GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Difesa - page 10

Lo Stato Maggiore della Difesa smentisce le accuse delle Iene

Difesa di

In merito al servizio “Droga e militari italiani in Afghanistan”, andato in onda nella puntata dell’11 ottobre delle “Iene”, lo Stato Maggiore della Difesa smentisce categoricamente quanto riportato, poiché frutto di illazioni e notizie false che gettano discredito sulle Forze Armate.

In particolare, quanto dichiarato dal presunto militare è smentito dal fatto che tutto il personale militare, di ogni categoria e grado, in missione e in Patria, viene obbligatoriamente sottoposto a controlli periodici volti ad individuare l’eventuale uso, anche occasionale, di sostanze stupefacenti. Laddove vi siano stati riscontri positivi, le Forze Armate, ribadendo la propria politica di “tolleranza zero”, hanno perseguito i singoli, avviando con immediatezza tutte le previste procedure giudiziarie, disciplinari e sanitarie. L’affermazione di supposte connivenze tra commilitoni e comandanti, inoltre, è totalmente infondata: in operazioni ad alto rischio, la sicurezza e l’incolumità di ciascun militare, infatti, dipendono dalla lucidità e dalla pronta reattività di ogni collega e, quindi, nessuno tollererebbe la vicinanza di chi abbia capacità psicofisiche alterate dall’uso di sostanze stupefacenti.

Le affermazioni del sedicente Ufficiale dell’Aeronautica, invece, sono sconfessate dai controlli obbligatori presso gli aeroporti di partenza e di arrivo, effettuati dall’Arma dei Carabinieri. Tali controlli sono finalizzati a verificare l’osservanza dei vincoli di sicurezza imposti dall’autorità internazionale per il trasporto aereo e il rispetto delle norme doganali. La validità di tale sistema è dimostrata anche dal rinvenimento di modesti quantitativi di marijuana nelle canne di una decina di fucili. Il fatto è stato scoperto grazie a questi controlli e denunciato proprio dalle autorità militari, ma l’autore del servizio, nel riferire l’evento, ha strumentalmente omesso questa informazione.

Per quanto riguarda il personale civile che lavora all’interno delle basi nazionali all’estero, anch’esso viene quotidianamente sottoposto a stringenti controlli di sicurezza, tanto all’ingresso quanto all’uscita, da parte del personale militare di vigilanza e dei Carabinieri, nonché monitorato da un punto di vista sanitario: è pertanto fortemente improbabile che sostanze stupefacenti possano essere introdotte con facilità – come invece si afferma nel servizio – all’interno delle nostre basi.

Lo Stato Maggiore della Difesa si riserva pertanto di adire le vie legali nei confronti dell’autore del servizio, al fine di salvaguardare il buon nome e l’immagine di tutti quei militari che, pur tra innumerevoli difficoltà e sacrifici personali, adempiono quotidianamente il loro dovere con onore e disciplina, lontano dalle luci della ribalta.

