GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

Monthly archive

Aprile 2016

Libya: is France supporting Haftar?

Politics di

How confirmed in the last weeks, the real Libyan conflict is between GNA and HoR, which didn’t still ratified UN government. Behind this impasse there is General Khalifa Haftar, very well-liked by Egypt and EAU through weapons supply in the war against Islamic State. And, while France partecipated to G5 meeting in Hannover with Germany, Italy, United Kingdom and United States and discussed about Libya crisis, on the other hand Paris is supporting Egypt to extend its sphere of influence on Cyrenaica and its oil well.

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After that workers at the Marsa el-Hariga terminal had refused to load the shipment which should have to export 650,000 barrels of oil on April 22, Libyan crisis is becoming always more complicated. It’s clear that Tobruk government is trying to control oil well. “This had the potential to be a very ugly incident and I am pleased that it has been resolved peacefully without injury to anybody or loss of revenue or damage to the integrity of NOC or the country,” Tripoli-based Chairman Mustafa Sanalla said.

Not only from oil viewpoint, but also from military one. After that Shura Council pushed out Islamic State fighters from Derna, Hafeth al-Dabaa, a spokesman for Derna Mujahideen Shura Council (DMSC), told the BBC that Haftar didn’t freed the city but its warplanes targeted Islamic revolutionaries. And, with LNA, is moving towards Sirte, the Daesh stronghold in Libya.

The Serraj request to support his government to international community especially reguards Haftar. UN support on April 28, when it blocked illicit crude sale towards Malta, could be not enough.

Indeed, Egypt and EAU are directly supporting Tobruk and Haftar. The purpose is to come first to Sirte and defeat Islamic State. Supported by Al Sisi, the General is aiming to become the leader of Libya.

So, French participation to G5 about Libya and the contemporary weapons supply to Egypt are complicating Libyan context. And, above all, the role of Western countries.

Therefore, Libya’s U.N.-backed unity government called on Thursday was necessary to stop all military actions against Islamic State: “In the absence of coordination and unified leadership … the Council expresses its concern that the battle in Sirte against Daesh (Islamic State) will be a confrontation between those armed forces. Accordingly, the Presidential Council, as the supreme commander of army, demands all Libyan military forces wait for it to appoint a joint leadership for the Sirte operation,” the statement said.
Giacomo Pratali

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Cina: rinnovato sistema sorveglianza cittadini

Asia di

La Cina, come tutti i sistemi autoritari, ha la necessità costante di tenere sotto controllo i propri cittadini, per monitorarne i comportamenti, anticipare possibili conflitti e predisporre soluzioni adeguate ai problemi.

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L’ostacolo principale, per il gigante asiatico, è la sua stessa dimensione. Approntare standard di sorveglianza efficaci per un miliardo e 375 milioni di abitanti non è evidentemente un compito semplice. Le autorità del governo centrale hanno però messo a punto un nuovo sistema che potrebbe rendere i meccanismi di controllo maggiormente efficienti.

Il suo nome è “sistema di gestione a griglia” e, una volta implementato su scala nazionale, potrebbe consentire al Partito Comunista Cinese di esercitare una capacità di sorveglianza mai sperimentata prima.

Fino ad oggi, le informazioni raccolte dalle autorità cinesi provenivano da una pluralità di fonti diverse. L’eccessiva articolazione, unita alla spaventosa mole delle informazioni, rendevano l’analisi dei dati raccolti complessa e farraginosa. Negli ultimi cinque anni la Cina ha dunque lavorato su un programma all’avanguardia capace di razionalizzare tale analisi, facendo affidamento su un database ordinato e coerente al suo interno.

Il cardine del nuovo sistema è l’amministratore di griglia. Su ogni centro abitato viene applicata una griglia, composta da un certo numero di quadranti. Nel caso di una grande città, i settori saranno anche migliaia. Ogni amministratore, su mandato delle autorità, ha il compito di tenere sotto controllo un quadrante e le abitazioni al suo interno, fino a un massimo di duecento.

