COVAX: meccanismo OMS per un accesso equo ai vaccini COVID-19

E’ chiamato “Me first approach” (“prima io”) oppure “vaccinazionalismo” e si riferisce alla corsa ai vaccini COVID-19 dei paesi ricchi, e al rischio invece che i paesi poveri non possano accedervi in quanto troppo costosi.

Il capo dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) Tedros Adhanom Ghebreyesus ha riferito lunedì che mentre 39 milioni di dosi sono state somministrate in quasi 50 dei paesi ricchi, solo 25 sono state somministrate in una nazione a reddito più basso. Il timore infatti, segnala Tedros, è che “nonostante i vaccini portino speranza ad alcuni, diventano un altro mattone nel muro della disuguaglianza tra i ricchi e i poveri del mondo”.

Per evitare un rischio del genere, i leader mondiali hanno incoraggiato una soluzione che accelerasse la produzione di vaccini COVID-19, nonché la diagnostica e i trattamenti, e garantisse un accesso rapido, giusto ed equo a tutti i paesi, indipendentemente dai livelli di reddito. Questa soluzione è stata lanciata lo scorso aprile e ha preso il nome di COVAX.

COVAX è uno dei tre pilastri dell’acceleratore Access to COVID-19 Tools (ACT), lanciato dall’OMS, dalla Commissione europea e dalla Francia in risposta alla pandemia. Grazie alla collaborazione tra Gavi, la Vaccine Alliance, la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI) e l’OMS, COVAX è diventata una piattaforma a sostegno della ricerca, dello sviluppo e della produzione di un’ampia gamma di vaccini, col compito di negoziarne al tempo stesso il prezzo. L’obiettivo iniziale è avere 2 miliardi di dosi disponibili entro la fine del 2021, che dovrebbero essere sufficienti per proteggere le persone ad alto rischio e vulnerabili, nonché gli operatori sanitari in prima linea.

Il capo dell’OMS avverte tuttavia che sebbene tanti parlino la lingua dell’accesso equo, alcuni paesi aggirano il meccanismo COVAX, continuando a dare priorità agli accordi bilaterali con le aziende farmaceutiche per poter tentare di saltare in prima fila. Ma così facendo, si genera di conseguenza un aumento dei prezzi. Dall’altra parte, anche i produttori continuano a dare priorità ai paesi ricchi, dove i profitti sono più alti, invece che presentare i loro dossier all’OMS per la pre-qualificazione COVAX. “Ciò potrebbe ritardare le consegne del vaccino e creare esattamente lo scenario che il meccanismo COVAX era stato progettato di evitare, ovvero un mercato caotico, una risposta non coordinata e continui sconvolgimenti sociali ed economici”.

In altre parole, non solo questo approccio “Me first” acutizza le disuguaglianze nel mondo, aggravando le crisi umanitarie, ma è anche controproducente, in quanto induce i paesi ricchi a pagare un prezzo più alto per ogni dose, mentre ne impedisce l’accesso ai paesi poveri.

“Se solo i paesi lavorassero insieme in solidarietà, ciò avrebbe vantaggi economici per tutti” sottolinea Tedros. “Ma per fare ciò, è necessaria un’azione in tre aree per “cambiare le regole del gioco”, a partire da un appello alla trasparenza in tutti i contratti bilaterali tra i paesi e COVAX, compresi i volumi, i prezzi e le date di consegna; appello ai produttori per la completezza dei dati da fornire all’OMS per la revisione normativa in tempo reale, per accelerare le approvazioni; ed esortare i paesi a utilizzare solo vaccini che hanno soddisfatto gli standard di sicurezza internazionali”.

Anche il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha ribadito che i vaccini COVID-19 devono essere un bene pubblico globale, disponibile a tutti, ovunque.

“Il ‘vaccinazionalismo’ è controproducente e ritarderebbe una ripresa globale” ha ribadito Guterres parlando a New York in una cerimonia per i paesi in via di sviluppo. “E’ solo con politiche intelligenti e investimenti giusti, che possiamo tracciare un percorso che porti salute a tutti, rilanci le economie e crei resilienza”.

Roberta Ciampo è una giornalista freelance con un Master in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ottenuto all’università di Roma La Sapienza.
Ha conseguito un progetto di ricerca post-laurea in Cina in analisi e sviluppo delle politiche economiche volte alla sostenibilità, e ha collaborato con l’università di Aalborg, Danimarca, ad attività di analisi e monitoraggio delle pratiche di sviluppo nei paesi emergenti.
Lavora a stretto contatto con diverse agenzie delle Nazioni Unite, Unione Europea, ONG e istituti di ricerca su temi di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario.

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