GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Paolo Gentiloni

Terremoto Iraq-Iran; Primi soccorsi umanitari dall’Italia, il bilancio delle vittime è disastroso

MEDIO ORIENTE di

Un bilancio sempre più aggravato quello che va registrandosi a causa della potente scossa sismica di 7.3 gradi magnitudo al confine tra Iran e Iraq. Il numero delle vittime sale costantemente giorno dopo giorno, le ultime notizie fornite dall’istituto di medicina legale Iraniano parlano di 400 morti e circa 7000 feriti. Numeri agghiaccianti che hanno spinto anche le autorità italiane a compiere azioni concrete in questo senso. Nei giorni scorsi il premier Paolo Gentiloni, con un “Tweet”, si era detto “pronto a offrire aiuti ai paesi colpiti”. “Un volo cargo boeing 767 dell’Aeronautica militare è decollato dall’aeroporto militare di Pratica di Mare per Brindisi, da dove è ripartito con un carico di 15 tonnellate tra tende, coperte, kit cucina e igienico-sanitari, destinato alle popolazioni irachene colpite dal sisma”. Così recita un comunicato stampa del dipartimento della Protezione Civile, intervenuto col ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale insieme al Comando operativo di vertice interforze, alle dipendenze del ministero della Difesa, per “contribuire all’assistenza delle popolazioni colpite dal forte terremoto in Iran e Iraq”. “Con lo stesso volo , si legge nella nota, è partito anche un team di esperti delle amministrazioni coinvolte che, attraverso il personale diplomatico italiano presente sul posto, provvederà alla consegna dei materiali alle autorità locali”. Il ministro degli Esteri Angelino Alfano, annunciando anche lui la notizia del “volo umanitario” ha aggiunto ; “stiamo valutando la concessione di un aiuto finanziario sul canale multilaterale a favore dell’Iran, attraverso un finanziamento alla Mezza Luna rossa iraniana”. Anche Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ha speso parole di solidarietà per le popolazioni in difficoltà.  Il sisma ha registrato il suo epicentro vicino la città di Halabja nel Kurdistan Iracheno, che fu teatro nel 1988 degli attacchi con il gas ordinati da Saddam Hussein. Le vittime si sono tuttavia registrate, nella maggior parte, dall’altro lato del confine, dove anche il numero delle persone che hanno perso la casa si fatica a stimare, sono decine di migliaia. Il terremoto ,registrato a 23,2 km sotto terra, è stato avvertito fino a Baghdad, ma anche in Turchia e negli Emirati. Le zone che ne hanno risentito maggiormente sono quelle della città di Kermanshah, a ovest dell’Iran a pochi km dalla frontiera con l’Iraq. Qui si sono registrate la maggior parte delle vittime tanto da dichiarare il lutto cittadino per tre giorni. Inoltre secondo quanto riportato dal responsabile dei servizi di emergenza iraniani, Pirhossein Koulivand, l’ospedale principale è stato gravemente danneggiato e non può prestare cure alle centinaia di feriti. Sono da poco arrivate le prime rassicurazioni dal parte del presidente iraniano Hassan Rohani, giunto Kermanshah; “Voglio assicurare tutti coloro che soffrono che il governo ha cominciato ad agire con tutto il suo potere e che si sforza di risolvere il problema il più velocemente possibile”.

 

Migranti: al via la fase 2 di EUNAVFOR MED

Difesa/Medio oriente – Africa di

E’ iniziata ad ottobre la seconda fase di EUNAVFOR MED, “Sofia”, che prende il nome da una bimba somala nata durante un viaggio della speranza nel Mediterraneo e salvata da una nave tedesca lo scorso agosto. Scopo dell’intervento, bloccare il traffico di esseri umani intercettando gli scafisti via mare.

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Il monitoraggio delle acque internazionali, volto a cercare, controllare e sequestrare imbarcazioni sospette, è affidato a navi militari, elicotteri e droni. Il tutto, nel quadro degli obiettivi enunciati a luglio dall’Unione europea per arginare la crisi dei migranti nel Mediterraneo: individuare, fermare e mettere fuori uso le imbarcazioni e i mezzi usati dai trafficanti.

Ad oggi, sei navi da guerra europee sono impegnate al largo della Libia: una italiana, una inglese, una francese, una spagnola e due tedesche, ma entro fine mese altri tre mezzi dovrebbero essere messi a disposizione da Inghilterra, Belgio e Slovenia. A questi, si aggiungeranno quattro elicotteri, molti droni e 1300 militari.