Sisma, l’impegno della Difesa in cifre

Difesa di

Man forte anche dalla Marina Militare alle popolazioni colpite dal sisma. Un plotone di 30 fucilieri della Brigata Marina “SAN MARCO” di Brindisi contribuisce alla rimozione delle macerie e alle operazioni pianificate a beneficio della popolazione, unitamente ai fucilieri del Battaglione Logistico “Golametto”, preparati nello specifico delle strutture campali e concentrati quindi su tende e rifornimenti. A partire dal 24 agosto scorso, data della catastrofe che ha colpito i Comuni di Lazio e Marche, sono in totale 1358 le divise impegnate dalla Difesa in quella che è stata codificata come operazione “Sabina”, dal nome della zona interessata. Dopo la mobilitazione dei primi giorni nelle attività di ricerca dei dispersi, primo soccorso e sicurezza, oltre 850 uomini e donne dell’Esercito e dell’Aeronautica stanno lavorando all’apertura della rete viaria ostacolata dai detriti. In tal senso, i genieri hanno quasi ultimato il ripristino della viabilità d’accesso principale alla città di Amatrice, rappresentata dal ponte “Tre Occhi”. Più di 508 Carabinieri, invece, si occupano in particolar modo della  vigilanza antisciacallaggio nelle città sinistrate e nelle molte frazioni periferiche. Nell’ambito della Direzione Comando e Controllo (Dicomac), sono state mobilitate 12 risorse: 7 unità del Comando Operativo di vertice interforze, 3 dell’Esercito e 2 della Marina Militare. Le Forze Armate hanno inviato inoltre squadre a supporto dell’operatività delle agenzie coinvolte, tra cui Protezione Civile, Vigili del Fuoco e Croce Rossa, team dedicati al coordinamento e alla pianificazione, e infine unità specializzate dalle competenze peculiari, quali ad esempio il sostegno psicologico. Sul campo, infine, 300 mezzi e 3 aeromobili.

Viviana Passalacqua

La Francia e il terrorismo: cosa è cambiato nelle vite dei francesi

Difesa/EUROPA di

Era il 7 Gennaio del 2015 quando un commando composto da due persone incappucciate fa irruzione nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo decimando brutalmente la redazione riunita in un incontro. Da quel giorno vivere in Francia e specialmente a Parigi non è più  stata la stessa cosa. La cattura dei responsabili dell’efferato gesto è stata accompagnata da una prima scia di sangue: una poliziotta uccisa nella apparentemente tranquilla banlieue del sud di Parigi, Montrouge, e poi la presa di ostaggi finita in tragedia al supermercato Kosher di Porte de Vincennes. Questo non è stato solo che un preludio a quello che il paese d’oltralpe ha iniziato a subire. Il culmine sono stati gli attentati del 13 Novembre 2015 di cui tutti abbiamo ancora triste memoria, poi il 22 Marzo 2016 a Bruxelles, poi il 14 Luglio 2016 a Nizza e il 26 Luglio la chiesa violata a Rouen.

Numerose le minacce sventate, perquisizioni, arresti, blitz e controlli, questo è quello che vuol dire vivere a Parigi in questo periodo di alta tensione. Se da un lato la popolazione della Ville Lumiére si dimostra sempre abbastanza indifferente e sprezzante del pericolo che potenzialmente li circonda, dall’altro lato si sono abituati a convivere con delle rigide forme di sicurezza preventiva. Se già i controlli in tutti i luoghi pubblici sono aumentati dall’entrata in vigore del Vigipirate (ovvero il piano di massima allerta per pericoli legati alla sicurezza) dopo il drammatico 14 Luglio sono stati incrementati ulteriormente i gruppi di pattuglia sia della Géndarmerie che dell’esercito. Ma come si vive nei fatti la routine giornaliera a Parigi?

 

Nonostante lo stato di calma apparente ecco cosa potete trovare se andate nella capitale francese: mezzi rallentati per “colis suspect”. Questo vuol dire che un treno della metropolitana, della RER o un qualsiasi mezzo è stato evacuato per la presenza di un “pacco sospetto”. Interessante è anche la definizione di pacco sospetto nel quale rientra tutto ciò che è trovato senza proprietario: un sacchetto di plastica vuoto lasciato da qualche persona poco attenta al decoro degli spazi comuni è già considerato un “colis suspect”.
Nella vita di tutti i giorni bisogna anche andare a fare la spesa: ogni supermercato è dotato di almeno una o due persone addette al servizio di sicurezza, non si effettuano perquisizioni ma si viene attentamente scrutati. Diverso è quando si va in un centro commerciale. In quel caso si viene sottoposti all’ispezione della borsa e della giacca e si viene accolti da un piccolo metal detector. La passeggiata serale , romantica nei vicoletti della città dell’amore può  essere spesso rovinata dal suono di numerose sirene della polizia che sfrecciano per i Boulevards , segno di essere in massima allerta. Spesso e dovunque vi capiterà anche di essere in compagnia di militari in assetto antisommossa con il mitra imbracciato e (quasi) pronti a far fuoco al minimo movimento sospetto.

