BOMBINO – Brilla la stella della desert music

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Nato e cresciuto in Niger, ad Agadez, nel nord dell’Africa, nella tribù dei Tuareg Ifoghas, che lotta da secoli contro il colonialismo e l’imposizione dell’Islam più severo. Diventa allievo del celebre chitarrista Tuareg Haia Bebe e poco dopo entra a far parte della sua band, acquisendo il soprannome di Bombino, una storpiatura dell’italiano “bambino”. Ispirato dalla musica popolare della sua terra e da alcune leggende del rock come Jimi Hendrix e Mark Knopfler, comincia la carriera di musicista molto giovane, combinando la sua passione per il blues rock e per la chitarra elettrica con le sonorità tipiche dell’Africa subsahariana, creando uno stile personale e inconfondibile. E’ solo dal 2013 che ottiene un grande riscontro di pubblico con l’album Nomad, pubblicato dalla Nonesuch Records debuttando come numero uno su iTunes Chart World e World Chart di Billboard. L’album è stato prodotto da Dan Auerbach dei Black Keys,  catturato dalle sonorità dell’artista nigerino. Nel 2015 collabora con Lorenzo Jovanotti  nel brano Si alza il vento, e compare come ospite in un brano dell’album Film O Sound del chitarrista Adriano Viterbini, suonando con lui dal vivo in diverse occasioni negli anni a seguire.

Sono i suoni dell’acclamato Bombino, ad abitare questa alle ore 20 la Sala Sinopoli nella serata di chiusura del Roma Europa Festival. Definito dalla stampa “la stella più luminosa del desert blues”, torna al REF per presentare dal vivo il suo ultimo album Sahel e conquistare il pubblico con il suo stile malinconico, energico e coinvolgente.

Nonostante canti in tamashek, la lingua dei tuareg, ha da tempo conquistato il cuore del pubblico italiano grazie al suo approccio musicale, che abbatte ogni barriera. La sala è gremita, il pubblico partecipe, composto e attento, fino a che, su invito del bassista Djakrave Dia, si sposta sotto palco per ballare e avvicinarsi a questo incredibile e coinvolgente gruppo di musicisti.

Se sono la voce e il tipico sound della chitarra di Goumour Almoctar (vero nome di Bombino) i protagonisti indiscussi del concerto, l’amalgama vincente, potente e in continuo crescendo, è data dalla impressionante sezione ritmica. Il già citato Djakrave Dia, e l’inarrestabile Corey Wilhelm alla batteria. Accompagnata dalla seconda chitarra di Nabil Othmani, sulla base ritmica si tesse una sorta di dialpgo tra le due chitarre e la voce di Bombino che si mescola alle note, come un ricamo. Ne risultano una perfetta sintonia e una leggerezza, nello struggimento delle chitarre e del cantato, che non possono lasciare indifferenti.

Ai brani più lancinanti, quelli più soft e quelli più intensi per testi e intenzioni, si alternano brani tinti di blues/rock e reggae one drop, che rendono il suo linguaggio universale e contemporaneo. Uno stile di cui Bombino è pioniere e che lui stesso ha definito “Tuareggae”.

L’incantesimo è assistere a questa sincronia, ai virtuosismi suonati con apparente semplicità, mischiati alle armonie vocali che, benché incomprensibili a livello linguistico, ci arrivano dritti al cuore e si insinuano sottopelle, che siano struggenti storie d’amore o i più impegnati testi che narrano le difficoltà del popolo tuareg. Il perfetto dosaggio di world, musica del deserto e influenze e armonie più occidentali, dona alle canzoni una grande intensità. Un sound a tratti dolce, a tratti energico, che evoca il deserto e la sofferenza di un popolo a cui cerca di dare voce. Sul palco tutto è armonia. Bombino e dei suoi compagni sono in abiti tradizionali, in varie sfumature colorate, perfettamente allineati sia nel look che nell’intesa musicale. Celebrano questa sera i 10 anni dalla loro prima esibizione su un palco italiano, e, al termine di questa calorosa esibizione, dopo aver ringraziato l’affezionato pubblico, lasciano il palco per passare all’altra sala in cui si esibirà la “sorella” Fatoumata Diawara

 

 

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