GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Roberta Ciampo - page 3

Roberta Ciampo has 29 articles published.

Roberta Ciampo è una giornalista freelance con un Master in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ottenuto all’università di Roma La Sapienza. Ha conseguito un progetto di ricerca post-laurea in Cina in analisi e sviluppo delle politiche economiche volte alla sostenibilità, e ha collaborato con l’università di Aalborg, Danimarca, ad attività di analisi e monitoraggio delle pratiche di sviluppo nei paesi emergenti. Lavora a stretto contatto con diverse agenzie delle Nazioni Unite, Unione Europea, ONG e istituti di ricerca su temi di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario.

Hong Kong vieta ai suoi cittadini la doppia cittadinanza

ASIA PACIFICO di

Secondo la legge cinese, la doppia nazionalità non è riconosciuta a Hong Kong e le autorità non sono tenute per legge a concedere l’accesso consolare a coloro che detengono il doppio passaporto. Il principale organo legislativo di Pechino ha stabilito questi regolamenti a Hong Kong nel 1996, un anno prima del passaggio di Hong Kong dalla Gran Bretagna. Ma le regole non sono mai state applicate sinora.

Hong Kong ospita 300.000 passaporti canadesi, 100.000 australiani e 85.000 americani, molti dei quali con doppia cittadinanza.

“In passato, se avevi la doppia nazionalità ed incontravi dei problemi, sebbene la legge lo vietasse, nella pratica si poteva ancora godere delle protezioni del consolato, ora invece le cose sono cambiate”, ha detto Eric Cheung, ricercatore presso l’Università di Hong Kong. Questo è un altro segno che la regola del “One country, two systems” a Hong Kong – che scadrà formalmente nel 2047 – sta già evaporando.

Questo cambiamento di politica potrebbe avere delle profonde implicazioni nella vita di molte persone.

Aumenta infatti l’incertezza per i cittadini di Hong Kong con la seconda cittadinanza australiana, britannica, o americana, in quanto non solo non verrà più riconosciuto dalla fine di gennaio il passaporto con doppia nazionalità come documento di viaggio valido, ma i residenti di Hong Kong non avrebbero neanche più diritto all’assistenza consolare straniera.

In altre parole, secondo la nuova legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong chiunque sia in possesso di doppia cittadinanza, sarà considerato solo cittadino cinese, e non potrà quindi beneficiare della protezione consolare straniera, né il governo straniero potrà intervenire nel processo giudiziario di Hong Kong.

Il governo britannico aveva già aggiornato i suoi consigli di viaggio lunedì, avvertendo i cittadini britannici che Hong Kong non riconosce la doppia nazionalità e l’assistenza consolare potrebbe essere limitata. Lo stesso è avvenuto da parte del governo australiano mercoledì pomeriggio. La Gran Bretagna ha poi aperto un programma di visti per milioni di cittadini di Hong Kong per consentire loro di reinsediarsi nel Regno Unito. Il mese scorso, i funzionari canadesi hanno anche espresso preoccupazione dopo che il governo è stato informato che un prigioniero con doppia nazionalità canadese a Hong Kong doveva scegliere una sola nazionalità.

 

La Colombia garantisce lo status legale ai migranti venezuelani

AMERICHE di

Ai migranti venezuelani e ai richiedenti asilo in Colombia verrà concesso lo status protetto per un massimo di 10 anni, ha annunciato lunedì il presidente colombiano Ivan Duque insieme a Filippo Grandi, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Tutti coloro che arriveranno ​​in Colombia prima del 31 gennaio sarà infatti consentito rimanere nel paese per un decennio in base alle nuove regole. Il possesso dello status di residente protetto consentirà inoltre ai migranti di lavorare legalmente e li aiuterà a integrarsi nella società.

Le Nazioni Unite stimano che circa 5,4 milioni di venezuelani siano fuggiti dal loro paese in mezzo a una crisi economica paralizzante, oltre a minacce di violenza, instabilità politica e mancanza di beni e servizi di base. Durante l’incontro, Duque ha detto che i venezuelani hanno lasciato il loro Paese “a causa della dittatura e della povertà” e che “è doloroso assistere a queste circostanze”. Più di 1,7 milioni di venezuelani vivono ora nella vicina Colombia, e di questi, circa 966.000 non hanno uno status legale nel paese, secondo l’autorità di immigrazione della Colombia. La maggior parte arriva attraverso passaggi di frontiera improvvisati e senza i documenti necessari o il timbro di immigrazione per ottenere l’accesso al lavoro o all’assistenza sanitaria.