Il funzionario raccoglie informazioni relative ad ogni caseggiato di sua competenza e le inserisce in un apposito formulario che andrà poi a comporre, insieme agli altri, un enorme database complessivo.  I dati possono riguardare i prezzi degli affitti, il numero di abitanti, i loro luoghi di lavoro, a che ora escono da casa e a che ora rientrano.

L’amministratore ha anche il compito di tenere occhi ed orecchie aperte, per registrare eventuali lamentele o proteste da parte dei cittadini, su qualunque argomento. Ogni rimostranza viene poi trascritta sul database come possibile minaccia. Le autorità, locali o centrali, analizzando i dati così aggregati, potranno capire se in un certo territorio si stanno manifestando espressioni diffuse di malcontento ed intervenire d’anticipo, prima che la protesta monti ulteriormente. La risposta non sarà necessariamente poliziesca; quel che conta, per le autorità, è la prevenzione di ogni forma organizzata di conflitto e la salvaguardia della stabilità sociale.

La capacità di controllo sarà un elemento sempre più importante per il governo centrale, dal momento che il rallentamento della crescita economica e il consolidamento di un feroce sistema industriale sembrano destinati ad esacerbare le diseguaglianze economiche e sociali fra i cittadini e ad alimentare il fuoco della protesta.

 

Luca Marchesini

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China renews its citizens surveillance system

Asia @en di

China, like all authoritarian systems, has the constant need to keep under control its own citizens to monitor their behaviors, anticipate possible conflicts and find appropriate solutions to the problems.

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The main obstacle, to the Asian giant, is its own size. Prepare effective monitoring standards for a billion and 375 million inhabitants is clearly not a simple task. The authority of the central government, however, have developed a new system that could make the control mechanisms most efficients.

Its name is “Grid management system” and, once implemented nationally, could allow the Chinese Communist Party to exercise a supervision ability never experienced before.

Until today, the information gathered by the Chinese authorities came from a number of different sources. Excessive diversification, combined with the frightening amount of information, made the analysis of collected data complex and confused. Over the past five years China has therefore been working on a state-of-the-art program that can streamline this analysis, relying on an orderly and consistent database.

The cornerstone of the new system is the grid administrator. On every inhabited area it is applied a grid, composed of a certain number of quadrants. In the case of a big city, the sectors could be thousands. Each official has the task to control a quadrant and the households within it, up to a maximum of two hundred.

The official collects information about each block of its competence and fill in a form which will then compose, together with the others, a huge overall database. Data may include rent prices, the number of inhabitants, their workplaces, what time you leave home and what time they came back.

The administrator also has the task of keeping eyes and ears open, to record any complaints or protests by citizens, on any topic. Each grievance is then transcribed on the database as a possible threat. The authorities, local or central, analyzing the data so aggregated, will understand if in a certain territory widespread expressions of discontent are manifesting and intervene early, before the protest mountains further. The answer will not necessarily be police; what matters, for the authorities, is the prevention of any form of organized conflict and the safeguarding of social stability.

The monitoring capacity will be an increasingly important element for the central government of China, since the slowdown in economic growth and the consolidation of a fierce industrial system seem destined to exacerbate economic and social inequality among citizens and to fuel the fire of protest.

 

Luca Marchesini

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Russia, varata nuova legge antiterrorismo

Asia/POLITICA di

Da quando il conflitto è alle porte la Federazione Russa ha pensato di costituire uno schermo di tipo giuridico anti-terroistico, che però si sta rivelando essere solo un altro dei tentativi per centralizzare e rafforzare il potere dello Stato. La Duma si propone di inasprire le sanzioni per il terrorismo e l’estremismo, e, inoltre, vietare l’espatrio a coloro che possono essere sospettati di aver compiuti atti riconducibili al terrorismo. In effetti la minaccia alla quiete pubblica nelle ultime settimane, come ad esempio l’attacco degli estremisti a Stavropol’, ha fatto sì che fosse necessaria un’iniziativa del genere.
Il giorno 11 aprile 2016 sono stati presentati al parlamento due disegni di legge che andrebbero ad incidere norme contenute nel Codice Penale. Tali modifiche sono state proposte da un deputato della Duma Irina Yarovaya e dal Presidente del Comitato del Consiglio della Federazione sulla difesa e la sicurezza Viktor Ozerov.