La realtà è che se si vive lì a tutto questo ci si fa l’abitudine, come si fa l’abitudine a quartieri (solitamente periferici) che improvvisamente vengono chiusi per favorire il blitz dei militari alla ricerca di un sospettato membro di Daesh, ci si abitua a tutti i tipi di controlli, i più prudenti si abituano a smettere di frequentare i grandi eventi o i luoghi molto affollati. Una vita che è cambiata, una vita in cui non ti senti al sicuro ma te ne rendi conto solo quando si torna o si va in un luogo più tranquillo. La convivenza con la paura del terrorismo ormai è sdoganata, non ci si allarma più di tanto quando i giornali dichiarano che la polizia sta cercando un “pericoloso latitante afghano che stava progettando degli attentati a Paris Plages” (Paris Plages è il villaggio estivo organizzato dalla Mairie de Paris per il mese di Agosto, per offrire ai parigini un posto dove rilassarsi e divertirsi sulle rive della Senna. ndr). Parigi e la Francia da quel giorno del 2015 non hanno più pace.

 

Continue le notizie di arresti legati al terrorismo, attacchi sventati, reportage sui reclutamenti dei giovani e l’incitamento all’unione alla Jihad. nemmeno l’estate e lo svuotamento della città per le vacanze estive ha dato pace alla popolazione: al rientro, proprio qualche giorno fa nella notte tra domenica 4 settembre e lunedì 5 un’autovettura è stata ritrovata nei pressi di Notre Dame carica di sei bomboloni del gas. Si coprirà nei giorni successivi che alcune donne legate all’ISIS stavano proggettando un attentato ad una delle stazioni ferroviarie più importanti della capitale francese: Gare de Lyon, ancora una volta nel cuore pulsante della vita dei parigini, ancora una volta nel 12esimo Arrondissement, già teatro di alcuni orrori della notte del 13 Novembre.  Nella sua bellezza mozzafiato, nelle sue contraddizioni, nella sua arte e nella sua straordinaria ed immutabile poesia, Parigi oggi purtroppo è una città in cui si convive con uno stato di guerra ad un nemico invisibile.

 

Laura Laportella

 

Sisma Centro Italia, i militari in prima linea

Difesa/EUROPA di

Militari impiegati in attività di emergenza: assetti specialistici in favore della popolazione terremotata

Calamità naturali ed emergenze nazionali. Sono questi i settori in cui i militari italiani vengono sempre più spesso impiegati. Li abbiamo visti soccorrere persone coinvolte in alluvioni, smaltire detriti, rifiuti, salvare vite. E a distanza di sette anni circa, sembra di rivivere le stesse scene drammatiche che hanno colpito L’Aquila nel 2009. Un altro terremoto, un’altra emergenza. Così, i militari di tutte le Forze armate, ognuno per la specializzazione che li caratterizza, sono intervenuti sui luoghi del disastro. Un’opera di soccorso e recupero di superstiti e vittime che ha visto impiegati oltre 850 uomini e donne dell’Esercito e dell’Aeronautica Militare, il cui compito principale è stato quello di contribuire alla rimozione delle macerie e al ripristino della rete viaria ostacolata dai detriti. A tal proposito, unità del Genio dell’Esercito hanno provveduto al ristabilimento della viabilità di accesso principale alla città di Amatrice, rappresentata dal ponte “Tre Occhi”, dichiarato inagibile.

Alla Marina Militare il compito di rimuovere le macerie e supportare la popolazione attraverso i propri fucilieri, addestrati e preparati all’allestimento di strutture campali, mentre l’Arma dei Carabinieri contribuisce con più di 500 militari, impegnati principalmente in attività di vigilanza anti sciacallaggio nelle città terremotate e nelle molte frazioni periferiche.