Le autorità per l’immigrazione stanno ora ponendo maggiore enfasi sull’incoraggiamento dei migranti e dei richiedenti asilo ad entrare in Colombia attraverso dei canali ufficiali. Anche le organizzazioni umanitarie e i responsabili politici in Colombia e all’estero hanno accolto con favore l’annuncio di lunedì. “Ogni giorno i bisogni dei venezuelani in Colombia crescono, esacerbati dagli effetti della pandemia”, ha detto Marianne Menjivar, direttrice del Comitato di soccorso internazionale per Colombia e Venezuela. “La Colombia è diventata il paese del Sud America che ospita il maggior numero di migranti venezuelani … Le iniziative di regolarizzazione come quella annunciata oggi sono un passo per garantire la protezione delle persone che vivono in condizioni di vulnerabilità, fornendo loro strumenti per ricostruire le loro vite”, ha affermato in una dichiarazione.

“Questo è un primo passo importante per aiutare a garantire l’integrazione di questa popolazione che è stata emarginata a causa del loro status illegale”, ha detto Aprile direttore colombiano di Mercy Corps, aggiungendo tuttavia che i migranti venezuelani devono ancora affrontare sfide significative nell’accesso all’istruzione, alla salute e ad altri servizi. “La risoluzione di questi problemi richiederà il sostegno del governo, del settore privato e delle ONG in tutto il paese”, continua Aprile.

Alcuni osservatori hanno tuttavia sollevato preoccupazioni circa la capacità del governo di concedere logisticamente lo status di protezione a così tanti migranti venezuelani e richiedenti asilo e di fornire loro finanziariamente l’accesso ai servizi sociali. La Colombia non riceve tanti finanziamenti per gli aiuti internazionali quanto le altre crisi migratorie globali, come la Siria e il Sudan, ha affermato Sergio Guzman, direttore della Colombia Risk Analysis, una società di consulenza sui rischi a Bogotà.

Gli analisti della Brookings Institution hanno stimato a dicembre 2019 che la comunità internazionale aveva speso 580 milioni di dollari per rispondere alla crisi degli sfollati venezuelani nei suoi primi quattro anni, rispetto ai 7,8 miliardi di dollari spesi nei primi quattro anni di risposta alla crisi dei rifugiati siriani.

“La Colombia è sottofinanziata, deve affrontare un deficit fiscale pronunciato, dovendo vendere beni del governo per finanziare i suoi attuali livelli di spesa, che sono destinati a crescere con una domanda aggiuntiva da parte dei cittadini venezuelani”, ha ribadito Guzman.

Peraltro, la Colombia sta attualmente attraversando uno dei suoi momenti più difficili, con molte questioni economiche e politiche ancora aperte, senza parlare degli effetti della pandemia che hanno ulteriormente inasprito le tensioni sociali. Includere la migrazione venezuelana nell’equazione avrà sicuramente dei costi e dei benefici, resta però da vedere come questa sfida sarà gestita nel breve periodo.

Il Myanmar ricade in una dittatura militare dopo cinque anni di tentativi verso la democrazia

ASIA PACIFICO di

Lunedì 1 febbraio i militari della Birmania con un colpo di stato hanno dichiarato lo stato di emergenza della durata di un anno, accusando irregolarità con le elezioni di novembre che avevano conferito alla Lega nazionale per la democrazia (NLD) una vittoria schiacciante con una quota di seggi parlamentari pari all’83%. L’esercito ha consegnato il potere al comandante in capo delle forze armate, il generale maggiore Min Aung Hlaing, il quale ha successivamente arrestato la leader del partito NLD, Suu Kyi, e altri leader e figure pro-democratiche. Leggi Tutto

Cooperazione rafforzata tra Arabia Saudita e Iraq

MEDIO ORIENTE di

Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e il primo ministro iracheno Mustafa Al-Kadhimi hanno discusso martedì 2 febbraio i lavori della quarta sessione del Consiglio di coordinamento saudita-iracheno.

Durante un incontro virtuale i leader hanno esaminato gli accordi sviluppati durante le tre sessioni precedenti con l’obiettivo di rafforzare ulteriormente le relazioni tra i due paesi. I temi sui quali si è svolto l’incontro vanno dalla sicurezza, alla politica, e agli investimenti commerciali e energetici. Leggi Tutto

Bobi Wine libero dopo 11 giorni di arresti domiciliari

AFRICA di

 

Il 14 gennaio gli ugandesi si sono recati alle urne per votare il nuovo presidente dopo una campagna che è stata segnata dalla violenza.

Nonostante ci fossero almeno 10 candidati alle presidenziali, è tra i primi due che si è svolta fondamentalmente la campagna elettorale. Si tratta di Yoweri Museveni, ultrasettantenne in carica da 35 anni, e il giovane candidato Robert Kyagulanyi, un musicista meglio conosciuto con il suo nome d’arte Bobi Wine. Leggi Tutto

Le Nazioni Unite lanciano un appello di $45 milioni per far fronte alla crisi umanitaria nelle Filippine

ASIA PACIFICO di

Nelle Filippine i disastri naturali non sono purtroppo un’eccezione, e quest’anno mai come prima a causa deldispiegarsi di una triplice crisi: COVID-19, Super Typhoon Goni (conosciuto localmente come Rolly) e Super Typhoon Vamco (nome locale Ulysses). Particolarmente propense ad inondazioni e terreni saturi d’acqua, leFilippine hanno una media di 25 tifoni all’anno, 21 vulcani attivi e regolari minacce di terremoti.