Le modifiche sono svolte non solo nella direzione di una più severa pena per le attività affini al terrorismo. Esse andrebbero a colpire immediatamente un certo numero di sfere di vita dei cittadini, enti pubblici e strutture commerciali. L’estremismo può essere considerato anche un post su un social network, se si trova ad essere secondo il nuovo Art. 280 del codice penale affine a quelle attività considerate estremiste. Si innalza il tempo della detenzione e vengono maggiorate le multe. Sono state prese delle misure in materia di revoca della cittadinanza per coloro che sono sotto processo per atti di terrorismo e l’estremismo e impedito loro l’espatrio. E’ stata ridotta la soglia di responsabilità per i minori che dai 16 scende ai 14 anni. Inoltre le nuove sanzioni prevedono da 3000 a 5000 rubli per i cittadini che non si conformano all’obbligo di notificare al Roskomnadzor  le informazioni riguardanti l’organizzazione o lo scambio di dati tra gli utenti in rete, così anche  come violazione del dovere di memorizzare i dati per 6 mesi.

Gli autori di un nuovo pacchetto di iniziative anti-estremista vogliono in particolare limitare l’uscita dal Paese per “Ribellione armata” (Art.279 codice penale) o “Attacco contro persone o istituzioni che godono di protezione internazionale” (art. 360 del codice penale). Sono stati proposti degli articoli anche per il “terrorismo internazionale”, con la pena da 15 anni all’ergastolo, senza possibilità di libertà condizionale, e senza un termine di prescrizione e “Promozione di attività estremista”.

Oltre all’inserimento degli articoli ex novo sono state proposte anche delle puntualizzazioni come ad esempio nelle materie sulla cittadinanza della Federazione Russa. Ne può essere effettuata la revoca qualora il soggetto rientri nella sfera di giurisdizione di quegli articoli che ne provino l’affiliazione ad attività estremiste, con una puntualizzazione che esclude i casi di revoca “se una persona non ha altra cittadinanza o garanzie della sua acquisizione.”
La particolarità di queste leggi è che possono essere rivolti a chiunque. Il fatto che l’imputato o l’indagato rimarrà sul territorio della Russia, non influenzerà la sicurezza dei cittadini. Allo stesso modo, non ha alcuna importanza il fatto che per l’appartenenza a un gruppo armato illegale la responsabilità sia scesa a  14 anni. Gli autori avevano in mente la minaccia rappresentata dall’ISIS, ma i meccanismi di queste nuove leggi possono indurre in suoi abusi, grazie alle linee larghe che non hanno logica organica ma un insieme di azioni volte a rafforzare le misure di controllo. Anche il deputato della Duma di Stato Dmitry Gudkov ha puntualizzato come articoli come quelli che trattano la responsabilità la “promozione dell’attività estremista” possono considerarsi dirette all’eliminazione dell’opposizione del governo.  

La piattaforma Talk.rublacklist.net ha raccolto commenti inerenti a tale disegno di legge. Ne è risultato che la revisione è vista come un nuovo criterio per classificare le attività terroristiche sotto forma di “attività che destabilizzano le autorità”. Si estende il controllo delle comunicazioni di rete dei cittadini. Hosting provider, proprietari di siti web e altre persone (comprese le risorse estere), saranno  costretti a memorizzare i dati sull’ammissione, il trasferimento, il trasporto, la manipolazione varie informazioni elettroniche per sei mesi. Si parla anche dei pagamenti elettronici: saranno limitati quelli non personalizzati, ossia pagamenti effettuati senza identificare il cliente. Questo potrebbe rappresentare una lesione delle libertà personali che concernono sopratutto l’unione di più gruppi e la condivisione degli interessi dei consociati.

