GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Difesa - page 12

Caschi blu della cultura, il sì dell’Unesco

Difesa di

Caschi blu in difesa del patrimonio artistico mondiale minacciato da conflitti e calamità naturali. E’ questo il compito affidato da Unesco e Italia alla Task Force “Unite4Heritage”, come sancito dall’intesa siglata il 16/02 presso le Terme di Diocleziano a Roma. La risoluzione italiana è stata approvata e sottoscritta da 53 Paesi.

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L’accordo – firmato dal Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Paolo Gentiloni, e dal Direttore generale dell’Unesco, Irina Bokova – prevede anche la costituzione di un Centro di formazione Unesco Itrech (International Training and Research Center of Economies of Culture and World Heritage) a Torino.

Il team di pronto intervento è formato dai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, che hanno raggiunto un livello altissimo di specializzazione riconosciuta a livello internazionale, e da esperti civili di settore. Mission della task force, la valutazione dei rischi e quantificazione dei danni, l’ideazione di misure urgenti, la supervisione tecnica e l’assistenza al trasferimento di oggetti mobili in rifugi di sicurezza. Il tutto, nell’ottica di proseguire la lotta contro vandalismi, saccheggi e traffici illeciti di opere d’arte.

Non solo. Attraverso la tutela delle radici culturali e identitarie si porta avanti anche la guerra al terrorismo. “Oggi mettiamo a frutto per tutto il mondo una delle specificità dell’Arma dei Carabinieri, addestrati al contrasto dei crimini contro i beni culturali e per la tutela del patrimonio culturale dell’umanità – ha dichiarato il Ministro della Difesa, Roberta Pinotti – una task force specifica per la difesa della cultura a prescindere da dove siamo impegnati in missioni internazionali”.

Non è casuale che i terroristi attacchino i beni culturali. In tal modo, da un lato aumentano i canali di finanziamento, dall’altro perché distruggere un monumento in cui si identifica la civiltà di un popolo è un modo per attaccare al cuore la stessa civiltà. Questa struttura sarà in grado di intervenire laddove il patrimonio artistico e culturale è minacciato, e di farlo in un quadro di legittimità giuridica».

Viviana Passalacqua

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Posticipato contratto Eurofighter Italia-Kuwait

Difesa/Medio oriente – Africa di

 

Era prevista per il 31 gennaio la firma dell’accordo tra Italia e Kuwait per la fornitura di 28 Eurofighter al paese arabo. Secondo fonti interne del Ministero della Difesa, il Kuwait avrebbe rimandato la conclusione dell’accordo a causa di “ritardi procedurali”. Nessuna indiscrezione circa la data del nuovo incontro.

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Il contratto segue un memorandum of understanding siglato dal ministro della Difesa italiano Roberta Pinotti e il corrispettivo kuwaitiano Khaled al-Jarrah al-Sabah nel settembre 2015. In base al documento, il Kuwait si impegna all’acquisto di 28 Eurofighter Typhoon (22 modelli monoposto e 6 biposto) per un valore complessivo di circa 8 miliardi di euro. Arco temporale previsto 20 anni.

Il consorzio Eurofighter nasce dal lavoro delle industrie aerospaziali di quattro paesi europei: Germania e Spagna (Airbus), Gran Bretagna (BAE System) e Italia (Finmeccanica). Ma è proprio l’industria italiana ad assicurarsi il contratto con il Kuwait. Circa il 50% della commessa sarà, infatti, appannaggio di Finmeccanica, che si occuperà non solo di progettare, sviluppare e produrre il velivolo (Alenia Aermacchi), ma ne curerà anche l’avionica e l’elettronica di bordo, tramite la Selex ES.

L’accordo siglato con Finmeccanica conclude una negoziazione iniziata nel 2010, in seguito alla decisione del Kuwait di rimodernare la flotta di F-18 Hornet in dotazione alle proprie forze aeree. Inizialmente, la scelta era ricaduta sui nuovi F-18 Super Hornet di produzione statunitense; tuttavia, continui ritardi da parte degli USA nell’approvazione dell’acquisizione avevano indotto l’emirato ad optare per il programma Eurofighter. Scelta che, molto probabilmente, nasconde anche considerazioni di natura strategico-militare.