 

All’inizio di novembre, il Super Typhoon Rolly, il più potente ciclone tropicale finora nel 2020, ha colpito 1,9 milioni di persone in 8 delle 17 regioni del paese, lasciando circa 845.000 persone bisognose di assistenza.

Il tifone Rolly è stato presto seguito dalle tempeste tropicali Atsani ed Etau. Una settimana dopo, il tifone Vamco di categoria 4 ha attraversato l’isola di Luzon e ha colpito 4,2 milioni di persone. Il COVID-19 sta aggiungendo un ulteriore livello di complessità a quello che è già un anno difficile, con quasi 500.000 casi confermati di coronavirus e quasi 9.000 decessi.

Il tetto e le panche della chiesa di San Francesco d’Assisi nella città di Malinao sono danneggiati dai potenti venti del tifone Goni nella provincia di Albay, Filippine centrali, 3 novembre 2020.

Su invito del governo, oltre 80 partner umanitari nel paese – comprese le Nazioni Unite (ONU), organizzazioni non governative, il Movimento della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa e il settore privato – stanno attivando piani di aiuto a sostegno della risposta del Governo, sulla base di accordi di partenariato consolidati e rapporti rafforzati in anni di collaborazione.

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Korea del Nord, sulle sanzioni guerra fredda USA-Cina

ASIA PACIFICO di

Martedì 16 gennaio si è tenuto a Vancouver un Vertice tra venti Nazioni per discutere l’attivazione delle misure sanzionatorie nei confronti della Nord Corea. Canada e Stati Uniti hanno coordinato l’incontro affermando il loro impegno nell’assicurare che le sanzioni già approvate dalle Nazioni Unite vengano rispettate e che ad esse si aggiungano ulteriori sanzioni unilaterali e azioni diplomatiche da parte degli Stati al fine di costringere Pyongyang ad abbandonare i programmi missilistici e nucleari. Ciò che è sorprendente è stata l’esclusione di Russia e Cina al tavolo delle discussioni. La Cina ha infatti reagito denunciando i Vancouver Talks di farsi portatori di una mentalità da guerra fredda. Già da tempo il Presidente cinese Xi Jinping aveva collaborato con gli States affinché fosse aperto il dialogo con la Nord Corea e fossero previste azioni di denuclearizzazione, attraverso la riduzione delle esportazioni di greggio, anche a costo di far lievitare il costo della benzina in madrepatria. Pertanto la decisione di escludere la Cina e la Russia, peraltro due dei restanti partner commerciali della Nord Corea, è stata interpretata come il segno che gli Stati Uniti caldeggino ancora la possibilità di un attacco militare nella zona.

Durante l’incontro a Vancouver, il Segretario di Stato americano Rex Tillerson ha infatti avvertito Pyongyang di innescare una risposta militare se non accetta le negoziazioni. Questo metodo, secondo Lu Kang, portavoce del Ministro degli esteri cinese, potrebbe dividere la comunità internazionale e minare le occasioni di una soluzione pacifica nella penisola. “Solo attraverso il dialogo” continua il portavoce, “nonché affrontando le preoccupazioni di tutti i coinvolti, è possibile trovare la strada per una soluzione effettiva e pacifica”.

Secondo Wang Sheng, un ricercatore del Centro di “Co-Innovation for Korean Penincula”, il tempismo di questo incontro appare peraltro inappropriato, dal momento che la situazione nella penisola coreana era di recente stata contraddistinta da un grande avvicinamento tra le due Coree, ovvero dalla riapertura del canale intercoreano di comunicazione diretta. Ovviamente questo riavvicinamento, molto gradito a Cina e Russia, non può essere visto con grande ottimismo da Trump. Alla notizia dell’incontro tra i due leader coreani Trump aveva specificato di esserne in qualche modo soddisfatto, dando il merito di questo «passo» alle sanzioni e alle pressioni esercitate su Kim. Tuttavia, appare evidente che la penisola coreana riappacificata permetterebbe all’Asia di tornare a concentrarsi sul futuro delle relazioni commerciali ed economiche e ridurrebbe il peso americano in termini di vendita di armi e di «garante» della sicurezza nella regione. Seul aveva inoltre confermato la necessità di interrompere le esercitazioni congiunte con gli Stati Uniti, ribadendo la volontà di trattare con Kim, anche a condizione di “dire dei no” – come aveva affermato il Presidente Moon in campagna elettorale – all’alleato americano.

Roberta Ciampo
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