L’impronta di carbonio pesa sul portafoglio degli investimenti

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Le politiche dei grandi investitori già da oggi privilegiano gli investimenti ‘verdi’, quelli cioè che vanno a finanziare imprese sostenibili e impegnate in azioni di riduzione delle emissioni di CO2.

L’esigenza dei clienti è fare investimenti sostenibili e fondi di investimento e investitori istituzionali hanno allocato i capitali spostandoli dai portafogli ‘Brown’ (100 tonn. di CO2) a quelli ‘Green’ (30 tonn. di CO2). Le scelte degli investitori si orientano verso soluzioni sempre più verdi: negli ultimi 5 anni il 64% ha modificato l’allocazione a favore di investimenti sostenibili, nel 2019 il 95% degli investitori millennial era interessato agli investimenti sostenibili (+9% dal 2017).

E le cifre in ballo pesano trilioni di dollari. In totale nei prossimi anni si prevede un trasferimento di patrimonio dai baby-boomer ai millennial di ben 30mila miliardi di dollari.

Decarbonizzazione e Footprint. I due termini sono ormai entrati nel linguaggio comune degli investitori come e più di quelli strettamente finanziari.

Ridurre i rischi e gli effetti del cambiamento climatico è la sfida che impegnerà le imprese nell’immediato futuro.

Raggiungere gli obiettivi climatici e, in particolare, le emissioni nette zero entro il 2050, come stabilito nell’Accordo di Parigi del 2015, richiede una trasformazione del sistema economico e le imprese devono dare attuazione da subito al percorso per la sostenibilità economica.

La transizione verso un’economia sostenibile è in gran parte determinata dalla riduzione di CO2. La quantità di anidride carbonica emessa nell’atmosfera dalle attività umane e dalle produzioni industriali ne costituisce il segno: l’impronta di carbonio. Questa non è altro che un indicatore che permette di stimare le emissioni in atmosfera di anidride carbonica o di gas serra causate da un prodotto, da un servizio, da un’organizzazione, da un evento o da un individuo, espresse generalmente in tonnellate di CO2 equivalente (CO2 e).

Con la decarbonizzazione ci si pone l’obiettivo di ridurre, fino al completo azzeramento, le emissioni di CO2.

Di pari passo procede la politica degli investitori, che fanno sempre più attenzione alla carbon footprint dei loro investimenti e all’osservazione di quel valore nel tempo. La loro strategia già da oggi privilegia gli investimenti ‘verdi’ o, meglio, quelli che vanno a finanziare imprese sostenibili e impegnate in azioni di riduzione delle emissioni.

L’orientamento di decarbonizzare in modo efficiente il portafoglio con una strategia a zero impronta di carbonio si avvale oggi dei nuovi requisiti ESG (Environment, Social, Governance) che forniscono alle imprese, ma ancora di più a investitori, erogatori di credito, assicurazioni, uno strumento di valutazione preciso e appropriato del livello di sostenibilità nei vari settori su cui si riflette l’attività di una azienda e della sua Supply chain, la filiera dei fornitori.

Non a caso anche l’ONU è intervenuta sul tema con il rapporto “Investing with SDG Outcomes” pubblicato nel 2020, nelle cui linee si raccomanda di integrare i principi ESG nella gestione tradizionale dei patrimoni e nelle decisioni di investimento.

Sotto l’influenza dei fattori ESG, il settore finanziario sta cambiando in modo radicale. Quattro sono le tematiche che maggiormente lo spingono: i profondi cambiamenti sociali, le richieste degli investitori in evoluzione, le performance degli investimenti ESG, gli adeguamenti normativi.

I criteri ESG stanno acquisendo sempre maggiore importanza nelle strategie dei grandi investitori. E non solo: anche gli stessi interessi degli imprenditori vanno nella medesima direzione. L’efficientamento delle risorse e la riduzione dei rifiuti portano ad una riduzione dei costi operativi e alla fine un utile più elevato. La salute e la sicurezza sul lavoro determinano più elevate produzione e innovazione, che si traducono in un vantaggio competitivo e un maggiore valore del marchio. Modelli di remunerazione a lungo termine e lotta alla corruzione promuovono migliore reputazione e conduzione aziendale.

L’obbligo di misurare i valori ESG è già in vigore per le aziende di grandi dimensioni e cioè con più di 500 dipendenti, ma in tempi brevi è già previsto l’allargamento della platea a quelle con più di 250 dipendenti. In ogni caso sono già programmate nuove direttive europee che faranno aumentare in modo esponenziale il numero delle aziende che dovranno presentare la misurazione dei propri criteri ESG, prevedendo via via la misurazione delle emissioni dirette prodotte da un’azienda, poi delle emissioni indirette di un’azienda in conseguenza del consumo energetico e infine di tutte le altre emissioni indirette derivanti dalla Supply Chain ovvero la filiera dei fornitori, la catena di approvvigionamento che globalmente concorre a produrre un prodotto, nei singoli passi che vanno dal fornitore al cliente.

Nella normativa i tre gruppi elencati sono denominati: SCOPE 1, SCOPE 2 e SCOPE 3.

Man mano che le aziende, grandi e medie, vorranno documentare i valori delle loro emissioni saranno tenute a includere nei conteggi anche tutti i loro fornitori. In pratica anche le aziende di piccole dimensioni, se vorranno conservare i loro contratti di fornitura, dovranno organizzarsi per ottenere una valutazione dei criteri ESG.

A Roma un incontro riservato

Del rapporto tra decarbonizzazione e investimenti, di ottimizzazione degli asset mediante la misurazione dell’impronta di carbonio, di valutazione della sostenibilità integrata con i criteri ESG, si parlerà nell’incontro “L’Innovazione nella Finanza Sostenibile – Efficientare gli investimenti con le strategie Zero Carbon Footprint” che si terrà la mattina di mercoledì 15 giugno al Palazzo Falletti a Roma, dove interverranno esperti internazionali in una riunione di altamente qualificata.

Tra i relatori del convegno che parleranno di finanza sostenibile e di investimenti green: Ralf Seiz, economista svizzero CEO di Finreon e docente dell’Università San Gallo, Sebastien Micotti, General Counsel di Cité Gestion, Christian Amann, Client Relationship Manager di LGT Bank, Maria Siclari, Diretore Generale dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), Alessandro Toschi, Board Member di ESG Portal, Karim Sghaier, Managing partner di Serendipity Capital, Marcello Condemi, docente dell’Università G. Marconi.

L’incontro è organizzato da LGT Bank, Cité Gestion e Finreon in collaborazione con Am Advisor, ESG Portal e Serendipity Capital.

 

Franco Tallarita e Guido Massimiano

 

 

 

 

Bookreporter Settembre

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