L’F-18 è un caccia da combattimento multiruolo, supersonico e bimotore, capace di trasportare bombe per combattimenti aria-aria e aria-terra. Nonostante venga impiegato per molteplici utilizzi (ricognizione aerea, supporto aereo ravvicinato, interdizione e scorta), l’F-18 si caratterizza principalmente come cacciabombardiere ed è stato introdotto nelle capacità del Kuwait dopo la guerra del Golfo.

L’Eurofighter, seppur presenti alcuni caratteri simili all’F-18 (multiruolo e bimotore), si afferma primariamente come caccia intercettore e da superiorità aerea. Più veloce e maneggevole, il velivolo è dotato di radar a scansione elettronica e avanzati sensori di navigazione, scoperta e attacco. Armamenti tecnologicamente avanzati, pensati prevalentemente per i combattimenti aria-aria, completano il profilo dell’aviogetto, che ha già dimostrato il proprio valore in diversi teatri operativi, come la Libia o i paesi baltici.

La scelta del governo kuwaitiano di puntare sugli Eurofighter sembra rispecchiare una strategia nazionale volta a rafforzare le capacità difensive delle forze armate piuttosto che puntare sugli armamenti offensivi. 28 caccia da superiorità aerea garantirebbero una maggiore sicurezza nei cieli kuwaitiani, data la capacità di intercettare velivoli nemici o illegalmente presenti nello spazio aereo del paese. Velocità e manovrabilità elevate rendono gli Eurofighter i candidati ideali per intervenire in caso di minacce imminenti provenienti dai paesi limitrofi. Considerando la posizione geografica del Kuwait e il livello di insicurezza che caratterizza il Medio Oriente oggi, la scelta di Kuwait City non sembra così inopportuna.

La fretta del governo kuwaitiano nel voler raggiungere un accordo con gli USA prima, con l’Italia poi, fa trapelare un senso di incertezza e la necessità di voler potenziare i propri armamenti nell’ottica di un peggioramento del contesto regionale. Dopo i rinvii degli ultimi mesi legati alle disposizioni circa l’addestramento dei piloti (il Kuwait ha accettato di formare i piloti in Italia e non in Inghilterra, come inizialmente richiesto), l’ultimo ostacolo da superare è l’approvazione della corte dei conti del Kuwait, che pare non abbia avuto sufficiente tempo per esaminare nel dettaglio i termini finali dell’accordo (Best and Final Offer, BAFO). Come ha sottolineato il ministro Pinotti, in un incontro tenutosi mercoledì scorso a Roma il ministro della Difesa del Kuwait ha ribadito la volontà di firmare l’accordo con l’Italia nel più breve tempo possibile.

Da canto suo, il Belpaese ha tutti motivi per tenersi stretto un simile impegno. In primo luogo, una commessa con un paese mediorientale della durata di 20 anni permette all’Italia di consolidare la propria presenza in un’area strategica e ricca di opportunità commerciali. Secondo, il contratto dona a Finmeccanica uno slancio economico non indifferente. Come sottolinea il generale Tricarico, ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, “la ​commessa è importante soprattutto perché consente di mantenere attive linee di produzione che invece nel tempo sarebbero andate in dismissione, consentendo di mantenere inalterati posti di lavoro e capacità di know how”. Infine, il ruolo guida giocato dall’Italia in questa sede può permettere al nostro paese da un lato di riguadagnare peso nel consorzio Eurofighter, dall’altro di sfruttare una ritrovata fiducia nelle proprie capacità per rivedere la propria posizione nei giochi internazionali.

 

Paola Fratantoni

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“Combat Search and Rescue” le voci dei protagonisti

Difesa di

Missione di salvataggio a bordo di un HH139/A dell’Aeronautica Militare. Dall’addestramento al soccorso, le fasi di un intervento raccontate dall’equipaggio

