli scorci magnifici delle crete senesi, dei colli cosparsi di vigneti con le case isolate, poggiate sulle cime e le righe disegnate dalle file di cipressi. La bellezza del territorio lascia senza fiato gli italiani e i tantissimi stranieri che quest’anno hanno preso parte all’evento. Si fermano i compagni per aiutare chi è in difficoltà, si guardano sfilare le biciclette bellissime e le maglie colorate con le scritte personalizzate, con le camere d’aria di ricambio incrociate sul petto, le calze alte, i cappellini coperti dai caschi, i pantaloni alla zuava, le trecce, le gonnelline che coprono i pantaloncini, e tanti, tanti baffi, anche finti, perché ormai fanno parte dei segni distintivi di questa manifestazione. A Gaiole, tra le
tante attività, anche una gara di eleganza e una di barba e baffi, ma sono tante le persone che si aggirano per le strade in abbigliamento e mezzi d’epoca. E poi ci sono le tappe, con
il checkpoint in cui far timbrare la partecipazione, le ciclofficine per le riparazioni e soprattutto i ristori. Le piazze si riempiono di biciclette, poggiate agli alberi, ai muri, a ogni
angolo o paletto. E dietro i banchi la gente del posto offre pietanze, frutta e vino rosso, per ridare forza ai pedalatori instancabili, fino alla prossima sosta. Nessuna fretta di ripartire, sono momenti di condivisione, in cui si sentono parlare tante lingue diverse, ma in cui gli sguardi e i sorrisi sono tutti uguali. Nacono incontri e amicizie, e gioiosi si arriva al traguardo, soli, mano nella mano, a squadre, in bici o sul tandem, stringendo le mani al pubblico dietro le transenne, o alzandole al cielo, passando sotto lo striscione.

Stanchi, con i crampi, sporchi di terra bianca, e con qualche parte meccanica persa per strada, ma felici e con la voglia di tornare di nuovo l’anno successivo a rivivere questa meravigliosa fatica. Edizione trionfale, il 2023 è stato l’anno dei record, dal numero degli iscritti (8316) alla percentuale di stranieri (oltre 3000), e di donne (889) partecipanti, fino al clima quasi estivo, che ha aggiunto il caldo alle altre mille difficoltà da affrontare, ma che ci ha regalato giornate splendide che resteranno stampate a vita nei nostri cuori. Magnifica l’organizzazione, con l’allestimento di aree campeggio, indicazioni e assistenza stradalichiare ed efficaci, eventi collaterali conviviali, che hanno contribuito a rendere semplice e fruibile ogni istante di queste giornate. Naturalmente il rovescio della medaglia, visto il crescente successo, è il rapido incedere del lato più commerciale dell’evento, diventato ormai un brand globale, portandosi dietro il merchandising, l’esportazione nei vari paesi del mondo, la folla che riempie le strade, i prezzi che volano alle stelle.

Ma il successo è più che meritato e si spera che in fondo siano i valori più veri e sinceri a vincere, mantenendo più autentica possibile la magia dell’Eroica (e di tutte le altre corse che ne seguono l’esempio) anche nei tantissimi anni a venire.

Le fotografie sono di Ginevra Baldassari e Giulio Paravani.

 

 

 

SPRING ATTITUDE FESTIVAL 2023

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Si è appena conclusa a Roma la 12esima edizione dello Spring Attitude festival, uno dei più interessanti festival italiani di musica elettronica e contemporanea, che si è svolto il 23 e 24 settembre negli Studi di  Cinecittà, in un’area di oltre 10mila metri quadri. Perfettamente organizzata, con due palchi uno di fianco all’altro, con un’ampia zona per il pubblico, delineata dai food trucks e i punti ristoro. Totalmente privo di cash, il pubblico è stato fornito di speciali braccialetti ricaricabili con cui acquistare viveri e merchandising. Anche quest’anno la manifestazione si è confermata estremamente attenta alle nuove tendenze musicali, presentando una line up di tutto rispetto e molto varia per generi e provenienza. Se la techno e l’elettronica la fanno nettamente da padroni, non mancano il rock, l’it-pop, l’hip hop e un tocco di  avanguardia e sperimentazione.

 

DAY ONE

 

Sperimentali e ipnotici, infatti, sono i ritmi degli ARCHIVI FUTURI, nascosti dalle maschere in questa giornata ancora decisamente estiva, facendoci capire al primo assaggio i colori di questa edizione del festival.

Pop maliconica e dal sapore vagamente electro invece per VALENTINO, con la sua esibizione frenetica e vincente.

Si passa subito all’indie intimista di MARCO FRACASIA voce struggente e chitarra, cresciuto sicuramente a pane e Calcutta, ma con un’identità che potrebbe ritagliarsi uno spazio più personale grazie al brano appena uscito “mamma e papà”.

Pop decisamente oscura per IBISCO, attuale nel suo gusto retrò che ci fa sentire un po’ a Bologna e un po’ nella Berlino di Bowie o la Manchester dei Joy Division.

