GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Laura Laportella

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Emmanuel Macron è il nuovo Presidente della Francia

EUROPA/POLITICA di

Emmanuel Macron è il nuovo presidente della République Française, il candidato del nuovissimo movimento En Marche! ha sorpassato nettamente l’altra candidata al ballottaggio, ovvero come tutti sappiamo l’esponente del Front Nationale Marine Le Pen. I dati delle proiezioni danno il nuovo presidente eletto con una forza pari circa al 60-65% ed oltre, il che sarebbe una percentuale abbastanza storica per il più giovane Monsieur Le President, la realtà che più che il voto per Macron, quella di oggi è stata una lotta ad arginare le idee decisamente più estremiste della Le Pen, che certamente, tra le altre cose, cavalcando la scia del populismo avrebbe proposto l’uscita della Francia dall’Unione Europea. La Francia oggi si è espressa più in questo senso che compiendo una vera scelta politica, o meglio, una non-scelta (quella della Le Pen) che si è rivelata una scelta (quella di Macron).

Fatto sta che Emmanuel Macron è – nel bene e nel male – il nuovo presidente della Repubblica Francese: è un leader che si mostra profondamente repubblicano, ma durante il suo discorso ufficiale ha pronunciato parole fortemente socialiste come “solidarietà” ed uguaglianza sociale. Per tirare brevemente le somme si può dire quanto Macron sia un presidente “ibrido”, ma questo pare non spaventare la Francia, che comunque non ha scelto la via populista. Certo è che come ribadito per suo conto da Marine Le Pen al momento del suo discorso, le forze politiche tradizionali si devono riorganizzare e ristrutturare per adattarsi al nuovo scenario politico. La stessa Le Pen ha decretato la morte del Front National a vantaggio della creazione di una nuova forza politica, che probabilmente non faccia più risentire gli eventuali candidati della “fama nera” proprio del partito politico a cui i Le Pen sono a capo da più di una generazione.

Che cosa succederà adesso in Francia? Sicuramente il giorno dopo questo ballottaggio è l’8 Maggio, la festa nazionale francese che celebra la liberazione dal nazifascismo: in molti domani sentiranno ancora più rinnovata questa festività  come un pericolo di estrema destra scampato. Un altro dato certo è quello che in fine dei conti la vera vincitrice di queste elezioni, quella che può tirare il più profondo sospiro di sollievo è proprio l’Europa come Istituzione e come unione di cittadini, che anche questa volta ha visto la sua Unione fortemente minacciata. Come reagiranno le forze politiche? Quali sono le alleanze che si andranno a creare una volta in Parlamento? Al momento En Marche “”è solo Macron”, quali forze saprà coinvolgere nelle sue operazioni di Governo? Macron parla di “un lavoro incessante per la Francia”, per ridurre le disparità sociali, per rendere di nuovo un paese coeso ed unito, che punti alla lotta al terrorismo, ma anche alla cooperazione internazionale.

Chi ha votato Macron? Non c’è nulla di strano a dire che il voto giovanile è quello che ha preferito un volto più favorevole all’Unione Europea, ma si sta parlando solo di questo secondo turno, perché al primo turno la scelta di Macron era quello di un elettorato più maturo, ma in questo caso i giovani si sono uniti per scegliere un candidato che abbia un’impronta fortemente europeista.