L’acqua che s’increspa all’improvviso, l’abbraccio avvolgente di una muta arancione e poi il sollievo della salvezza. Arrivano dall’alto i soccorritori dell’Aeronutica Militare, pronti al decollo in qualunque condizione meteorologica, 24 ore su 24, 365 giorni l’anno. Operativi in venti minuti, gli “angeli del Search And Rescue”, (Ricerca e Soccorso), prestano soccorso a naufraghi, popolazioni colpite da calamità naturali e dispersi in zone di montagna. Non solo. Agli assetti aerei del SAR sono affidate le missioni sanitarie d’urgenza per il trasporto di ammalati gravi, e quelle militari per il recupero di equipaggi delle Forze Armate in difficoltà. Migliaia di persone devono la vita ai professionisti del 15°Stormo, che solcano i cieli nazionali a bordo degli elicotteri in partenza dalle 5 sedi di Cervia, Pratica di Mare, Trapani, Gioia del Colle e Decimomannu. Ma come funziona di preciso una missione di aerosoccorso? Lo abbiamo chiesto all’equipaggio di un velivolo della base di Pratica di Mare, durante la simulazione addestrativa di un recupero marittimo a Furbara (Rm).

Maggiore Federico Bellicano (Comandante 85° Centro – 15° Stormo SAR)

D.) Quali sono le attività in carico al vostro Centro e quanti gli interventi eseguiti durante l’anno?

R.) Mediamente questo Centro esegue un intervento al mese. Chiaramente una casistica precisa non può essere stilata: in alcuni periodi l’attività è più intensa, e in ogni caso dipende dalle emergenze segnalate. Un esempio emblematico è quello dell’intervento sul Norman Atlantic del dicembre 2014, la prima evacuazione di massa da una nave effettuata a mezzo elicotteri. Nelle stesse ore, mentre gli equipaggi di Gioia del Colle e Pratica di Mare erano impegnati col traghetto in fiamme, un elicottero di Cervia cercava i dispersi di due mercantili entrati in collisione nel Porto di Ravenna. Contemporaneamente a Trapani veniva effettuato un trasporto sanitario d’urgenza da un’imbarcazione all’Ospedale di Cagliari. Queste 24/36 ore del 28 dicembre 2014 sintetizzano l’attività del 15° Stormo: sempre presente, 365 giorni l’anno, 24 ore al giorno, su tutto il territorio nazionale.

D.) Qual è la dotazione tecnica dei mezzi di soccorso?

La strumentazione è tutta digitale. Un display fornisce informazioni sui parametri di volo (quota, velocità, direzione, radio e indicazione di potenza, giri del rotore e delle turbine). La rotta di volo viene inserita sul FLIGHT Management, mentre la presenza di altri traffici aerei ci viene segnalata dal TCAS, apposito sistema di allerta del traffico ed elusione di collisione. Per effettuare la ricerca di un disperso preimpostiamo dei parametri a seconda della tipologia d’intervento. Nel caso di un naufrago, ad esempio, si effettua una ricerca “a scala”, a bracci paralleli, lungo la rotta dell’imbarcazione in difficoltà. Gli automatismi sono fondamentali in caso di ricerche notturne, quando facciamo i conti con una visibilità limitata. Una volta localizzato il survivor, ci avviciniamo al punto di recupero e lanciamo in acqua il nostro aerosoccorritore. Noi restiamo in orbita, per tornare in seguito ad effettuare il recupero.

1° Mar. Francesco Russo (aerosoccorritore 85° Centro – 15° Stormo SAR)

D.) Il portello si apre e l’aerosoccorritore viene lanciato in acqua. Che succede dopo?

R.) L’aerosoccorritore è l’ultima persona ultima ad intervenire sul luogo dell’incidente per prestare il primo soccorso, mettere in sicurezza il disperso o l’infortunato, e infine portarlo a bordo in salvo. Una volta in acqua, raggiunge a nuoto il survivor, lo sostiene e lo imbraca al verricello fatto calare dall’elicottero.

D.) Quali possono essere le criticità?

R.) Una delle emergenze più gravi è l’essere abbandonati sul luogo a causa di problemi tecnici al velivolo. In quel caso, oltre a soccorrere la persona da recuperare, dobbiamo preoccuparci di sopravvivere in condizioni estreme.

D.) Che tipo di addestramento ci vuole per diventare un aerosoccorritore?

R.) L’addestramento è molto lungo, dura circa un anno e mezzo ed è principalmente fisico, centrato su nuoto e movimento in montagna. Importante anche il sapersi interfacciare con l’equipaggio a bordo, con cui la sinergia è fondamentale.

