Francesco Rocca (Croce Rossa): Continua il massacro nel Mar Mediterraneo, non possiamo rimanere in silenzio
Durante lo scorso fine settimana sono due gli eventi tragici che si sono consumati in mare. Alle 2 di notte un motoscafo su cui viaggiavano i migranti ha avuto un’avaria ed è affondato vicino all’isola di Kekova Geykova, nel golfo di Antalya al largo della Turchia. La guardia costiera turca è riuscita a trarre in salvo tre uomini e una donna, una quinta persona è stata salvata da un peschereccio mentre un’altra è dispersa. Nella tratta verso l’isola greca di Kastellorizo, hanno perso la vita sei bambini, due uomini e una donna. Nel frattempo, a queste vittime si sono aggiunti i cadaveri ripescati al largo della costa orientale della Turchia, dove una barca con 180 persone a bordo si è capovolta e almeno 112 persone sono annegate poiché l’imbarcazione era lunga circa nove metri e non poteva contenere più di 70 persone. Queste vittime si aggiungono a molte altre. Solo nei primi 4 mesi del 2018 hanno perso la vita 619 migranti e il numero continua ad aumentare. Alla mattina del 7 maggio, il numero totale di migranti arrivati in Italia ha subito un calo di circa il 76 per cento rispetto agli arrivi dello stesso periodo dell’anno scorso ma, nonostante il numero assoluto delle morti in mare sia diminuito, rispetto al numero degli arrivi la percentuale dei dispersi è in aumento: dal 2,5% del 2017 al 4% del 2018. Questi numeri fanno si che il mediterraneo, soprattutto per quanto riguarda il mediterraneo centrale, ha le rotte migratorie più mortali e pericolose al mondo.
Francesco Rocca, presidente della Croce Rossa Italiana e della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (IFRC), ha dichiarato: “Durante lo scorso fine settimana in poche ore, oltre 110 persone sono morte nel Mar Mediterraneo, al largo delle coste della Tunisia e della Turchia. Non possiamo rimanere in silenzio quando il massacro in mare continua. Mentre apprezziamo tutti gli sforzi finora compiuti dalle Nazioni Unite a New York durante i negoziati ancora in corso per il Global Compact per la migrazione, la situazione sul campo non sta cambiando. Al contrario, sta peggiorando. Qualsiasi decisione politica che metta a rischio vite umane è inaccettabile. C’è un bisogno urgente di risposte internazionali per proteggere le vite e la dignità umana delle persone che migrano“.
Il 19 settembre 2016, i leader mondiali hanno adottato la “Dichiarazione di New York” con l’obiettivo di gettare le basi per affrontare insieme la crisi migratoria, è una dichiarazione politica che tiene conto dell’agenda 2030 e mira alla crescita inclusiva dei migranti. Con questa ci si impegna per la prevenzione e la lotta contro la Xenofobia e si sottolinea che la discriminazione dei migranti è un’offesa ai diritti umani. La prima fase del processo di negoziazione è iniziata ad aprile del 2017 e si è conclusa in Messico agli inizi di dicembre con la raccolta di tutti i pareri e i suggerimenti dei vari governi, ad eccezioni degli Stati Uniti che hanno abbandonato i lavori preferendo gestire in maniera unilaterale la questione migratoria. Questa settimana gli Stati membri delle Nazioni Unite si incontreranno a New York per il “quinto round” di negoziati sul Global Compact per la Migrazione e, in questo contesto, le priorità dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) sono le seguenti: proteggere tutti i migranti in ogni fase del loro viaggio dalla violenza, dagli abusi e da altre violazioni dei loro diritti fondamentali; garantire ai migranti, a prescindere dal loro status giuridico, l’effettivo accesso ai servizi di base essenziali; dare priorità ai diritti e alle esigenze dei bambini migranti in quanto vulnerabili; garantire che le leggi, le politiche, le procedure e le pratiche nazionali siano conformi agli obblighi esistenti dettati dal diritto internazionale e rispondere alle esigenze di protezione e assistenza dei migranti.
Occorre ricordare che queste persone si muovono per vari motivi: guerra, povertà, cambiamenti climatici (si pensi alle recenti alluvioni in Somalia) o persecuzioni (per razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un gruppo sociale) subendo esperienze atroci come la tortura, lo stupro o le mutilazioni genitali (solo per citarne qualcuna). Occorre ricordare che si muovono con la speranza di avere una speranza per il futuro e che in molti percorrono mezzo continente solamente per poter salire su imbarcazioni precarie dirette verso l’Europa. Occorre ricordare perché molti di questi migranti, se arrivano, finiscono in scenari come quello di Gioia Tauro mentre qualcuno gli dice che “la pacchia è finita”. Occorre ricordare perché non possiamo rimanere in silenzio.