Elezioni in Francia: Macron in testa, Marine Le Pen insegue

EUROPA/POLITICA di

Il primo turno delle elezioni in Francia per la scelta del nuovo presidente della République si è concluso con un risultato auspicato dall’Europa: esiste un candidato in grado di arginare i consensi verso il Front Nationale di Marine Le Pen. In questo caso il più convincente è stato Emmanuel Macron, il quale ha ottenuto il 23,9% di voti rispetto al 21,4%  della Le Pen.  Il “terzo classificato” in questa delicata corsa all’Eliseo è stato inaspettato: François Fillon, nonostante le dure polemiche che avevano visto incrinare la sua campagna elettorale, è riuscito a conquistare il 19.9% della popolazione francese avente diritto al voto. Come sappiamo Fillon è l’esponente di una destra conservatrice nella più classica delle accezioni, e nonostante questo, dopo aver appreso il suo risultato ha pronunciato un discorso nel quale invita i suoi sostenitori a votare Macron al secondo turno “perchè gli estremismi non devono vincere, per tutelare la libertà e la democrazia in Francia, che con un voto al Front Nationale – che ha una lunga e violenta storia- verrebbero messe in pericolo”. Più o meno sulla stessa falsa riga anche tutti gli altri candidati ( Mèlenchon, Hamon e Dupont)  si sono appellati ai propri elettori indicando Macron come una “scelta inevitabile”.

Lo scenario che si sta presentando in sintesi è uno solo: Marine Le Pen contro tutti, come da previsione. La tradizione democratica francese riuscirà a reggere anche questa volta? I recenti attentati a Parigi non hanno fatto altro che aumentare quella tensione da terrore che Hannah Arendt descriveva come una delle cause della “Origine del Totalitarismo”, ma il vero divario dei cugini d’oltralpe non è quello che si potrebbe imputare a “classi agiate” vs, “classi proletarie”, bensì quello degli abitanti delle città vs. gli abitanti delle campagne e dei piccolissimi centri di cui la Francia è costellata. La Le Pen nella sua corsa alla Presidenza  aveva puntato infatti più sulla popolazione rurale che sugli abitanti dei grandi centri ed i risultati elettorali le hanno dato sufficientemente ragione.

Adesso la vera sfida sarà quella di capire se il popolo francese darà inizio ad una spinta europeista nel vero senso della parola: per quanto i nostri “cugini” d’oltralpe si lamentano di alcune politiche europee – così come molte persone negli altri Stati Membri ( vedi al capitolo Brexit) – questo voto ha per certi aspetti un valore simbolico quasi referendario in materia di europeismo ed immigrazione.  La paura dell’ISIS  – stando almeno alla momentanea vittoria di Macron – ha perso contro la democrazia. I francesi sono un popolo forte, rigido e determinato, nel bene e nel male, ma mai come questa volta l’esito delle loro elezioni può condizionare in maniera netta le prospettive dell’Unione Europea intera.

Trump contro tutti: tensione alle stelle con la Russia e minaccia la Corea del Nord

Asia/Difesa/Varie di

Come era prevedibile, dopo l’attacco USA del 7 aprile 2017 ad una base militare di Assad a Damasco in Siria, si stanno innescando una serie di reazioni a catena a livello geopolitico che non fanno sperare ad un futuro di pace. Riepilogando le puntate precedenti: la condanna della Russia al bombardamento voluto dall’amministrazione Trump come ritorsione nei confronti dell’attacco con armi chimiche dovuto proprio al regime siriano si è attuata con l’avvicinamento di una fregata russa a quelle statunitensi e a tutta una serie di dichiarazioni date da vari esponenti russi in pubblico. A partire dal vice rappresentante permanente alle Nazioni Unite di Mosca, Vladimir Safronkov, che sostiene con forza il fatto che a prescindere da Assad “l’aggressione degli Stati Uniti favorisce solo il terrorismo”.

In seguito al lancio dei missili da crociera la Russia ha sospeso il memorandum di collaborazione con gli Stati Uniti per scongiurare incidenti e garantire la sicurezza dei voli militari in Siria. Proprio in virtù di questo accordo non è stata attivata la difesa antimissilistica a Damasco. Le parole del vicepresidente della Commissione Difesa della Duma Yury Shvytkin sono ben chiare “… Ora, ritirandosi [gli USA ndr. ] dal memorandum potremo reagire alle varie minacce per la difesa delle nostre basi e del nostro contingente”.