Cap. Alessandro Salamena (Pilota 85° Centro – 15° Stormo SAR)

D.) Quali sono i compiti dell’equipaggio a bordo?

R.) Sull’elicottero lavorano 4 figure principali. La prima e la più importante è quella del Capo equipaggio, il pilota responsabile ultimo dell’esito della missione. Accanto c’è il copilota, che lo coadiuva nel pilotaggio e nei calcoli relativi a carburante, peso del mezzo, persone da soccorrere. L’operatore di bordo è colui che cala l’aerosoccorritore, governa il verricello, e indica ai piloti l’ “hovering”, cioè il punto di sospensione esatto da cui lanciare l’aerosoccorritore. Quest’ultimo infine “si verricella”, ed effettua la missione di soccorso (primo soccorso e recupero del naufrago).

Viviana Passalacqua

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Search and Rescue gli angeli del soccorso aereo

Difesa/Video di

Search and rescue, quando sei in difficoltà tra le montagne, durante un alluvione o in mare ti raggiungono con ogni condizione metereologica e ti portano in salvo. Vi raccontiamo dall’interno con ragazzi dell’85° centro SAR del 15° stormo dell’Aeronautica Militare Italiana.

Insieme al comandante dell’85° Centro SAR Maggiore Federico Bellicano seguiamo una delle tante esercitazioni chegli equipaggi conducono costantemente e che permettono di mantenere la capacità operativa a livelli altissimi.

Vediamo insieme di cosa si tratta nel video.

[youtube]https://youtu.be/G1XMUxlGCNQ[/youtube]

Libano, trasporto sanitario d’urgenza

Difesa di

Evacuato un militare francese gravemente ammalato dalla Task Force “Italair” in servizio in Libano. La missione aerea, portata avanti con successo da un elicottero AB 212 dell’Esercito Italiano, con a bordo il team aeromedico francese, è stata attivata dalla call del Mission Air Operation Center di UNIFIL (United Nations Interim Force In Lebanon).

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Il velivolo italiano, decollato in sei minuti alla volta della Base ONU francese, ha imbarcato il paziente per condurlo al San Geroge Hospital di Beirut. Quello del trasporto sanitario d’urgenza è uno dei servizi più importanti svolti dai militari italiani a Naqoura. La Task Force “Italair” – composta dagli equipaggi di volo dell’Aviazione dell’Esercito, da un equipaggio della Marina Militare e uno dell’Aeronautica Militare – opera in Libano dal 1979, ed è l’unità più veterana al servizio delle Nazioni Unite.

Gli equipaggi di volo garantiscono ogni giorno, 24 ore su 24, un elicottero pronto al decollo in 30 minuti per tale scopo ed un secondo elicottero con le stesse caratteristiche di prontezza per compiti di vario genere, svolgendo quotidianamente missioni di ricognizione, pattugliamento e trasporto. In 37 anni di servizio, “Italair” ha effettuato 39.000 ore di volo nei cieli del Libano e di Israele, e 1700 trasporti di feriti o ammalati gravi. Frattanto proseguono le attività dello staff italiano di Unifil presso la base militare di Shama. Dopo un’intensa settimana di lezioni teoriche e pratiche sul first aid in area ostile, sono stati consegnati gli attestati di frequenza ai partecipanti del 1° corso di formazione al soccorso medico in operazione.

Il ciclo formativo – centrato sulla simulazione di incidenti con feriti gravi da stabilizzare ed evacuare dal campo di battaglia – è stato condotto dal personale italiano per le Forze Armate libanesi e i contingenti stranieri del Sector West.

Viviana Passalacqua

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Mosul e i dubbi sull’invio dei militari italiani a difesa della diga

Asia/Difesa di

È la più grande dell’Iraq e la quarta in tutto il Medio Oriente. Stiamo parlando della ormai famosa diga di Mosul, emblema, da mesi, di un eventuale nuovo intervento militare da parte dell’Italia sul territorio iracheno.

