GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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REGIONI - page 37

Eurogruppo, l’irlandese Paschal Donohoe è il nuovo Presidente

EUROPA di

Il 9 luglio, il Ministro delle finanze irlandese, Paschal Donohoe, è stato eletto a sorpresa Presidente dell’Eurogruppo. Alla vigilia delle elezioni la favorita era, infatti, la spagnola Nadia Calvino, sostenuta soprattutto dal Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, dal Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte e dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel. L’elezione di Donohoe, in tale ottica, è un segnale politico importante in vista del prossimo Consiglio europeo del 17 e 18 luglio. Donohoe, subentra al Ministro delle finanze portoghese, Mário Centeno e si è imposto alla seconda votazione, dopo che al primo turno nessun candidato aveva ottenuto la maggioranza necessaria (10 voti). Sarà in carica per un mandato di due anni e mezzo rinnovabile. Il candidato lussemburghese, Pierre Gramegna, si è, invece, ritirato dopo il primo turno, prassi seguita da chi riceve meno voti. Definire un cammino comune verso la costruzione di una ripresa europea, promuovendo una crescita economica sostenibile ed inclusiva per gli Stati membri e i cittadini europei, così come “inclusivo e trasparente” dovrà essere lo stesso Eurogruppo: queste le priorità annunciate dal neopresidente.

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Unione europea, il summit per i cambiamenti climatici e le nuove strategie

EUROPA di

Il 7 luglio 2020 il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Frans Timmermans, il ministro canadese per l’ambiente e i cambiamenti climatici Jonathan Wilkinson e il ministro cinese per l’ecologia e l’ambiente Huang Runqiu hanno presieduto la quarta sessione del Ministerial on Climate Action (MoCA), un meeting che si tiene annualmente per la lotta ai cambiamenti climatici e l’implementazione dell’accordo di Parigi. Inoltre, l’8 luglio, la Commissione europea ha presentato due nuove strategie per una energia e una economia climaticamente neutra: il piano per il sistema energetico del futuro e l’idrogeno pulito.

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Al via la prima sessione di modifica del Memorandum d’intesa Italia-Libia

AFRICA di

Il 3 luglio scorso al Viminale si è tenuta la prima sessione del Comitato misto italo-libico per negoziare le modifiche al Memorandum d’intesa siglato nel 2017. All’incontro ha preso parte una delegazione del Governo di Accordo Nazionale (GNA) di Tripoli, partita nella mattinata del 3 luglio accompagnata da un funzionario italiano.

Il meeting si è svolto in un contesto caratterizzato da una “buona atmosfera”, ed è stato per questo definito “produttivo”. Secondo quanto si apprende dall’Agenzia di stampa Ansa, il Comitato sta attualmente elaborando gli emendamenti al testo del memorandum e, una volta che le modifiche saranno approvate, sarà possibile procedere ad una seconda sessione, questa volta finalizzata alla redazione di un unico testo emendato.

In una dichiarazione depositata dalla delegazione italiana si insiste sulla necessità di imprimere una svolta sostanziale alla cooperazione tra i due Paesi, al fine di giungere ad una migliore gestione dei flussi migratori.

Attraverso il richiamo e il puntuale rispetto delle norme applicabili in materia di diritti umani, un ruolo centrale da riconoscere alle competenti agenzie delle Nazioni Unite e il progressivo superamento del sistema dei centri che ospitano i migranti, vogliamo rafforzare la cooperazione con la Libia e al contempo modificare le basi del nostro rapporto”.

Come è noto, il Memorandum d’intesa fra Italia e Libia era stato firmato il 2 febbraio 2017 dall’allora presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni ed il Premier libico Fayez al-Serraj. Lo scopo dell’accordo era contrastare l’immigrazione illegale, il traffico di esseri umani ed il contrabbando, rafforzando, allo stesso tempo, la sicurezza delle frontiere e gli strumenti di cooperazione allo sviluppo. Nonostante si prevedesse un rinnovo automatico del Memorandum bilaterale trascorsi 3 anni dall’entrata in vigore, da mesi il governo italiano ha notificato alle autorità libiche la volontà di rivedere ed aggiornare il documento del 2017. Sono note infatti le notizie sulle allarmanti condizioni in cui vivono i migranti, vittime di una guerra che li ha costretti a vivere nei centri di detenzione, in condizioni più volte definite disumane delle Nazioni Unite.