Così con il proposito di svolgere delle attività “anti-terroristiche”, i nuovi emendamenti risolvono contemporaneamente alcuni problemi rilevanti per La Federazione Russa come il rafforzamento dei poteri dell’FSB e della Banca Centrale,  Il rafforzamento del controllo sulle comunicazioni di rete dei cittadini, rafforzamento del controllo sulle operazioni finanziarie dei cittadini, con l’ausilio di mezzi elettronici di pagamento, rafforzamento del controllo sulle attività delle ONG.

Yauheniya Dzemianchuk

Alessandro Conte

UNIFIL Libano, cambio di comando per la missione italiana

Difesa/Medio oriente – Africa di

La Brigata Sassari subentra alla Brigata Taurinense nell’Operazione Leonte al confine sud del paese.

I compiti della missione e le regole di ingaggio non cambiano ma proseguono con lo stesso livello di professionalità e impegno profuso negli anni dai contingenti italiani nell’ambito della missione ONU denominata UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon).

20160418 ToA JTFL Sector West-269Al comando della Brigata Sassari il Generale di Brigata Arturo Nitti che subentra al Generale Franco Federici comandante della Brigata Taurinense.

Anche se la Brigata “Sassari” è alla sua prima missione in Libano con i colori delle Nazioni Unite ha una grande esperienza sul campo, presente negli anni sui diversi scenari operativi internazionali ha accumulato una grande esperienza operativa che sarà utile in un contesto come quello libanese che vive da anni una situazione di tregua con il vicino Israele ma che necessità di un altissimo livello di professionalità e attenzione per non far infiammare nuovamente il conflitto.

La situazione internazionale non aiuta il mantenimento della stabilità, il Libano soffre al nord di infiltrazioni da parte dell’ISIS, come dimostrano i recenti arresti da parte delle autorità nazionali, oltre alla crisi umanitaria provocata dal sempre crescente numero di profughi siriani ospitati anche nei campi profughi presenti nella zona di competenza della missione UNIFIL.

Durante la cerimonia di cambio di comando il Generale Portolano, Capo missione e comandante delle forze UNIFIL ha indicato come fondamentale il ruolo degli italiano come ambasciatori di pace e sottolinea come la missione conclusa dalla “Taurinense” sia stata “caratterizzata dalla condivisione di un progetto comune realizzato attraverso il dialogo con la popolazione e le sue istituzioni e” continua il Generale “come Il consenso sia stato alla base di ogni attività condotta dagli alpini del contingente italiano grazie ai quali è stata incrementata l’efficacia delle attività operative per il mantenimento della stabilità dell’area e la fiducia della popolazione libanese nei confronti di Unifil. “

IMG_9791L’attività di peacekeeping nella missione Leonte è il pilastro fondamentale della missione, la raccolta di consenso da aprte della popolazione permette una operatività sul territorio fondamentale per il mantenimento della pace.

La missione LEONTE è caratterizzata da un mix di attività cinetiche come il pattugliamento del territorio e il controllo di mezzi e persone con l’obiettivo di impedire il movimento di armi e incidenti lungo la Blue Line.

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Hot Spot – The Crisis Areas

BreakingNews @en di

Not only Libya, Syria or Iraq. There are several crisis areas in the world. The events shown below talk about many wars and clashes in Africa, Middle East and Asia.

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Democratic Republic of Congo
13 people were killed on March 19 due to clashes between DR Congo army and Mai Mai Simba troops in village of Central-Biakato.

 

Libya
Daesh militants retreated from Derna after a long time because of Tobruk army, leaded by Haftar, in Benghazi.