Lo scorso dicembre, infatti, il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha dichiarato che lo stato attuale della diga è seriamente compromesso e dal momento che l’appalto per la rimessa in sicurezza sembrerebbe vinto da un’azienda italiana, la Trevi S.p.a., l’unica ad aver presentato l’offerta economica per la manutenzione della diga, il governo sarebbe disposto ad inviare 450/500 militari a difesa dei tecnici che lavoreranno sul posto. L’annuncio di Renzi fa eco su tutti i giornali online e offline, alimentando anche perplessità sull’impiego strategico di un contingente sul posto. Generalmente, infatti, le grandi aziende che operano in aree di crisi, si autofinanziano per la propria sicurezza attraverso agenzie di contractors che vengono ingaggiati per la sicurezza dei propri dipendenti.

Quale obiettivo strategico si nasconde dietro alle parole del Presidente del Consiglio? Ancora non è chiaro e in risposta alle dichiarazioni di Renzi, c’è subito la contropartita del Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che ha assicurato che i militari italiani interverranno solo ed esclusivamente a protezione del sito. Ricordiamo che Mosul è la seconda città dell’Iraq e che ha visto l’avanzata del sedicente Stato islamico per poi essere riconquistata dai combattenti peshmerga che controllano tuttora la zona. Ma Mosul, definita anche attuale capitale del califfato nel nord dell’Iraq, oggi è anche teatro dei raid americani. È solo di un paio di giorni fa infatti, la notizia del bombardamento del deposito di denaro dell’Isis.

Intanto, sull’ipotetico intervento militare italiano in Iraq, si esprime anche il ministro delle risorse idriche iracheno, Mushsin Al Shammary, che in un colloquio con l’ambasciatore italiano, ha affermato che l’Iraq “non ha bisogno di alcuna forza straniera per proteggere il suo territorio, i suoi impianti e la gente che ci lavora”, e che ogni eventuale dispiegamento di truppe italiane sul territorio iracheno, potrà avvenire solo ed esclusivamente attraverso intese con il governo locale. Allo stato attuale mancano le basi degli accordi internazionali tra i due governi e per la Trevi si allunga l’attesa, così come per la diga, la cui distruzione rischia di mettere in pericolo la popolazione delle province di Ninive, Kirkuk e Salahuddin, causando danni nella pianura dell’Eufrate fino a Baghdad, 350 chilometri a sud di Mosul.

Paola Longobardi

“Mare Sicuro” , ridislocati 4 AMX alla base di Trapani

Difesa di

Incremento della sorveglianza nel Mediterraneo nell’ambito delle misure adottate dal Governo con l’operazione “Mare Sicuro”. A seguito dell’aggravarsi delle criticità nei paesi del Nord Africa e del conseguente deterioramento delle condizioni di sicurezza, sono stati ridislocati temporaneamente 4 velivoli AMX del 51° stormo di Istrana (TV) presso la base di Trapani Birgi in Sicilia. Scopo del potenziamento, l’aumento [youtube]http://youtu.be/HPA_0rqwER0[/youtube]della capacità di controllo e acquisizione informazioni, a tutela dei molteplici interessi nazionali e per la garanzia di coerenti livelli di sicurezza.
Viviana Passalacqua

 

Quattro AMX dispiegati al 51° Stormo

Difesa di

Quattro AMX dell’Aeronautica Militare sono stati ridislocati al 51° Stormo di stanza a Trapani Birgi.

Con quest’ampliamento di assetto l’Italia è pronta a monitorare da vicino la Libia in attesa di quanto accadrà domenica 17 gennaio, giorno in cui si attende l’annuncio del nuovo governo libico di unità nazionale.

Lo stato Maggiore della Difesa ha annunciato che i quattro aerei hanno lo scopo di “aumentare la capacità di sorveglianza e acquisizione informazioni e obiettivi nel mediterraneo” evidentemente alla luce dei recenti sviluppi nei paesi del Nord Africa ed in particolare in Libia

Gli Amx non sono in assetto di bombardamento (hanno solo le armi per la ‘self defense’), bensì da ricognizione. E si aggiungeranno al Predator, l’aereo senza pilota, inserito nell’operazione ‘Mare Sicuro’ che vigila sul Mediterraneo centrale.

Il velivolo è un aereo monomotore da attacco e ricognizione, disponibile anche nella versione biposto da addestramento avanzato (AMX-T), impiegato  anche  nel teatro operativo afghano ha avuto modo di portare a termine numerose missioni con ottimi risultati.