Già nel corso delle settimane precedenti, le autorità libiche avevano provveduto a consegnare una serie di proposte per la modifica del memorandum, accogliendo le richieste avanzate dall’esecutivo italiano in materia di tutela dei diritti umani. L’ultima è stata presentata il 24 giugno scorso, durante un incontro tra il Ministro degli Esteri italiano ed il Premier di Tripoli, nel cui testo si legge: “in una fase molto delicata della crisi in Libia, Tripoli ha ribadito il ruolo irrinunciabile dell’Italia per la stabilizzazione del Paese. E per dimostrarlo, ha aperto alla modifica del memorandum sui migranti, con l’impegno al rispetto dei diritti umani [..]”.

In base alla proposta, infatti, Tripoli si impegnerebbe ad assistere i migranti salvati nelle loro acque e a vigilare sul pieno rispetto delle pertinenti Convenzioni internazionali, garantendo loro protezione così come stabilito dagli accordi in materia di diritti umani.

 

UNIFIL Medal Parade al Sector West

MEDIO ORIENTE di

I caschi blu italiani ricevono la United Nations Medal. Oltre 250 le UN Medal consegnate ieri ai caschi blu del Sector West. Una rappresentanza degli oltre mille peacekeeper dell’Esercito Italiano e dei quasi tremila colleghi delle quindici nazioni impegnate nel sud del Libano sotto comando italiano.

La Medal Parade è la cerimonia che sancisce l’impegno di uomini e donne, il loro servizio sotto egida delle Nazioni Unite, la loro competenza e professionalità a favore della collettività.

“Il conferimento della UN Medal si arricchisce oggi di significato – ha ricordato il Comandante del Sector West, Gen. B. Diego Filippo Fulco – voi avete dimostrato spirito di sacrificio, flessibilità e capacità di adattamento, caratteristiche che vi hanno permesso, ci hanno permesso di tener fede al nostro mandato nonostante le difficoltà dettate dall’emergenza sanitaria che ci ha posto a confronto con problematiche nuove e imprevedibili.”

La UN Medal racchiude simbolicamente le oltre 250 attività quotidiane, le cinquanta pattuglie sulla Blue Line, i più di 1300 progetti di cooperazione civile-militare, il supporto alle Lebanese Armed Forces ma anche le tante esercitazioni multinazionali, l’aiuto alla popolazione, la salvaguarda della stabilità, l’impegno per la sicurezza, in una parola il peacekeeping.

La via della seta e l’espansione economica cinese

ASIA PACIFICO di

Lo stato di salute di un Paese è determinato dallo stato delle sue infrastrutture: trovarsi nel benessere implica, per la nazione, investimenti nella costruzione di una nuova rete infrastrutturale o nel miglioramento di quella già esistente. Quando sui giornali leggiamo “via della seta cinese”, altrimenti definita come Belt and Road Initiative (BRI),  non è altro che la nuova fase di espansione dell’economia cinese, la chiave per la crescita del Paese, volta ad avviluppare Europa e Asia con navi e treni, supervisionando le infrastrutture. Direttamente, chiamando operai a lavorare nei cantieri, dipendenti a controllare gli uffici e così via. Indirettamente, investendo con finanziamenti la riserva di liquidità raccolta negli ultimi anni per costruire oggetti di consumo per il mondo. Leggi Tutto

Pari opportunità e parità di retribuzione, il Comitato europeo dei diritti sociali riscontra violazioni in Repubblica Ceca

EUROPA di

Il Comitato europeo dei diritti sociali ha riscontrato numerose violazioni del diritto alla parità di retribuzione e alle pari opportunità sul luogo di lavoro. I paesi coinvolti sono numerosi: Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica Ceca e Slovenia. L’approfondimento del Comitato europeo è seguito alla procedura dei reclami collettivi portata avanti da 15 paesi: tra questi, sono risultati tutti violatori di diritti alla parità di retribuzione e di pari opportunità fuorché la Svezia, unico paese conforme alle disposizioni della Carta sociale europea.

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Francia, il nuovo governo alla ricerca di un orientamento più verde e sociale

EUROPA di

Il 3 luglio, la Presidenza della Repubblica francese ha reso nota, con un comunicato stampa, la rassegnazione delle dimissioni del Primo Ministro francese, Edouard Philippe, accettate da Emmanuel Macron. Il Presidente francese ha dichiarato di voler rapidamente indicare il nuovo Primo Ministro, non a caso, meno di tre ore dopo Jean Castex è stato nominato nuovo capo del governo, anche lui repubblicano ed ex consigliere del Presidente Sarkozy, ma con caratteristiche diverse rispetto a Philippe. Lo scorso aprile Castex era stato scelto per gestire la cosiddetta fase due dopo la fine del confinamento e per questo era stato soprannominato “Monsieur déconfinement”. Il rimpasto del governo francese era previsto: da settimane le indiscrezioni tra l’Eliseo e l’Hotel de Matignon davano per certo un simile scenario politico all’indomani del secondo turno delle elezioni amministrative tenutesi il 28 giugno.