Secondo l’ammiraglio Enrico Credendino, a capo della missione, “il mandato è imporre la legge con l’uso della forza per disarticolare il business dei trafficanti. Mentre la fase 1 mirava a reperire le informazioni necessarie sulla rete criminale transnazionale, la fase 2 prevede l’abbordaggio dei natanti, la loro ispezione, l’accoglienza dei migranti, l’arresto degli scafisti e la distruzione delle loro imbarcazioni. Tutto ciò, però, restando in acque internazionali, a 12 miglia nautiche dalla costa libica. Occorre una decisione delle Nazioni Unite o un invito del governo libico per poter operare direttamente nelle acque territoriali. La prossima fase 3 consentirebbe il temporaneo sbarco sul terreno per la distruzione degli assetti degli scafisti”.

Quest’ultima fase, che non ha ancora ricevuto il via libera dell’UE, sarebbe in realtà la più efficace, poiché è in acque libiche che opera la maggioranza dei contrabbandieri, ma – fa sapere il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni – “nel Consiglio di Sicurezza Onu non ci sono spazi per autorizzare un simile intervento senza espressa richiesta libica”.
Sono 14 le nazioni europee che partecipano ad EUNAVFOR MED: Italia, Regno Unito, Germania, Francia, Spagna, Slovenia, Grecia, Lussemburgo, Belgio, Finlandia, Ungheria, Lituania, Paesi Bassi, Svezia. I costi dell’intervento militare – al di là di contributo europeo annuo pari a circa 12 milioni di euro – sono a carico dei singoli Paesi partecipanti. L’Italia ha contribuito alla missione con uno stanziamento di 26 milioni di euro e l’impiego di 1.020 soldati.
Viviana Passalacqua

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Libia: ad un passo dal governo di unità nazionale

Tobruk e gli altri gruppi del Paese firmano l’intesa. Adesso, c’è attesa presso le Nazioni Unite per decisione di Tripoli, attesa lunedì 6 luglio.

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Alle prime luci dell’alba di venerdì 3 luglio, Tobruk, Zintan, Misurata e i rappresentanti di altre fazioni hanno firmato l’accordo politico per “la creazione di un governo di unità nazionale libico”, riportano le Nazioni Unite. Dopo mesi di trattative, minacce di sanzioni da parte della comunità internazionale e l’incombere dello Stato Islamico e di una bancarotta finanziaria ormai annunciata, il delegato Onu Bernardino Leon raccoglie i primi frutti di questi colloqui di pace grazie alla quarta bozza messo sul tavolo delle trattative. Ora, l’attesa è tutta rivolta verso il Congresso Nazionale di Tripoli, il quale, lunedì 6 luglio, deciderà o meno di prendere parte a questo esecutivo di emergenza.

“La Libia ha bisogno di una larga intesa per avviare la ricostruzione nella sicurezza”. ha affermato il ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni. “Sottrarsi a questa responsabilità sarebbe grave. Nelle prossime ore l’Italia moltiplicherà gli sforzi per giungere rapidamente ad un approdo unitario sul testo dell’accordo politico presentato dalle Nazioni Unite”, ha concluso il rappresentante del governo italiano.

 

Giacomo Pratali

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Immigrazione, Gentiloni: “Risoluzione Onu essenziale per confisca barconi”

BreakingNews di

Il ministro degli Affari Esteri parla della questione degli sbarchi e delle quote di migranti dei Paesi Ue “da redistribuire fra i partner”. Inoltre, c’è soddisfazione perchè “è la prima volta che si afferma il principio di condividere l’accoglienza dei migranti.
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“Il comunicato finale del Consiglio europeo indica chiaramente l’obiettivo: ‘Prendere misure sistematiche per individuare, fermare e distruggere le imbarcazioni prima che siano usate dai trafficanti’. Le modalità non le definisce il ministero degli Esteri. Non saranno operazioni di bombardamento da aerei o da navi in mare dei barconi e non sarà un intervento di occupazione con boots on the ground, forze militari sul terreno”. Paolo Gentiloni, Ministro degli Affari Esteri, in un’intervista a Il Corriere della Sera, ribadisce, come fatto venerdì 15 maggio, la volontà, a livello europeo, di non volere agire per via militare in Libia, ma che “è essenziale avere una risoluzione Onu: lo richiedono anche solo il sequestro e la confisca al largo o l’eliminazione a riva dei mezzi”.

La questione migratoria richiede soluzioni strutturali: “Il naufragio di un mese – afferma – fa avrebbe potuto essere un naufragio dell’Europa. Invece ha provocato un suo risveglio politico e il ruolo dell’Italia è stato decisivo. Nessuna singola misura può risolvere una volta per tutte il problema del migranti. Sarà permanente nei prossimi decenni, basta guardare i divari di reddito e demografici tra Europa e Africa, le crisi e le guerre. Non illudiamoci di poterlo cancellare, possiamo solo lavorare per regolarlo”, incalza il titolare della Farnesina.