 

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Caratteristiche Tecniche AMX

Apertura alare 9,97 m – lunghezza 13,23 m – altezza 4,55 m – peso massimo al decollo 13.000 kg – impianto propulsivo un turbofan Rolls-Royce Avio RB.168-807 Spey da 5.000 kg/s – velocità massima 940 km/h (0,86 mach) – tangenza 13.000 m – autonomia 3.600 km (trasferimento) – equipaggio 1 pilota/1-2 piloti* – armamento: 1 cannone cal. 20 mm, fino a 3.800 kg di carichi esterni (serbatoi ausiliari, pod da ricognizione, missili aria-aria AIM-9L Sidewinder, ecc.). *AMX-T

 

[youtube]https://youtu.be/HPA_0rqwER0[/youtube]

Comando Europeo per il Trasporto Aereo, al via la partecipazione italiana

Difesa di

E’ operativa la partecipazione italiana al Comando Europeo per il Trasporto Aereo. Come da sottoscrizione del 4 dicembre 2014, l’Italia ha aderito al protocollo di “pool & sharing” del trasporto aereo militare, siglato anche da Francia, Germania, Spagna, Olanda, Belgio e Lussemburgo. Scopo dell’intesa – nata in seno alla Politica di Sicurezza e di Difesa Comune – il miglioramento e l’ottimizzazione delle risorse disponibili, attraverso la standardizzazione delle procedure e l’impiego di una flotta comune più vasta di quelle dei singoli paesi. L’Aeronautica Militare ha dunque effettuato il “trasferimento di autorità” all’EATC (European Air Transport Command) di gran parte della flotta dei velivoli da trasporto, rifornimento in volo ed evacuazione medica. Nello specifico, saranno gestiti dal Comando Europeo 31 velivoli tra C- 27J, C-130J e KC 767, appartenenti alla 46^ Brigata Aerea di Pisa e al 14° Stormo di Pratica di Mare, dipendenti dal Comando delle Forze di Supporto e Speciali. Qualora esigenze nazionali lo rendessero necessario, sarà possibile riassumere il controllo dei mezzi, in virtù del meccanismo di revoca del trasferimento di autorità. Oltre al notevole risparmio economico previsto, l’adesione italiana all’EATC valorizza le capacità di trasporto aereo militare d’eccellenza – come ad esempio il trasporto in alto bio-contenimento – “trasformandole” in crediti esigibili con vettori delle altre nazioni europee partecipanti. Ne deriva una maggiore flessibilità operativa e la riduzione dell’outsourcing di velivoli commerciali nei casi di indisponibilità di quelli nazionali. Sarà possibile quindi accedere a capacità di trasporto oversize (ossia di carichi eccezionali), assicurare maggiore corrispondenza tra tipo di velivolo e caratteristiche della richiesta, con un sostanziale miglioramento del rapporto costo-efficacia nell’intero settore.
Viviana Passalacqua

Francia: 6 nuovi elicotteri NH90 per l’Operazione Barkhane

Difesa/EUROPA/POLITICA di

La conferma arriva dalla Direction Générale de l’Armement, agenzia governativa francese responsabile delle acquisizioni militari e dei programmi di sviluppo e mantenimento delle forze armate. 6 nuovi elicotteri da trasporto tattico NH90 (modello Caiman), prodotti dalla NH Industries, colosso industriale italo-franco-olandese costituito da Finmeccanica, Airbus e Fokker entreranno a far parte della flotta francese tra il 2017 e il 2019.

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I nuovi acquisti fanno parte di un più ampio programma di rinnovamento della flotta di elicotteri che mira a raggiungere le 74 unità di Caiman (44 delle quali consegnate entro la fine del 2019). L’obiettivo è dotarsi, entro la fine del 2025, di una flotta di circa 115 elicotteri NH90 da impiegare a livello tattico, obiettivo fissato nel Security White Paper del settembre 2013. Come sottolinea Guillaume Faury, presidente e CEO dell’Airbus Helicopters, “le forze armate francesi hanno impiegato l’NH90 nei teatri operativi del Mali, dove la sua straordinaria resistenza, versatilità e manovrabilità sono state enormemente apprezzate”.