Le dimissioni di Edouard Philippe

 

Edouard Philippe, che era stato nominato nel maggio del 2017, non ha motivato la sua decisione di rassegnare le dimissioni dalla carica di Primo Ministro, a pochi giorni dalla vittoria nelle elezioni municipali nella città di Le Havre, diventandone sindaco per la terza volta, sull’onda della popolarità acquisita negli ultimi mesi anche a scapito di Macron. Le dimissioni sembrano, tuttavia, essere una conseguenza proprio delle elezioni municipali, di cui il principale vincitore è stato il Partito Europe Ecologie-Les Verts (EELV). L’ondata verde ha coinciso con un ridimensionamento del partito del Presidente francese, La Republique en Marche, mostratosi privo di radicamento territoriale e diviso al suo interno.

In tale ottica è plausibile che le dimissioni rientrino in un piano del Presidente Emmanuel Macron finalizzato ad un rimpasto di governo che coinvolga i vincitori delle ultime elezioni e che permetterebbe di spostare il suo elettorato più a sinistra. Philippe, infatti, appartiene ad uno schieramento di destra, il che non si coniuga con le nuove esigenze politiche di Macron: il Primo Ministro uscente era stato protagonista nella stagione del riformista di stampo liberista, ora però Macron vuole imprimere all’esecutivo una politica caratterizzata da un orientamento più sociale. In primis Macron non vuole perdere la sfida ecologista, poi vuole porre maggiore attenzione all’assistenza degli anziani, ai problemi dei giovani a cui garantire un lavoro ed un futuro, ed alla sanità, messa a dura prova dalla pandemia da coronavirus e, al contempo, rivelatasi cruciale per la tenuta dal Paese. È chiaro che l’impatto del Covid-19 si è rivelato devastante sulla società francese, così come il movimento dei gilet gialli, gli scioperi di lunghissima durata nel settore dei trasporti ferroviari, seguiti da quelli contro la riforma delle pensioni. L’economia francese è stata, così, messa in ginocchio, tanto da necessitare una riforma sistemica.

 

Il nuovo governo guidato da Jean Castex

 

Il nuovo Primo Ministro francese, Jean Castex, ha 55 anni, è repubblicano ed è sindaco di Prades, una cittadina sui pirenei orientali. “Monsieur déconfinement” è stato sotto i riflettori nella gestione della pandemia da coronavirus per poi ritrovarsi al vertice dell’esecutivo.

Attraverso la sua nomina, Macron mostra sia la volontà di mantenere l’elettorato repubblicano, sia l’intenzione di aprire il governo francese alla rinnovata sensibilità verde e sociale.

Nella serata di lunedì 6 luglio è stata annunciata la composizione del Governo presieduto da Castex. Questo è costituito da 17 donne e 15 uomini di cui 16 ministri, 14 “ministri delegati”-vale a dire responsabili di specifiche aree di attività spesso dipendenti da un ministero e aventi la possibilità di partecipare al Consiglio dei Ministri- ed un Segretario di Stato. Sono 11 i nuovi ministri non presenti nell’esecutivo uscente guidato da Philippe: Roselyne Bachelot- già ministra nella presidenza di Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy – è la nuova ministra della Cultura; Barbara Pompili- inizialmente appartenente al partito dei verdi poi deputata per La République en marche – è stata nominata Ministra della Transizione ecologica e solidale; Eric-Dupond Moretti – popolare avvocato penalista, che ha assunto posizioni molto pesanti contro la magistratura- è, invece, il nuovo ministro della Giustizia. Tra loro le principali sorprese sono Roselyne Bachelot e Eric Dupond-Moretti, due figure conosciute al grande pubblico francese, presumibilmente inserite nel nuovo governo al fine di renderlo meno “tecnico”

Alcuni Ministri già presenti nel Governo di Philippe hanno, invece, cambiato ministero: Franck Riester dal Ministero della Cultura è passato al Commercio estero e Gérald Darmanin, ministro uscente dei Conti pubblici, è ora alla guida del Ministero dell’Interno, sostituendo Christophe Castaner, recentemente molto contestato dai sindacati di polizia ed accusato di aver coperto le violenze degli agenti, sulla scia delle proteste originate dalla morte di George Floyd negli Stati Uniti. Anche il nuovo Ministro dell’interno, tuttavia, è già stato contestato per l’emergere di accuse di stupro a suo carico e la Corte di Appello di Parigi ha ordinato la riapertura delle indagini sul caso in cui risulta coinvolto. Nel dettaglio, nel 2009, una donna di nome Sophie Patterson-Spatz, era stata condannata per ricatto e minacce contro il suo compagno e aveva cercato aiuto per la revisione della sentenza contattando Darmanin, allora responsabile degli affari legali dell’Union pour un mouvement populaire-UMP, il Partito di centrodestra di Nicolas Sarkozy. La donna protagonista della vicenda sostiene che l’attuale Ministro accettò di scrivere una lettera all’allora Ministra della Giustizia per sostenere la sua richiesta, ma in cambio pretese prestazioni sessuali. Darmanin ha sempre negato le accuse e sembra che per il Presidente francese queste non abbiano rappresentato un ostacolo alla sua nomina.