On April 19, the EU foreign policy chief, Federica Mogherini, confirmed that “we are ready to support the government. “ This is the European answer after GNA request for help. Brussels will offer assistance with its security sector, managing migration, border management and police capacity building.

At the beginning of April, GNC voted its dissolution. So, former prime minister Ghwell left its office. Premier Serraj stregthened its position also because of support of Tripoli and Southern municipalities as well as Central Bank of Libya, Libyan Investment Authority and National Oil Corporation.

 

Somalia
Somalia asked Russia to support its army against Al Shabaab group, which is continuing to strike in all Horn of Africa nation.

 

Sudan
Two Arab factions, Arab Maaliya and Rizeiga, clashed in East Darfur State on April 18: over 20 people were killed. The fact was sparked by a livestock theft.

 

South Sudan
No respect for treaty of peace signed in 2015. A civil war which is continuing between Dinka and Nuer people from over 2 years. And at last the return to national capital Juba of Riek Machar. The recent news from South Sudan and the UN and Amnesty reports about crime against humanity illustrate a geopolitical disaster which is overlooked by international community.

 

Ethiopia
On April 13, South Sudanese armed group killed about 210 civilians and abducted 100 of them close to Ethiopia’s border with South Sudan.

 

Syria
Over 61 people were killed in Province of Idlib on April 19 by Syrian Arab Air Force. The same warplane also targeted a residential area in the nearby town of Kafr Nabl, leaving five people dead, as civil defense official Omar Alwan told Anadolu Agency.

 

Iraq
On April 20, security forces kill 40 ISIS fighters in Karma District and 70 in Bashir while 200 people escape from areas controlled by ISIS south of Mosul the day after. While Peshmerga’s source confirmed that ISIS should have used 12 rockets containing chemical substances in Kuwer axis.

Between April 17 and 19, international coalition, leaded by the US, airstriked ISIS in Kirkuk, killing at least 5 jihadists. The day before, Iraqi airforce destroyed 4 ISIS headquarters in Ramadi

Northern province of Anbar were liberated from ISIS after a few months. It was revealed by regular army and confirmed by local press.

 

Yemen
Houtii accepted to partecipate to peace talking after UN envoy assured that the ceasefire of April 11 would be esteemed.

Yemeni forces reconquered Houta thanks to support of Saudi-led coalition and its Apache. The fight happened on April 14, when they defeated Al Qaeda troops.

 

Afghanistan
A group of Talibans caused several explosions, especially targeting a building, in Kabul on April 19: about 65 people killed and at least 347 injured. Conversely, about 45 ISIS militants were killed in Nangarhar province on April 14 during an Afghan airstrike, as confirmed by Ministry of Defense.

While about 240 militants were killed or wounded after another airstrike the day before.

 

Pakistan
Some TTP’s talibans killed 7 policemen during vaccinations in Pakistan. The same group claimed responsibility after a few hours.

 

Myanmar
Clashes are continuing in the south of Myanmar. On April 8, Burmese army’s 63rd Light Infantry Battalion troops attacked KIA 18th Battalion’s Nbu Kawng. This only the last battle in the last weeks.
Giacomo Pratali

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Mitsubishi: dati emissioni truccate

Asia di

Un nuovo “caso VolksWagen” si profila sull’orizzonte del sol Levante, seppur su scala minore. E’ di ieri la notizia che la Mitsubishi Motors, storica casa giapponese di automobili (e non solo), ha ammesso di aver truccato i dati relativi all’efficienza energetica di alcuni suoi veicoli.

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Il presidente del gruppo Tetsuro Aikawa ha indetto una conferenza stampa a Tokio per scusarsi con i clienti, e gli stakeholders della Mitshubishi, rivelando che i dati relativi a 625 mila veicoli sono stati manipolati in modo improprio per aumentare i valori del chilometraggio e simulare un minore consumo di carburante. 157 mila di questi sarebbero marchiati Mitsubishi, mentre i restanti 468 mila sarebbero stati prodotti per la Nissan. In tutti i casi si tratta di mini auto con una cilindrata di 660 cc, molto popolari sul mercato nipponico.