Attività necessarie alla ricostruzione di una vita interrotta dalle scosse. Operazioni che trovano una lunga tradizione nella storia italiana in fatto di impiego di forze militari in contingenze nazionali.

In tutto ciò non mancano i momenti di distrazione per i più piccoli. Alleviare le loro sofferenze è una delle cose che i militari hanno tentato di fare e sembrerebbe anche con un buon esito.

Sono stati quasi una ventina, infatti, i bambini e i ragazzi provenienti dalle zone terremotate di Arquata e Pescara del Tronto, accolti dal 235° Reggimento “Piceno” nello Stabilimento balneare militare di San Benedetto del Tronto. Ad accompagnare i ragazzi, oltre al parroco e ai volontari della Protezione Civile, anche due Ufficiali Psicologi dell’Esercito. Una iniziativa che, seppur breve, ha ricreato un clima di normalità tra i giovani, cercando allo stesso tempo di andare ad intervenire sui traumi psicologici grazie all’aiuto di esperti.

Terremoto centro Italia, l’Esercito contribuisce al soccorso

Difesa/EUROPA di

“Noi ci siamo sempre”, recita lo slogan dell’Esercito Italiano. Ed è vero. Tra cumuli di macerie, strade dissestate e un oceano di disperazione. Operativi subito, sin dalle prime ore della sciagura, ad oggi sono850 i militari impegnati nei soccorsi alle zone colpite dal sisma tra Lazio e Marche. Efficienti e rapidissimi, hanno sollevato massi, ascoltato respiri, prestato attenzione a qualunque segnale lasciasse presagire una speranza di vita fra i sepolti dal terremoto. Sono andati avanti nelle ricerche dei dispersi gomito a gomito con le unità specialistiche di Vigili del Fuoco,Protezione Civile, Carabinieri, Aeronautica e Marina Militare, volontari e abitanti del luogo.

Uomini e donne in mimetica armati di piccone hanno scavato, trasportato detriti, installato torri di illuminazione, movimentato gli oltre 300 mezzi – tra camion pesanti, bus, gruppi elettrogeni, terne ruotate, pale caricatrici, escavatori cingolati, autocisterne, rimorchi e mezzi antincendio – messi a disposizione dalla Difesa per le esigenze del caso.

Al lavoro di giorno, per garantire la continuità dei primi interventi, di guardia la notte, contro gli sciacalli a caccia di case sventrate. Sul versante mobilità, immediato l’avvio della realizzazione di un by-pass del ponte Tre Occhi, punto cardine per l’accesso ad Amatrice, e cruciale per scongiurare il rischio isolamento della popolazione colpita. Il passaggio provvisorio, in via di completamento a poca distanza dalla struttura inagibile a causa del terremoto, è stato concepito dagli assetti del 6° Reggimento Genio Pionieri di Roma, in sinergia con i tecnici della Protezione Civile del Friuli Venezia Giulia, come un guado a strutture scatolari con carreggiata di circa 6 metri: prefabbricati di calcestruzzo che attraversano il corso d’acqua senza ostruire la corrente.

Quanto al Ponte Rosa, invece, altra via di ingresso alla cittadina, i genieri hanno optato per un ponte militare di metallo, mentre in località Retrosi si prosegue con la costruzione di un collegamento finalizzato all’afflusso dei mezzi di soccorso.

Viviana Passalacqua

 

Il caso Hamedan e il decision-making iraniano: una possibilità di cambiamento?

