Il braccio di ferro tra la Commissione europea ed AstraZeneca

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Negli ultimi giorni è in corso un braccio di ferro tra la Commissione europea ed AstraZeneca dopo che l’azienda biofarmaceutica britannico-svedese ha annunciato ritardi nelle forniture dei vaccini contro il Covid-19 pianificate nei mesi scorsi. Tali ritardi mettono a rischio la campagna vaccinale in corso negli Stati europei, i quali avevano fatto affidamento sul vaccino di AstraZeneca a causa della sua facile conservazione nonché del suo minor costo rispetto ai vaccini prodotti da Pfizer-BioNTech e Moderna. Ne è derivata una dura contestazione da parte della Commissione europea che ha chiesto all’azienda di fornire maggiori dettagli sulle cause dei ritardi e in generale sulla produzione e distribuzione dei vaccini. La questione risulta, tuttavia, ancora aperta e da chiarire.

Il vaccino di AstraZeneca

Il vaccino contro il Covid-19 prodotto dall’azienda biofarmaceutica britannico-svedese AstraZeneca dovrebbe ricevere a breve un’autorizzazione di emergenza da parte dell’Unione Europea e da tempo alcuni Stati membri propongono che sia avviata in anticipo la distribuzione delle dosi disponibili, a causa della sua facile conservazione e del suo minor costo rispetto agli altri vaccini. Come avvenuto con gli altri produttori con cui aveva stretto accordi nel corso del 2020, la Commissione europea ha, pertanto, richiesto ad AstraZeneca di anticipare la produzione del vaccino, in modo da avere scorte da impiegare subito dopo la concessione dell’autorizzazione: nell’estate del 2020 la Commissione Europea ha, così, prenotato da AstraZeneca 400 milioni di dosi, confidando che il vaccino potesse diventare il più diffuso e utilizzato in Europa. Nei mesi seguenti sono emersi però dettagli poco incoraggianti sui test clinici del vaccino nonché la scoperta di un’efficacia inferiore a quanto atteso soprattutto nella somministrazione agli anziani. Si tratta di elementi prontamente smentiti dall’azienda ma nuovamente emersi negli ultimi giorni. Ciò ha rallentato l’iter di approvazione da parte dell’Unione europea, mentre, nonostante tale travagliata sperimentazione, a fine dicembre il governo del Regno Unito ha autorizzato l’impiego del vaccino prima di ogni altro Paese, seguito poi dall’Ungheria.

L’annuncio dei ritardi nelle forniture dei vaccini

In seguito alla stipulazione dell’accordo con AstraZeneca gli Stati membri dell’UE hanno organizzato la propria campagna vaccinale facendo affidamento sul vaccino prodotto dall’azienda britannico-svedese: invero, alcuni Paesi hanno scelto di non ordinare grandi quantità dei vaccini di Pfizer-BioNTech e Moderna, confidando di poter accelerare le campagne di vaccinazione con quello prodotto da AstraZeneca appena ottenuta l’approvazione. In tale contesto, nell’ultimo periodo, le istituzioni europee e gli Stati membri sono stati avvisati di alcuni ritardi nella fornitura di vaccini contro il Covid-19 da parte di alcune importanti aziende farmaceutiche. Nel dettaglio, dopo l’annuncio da parte di Pfizer-BioNTech, l’azienda tedesca che produce il vaccino al momento più diffuso in Europa, anche AstraZeneca ha comunicato che consegnerà tra il 60 e il 75% in meno di dosi sulle circa 80 milioni che si era impegnata a distribuire negli Stati membri entro il primo trimestre del 2021. Quest’ultimo annuncio ha suscitato maggiori preoccupazioni proprio perché AstraZeneca produce il vaccino più economico nonché quello più facile da conservare tra quelli che sono arrivati nelle ultime fasi di sviluppo e valutazione.

La reazione della Commissione europea

Il 25 gennaio, alcuni rappresentanti della Commissione Europea hanno partecipato a due incontri con i dirigenti di AstraZeneca al fine di ottenere maggiori informazioni circa le minori forniture annunciate. Al termine degli incontri, la Commissaria europea per la Salute, Stella Kyriakides, ha criticato le reticenze dell’azienda farmaceutica nel fornire spiegazioni: “Il confronto con AstraZeneca di oggi è stato insoddisfacente, con mancanza di chiarezza e spiegazioni insufficienti. Gli stati membri dell’UE sono uniti: i produttori di vaccini hanno responsabilità contrattuali e sociali da rispettare”. AstraZeneca non ha rilasciato pubblicamente una propria versione sulle cause della riduzione delle forniture di vaccini, tuttavia, sembra che l’azienda abbia comunicato alla Commissione europea di aver avuto problemi nel reperimento di alcune materie prime e nella gestione nel proprio stabilimento in Belgio. Tale spiegazione è stata, tuttavia, considerata parziale dalle autorità europee.

Rileva che il CEO dell’azienda britannico-svedese, Pascal Soriot, in un’intervista molto discussa, ha sostenuto di non avere obblighi specifici sul numero delle dosi da consegnare. La Commissaria Kyriakides ha contestato duramente tali dichiarazioni, definendo inaccettabile il comportamento dell’azienda ed ha poi fatto riferimento alle dichiarazioni di Soriot secondo cui l’Unione Europea avesse stretto un accordo con AstraZeneca tre mesi dopo il Regno Unito, che quindi avrebbe la precedenza nella ricezione delle dosi: “Respingiamo la logica del chi prima arriva meglio alloggia” questa la ferma reazione della Commissaria europea per la salute.

In aggiunta, il contratto – che non è pubblico poiché contiene diverse clausole di riservatezza – citerebbe due stabilimenti di produzione del vaccino nel Regno Unito, che dovrebbero produrre dosi per rifornire l’Unione Europea, produzione che attualmente non sta avvenendo.

Il clima è rimasto piuttosto teso tra le due parti anche in seguito alla scelta di AstraZeneca di non partecipare a una nuova riunione con i rappresentanti della Commissione, salvo poi giungere ad un ripensamento. La riunione in questione si è tenuta il 27 gennaio, Kyriakides l’ha definita “costruttiva”, ma non ha portato a grandi sviluppi. Permane, infatti, la mancanza di chiarezza sulle consegne dell’azienda.

Possibili scenari

La Commissione europea sospetta che AstraZeneca abbia scelto di vendere altrove le dosi del proprio vaccino, a paesi che avrebbero offerto maggiori quantità di denaro – come il Regno Unito – e proprio a fronte di tale sospetto ha chiesto informazioni dettagliate circa le quantità di dosi prodotte finora e le consegne effettuate. Inoltre, al fine di esercitare un maggiore controllo, la Commissione sta valutando di attivare un sistema che obblighi i produttori di vaccini nell’UE ad ottenere autorizzazioni preventive per esportare nei paesi extracomunitari, salvo che per motivi umanitari. Si tratta di un meccanismo simile a quello che era stato attivato nella primavera del 2020, quando negli Stati membri si registrò una grande scarsità di sistemi di protezione individuale contro il Covid-19.

Se, come sembra altamente probabile, la situazione non cambierà nei prossimi giorni, l’Unione europea dovrà, dunque, confrontarsi con una nuova scarsità di vaccini e le minori consegne implicheranno inevitabilmente un ritardo nell’avvio delle nuove fasi delle campagne di vaccinazione.

Bookreporter Settembre

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