La compagnia ha inoltre ammesso di aver violato la legge nipponica, adottando metodologie di test irregolari sin dal 2002. La rivelazione ha spinto  Ministero dei trasporti giapponese ad avviare un’indagine giudiziaria per verificare l’effettiva portata della falsificazione e del danno relativo inflitto ai consumatori.

L’unica danno certo, per ora, è quello che la Mitsubishi ha inflitto al valore delle sue stesse azioni: dopo la conferenza stampa di Aikawa, infatti, il valore di capitalizzazione sulla borsa di Tokio è crollato del 15 per cento: una dura battuta di arresto per i profitti del sesto produttore giapponese di veicoli a motore, fino a quel momento sospinti dalla crescita della domanda globale di automobili.

I problemi, del resto, potrebbero non limitarsi ai veicoli fino ad ora identificati, poiché il gruppo sta svolgendo ulteriori indagini interne per stabilire se anche le macchine vendute fuori dal Giappone siano state testate con le stesse irregolari metodologie.

Secondo una prima stima fatta da un analista di JP Morgan, lo scandalo potrebbe costare alla holding circa 50 milioni di Yen (450 milioni di dollari), comprensivi dei risarcimenti e dei costi di sostituzione delle parti non a norma delle auto. Ma il vero danno, per la casa nipponica, potrebbe essere la compromissione dell’affidabilità del brand, le cui ricadute in termini economici non sono al momento quantificabili.

Le rivelazioni hanno prodotto un’immediata reazione da parte delle autorità giapponesi. La polizia ha condotto un blitz in una delle sedi principali della Mitsubishi Motors, nella città di Okazaki, per raccogliere documentazione ed ha intimato alla società di fornire, entro il limite tassativo del 27 aprile, un rapporto dettagliato sulla situazione e sui test fino ad ora condotti sui veicoli. Lo scopo delle autorità è capire come siano stati falsificati i test e verificare che lo scandalo non abbia proporzioni maggiori di quelle fino ad oggi emerse.

Non è la prima volta che la Mitsubishi si trova costretta a riconquistare la fiducia dei consumatori. All’inizio degli anni 2000 il colosso giapponese dovette affrontare un altro scandalo, quando emerse che alcune sue automobili presentavano una serie di gravi difetti, con freni e frizioni mal funzionanti e serbatoi che si staccavano dal veicolo durante la marcia.

Lo scandalo Walkswagen, costato alla casa di Wolfsburg 6,7 miliardi di dollari e la perdita di importanti quote di mercato, non è dunque rimasto un caso isolato e solo il futuro ci dirà quanti altri produttori hanno truccato i dati sulle emissioni, truffando i consumatori, per aggiungere qualche zero ai propri profitti.

 

Luca Marchesini

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Mitsubishi admits manipulating emissions data

Asia @en di

 

A new “VolksWagen case” is on the horizon of the Rising Sun, albeit on a smaller scale. Mitsubishi Motors, historic Japanese auto maker, has admitted that he rigged the data related to the energy efficiency of some of its vehicles.

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The president of the group, Tetsuro Aikawa, called a press conference in Tokyo to apologize to customers, and stakeholders of Mitshubishi, revealing that data relating to 625,000 vehicles were falsified to increase the values ​​of mileage and simulate a minor fuel consumption. 157 thousand of these are branded Mitsubishi, while the remaining 468 thousand were produced for Nissan. In all cases, these are mini cars with an engine size of 660 cc, very popular on the Japanese market.

The company also admitted to violate of the Japanese law, adopting irregular test methodologies since 2002. The revelation has prompted the Japanese Ministry of Transportation to launch a judicial investigation to verify the extent of counterfeiting and the related damage inflicted on consumers .