Cambio palco per l’interessante progetto di MARIA CHIARA ARGIRO’, tra sonorità Jazz e elettronica, prima esibizione al femminile per questo evento che è perfettamente equilibrato anche dal punto di vista delle quote rosa. La compositrice e produttrice romana espatriata a Londra, strega il pubblico con le sue atmosfere jazz contemporanee che si tingono qua e là di melodie che rimandano al mondo dell’alternative e del trip-hop.

Ritmo, allegria, tanti colori e sonorità etniche per i PARBLEU, progetto di Andres Balbucea e Andrea de Fazio – già batterista nella super band dei Nu Genea. Un originale groove che abbina ingredienti insoliti come cumbia, ritmi afrocaraibici e psichedelici, e stile retrò di stampo francese e mediterraneo.

Lasciano il posto al muro di suoni e di pura emozione dei BUD SPENCER BLUES EXPLOSION, con un Adriano Viterbini in splendida forma. Energia pura che usa la musica come linguaggio universale per tradurre le emozioni nel modo più immediato e viscerale possibile.

Viterbini passa il testimone agli headliner VERDENA, che ci regalano un grande concerto. Splendida esibizione per il gruppo tornato alla ribalta e che ha recentemente fatto breccia anche nel cuore di un pubblico giovanissimo. Sono accorsi a centinaia, infatti, ad aspettare pazientemente in prima fila tutto il giorno per vedere i loro beniamini. Ragazzi e adulti (anche qualche bambino) che cantano con tutto il fiato che hanno in gola insieme agli unici superstiti del Grunge made in Italy.

Dopo una piccola pausa si passa alla parte più clubbing dell’evento, con i DJ francesi ACID ARAB e i loro ritmi dalle influenze mediterranee.

Restiamo in Francia con la DJ di punta Chloe Caillet, un tocco di freschezza e di classe nel mondo della dancefloor. Line-up tutta al femminile per questa chiusura di serata,Chloe lascia il posto infatti all’attesissima PEGGY GOU, regina indiscussa del deejaying più orecchiabile. La folla variopinta e cosparsa di paillettes decisamente apprezza.

 

DAY TWO

 

Apre GIIN, chioma bionda al vento e chitarra nera, un’estetica da fumetto grunge e melodie accattivanti, per una piccola manciata di brani di introduzione alla giornata.

Lascia il palco alla collega ANNA CAROL che ci travolge con la sua infinita grazia. Mi sale sulla pelle quella scintilla di quando gli occhi e le orecchie si posano su un talento vero. Pop elegante e testi ironici, in un futuro giusto meriterebbe un posto da headliner. Me ne vado all’altro palco canticchiando “Colla”.

E lì è invece la furia sperimental hip hop degli ormai già consolidati STUDIO MURENA ad accendere il pubblico che piano piano inizia a riempire l’arena.

Dall’altra parte un astro nascente, la giovanissima rapper svizzera ELEA, cresciuta a musica classica e Gemitaiz, ancora un filo acerba per spiccare il volo, ma promette bene.

E’ la volta di BLUEM sul palco S/A, che ci trascina nel suo universo senza tempo e in luoghi indefiniti di cui la sua musica fa da perfetta colonna sonora.

Ben lontani dalle tinte impalpabili della giovane cantautrice e produttrice, sul palco Molinari arrivano i FUERA. Non è compito facile descriverli, rap/techno in versione acida e irriverente, portano decisamente un colore nuovo a questa giornata e sapranno far parlare di sé. Da riascoltare prima di emettere sentenza.

E mentre tutto in loro strilla, sul palco gemello appare LUCIO CORSI, elfo venuto da un’altra epoca a portarci le sue fiabe piene di magica purezza, in ali di farfalla da folletto glam. Quando canta, il mondo si ferma per incanto e ci si perde in un bosco fatato popolato dai personaggi dei suoi brani. Artista unico e tra i più interessanti di questi ultimi anni, attendo con ansia un’esibizione con la scaletta completa. Sale sul palco a fianco TUTTI FENOMENI, giovane artista romano con un grande e affezionato seguito, erede di quella scia di autori cresciuti ascoltando i Cani e Vasco Brondi.

Passiamo alla fase DJ set, con il solitario artista tedesco CHRISTIAN LÖFFLER, che con la sua musica ambient crea atmosfere organiche e introspettive.  Si cambia registro con l’arrivo degli attesissimi MODERAT, e le loro sonorità elettroniche. Un muro di fumi e luci da cui si distaccano in silhouette le note vibranti e struggenti di questa formazione totalmente digitale. Capaci di dare un’anima ai suoni più freddi che la tecnologia possa produrre, il festival è all’apice della sua internazionalità. Basta perdere un attimo di vista i contorni di Cinecittà per sentirsi altrove.