Difesa/Medio oriente – Africa di
I processi decisionali del sistema democratico-teocratico iraniano sono al centro dell’ultima analisi pubblicata dall’editore americano Strategic Forecast (Stratfor), nonché di un dibattito mai completamente sopito e, anzi, riacceso negli ultimi giorni dal caso della base aerea di Hamedan.
Dal 15 agosto, infatti, i caccia bombardieri Tu-22M3 dell’esercito russo hanno iniziato ad operare dal complesso militare dell’Iran centro-orientale – con scopi e obiettivi al momento non definiti pubblicamente dall’amministrazione Putin. Una prova di forza non indifferente da parte del Cremlino riguardo all’influenza in Medio Oriente in questo momento così delicato, da una parte; dall’altra, la scintilla che potrebbe innescare un dibattito quanto mai delicato nella scena politico-istituzionale della Repubblica Islamica.
4_142015_mideast-iran-nuclear-118201In questo come nella grande maggioranza dei casi, la chiamata a Mosca è stata effettuata direttamente dal Leader Supremo dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, previa consultazione dei più stretti consiglieri militari, scelti e nominati in prima persona. L’intricato e sentito dibattito sulla questione della base di Hamedan segue, dunque, paradossalmente una decisione già presa e difficilmente revocabile, a meno di dietrofront della Guida Suprema iraniana. Proprio per questo, venti membri dell’attuale legislatura – tra cui un conservatore, ben più moderato di Khamenei, di indiscutibile caratura politica come il presidente Hassan Rouhani – hanno chiesto quanto prima una sessione di aggiornamento a porte chiuse per porre all’ayatollah numerose domande su questa situazione.
Come evidente da questa vicenda, che già ha destato clamore e sollevato malumori nel paese, il dibattito politico-parlamentare e in particolare la forza dell’organo legislativo iraniano sono facilmente scavalcabili da parte dell’Ayatollah. Il parlamento dell’Iran (Majils), nonostante una storia ultra-centenaria e ricca di successi (come l’Oil Nationalization Bill del 1951 nel settore petrolifero e il ben più recente JCPOA, l’accordo sul nucleare del luglio 2015 con l’Occidente), è in declino dalla Rivoluzione Islamica del 1979, così come lo sono i suoi poteri decisionali e di influenza.
Con il contraddittorio nelle aule di rappresentanza del Majils – arena politica molto importante per il popolo iraniano – ridotto a mera formalità, dilaga il potere del Leader Supremo e degli organi da esso direttamente composti, come il Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale, lo Staff Generale dell’esercito e, soprattutto, il discusso Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione. Proprio con quest’ultima istituzione, composta da dodici membri di fatto nominati – direttamente i sei religiosi, indirettamente i sei giuristi – dalla Guida, il parlamento iraniano ha avuto di recente rilevanti frizioni.
Il pomo della discordia tra Majils e Consiglio è la proposta, approvata la scorsa settimana dalla camera legislativa, di limitare il potere di veto dei “dodici” nei confronti dei vincitori delle elezioni, i futuri parlamentari eletti dal voto popolare – tema assai spinoso soprattutto durante la tornata elettorale del febbraio scorso per il parziale rinnovamento del parlamento. Ironicamente, e in maniera emblematica sui rapporti di potere in Iran, per entrare in vigore la coraggiosa proposta legislativa del Majils deve essere approvata dallo stesso Consiglio dei Guardiani.
La Repubblica Islamica dell’Iran è, formalmente, una repubblica presidenziale islamica: più calzante sembra, però, essere la definizione di teocrazia. Il suo, paradossale, sistema politico-istituzionale ha tuttavia finora trovato regolarmente, pur nello sbilanciamento dei poteri, situazioni di equilibrio – talvolta solide, talvolta meno. L’ultima parola è sempre del Leader Supremo, in questo momento un integralista sciita dalle posizioni spesso estreme come Khamenei – dichiaratosi nemico dell’Occidente, degli USA e di Israele e fautore della propria forma di “jihad”; a poco valgono in interni, esteri e difesa gli sforzi profusi dal presidente Rouhani e da un altro leader prominente come il portavoce del Majils Ali Larijani – il quale, come volevasi dimostrare, ha glissato con un “no comment” sul caso-Hamedan.
Tuttavia, proprio la portata della questione e la determinazione della fascia più moderata della politica iraniana potrebbero rivelarsi foriere di una possibilità di cambiamento. Khamenei, scrive Stratfor, potrebbe ritrovarsi, dopo il confronto lontano dai riflettori con Rouhani e gli altri esponenti politici, nella posizione di non poter più ignorare la pressante opinione popolare, rappresentata e mediata dal Majils, sulla presenza dei caccia russi a Hamedan. Si tratta, indubbiamente, di un banco di prova importante per i paradossali processi di decision-making dell’Iran, nonchè per gli equilibri interni e della regione mediorientale. Sarà dunque, fondamentale, capire i prossimi sviluppi della vicenda.
Di Federico Trastulli
Centro Studi Roma 3000