 

Trump bombarda la Siria: 59 missili su una base militare di Assad

Difesa/Varie di

Gli Stati Uniti hanno dato il via ad una pesante offensiva nei confronti del regime di Assad. Sono stati ben cinquantanove i missili Tomahawk lanciati su una base militare siriana a Damasco, secondo le fonti siriane sarebbero circa 15 le vittime tra cui alcuni civili.  La dichiarazione di intenti da parte del Governo Trump secondo le fonti più accreditate è quello di una ritorsione e di una risposta violenta all’attacco con le armi chimiche di martedì a Idrib dove sono morti in atroci sofferenze molte persone e bambini. Gli Stati Uniti hanno agito da soli, l’Alleanza Atlantica in una nota stampa rende noto l’intento da parte degli americani quello di rispondere con un duro colpo al regime siriano a causa del ripetuto utilizzo di armi chimiche. Questa situazione però crea un quadro complesso che in parte potrebbe compromettere le relazioni della Casa Bianca con il Kremlino.

Come è noto Putin è un sostenitore di Assad di conseguenza ha definito l’attacco USA un vero e proprio attacco alla Siria e questo procedimento sta andando a creare delle frizioni molto importanti tra le due potenze. Ci sarebbe infatti una fregata russa che avrebbe già oltrepassato lo stretto del Bosforo in direzione delle navi a stelle e strisce che hanno lanciato i missili nelle prime ore del mattino di questo 7 aprile 2017. Per quanto riguarda le posizioni dell’Unione Europea, così come l’Italia, si schiera  con l’atteggiamento offensivo degli Stati Uniti perché “risposta a crimini di guerra”, ma purché resti una tantum.
Molte sono le critiche che invece sono rivolte alle Nazioni Unite, non sta risultando un organo al momento incisivo al fine della risoluzione del conflitto, tanto che ci sono degli attori di questo panorama geopolitico che lo definiscono “inutile”.


La situazione al momento è quella, ancora una volta di una polveriera che sembra pronta ad esplodere da un momento all’altro con degli equilibri che non sono ben chiari. I rischi che questa manovra di indebolimento di Assad possa agevolare lo Stato Islamico nel conflitto siriano non sono ancora quantificabili, al momento non sembra che ci si debbano aspettare nuove azioni offensive da parte degli Stati Uniti, quello che resta poco chiaro è se questa azione è veramente solo una reazione di “pancia” del presidente Trump e dei suoi generali, o parte di una strategia più complessa. Quello che possiamo immaginare è innanzitutto una dimostrazione di forza, di una linea  dura e ben precisa, in rottura con la precedente linea più prudente di Obama. Per The Donald questo attacco è una dichiarazione della potenza degli Stati Uniti che ovviamente non piace molto alla Russia. Stanno seguendo delle ore molto delicate in cui ci sono dei meccanismi precari che potrebbero incrinarsi, un aspetto molto importante però, che può rassicurare il panorama internazionale, è quella che le vie diplomatiche di Russia e USA sono ancora aperte, è stata confermata infatti la visita del Segretario di Stato americano Rex Tillerson a Mosca previsto tra pochi giorni.

Attentato a San Pietroburgo: la Russia di Putin ancora sotto attacco

BreakingNews/Defence di

Fumo, fuoco, una carrozza della metropolitana di San Pietroburgo sventrata da una bomba. Uno scenario drammatico: almeno 11 vittime, 45 feriti di cui 14 in condizioni molto gravi. Il terrorismo colpisce ancora. La Russia è di nuovo ferita da un attentato. L’esplosione avviene circa alle 14.45 ora locale del 3 aprile 2017, quando un’esplosione coinvolge il terzo vagone di una metro della linea blu in direzione dell’Istituto di Tecnologia, ma il macchinista decide di proseguire la sua corsa fino alla fermata successiva, permettendo così il soccorso immediato di molti dei feriti. Le autorità locali decidono per l’immediata chiusura dell’intera rete di trasporto sotterraneo della città. La decisione si rivela quanto più sensata, considerato che durante l’ispezione effettuata in tutte le stazioni, in un’altra viene rinvenuto un secondo ordigno esplosivo.