La decisione arriva in seguito alla richiesta da parte dell’Army Air Corps di rafforzare le capacità a disposizione per l’Operazione Barkhane, in Africa. Già nel gennaio scorso, il Gen. Oliver Gourlez de la Motte, capo dell’Army Air Corps, aveva annunciato l’obiettivo dell’arma di potenziare le proprie risorse aggiungendo altri 10 elicotteri alla flotta, scegliendo sia modelli da attacco che da trasporto. Il mese scorso, infatti, la DGA commissiona all’Airbus Helicopters 7 elicotteri da attacco modello Tiger, la cui consegna verrà effettuata tra il 2017 e il 2018.

L’intento è, dunque, quello di migliorare le capacità di condurre operazioni aria-terra nella regione del Sahel, nell’Africa sub-sahariana. L’NH90 è stato già impiegato in diversi teatri operativi, mostrando capacità e caratteristiche che lo rendono una risorsa importante per le forze francesi impiegate nell’Operazione Barkhane. Innanzitutto la già accennata versatilità. L’NH90 può essere impiegato per rispondere a diverse necessità tattiche:

  • trasporto di truppe e di armamenti leggeri, grazie alla sua capacità di ospitare fino a 20 soldati o 2,5 tonnellate di armamenti;
  • evacuazione dei feriti mediante 12 barelle;
  • trasporto aereo cargo;
  • operazioni di combattimento, ricerca e soccorso.

Inoltre, gli equipaggiamenti a disposizione lo rendono adatto ad assecondare i diversi e molteplici bisogni che possono presentarsi nel teatro operativo. Gli NH90 sono dotati di pilota automatico e comandi fly-by-wire (FBW), ovvero un sistema che permette di sostituire i tradizionali controlli manuali con un’interfaccia elettronica. Ciò riduce sensibilmente il carico di lavoro per il pilota, consentendo di maneggiare in modo più agevole il velivolo. Inoltre, dotazioni quali luci per la navigazione notturna, strutture corazzate e contromisure elettroniche, lo rendo adatto a operazioni di combattimento.

Ciò mette chiaramente in luce come uno strumento del genere diventi essenziale in un teatro come quello sub-sahariano. Ricordiamo che l’Operazione Barkhane è un’operazione antiterrorismo condotta dalla Francia nella regione del Sahel sin dall’agosto del 2014, con la partecipazione di Mali, Niger, Burkina Faso, Mauritania e Chad. Lo scopo è contrastare la presenza dei militanti jihadisti nella regione, sostenendo lo sforzo dei paesi partner ed impedendo la formazione di santuari di terroristi all’interno della regione. I circa 3000 soldati impiegati nella missioni sono ripartiti in due punti d’appoggio permanenti, uno a Gao (Mali), l’altro a N’Djamena (Chad). Distaccamenti vengono inviati in basi temporanee, situate nei vari paesi coinvolti nell’operazione, e da queste stesse basi vengono condotte le missioni in appoggio dei soldati del rispettivo paese. È, dunque, evidente come le capacità di trasporto di truppe e armamenti sia una condizione essenziale per poter sostenere l’operazione. Inoltre, il contesto in cui si opera –temperature, conformazione geografica del territorio, ecc.- è un fattore determinante nella realizzazione degli interventi. L’NH90 dimostra quell’adattabilità che un contesto come quello africano, date la sua versatilità, aspetto essenziale in teatri dove difficoltà e mancanza di risorse possono facilmente compromettere l’obiettivo della missione ma anche l’incolumità dei soldati. “L’ordine aggiuntivo dei sei NH90- afferma Guillaume Faury- …conferma il ruolo essenziale che le nuove generazioni di elicotteri multi-ruolo giocano nelle moderne operazioni”.

Sembra, dunque, che attentati e minacce alla nazione francese non abbiano intaccato profondamente la sua posizione circa gli impegni nei diversi teatri operativi, ed in particolar modo nella lotta contro il terrorismo islamico. Al contrario, si potenziano quegli elementi dimostratesi vincenti e si fanno pressioni nell’Esagono per veder rafforzate le capacità militari francesi, in modo tale da garantire non solo un numero maggiore di armamenti disponibili ma anche –e soprattutto- tecnologie adeguate agli ambienti e alla minaccia che si combatte.

 

Paola Fratantoni

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Paola Fratantoni
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