Tutta italiana, anzi decisamente made in Napoli è la collega MEG che infiamma la platea con la sua voce inimitabile e la simpatia coinvolgente. Balzata alla ribalta grazie alle collaborazioni con i 99 Posse e gli Almamegretta, si è consolidata con una lunga carriera solista ed è recentemente tornata in auge con la pubblicazione del suo ultimo splendido album Vesuvia. Come i Verdena la sera precedente, fa parte di quella schiera ristretta di artisti che riescono ad attraversare le generazioni.

Sono ormai le 1:00 e si chiude questo weekend tutto in musica con il live set del duo austriaco HVOB (her Voice Over Boys), con la loro dance elettronica sobria e accattivante che delizia il popolo danzante di questo grande evento musicale.

 

LAZZA – Oltre ogni aspettativa

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Si chiude col botto il Viper Summer Festival, rassegna tutta toscana divisa tra due location, con il concerto di Lazza all’Arena della Versilia. Prosegue infatti con questa tappa al Cinquale, a due passi da Forte dei Marmi, l’Ouvertour Summer 2023 che lo ha visto protagonista di oltre 16 date in questa estate di grandi successi.

Da poco reduce dal suo show sul main stage dello Sziget Festival (terzo artista Italiano nella storia dopo Lorenzo Jovanotti e i Subsonica, e primo negli ultimi 13 anni), il giovane rapper milanese porta sul palco i suoi brani più iconici, con una grinta e un’umiltà inaspettate. Sugli schermi un conto alla rovescia annuncia l’inizio del concerto, l’arena gremita di giovani (e di qualche genitore altrettanto coinvolto) esulta, attacca in grandezza, ça va sans dire, con il brano Ouverture, con la band che suona mentre la voce di Lazza arriva dal backstage per tutta la durata dell’intro. Corre e salta sul palco con grande energia nei primi tre brani, Molotov, Bugia e Netflix, in maglietta nera e shorts rossi, catena sbrilluccicante al collo e i doverosi occhiali da sole. Nero e rosso è anche il colore del palco e delle luci che illuminano i fumi, forse un richiamo alla sua squadra del cuore, o forse è solo un caso. Forza Milan grida un bambino in prima fila nella speranza di farsi sentire dal suo idolo, che per tutto il concerto interagisce con il pubblico in modo semplice e spontaneo.

Una versione ridotta rispetto allo show presentato in spazi più grandi e nei palazzetti, senza fuochi e fiamme ma pieno di sincerità. Accompagnato da un’ottima band, è un Lazza più crudo e ruvido rispetto agli album, con la voce graffiata e roca per i troppi concerti o gli sbalzi di temperatura, ma che va avanti fino alla fine senza perdere un colpo. Il pubblico canta ogni brano, dalle hit più note come Panico, Chiagne, Re Mida e Porto Cervo, a quelle più oscure o più dure come Alyx, Puto, Catrame, Slime, Jefe e Gucci Ski Mask, si infiamma con Zonda, diventa un oceano di luci sui brani più intimi e di ombrelli aperti, come di consueto, per Piove. Canta con tutta l’anima Lazza, sembra quasi sofferente a tratti, e riesce a creare un’atmosfera intima e densa su questo palco sotto le montagne e a pochi metri dal mare. Tanta energia e rabbia, quanta commozione, sia nei brani che nell’atteggiamento dell’uomo dei numeri (tutto esaurito a ogni data, oltre 3 miliardi di stream per i suoi brani e il record di permanenza ininterrotta al primo posto in classifica per Sirio, 7 volte disco di platino).

Si aggiungono alla scaletta, oltre ai brani di Sirio, di Re Mida e di J, gli ultimi successi estivi di Drillionaire “Bon Ton” e “Fashion”- Il pubblico poga, canta, partecipa (un ragazzo indovina una domanda sugli esordi di Lazza e viene invitato sul palco con il suo beniamino), si sente parte di un qualcosa di unico e irrepetibile questa sera. A un tratto, nel silenzio un grido “sei Dio”. Si mostra invece umano e fragile, più un fratello che una star sul piedistallo, scherzando con la crew sul palco ed esibendosi con una sincerità disarmante il nostro Lazza, che se è intenso in ogni brano, sembra vibrare di un’energia diversa nei momenti più introspettivi e malinconici, quasi fosse quella la sua chiave più vera.

E’ visibilmente toccato quando ringrazia a fa salire sul palco Drillionnaire e Low Kidd (che ci sono sempre stati da “quando non ero nessuno”), e ancora di più quando sul palco sale il suo cane Coby per la foto di rito con il pubblico alle spalle. Chiude in bellezza con i successi più globali “Cenere” e “Ferrari” dopo due ore di concerto e più di 30 brani suonati interamente dal vivo. Torna sul palco per ringraziare tutti, prima di essere inghiottito dalla nebbia estiva, mentre il prato si svuota e restano nell’aria le note di una notte da ricordare.

La galleria immagini:

Ginevra Baldassari
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