Kurdistan iracheno, continua l’addestramento delle unita kurde

Asia/Difesa di

Si è concluso il 28 luglio il secondo corso di addestramento che le unità italiane stanno realizzando a favore dei battaglioni Peshmerga  del Kurdistan che dovranno operare nell’ambito della lotta al Daesh.

La missione italiana “Prima Parthica” lanciata nel 2014 e tuttora in corso ha l’obiettivo di addestrare le forze Kurde in attività specialistiche per contrastare la presenza dei guerriglieri dell’ISIS in Iraq.

9755dd09-2dad-43fa-8d21-11799fc11163dsc_7982MediumLa missione Prima Parthica rientra nell’ambito della più ampia azione di contrasto a Guida Statunitense denominata “Coalition of Willing (COW) che ha l’obiettivo di fornire alle forze di sicurezza Irachene tutto il supporto necessario per sconfiggere lo stato Islamico e garantire la sicurezza della nazione.

In questo contesto nell’ambito della più specifica operazione “Ineherent resolve” l’Italia fornisce personale specializzato di staff ai comandi Multinazionali e assetti e capacità di Training alle forze armate irachene.

addestramento nei centri abitati (5)Questo secondo ciclo addestrativo che si è svolto e concluso a Erbil in favore dei Peshmerga è durato 8 settimane a favore di 1100 unità. Durante l’addestramento I soldati curdi hanno incrementato e perfezionato le conoscenze acquisite in diversi settori, tra cui il Counter-IED (riconoscimento e disinnesco ordigni esplosivi improvvisati), l’anti cecchinaggio tramite tiratori di precisione, l’uso dell’artiglieria in supporto alla manovra della fanteria.

Il corso si è concluso con una esercitazione a Tiger Valley, a sud di Erbil , che ha visto le unità impegnate in una operazione offensiva complessa con il supporto di artiglieria che ha dimostrato il buon esito della formazione e la capacità operativa dei battaglioni a muovere in attività complesse con efficacia e prontezza.

Alla missione Prima Parthica partecipano anche numerose istruttrici che si occupano della formazione della componente femminile dei battaglioni Peshmerga.

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Generale Mario Parente nuovo direttore dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna Italiana

Difesa/EUROPA di

Assume l’incarico di direttore dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna con nomina del Consiglio dei Ministri Il Generale dell’arma dei Carabinieri Mario Parente, ufficiale di grande esperienza che ha partecipato alla lotta alla Mafia con il giudice Falcone a Palermo.

Dal 2015 vicedirettore dell’AISI ne assume oggi il diretto controllo, Generale dell’Arma dei Carabinieri, laureato in Giurisprudenza e in Scienze Politiche, avvocato, ha frequentato la Scuola Militare Nunziatella e l’Accademia Militare di Modena. Tra il 1980 ed il 1990 ha ricoperto incarichi di comando territoriale, nell’Arma, a Roma, Palermo, Genova e Bologna.

Dal 1991 nel ROS dei Carabinieri si è occupato del contrasto ai fenomeni di tipo mafioso, al narcotraffico e al traffico di armi, reparto di cui è stato vicecomandante dal 2002.