L’attuale composizione del Governo, tuttavia, non sembra rispettare la promessa di cambiamento promessa dal Presidente Macron, configurandosi piuttosto come “una forma di cambiamento nella continuità” come afferma il quotidiano francese Le Monde. Libération invece ha dichiarato nelle sue pagine che con questo rimpasto di “si prendono più o meno le stesse persone e si ricomincia”.

L’ex inviato Onu in Libia Salamè: “sono stato pugnalato alle spalle”

AFRICA di

L’ex inviato delle Nazioni Unite in Libia Ghassan Salamè ha denunciato l’ipocrisia di alcuni Stati del Consiglio di Sicurezza ONU, responsabili di aver minato i suoi sforzi per pacificare il Paese nordafricano. Quanto detto è stato dichiarato nel corso di un’intervista rilasciata al Centre for Humanitarian Dialogue, un’organizzazione diplomatica privata con sede in Svizzera.

Come è noto, Salamè ha ricoperto il ruolo di sesto inviato della Missione UNSMIL, il secondo di nazionalità libanese, il quale ha annunciato le sue dimissioni il 2 marzo scorso, chiedendo al Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres di assolverlo dal suo incarico in Libia. “Il mio fisico non regge a questo stress”, aveva affermato con un tweet, rendendo pubblica la sua decisione.

Nel corso della sua intervista l’ex inviato ONU ha affermato di essere stato “pugnalato alle spalle” da alcuni Paesi membri del Consiglio di Sicurezza, i quali avrebbero ostacolato i suoi tentativi di riportare pace e stabilità nel Paese sostenendo il generale Khalifa Haftar ed il suo Esercito Nazionale Libico (LNA). In particolare, egli ha dichiarato di aver sentito come se il suo incarico in loco fosse inutile quando Haftar, il 4 aprile 2019, ha intrapreso la sua marcia per la conquista di Tripoli, già forte dell’appoggio di numerosi sostenitori a livello internazionale.

Egli ricorda inoltre che l’11 febbraio scorso, a seguito della nota Conferenza di Berlino del mese di gennaio, il Consiglio di Sicurezza ha adottato con 14 voti favorevoli su 15 (con l’astensione della Russia), una risoluzione tedesco-britannica che, tra le altre cose, estendeva l’embargo sulle armi in Libia fino al 30 aprile 2021. Nonostante ciò, le milizie di Haftar hanno continuato ad attaccare Tripoli, portando Salamè a sentirsi “pugnalato alle spalle”. L’offensiva di Haftar ha vanificato gli sforzi profusi dalle Nazioni Unite per pacificare il Paese, sabotando i preparativi, in corso da più di un anno, per la Conferenza Nazionale di Ghadames, prevista pochi giorni dopo l’inizio delle operazioni contro Tripoli ed il governo di al-Serraj, l’unico riconosciuto a livello internazionale.

Anche in questo caso, secondo quanto dichiarato da Salamè, vi sono state pressioni da parte di Paesi “rilevanti” con l’intento di sabotare il meeting, finalizzato alla discussione dei meccanismi per giungere ad una fine del conflitto.

“È a questo punto che, in quanto rappresentante delle Nazioni Unite, ti rendi conto che l’ipocrisia di alcuni Paesi ha raggiunto un limite che rende il tuo lavoro difficile”, ha dichiarato Salamè, aggiungendo, senza giri di parole, che le Nazioni Unite “sono in pessima forma”.

Questioni come il cambiamento climatico e la parità di genere sono molto importanti, prosegue, ma il principale ruolo dell’ONU deve essere quello di garantire “la pace e la sicurezza internazionale”. Le Nazioni Unite sono nate per questo, ricorda il diplomatico, come “organismo per la sicurezza collettiva”, individuando, inoltre, la causa che sta condannando l’Organizzazione all’immobilismo: siamo di fronte, ha detto, ad una “deregolamentazione dell’uso della forza”.

Giulia Treossi
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