E ancora: “Sono state fissate quote per Paese, quanto ai migranti in arrivo da Paesi terzi. C’è ancora da quantificare la quota di rifugiati che sono già in Europa, cioè in Italia e in Grecia, da redistribuire fra i partner. Comunque è la prima volta che si afferma il principio di condividere l’accoglienza dei migranti. Certo è ancora una proposta, ma nasce dalla decisione del Consiglio europeo straordinario chiesto da Renzi il 23 aprile”, prosegue il Ministro.

Oltre all’Europa, Stati Uniti e Russia possono svolgere un ruolo decisivo nella risoluzione delle crisi mediterranee e in altri scenari geopolitici: “Ho detto a Kerry al vertice Nato in Turchia, dov’è arrivato subito dopo Sochi, che l’Italia ha molto apprezzato la sua iniziativa. Come il Segretario di Stato mi aveva spiegato, anticipandomi alcune settimane fa l’intenzione di incontrare Putin, non si tratta di un ritorno al “business as usual” pre Ucraina, ma del tentativo di riaprire un canale di comunicazione. II suo messaggio è che la discussione sull’Ucraina è stata “costruttiva” anche se attesa alla prova dei fatti sul pieno rispetto degli accordi di Minsk da parte di Mosca. Oltre a questo, era fondamentale per gli Usa consolidare la disponibilità russa a collaborare sulla trattativa nucleare con l’Iran, dove Mosca svolge da mesi un ruolo rilevante e positivo, sulla Siria e sulla Libia”, conclude Gentiloni.

Redazione

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Libia, Gentiloni: “Nessun intervento militare”

EUROPA/Medio oriente – Africa di

Il titolare della Farnesina respinge l’ipotesi di una risoluzione Onu a favore di un’eventuale operazione armata. Intanto, il tentativo di riconciliazione nazionale portato avanti da Leon rischia di saltare a causa dell’ostilità di Haftar.

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“Nessun intervento militare è stato deciso né dall’Unione Europea né dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. Con queste parole, pronunciate venerdì 15 maggio durante la trasmissione Agorà su Rai3, il ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni smentisce l’ipotesi di un’operazione armata da condurre presso le coste libiche, nell’ambito del contrasto alla crescente immigrazione proveniente dal continente africano. Ipotesi trapelata attraverso la stampa italiana ed internazionale.

Il Capo della Farnesina ha comunque precisato che, un’eventuale risoluzione positiva delle Nazioni Unite lunedì 18 maggio, “autorizzerebbe solo la confisca e il sequestro di barconi in mare e l’individuazione attraverso meccanismi di intelligence in acque territoriali prima che vengano imbarcati i migranti”. Questo perchè “bisogna organizzare combattere la criminalità rendere più sopportabili le condizioni nei Paesi di origine”. Un’azione possibile solo se viene suddividiso “il peso della situazione tra i Paesi europei: in questo senso è stato fatto qualche passo avanti”, ha precisato Gentiloni.

Se il governo di Tripoli sembra accogliere in senso positivo la discussione dell’Europa e della comunità internazionale, altrettanto non si può dire per l’esecutivo di Tobruk. Khalifa Haftar, Capo delle Forze Armate, si è dichiarato preoccupato da una possibile “azione militare contro le nostre coste”. Non solo. Passando dalle parole ai fatti, lunedì 11 maggio ha dato il via libera per il bombardamento di una nave mercantile turca, rea di “non aver rispettato l’ordine di non avvicinarsi alla città di Derna”, ha affermato ancora l’ex agente della Cia. L’azione ha causato l’uccisione di un membro dell’equipaggio, mentre Ankara ha fatto sapere che ricorrerà in sede giudiziaria a livello internazionale.

Un tira e molla continuo che di fatto non favorisce le estenuanti trattative condotte da oltre due mesi dal delegato Onu Bernardino Leon. Il suo ottimismo circa un accordo tra i governi e le fazioni contrapposte a beneficio dell’unità nazionale libica sembra scontrarsi con la realtà.

Una realtà che parla di guerra civile. Una realtà che coinvolge anche i bambini. Dopo i 3 morti di qualche giorno fa, altri 7 innocenti sono stati uccisi poche ore fa da un colpo di mortaio nella città di Bengasi. Secondo Associated Press, il fatto sarebbe attribuibile allo Stato Islamico e Ansar al Sharia e riguarderebbe in tutto 8 vittime, tutte appartenenti alla stessa famiglia.

 

Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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