The only certain damage, for now, is what Mitsubishi has inflicted to the value of his own actions: after the press conference of Aikawa, in fact, the capitalization value on the Tokyo Stock Exchange dropped by 15 percent: a hard stop for the profits of the sixth Japanese auto maker, so far driven by the growth of global demand for automobiles.

The problems, moreover, could not be limited to vehicles identified to date, since the group is conducting further internal investigation to determine if the vehicles sold outside Japan have been tested with the same irregular methods.

According to the preliminary estimate made by a JP Morgan analyst, the scandal could cost the holding about 50 million yen ($ 450 million), consisting of customers compensation and replacement costs. But the real damage, for Mitsubishi, could be the impairment of the brand reliabilit, whose repercussions in economic terms are currently not quantifiable.

The revelations have produced an immediate reaction from the Japanese authorities. The police conducted a raid on one of the main offices of Mitsubishi Motors, in the city of Okazaki, to collect documentation and has ordered the company to provide, within the 27th of April, a detailed report on the situation and test so far conducted on vehicles. The aim of the authorities is to understand how the tests have been falsified and verify that the scandal has not greater proportions of those until today emerged.

It is not the first time that Mitsubishi is forced to restore consumer confidence. In the early 2000s, the Japanese giant faced another scandal, when it emerged that some of its cars had a number of serious defects, as malfunctioning brakes and clutches and tanks that fell off the vehicle while driving.

The Walkswagen scandal, which cost to Wolfsburg company 6.7 billion dollars and the loss of substantial market shares, isn’ttherefore remained an isolated case, and only the future will tell us how many other manufacturers have rigged the data on emissions, cheating consumers, to add some zero to their income.

 

Luca Marchesini

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Egitto: il caso Regeni e gli strascichi libici

La questione dei diritti umani. Il comportamento ambiguo della Francia. La Libia. L’uccisione di Giulio Regeni e lo scontro diplomatico tra Roma e Il Cairo sulle dinamiche legate alla morte del ricercatore italiano si legano ad altre questioni geopolitiche.

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“Abbiamo una visione diversa dei diritti umani rispetto all’Unione Europea. Non potete immaginare cosa succederebbe al mondo intero se questo Paese cadesse. Ciò che sta avvenendo in Egitto è un tentativo di spaccare le istituzioni dello Stato. Siamo sempre pronti a ricevere gli inquirenti italiani affinché si assicurino di tutte le misure che stiamo attivando a questo proposito”.

Queste le parole del presidente egiziano Al Sisi nel corso della conferenza stampa congiunta del 17 aprile con il suo omologo francese Francois Hollande al termine del bilaterale tra i due Paesi. Parole di facciata, volte a ricucire lo strappo con l’Italia, a seguito delle imbarazzanti indagini sulla morte di Regeni, e a rifarsi un’immagine compatibile con l’opinione pubblica internazionale, viste le continue violazioni dei diritti umani in Egitto svelate dalle varie ONG e messe in evidenza proprio dopo le torture subite dal dottorando italiano.

I rapporti tra Italia ed Egitto sono al minimo storico. Lo dimostra il richiamo dell’ambasciatore Maurizio Massari, lo dimostrano i pochi stralci messi a disposizione della Procura di Roma, incredula di fronte al fatto che la Procura Generale de Il Cairo stia insistendo sull’omicidio ad opera della banda criminale.

“In base a tali sviluppi, si rende necessaria una valutazione urgente delle iniziative più opportune per rilanciare l’impegno volto ad accertare la verità sul barbaro omicidio di Giulio Regeni”, si legge nel comunicato pubblicato dalla Farnesina venerdì 8 aprile.