Questo drammatico evento si colloca in un quadro molto complesso: secondo i quotidiani russi, i servizi segreti erano a conoscenza di un piano d’azione da parte dell’ISIS proprio con obiettivo San Pietroburgo. Le notizie erano state riportate da un uomo che era rientrato sin Russia dalla Siria dove operava come foreign fighter per lo Stato Islamico ed arrestato immediatamente, ma purtroppo non era in un grado della gerarchia molto alto, tale da essere a conoscenza dei dettagli di questo folle piano omicida. Purtroppo tutti gli sforzi messi in campo dai Servizi Segreti sono stati vani. A causa dell’impossibilità di risalire all’identità reale di alcuni soggetti che avevano acquistato delle schede telefoniche non c’è stata la possibilità di rintracciarli. Le ricerche stavano proseguendo con urgenza, ma i terroristi non hanno dato il tempo necessario, colpendo in tempi molto più brevi di quelli che ci si potessero aspettare.

L’attentato è avvenuto in un giorno particolare: la visita di  Vladimir Putin nella grande città baltica. L’obiettivo  – secondo le fonti estremiste cecene – sarebbe stato proprio lo stesso Putin, visto come grande nemico, sia dalle milizie dell’ISIS, sia dai Ceceni che spesso diventano braccio armato di Daesh come forza esterna estremamente specializzata. L’attentatore infatti – come comunicato dalle fonti di intelligence sovietica – sarebbe stato identificato: si tratta di un ragazzo di 22 anni, originario del Kirghizistan e residente da 6 anni a San Pietroburgo. Secondo le fonti, sarebbe stato da sempre in contatto con i combattenti ceceni in Siria.

L’attentato a San Pietroburgo di matrice fondamentalista islamica si inserisce in un quadro già drammatico che aveva visto una lunga scia di sangue a partire dal 1999 quando l’allora Primo Ministro Vladimir Putin aveva lanciato una campagna contro il governo separatista della regione della Russia Meridionale: la Cecenia.  Da quel momento iniziano gli attacchi armati: nel 2002 la polizia fece irruzione in un teatro di Mosca per porre fine a una presa di ostaggi e il bilancio finale fu di 120 ostaggi uccisi. Nel 2004 ricordiamo il massacro di Beslan in cui persero la vita oltre 330 persone di cui la metà erano bambini. Seguendo questo triste filo rosso arriviamo al 2010 quando due donne kamikaze di origine cecena si fecero esplodere nella metropolitana di Mosca mietendo 38 vittime e numerosi feriti.

La Duma ha annunciato di non voler  – almeno per il momento – apportare modifiche all’attuale legge antiterrorismo, ma ONG , associazioni che operano sul territorio, molti membri della stampa internazionale sono convinti che qualcosa all’atto pratico succederà. Non si sa se in termini legislativi o di operazioni militari, ma quasi tutti gli attori in gioco credono che Putin inizierà a valutare l’idea di utilizzare drastiche contro misure.

Attentato a Londra: dopo 12 anni torna l’incubo terrorismo

BreakingNews/EUROPA di

Ancora si cerca di capire la verità e le dinamiche esatte dei fatti avvenuti a Londra nel primo pomeriggio del 22 marzo 2017. Un’altra auto sulla folla, ancora terrore, stavolta siamo a Londra dove a distanza di 12 anni torna il terrore. Altra coincidenza: l’anniversario dell’attentato del 22 marzo 2016 a Bruxelles. Torna l’incubo del terrorismo. L’attacco si è svolto in due fasi praticamente parallele: l’assalitore si è lanciato a tutta velocità con un suv attraversando il ponte di Westminster accanendosi sulla folla e mietendo numerosi feriti. In una seconda fase l’uomo è sceso dalla sua vettura ed ha accoltellato un agente che si trovava nel cortile del Parlamento di Londra. L’obiettivo dell’uomo sembrava quello di entrare proprio all’interno dell’edificio dove si trovava anche il Primo Ministro Theresa May.
La premier britannica è stata immediatamente fatta evacuare dall’edifico a bordo di una macchina molto veloce, come previsto dalla prassi di sicurezza in questi casi.