 

Dall’Esercito, il progetto SIAT

BreakingNews/Difesa di

Operazioni avanguardistiche e training simulati. E’ la chiave del Sistema Integrato per l’Addestramento Terrestre, innovazione firmata SME. Un segnale laser replica la traiettoria di un proiettile, centra l’obiettivo e ne simula gli effetti. All’estremo opposto della parabola balistica, sul bersaglio, dei sensori “passivi” individuano la zona colpita e trasmettono un primo screening del danno subito ai centri di comando schierati sul territorio. Immediato l’innesco delle unità di soccorso, che procedono al recupero di soldati feriti e mezzi danneggiati sulla base di informazioni ben precise. Questi, e non solo, i presupposti del SIAT, Sistema Integrato per l’Addestramento Terrestre, in fase sperimentale dal giugno del 2014 presso i Centri di Addestramento Tattico (CAT) distribuiti in 5 aree del territorio nazionale.

Il progetto, che raggiungerà la piena fase operativa entro la fine del 2016, risponde all’esigenza dello Stato Maggiore dell’Esercito di dotarsi di moderni sistemi di simulazione funzionali ad ottimizzare lo svolgimento simultaneo di molteplici attività: dal coordinamento delle attività operative e di comando, alla razionalizzazione di armamenti e mezzi utilizzati, passando per un’accresciuta sicurezza del personale impiegato.

Attraverso l’impiego di tecnologie informatiche, sensori e frequenze di trasmissione dati GPS e radio, il sistema simula attività addestrative consentendo notevoli risparmi in termini di tempistiche e strumentazione utilizzata. L’avanguardia al servizio della concretezza, in considerazione delle complesse missioni di risposta alle crisi tipiche del post-guerra fredda. In tal senso, il SIAT riproduce fedelmente le tipologie di minaccia che insidiano i teatri operativi in cui operano i contingenti della Forza Armata, e gli schemi comportamentali dell’avversario. Ne derivano moduli addestrativi perfettamente calibrati sulle esigenze delle unità in approntamento, e lo sviluppo di capacità ed automatismi necessari per l’individuazione e il contrasto dei pericoli.

Tecnicamente, sono tre le componenti fondamentali del SIAT. La prima è il cosiddetto “LIVE”, utile all’addestramento di unità ridotte, per esercitazioni in ambienti reali presso i CAT. In questa fase due gruppi definiti convenzionalmente Blue Force (BLUEFOR) e Opposing Force (OPFOR), si fronteggiano utilizzando armi reali che ai proiettili sostituiscono però raggi laser classe 1 (eye-safe). Le emissioni riproducono esattamente traiettorie balistiche ed effetti del fuoco su mezzi e personale. Militari e mezzi sono geo-referenziati e dotati di sensori “passivi”, in grado di interagire con il segnale laser emesso dall’arma e di determinare esattamente la parte colpita. Vi è poi il “CONSTRUCTIVE”, per il comando e il controllo di unità dipendenti in condizioni di stress elevato, che gestisce gli input alle pedine operative attraverso le attività di pianificazione svolte dai Posti Comando schierati sul terreno. Gli output sono invece determinati dall’esito degli scontri che il software del sistema simula in near real time. Ad implementare i primi due step, anche se ancora in fase di sviluppo, il “VIRTUAL”, che riproduce artificialmente scenari di guerra e teatri addestrativi con la presenza di attori virtuali, ma anche le condizioni di tenuta di un mezzo in relazione all’ambiente circostante. Tutti i dati prodotti vengono analizzati dall’EXCON (Exercise Control), cuore pulsante del sistema: in base a questi vengono evidenziati gli aspetti operativi da potenziare, migliorare o correggere.
Evidenti i benefit della sperimentazione: oltre alla contrazione dei tempi necessari all’organizzazione logistica delle unità, risulta notevole il risparmio di strumenti e risorse. Un esempio fra tutti, quello dei simulatori di guida, che abbattono i costi di carburante e l’usura dei mezzi impiegati. Risvolti significativi anche in fatto di sicurezza del personale: i nuovi sistemi di fuoco “dry-fire” escludono l’utilizzo di munizioni. Eventuali colpi “a salve” o reali impiegati nelle fasi conclusive dei training, inoltre, danno luogo a policy “military green” dall’impatto ambientale estremamente ridotto, con conseguente diminuzione delle bonifiche post-addestramento a fuoco. Secondo il principio della “simulazione distribuita”, infine, il SIAT consente di federare più reggimenti schierati in località diverse, ma accomunati dallo stesso scenario operativo.

