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Libia: in attesa del via libera dell’ONU

Medio oriente – Africa/Varie di

Come annunciato a seguito della Conferenza Internazionale di Roma, le diverse fazioni libiche, Tripoli e Tobruk su tutti, hanno raggiunto a Skhirat (Marocco) l’accordo per il governo di unità nazionale. Il Consiglio di Presidenza, presieduto da Sarraj Fayez, dai tre vicepremier in rappresentanza di Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, più altri rappresentanti hanno il compito, entro 40 giorni, di trovare i ministri e formare il nuovo governo. C’è attesa, intanto, per la risoluzione ONU, che dovrà definire i termini dell’intervento militare per mettere in sicurezza Tripoli e addestrare le forze di sicurezza locali: l’Italia è pronta ad assumere il ruolo di guida della coalizione internazionale, mentre la Gran Bretagna invierà circa mille uomini.

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Nella giornata di giovedì 17 dicembre, con un giorno di ritardo rispetto alla tabella di marcia, i 90 rappresentanti dell’Assemblea di Tobruk e i 27 del GNC di Tripoli hanno firmato l’accordo, frutto di un’estenuante trattativa durata un anno. Il Consiglio di Presidenza neoeletto, oltre a scegliere i rappresentanti del nuovo esecutivo, dovrà convincere i presidenti dei rispettivi parlamenti ad accettare l’accordo. Tra i nodi da sciogliere, anche la modalità dell’intervento della coalizione internazionale: le diverse fazioni, infatti, caldeggiano l’addestramento delle forze di polizia libiche, piuttosto che un intervento militare straniero classico.

Se le reazioni positive da parte delle più cariche istituzionali globali si sprecano, sul campo iniziano già a vedersi i primi effetti dell’accordo sotto l’egida dell’ONU. La presenza di un esecutivo unico a Tripoli consentirà, dopo la Siria, di aprire in Libia l’altro fronte per la lotta allo Stato Islamico, radicalizzatosi a Sirte e presente in maniera forte in centri importanti come Bengasi.

Un piccolo nucleo di truppe statunitensi è già presente in loco, come riportato da molti media internazionali. Così come Francia e Gran Bretagna sarebbero già arrivati in Libia attraverso i confini meridionali.

E l’Italia? Come trapelato da ambienti vicino alla Difesa, il non interventismo in Siria, l’apporto alla missione NATO in Iraq di 450 soldati a difesa dei lavori presso la strategica diga di Mosul, mostrano chiaramente la linea di Roma: riservare il massimo sforzo, in termini umani e logistici, alla più vicina, e per questo più cruciale, Libia.

La missione militare internazionale in Libia, dunque, è già alle porte.
Giacomo Pratali

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Libia: pronto il piano d’intervento

Appello dei governi di Italia, Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Stati Uniti dopo le stragi di Sirte per mano dei miliziani. In attesa dell’auspicata adesione di Tripoli al governo di unità nazionale, emergono alcuni dettagli sul piano d’azione a guida italiana in Libia: costruzione e protezione delle infrastrutture, missione di peace-keeping dei caschi blu, addestramento delle truppe regolari.

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Oltre 200 morti e almeno 500 feriti a seguito degli scontri avvenuti nell’ultima settimana a Sirte. Il susseguirsi delle stragi per mano dei miliziani affiliati all’Isis ha lasciato dietro di sé una scia di sangue e orrore. Crimini, come la crocifissione di 12 miliziani salafiti o i 22 pazienti di un ospedale morti a seguito di un incendio appiccato dai jihadisti, che hanno fatto gridare al “genocidio” il governo di Tobruk.

“Siamo profondamente preoccupati dalle notizie che parlano di bombardamenti indiscriminati su quartieri della città densamente popolati e atti di violenza commessi al fine di terrorizzare gli abitanti – afferma il comunicato congiunto dei governi di Italia, Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Stati Uniti -. Facciamo appello a tutte le fazioni libiche che desiderano un Paese unificato e in pace affinché uniscano le proprie forze per combattere la minaccia posta da gruppi terroristici transnazionali che sfruttano la Libia per i loro scopi”, conclude la nota.

La necessità del governo di unità nazionale, auspicata dalla comunità internazionale, è quanto mai di attualità. Le Nazioni Unite attendono con ansia la decisione di Tripoli, dopo l’accordo tra le restanti fazioni del Paese. C’è un piano da attuare per frenare l’avanzata dell’Isis in Libia.

Già da mesi, si mormora di un intervento militare a guida italiana e sotto l’egida dell’Onu. Un piano d’azione già redatto dalla Farnesina e su cui sta lavorando alacremente lo stesso Bernardino Leon, ancora più indispensabile dopo la conquista di Sirte, le stragi a ripetizione e l’emergenza migratoria.

Come emerso nelle ultime ore, questo piano d’azione riguarda la fase successiva alla costituzione del governo di unità nazionale. In primis, tale esecutivo dovrebbe fare richiesta ufficiale di aiuti internazionale. Così, potrebbe scaturire il sostegno finanziario, ma soprattutto militare, indispensabile per stabilizzare la Libia e contrastare lo Stato Islamico.

Oltre che ai sussidi per la costruzione di infrastrutture come strade e aeroporti, oltre alla protezione degli impianti petroliferi e gasiferi, il clou di questo piano sarebbe l’intervento sul campo dei caschi blu Onu come forza di peace-keeping e l’addestramento delle truppe dell’esercito regolare libico.

L’abbattimento dei flussi migratori verso Italia e Grecia e la sconfitta dell’Isis passano, perciò, attraverso una stabilizzazione istituzionale, politica ed economica della Libia, come spiegato dal ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni: “L’accordo per un governo nazionale in Libia resta la sola possibilità affinché con il supporto della comunità internazionale si possa far fronte alla violenza estremista e al peggioramento quotidiano della situazione umanitaria ed economica del Paese”. Tripoli, dunque, deve sbrigarsi. Il tempo, oramai, stringe.

Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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