Sin dalle prime indiscrezioni Scotland Yard ha parlato subito di un attacco terroristico, anche se al momento attuale non ci sono ancora state rivendicazioni palesi di nessuna natura. in un primo momento alcuni media britannici e mediorentali avevano attribuito la responsabilità dell’accaduto all’Imam di Clapton, noto come radicalizzato e come “predicatore d’odio”. La notizia è stata smentita dopo poco in quanto le fonti governative hanno confermato che il sospettato si trova ancora in carcere.

Le vittime al momento sono quattro tra cui l’assalitore, un agente ed una donna. Ci sono più di una ventina di feriti e qualcuno in gravi condizioni, tra questi due sono italiani: una donna di Roma, ricoverata in condizioni diverse rispetto alle altre vittime,  ed una ragazza di Bologna che ha riportato solo delle lievi ferite.


Molti sono ancora i dubbi da sciogliere: il terrorista, a quanto pare dai tratti asiatici e la barba, fa parte di un gruppo di schegge impazzite legate all’integralismo musulmano oppure i motivi sono altri? Come abbiamo anticipato non ci sono ancora certezze su chi fosse davvero l’uomo che ha fatto cadere Londra e mezza Europa di nuovo nel terrore. Secondo alcune testate viene riportata una reazione “particolare” da parte dell’emittente Al Jazeera che avrebbe reagito con delle faccine sorridenti sui social, ma a parte questo dettaglio non trascurabile, Daesh non ha ancora rivendicato ufficialmente l’attentato terroristico.

Nella confusione e nel panico generale sono state necessarie alcune ore per ricostruire esattamente l’accaduto, dare un volto all’attentatore e capire che si trattava di un’unica azione e non di due in contemporanea, come si è parlato in un primo momento. Molte testimonianze dei presenti sono state raccolte, insieme a qualche “coraggioso” che ha ripreso con il cellulare alcuni momenti di questo efferato gesto.

E in attesa che venga diffusa l’identità dell’assalitore il premier Teresa May ha parlato alla nazione. “Il nostro livello di sicurezza è stato rafforzato”, definendo “l’attacco terroristico come un atto disgustoso e odioso”, visto che “è stato colpito il cuore della nostra capitale”. “Ogni tentativo di sconfiggere i nostri valori è destinato al fallimento”, ha concluso.

Credits photo: Twitter

Berlino attentato al mercatino 12 morti

EUROPA di

Berlino,un camion sulla folla ad un mercatino di Natale, torna il terrore
A distanza di 5 mesi il terrorismo torna a colpire. Era il 14 di luglio quando un tir ha falciato decine di persone sulla Promenade Des Anglais a Nizza, è il 19 dicembre quando sempre un camion si lancia sulle persone che si trovavano nei pressi di un mercatino di Natale a Kurfuerstendamm Avenue, nei pressi della chiesa intitolata al Kaiser Guglielmo, un quartiere di Berlino che era stato il cuore della parte ovest, il mercato più tradizionale e storico della capitale tedesca, sin da prima della caduta del muro. Verso le 20 si è consumata questa nuova tragedia, due o tre persone a bordo di un camion si sono lanciate sulla folla ed hanno ucciso 9 persone e ferito altre 50 secondo le fonti della polizia locale. Sul veicolo c’erano a bordo appunto due persone – o forse tre, le quali dopo aver commesso l’efferato gesto uno è morto a causa dell’impatto, l’altro si è dato alla fuga a piedi, un terzo sarebbe stato fermato ed arrestato dalle forze di polizia locali.

Questi sono i fatti certi riportati dalle fonti di polizia. Il camion ha una targa polacca, di Danzica, e secondo alcuni testimoni oculari, il conducente del veicolo (quello poi arrestato) ha detto che si sarebbe trattato di un uomo caucasico con i tratti somatici che potrebbero appartenere all’Europa dell’Est. Berlino già viveva in una situazione di difficoltà: qualche settimana fa un giovane ragazzo radicalizzato aveva depositato un piccolo zaino sempre all’interno di un mercatino di Natale, che però poi, fortunatamente, non è mai esploso. La Germania è ormai un nuovo obiettivo del terrorismo di matrice islamica. Secondo i media tedeschi l’ISIS avrebbe già rivendicato l’attentato.