L’intero progetto prevede la realizzazione dei seguenti Centri di Simulazione: 1 Centro di Simulazione Constructive a CIVITAVECCHIA (RM), per l’addestramento dei Posti Comando fino al livello Divisione; 5 Centri Addestramento Tattico di I e II livello per l’addestramento in ambiente di simulazione Live distribuiti tra CAPO TEULADA (CA), che sarà dotato anche di un villaggio per la condotta di operazioni in aree urbanizzate (Military Operations on Urban Terrain – MOUT); 1 Centro a MONTEROMANO (VT), dove verrà realizzato un CAT costituito da un modulo BLUFOR di livello compagnia di fanteria leggera, ed un modulo “OPFOR” di livello compagnia; 1 Centro a S. GIORGIO IN BRUNICO (BZ), dove sarà messo a punto un CAT costituito da un sistema di simulazione, un modulo di compagnia di fanteria leggera ed un modulo “OPFOR” di livello plotone per l’addestramento al combattimento delle unità in ambiente alpino; 1 a CESANO DI ROMA (RM), dov’è previsto un CAT costituito da un sistema di simulazione e un modulo BLUFOR di livello compagnia di fanteria leggera, e un modulo “OPFOR” di livello plotone; l’ultimo, infine, a TORRE VENERI (LE), il cui CAT sarà a livello Squadrone con un modulo “OPFOR” di livello plotone esplorante/carri. I sistemi destinati al CAT di Lecce sostituiranno integralmente i simulatori di tiro BT 46 per carri Ariete e blindo Centauro.

 
Viviana Passalacqua

Iraq, concluso addestramento polizia iraqena

Asia/Difesa di

Sono oltre 800 gli appartenenti alle forze di polizia iraqena che gli istruttori della task force carabinieri  hanno addestrato e formato  per circa due mesi a baghdad e che ieri hanno completato il loro ciclo addetrativo.

Presso la base camp dublin a baghdad, circa 800 poliziotti 550 hanno preso parte alla cerimonia di chiusura (graduation ceremony) del 4° corso “law and order”

Nel 2015 sono stati circa 3000 gli agenti di polizia addestrati dai 90 uomini della Task Force italiana frequentando corsi basici e specialistici che hanno compreso la tutela del patrimonio culturale, corsi di anti-terrorismo e di contrasto alla criminalità organizzata.

Il Comandante Generale della Federal Police ha avuto parole di elogio per l’impegno dell’Italia in Iraq e di apprezzamento per la professionalità dell’Arma dei Carabinieri nella preparazione dei polizotti iracheni, appartenenti a tutte le etnie, destinati ad operare nei territori liberati dal controllo di Daesh. Il dott. Mura ha sottolineato gli ottimi risultati raggiunti dai corsisti ed il delicato ruolo che avranno nella controllo del territorio del Paese una volta ritornati ai reparti di appartenenza.

L’evento ha visto la pa partecipazione di autorità civili e militari, irachene ed internazionali, tra le quali il Comandante Generale della Federal Police, Gen. C.A. Mohamed Raed ed i Direttori dei Training Department della Federal Police, Gen. B. Modafar e del Ministero dell’Interno, Gen.D. Abdulkareem Hatim.  il Primo Consigliere dell’Ambasciata Italiana in Iraq, dott. Patrick Mura Erano.

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Alessandro Conte
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