Parole che fanno seguito alle tante denunce fatte in particolar modo da Amnesty International, che smentiscono le parole di Al Sisi e la versione fornita dalle autorità egiziane: “Secondo gli ultimi dati forniti dall’organizzazione egiziana “El Nadim”, che il Governo ha per altro minacciato di chiudere, dall’inizio di quest’anno i casi accertati di tortura in danno di cittadini egiziani sono stati 88 e in 8 casi c’è stato il morto – afferma il portavoce italiano di Amnesty International Riccardo Noury in un’intervista a La Repubblica -. Ora, è vero che in questo momento non esistono prove in grado di sostenere che Giulio Regeni sia stato torturato da apparati dello Stato per ordine delle autorità di quello Stato. Ma è altrettanto vero che questo sospetto esiste, è legittimo, è sostenuto dagli esiti dell’autopsia sul cadavere di Giulio, dagli elementi indiziari emersi sin qui dall’indagine e dunque bisogna che questo sospetto il governo egiziano ce lo tolga”.

Una battaglia, quella sui diritti umani e sulla tragica morte di Regeni, fatta propria dal New York Times: “Appoggiamo la battaglia dell’Italia. Gli abusi dei diritti umani in Egitto sotto il presidente Al Sisi hanno raggiunto nuovi picchi, e nonostante ciò, i governi che commerciano con l’Egitto e lo armano hanno continuato a fare affari come se niente fosse”.

Una dura reprimenda e un riferimento non celato alla Francia. L’incontro della scorsa settimana tra Hollande e Al Sisi, infatti, è servito a rinvigorire i legami commerciali tra i due Paesi, stimabili in 2,5 miliardi l’anno. Mentre le flebili denunce sui diritti umani da parte del presidente francese nel corso della conferenza stampa finale sembrano essere state fatte per salvare le apparenze.

Il gelo tra Italia ed Egitto potrebbe essere sfruttato a proprio vantaggio non solo dalla Francia, ma anche dalla Germania e dalla Gran Bretagna, nonostante il governo britannico abbia accolto la petizione di numerosi accademici e studenti e abbia chiesto “più trasparenza nelle indagini sulla morte di Giulio Regeni”.

Non solo motivi economici, ma anche risvolti geopolitici attinenti alla Libia. Se fino ad ora l’appoggio egiziano al generale Haftar e al governo di Tobruk a discapito del nuovo governo di Serraj era cosa palese, più fonti italiane ed internazionali rilanciano l’idea che anche la Francia appoggi segretamente l’esecutivo della Cirenaica a causa della presenza, in quella regione, di numerosi pozzi petroliferi.

La riconquista delle ultime ore di Bengasi da parte dell’esercito di Haftar pone ancora di più agli occhi delle potenze occidentali il tema delle alleanze trasversali internazionali al primo punto. L’Egitto, in questo senso, potrebbe divenire il pomo della discordia tra i partner internazionali impegnati a ricucire l’assetto istituzionale libico in nome della lotta al Daesh.
Giacomo Pratali

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LA MEZZALUNA DEL FONDAMENTALISMO ISLAMICO DAL CAUCASO ALLA LIBIA

Video di

CONVEGNO DEL CENTRO STUDI ROMA3000

Sono intervenuti al convegno che si è tenuto il 14 aprile 2016 a Roma presso l’Hotel Nazionale il professor Germano Dottori, direttore del Master in “Geopolitica e sicurezza ” dell’Universita LUISS “Guido Carli di Roma, l’Avvocato Alessandro Forlani che è stato parlamentare e membro della commissione esteri della Camera dei deputati, il Dottor Andrew Spannaus, direttore della testata digitale “Transatlantico.info” ed esperto di geopolitica e economia internazionale,il dottor Paolo di Giannantonio giornalista e conduttore RAI oltre ad essere un orientalista esperto.

 

Il convegno ha analizzato il fenomeno dell’Isis, inteso come offensiva militare e terroristica, con la prospettiva della ricostituzione del Califfato in un’area del mondo che potrebbe coincidere con quella in cui si registrano presenze islamiche, o con quella che è stata oggetto delle conquiste arabe e poi turche nel Medio Evo.  Sono stati discussi i ruoli delle potenze internazionali nel quadrante con riferimento alla politica estera USA e Russa.

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Alessandro Conte
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