E se ci raccontassero che tutti i giorni calpestiamo senza saperlo un essere vivente? In effetti è la verità, perché “il suolo non è solo fatto di argilla, sabbia e limo, sotto è un substrato al cui interno c’è vita, rappresenta quasi un organismo vivo, nasce, si sviluppa, cresce e può morire”. Ad affermarlo è il Professor Vincenzo Michele Sellitto, esperto internazionale in Suolo e Tecnologie per lo sviluppo e l’innovazione sostenibile in agricoltura, che ci spiega come questa risorsa superficiale terrestre, la più importante, sia profondamente strategica per una fruttuosa permanenza umana sul pianeta terra. Per saperne di più, il 25 settembre dalle ore 12.00 alle ore 13.30, coordinata dallo stesso Sellitto, c’è la tavola rotonda “Biodiversità del suolo e nuove tecnologie per lo studio del microbiota”.
Professore, quanto e perché la biodiversità del suolo c’entra con la salute umana?
Il legame tra suolo e salute umana è molto stretto: il suolo per l’uomo è la risorsa superficiale terrestre più importante, sul suolo come supporto fisico ci siamo sviluppati, il suolo è la base sulla quale facciamo l’agricoltura, dal suolo dipende lo stato di salute del mondo perché da lì proviene ciò che mangiamo. Il suolo è vita ed è vivo.
In che senso il suolo è vivo?
Il concetto di suolo vivo si sta sviluppando sempre di più. Il suolo non è solo fatto di argilla, sabbia e limo, sotto è un substrato al cui interno c’è vita, rappresenta quasi un organismo vivo, nasce, si sviluppa, cresce e può morire. Per generare un solo centimetro di suolo ci vogliono migliaia di anni e per distruggerlo basta un secondo, dopo di che non si può più ricreare. I microrganismi che vivono nel suolo sono tanto importanti quanto i microrganismi che vivono nel corpo umano.
Ci presenta il microbiota del suolo?
Il microbiota è una comunità di microrganismi che caratterizza ciascun suolo e cambia da territorio a territorio. “I microrganismi utili in agricoltura”, volume che ho curato per Edagricole, nato dalla collaborazione di docenti e ricercatori italiani, è il primo testo in cui si parla di questo concetto, del quale l’agricoltura 4.0 non può più fare a meno. Gli stessi colori del suolo parlano delle caratteristiche chimiche e fisiche del suolo stesso e lasciano anche intuire i suoi aspetti microbiologici. Da tanti anni me ne occupo, quasi da missionario, ed è servito molto mettere le informazioni in questo libro: negli anni il concetto di microbiota del suolo prenderà sempre più piede, assieme a tutte quelle informazioni che vengono dalla ricerca e vanno applicate nel modo giusto.
C’è relazione tra il microbiota umano e quello del suolo?
In un certo qual senso sì, c’è relazione tra microbiota umano e microbiota del suolo: come ogni essere umano è caratterizzato da un proprio microbiota, lo stesso vale per ogni suolo. Questa analogia ci permette di considerare un po’ il suolo come una persona umana. Forse proprio per il fatto che lo calpestiamo, non gli diamo il giusto valore, dando per scontati aspetti che non lo sono affatto, come, per l’appunto, le peculiarità che danno a ciascun suolo i suoi microbioti. Oggi la nuova scienza agraria va verso questa direzione grazie alle biotecnologie e alle ultime, incredibili scoperte, che ci offrono molte più informazioni e uno spaccato della realtà del suolo che non immaginavamo. Le piante parlano, ma anche il suolo comunica con le piante tramite i microrganismi, il concetto di suolo vivo si sta sviluppando sempre di più da un punto di vista scientifico, nulla di esoterico. E, mi raccomando, si parla di suolo, non di terra: il vocabolo suolo racchiude il concetto di evoluzione, di vita.
Come si vede se un suolo è vivo?
Ci sono distretti agricoli dove i suoli non si fermano mai, sarebbe come se un atleta corresse in continuazione, senza pause e riposo: in questo caso l’attività microbiologica diminuisce. Ugualmente, le tecniche invasive sul suolo fanno diminuire la vitalità del microbiota e se introduciamo sostanze attive aggressive e dannose, il suolo non le metabolizza e le trasferisce all’uomo per il tramite delle piante, pensiamo alle tante sostanze cancerogene che ritornano a noi tramite la verdura che mangiamo. Il Suolo deve avere un ruolo centrale, esattamente come l’intestino nell’uomo. La FAO ci dice che nel 2050 saremo 10 miliardi di persone e dunque dovremmo produrre 2-3 volte più di quanto non si faccia oggi, capiamo facilmente che le tecniche tradizionali non basteranno più: si rischia di ammazzare il suolo, il che vorrebbe dire non avere più sostegno per la popolazione stessa. L’homo sapiens, sicuramente, per i suoi spostamenti dall’Africa verso le altre parti del mondo non ha solo seguito il clima, ma anche il suolo. E questo dice tanto sul suo essere fondamentale.