L’Europa si trova in una condizione molto delicata a livello politico: quest’anno si svolgeranno le elezioni in Francia e il prossimo anno si voterà proprio in Germania. Alcuni esperti ovviamente vedono in questi atti, tutti elementi che potrebbero rafforzare l’avvento di partiti populisti di estrema destra, specialmente in Francia, dove lo spettro e la paura degli attentati sono sempre molto vivi per un paese che è stato crivellato a colpi di attentati. Tornando alla cronaca, le autorità tedesche invitano i cittadini ed i mezzi di stampa a non diffondere false notizie, aumentando così il panico che già si è creato nella capitale tedesca. “Non ci sono pericoli in altre parti della città”, si legge dalle fonti governative, ma i corrispondenti esteri parlano di scenario apocalittico, proprio come quello di Parigi, Bruxelles e Nizza prima di oggi.
Gli esperti del settore dicono che Europol aveva inviato un rapporto pochi giorni fa nel quale si parlava proprio di un pericolo di minaccia terroristica che poteva essere messa in atto con auto-bomba ( come quella ritrovata a Parigi lo scorso settembre, proprio nel cuore della città) o con modalità simili a quelle di Nizza. Sempre dal rapporto Europol è emerso che gli obiettivi principali potevano essere proprio i gremitissimi mercatini di Natale, con particolare attenzione di quello di Strasburgo.

Riguardo la rivendicazione da parte dell’ISIS allo stato attuale delle cose, non ci sono ancora certezze, proprio perchè in questo periodo è molto facile che qualsiasi fondamentalista abbia potuto rivendicare l’attentato di Berlino. L’ISIS non ha portavoci ufficiali ed in questo momento ci sono soggetti che potrebbero calvalcare l’onda dell’attentato per diffondere notizie false, ma sin dal primo momento la matrice terroristica è stata individuata e confermata dalle forze di polizia tedesche.

La Francia e il terrorismo: cosa è cambiato nelle vite dei francesi

Difesa/EUROPA di

Era il 7 Gennaio del 2015 quando un commando composto da due persone incappucciate fa irruzione nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo decimando brutalmente la redazione riunita in un incontro. Da quel giorno vivere in Francia e specialmente a Parigi non è più  stata la stessa cosa. La cattura dei responsabili dell’efferato gesto è stata accompagnata da una prima scia di sangue: una poliziotta uccisa nella apparentemente tranquilla banlieue del sud di Parigi, Montrouge, e poi la presa di ostaggi finita in tragedia al supermercato Kosher di Porte de Vincennes. Questo non è stato solo che un preludio a quello che il paese d’oltralpe ha iniziato a subire. Il culmine sono stati gli attentati del 13 Novembre 2015 di cui tutti abbiamo ancora triste memoria, poi il 22 Marzo 2016 a Bruxelles, poi il 14 Luglio 2016 a Nizza e il 26 Luglio la chiesa violata a Rouen.

Numerose le minacce sventate, perquisizioni, arresti, blitz e controlli, questo è quello che vuol dire vivere a Parigi in questo periodo di alta tensione. Se da un lato la popolazione della Ville Lumiére si dimostra sempre abbastanza indifferente e sprezzante del pericolo che potenzialmente li circonda, dall’altro lato si sono abituati a convivere con delle rigide forme di sicurezza preventiva. Se già i controlli in tutti i luoghi pubblici sono aumentati dall’entrata in vigore del Vigipirate (ovvero il piano di massima allerta per pericoli legati alla sicurezza) dopo il drammatico 14 Luglio sono stati incrementati ulteriormente i gruppi di pattuglia sia della Géndarmerie che dell’esercito. Ma come si vive nei fatti la routine giornaliera a Parigi?

 

Nonostante lo stato di calma apparente ecco cosa potete trovare se andate nella capitale francese: mezzi rallentati per “colis suspect”. Questo vuol dire che un treno della metropolitana, della RER o un qualsiasi mezzo è stato evacuato per la presenza di un “pacco sospetto”. Interessante è anche la definizione di pacco sospetto nel quale rientra tutto ciò che è trovato senza proprietario: un sacchetto di plastica vuoto lasciato da qualche persona poco attenta al decoro degli spazi comuni è già considerato un “colis suspect”.
Nella vita di tutti i giorni bisogna anche andare a fare la spesa: ogni supermercato è dotato di almeno una o due persone addette al servizio di sicurezza, non si effettuano perquisizioni ma si viene attentamente scrutati. Diverso è quando si va in un centro commerciale. In quel caso si viene sottoposti all’ispezione della borsa e della giacca e si viene accolti da un piccolo metal detector. La passeggiata serale , romantica nei vicoletti della città dell’amore può  essere spesso rovinata dal suono di numerose sirene della polizia che sfrecciano per i Boulevards , segno di essere in massima allerta. Spesso e dovunque vi capiterà anche di essere in compagnia di militari in assetto antisommossa con il mitra imbracciato e (quasi) pronti a far fuoco al minimo movimento sospetto.

La realtà è che se si vive lì a tutto questo ci si fa l’abitudine, come si fa l’abitudine a quartieri (solitamente periferici) che improvvisamente vengono chiusi per favorire il blitz dei militari alla ricerca di un sospettato membro di Daesh, ci si abitua a tutti i tipi di controlli, i più prudenti si abituano a smettere di frequentare i grandi eventi o i luoghi molto affollati. Una vita che è cambiata, una vita in cui non ti senti al sicuro ma te ne rendi conto solo quando si torna o si va in un luogo più tranquillo. La convivenza con la paura del terrorismo ormai è sdoganata, non ci si allarma più di tanto quando i giornali dichiarano che la polizia sta cercando un “pericoloso latitante afghano che stava progettando degli attentati a Paris Plages” (Paris Plages è il villaggio estivo organizzato dalla Mairie de Paris per il mese di Agosto, per offrire ai parigini un posto dove rilassarsi e divertirsi sulle rive della Senna. ndr). Parigi e la Francia da quel giorno del 2015 non hanno più pace.

 

Continue le notizie di arresti legati al terrorismo, attacchi sventati, reportage sui reclutamenti dei giovani e l’incitamento all’unione alla Jihad. nemmeno l’estate e lo svuotamento della città per le vacanze estive ha dato pace alla popolazione: al rientro, proprio qualche giorno fa nella notte tra domenica 4 settembre e lunedì 5 un’autovettura è stata ritrovata nei pressi di Notre Dame carica di sei bomboloni del gas. Si coprirà nei giorni successivi che alcune donne legate all’ISIS stavano proggettando un attentato ad una delle stazioni ferroviarie più importanti della capitale francese: Gare de Lyon, ancora una volta nel cuore pulsante della vita dei parigini, ancora una volta nel 12esimo Arrondissement, già teatro di alcuni orrori della notte del 13 Novembre.  Nella sua bellezza mozzafiato, nelle sue contraddizioni, nella sua arte e nella sua straordinaria ed immutabile poesia, Parigi oggi purtroppo è una città in cui si convive con uno stato di guerra ad un nemico invisibile.

 

Laura Laportella

 

In Francia cresce l’opposizione contro i TTIP

ECONOMIA/EUROPA di

Hollande: “Accordo impossibile prima della fine dell’anno”

Si parla ormai da alcuni mesi del Transatlantic Trade Investment Partnership (TTIP) tra  Europa e  Stati Uniti. Per spiegarla in maniera molto semplicistica si tratta di una serie di accordi commerciali tra Europa e Usa che vedrebbero come primo effetto immediato quello della diminuzione di barriere economiche che intercorrono tra i due mercati occidentali, con due principali imminenti conseguenze: se da un lato verrà favorito ancora maggiormente l’export di prodotti made in Europe, l’altra faccia della medaglia prevede anche l’immissione di prodotti a stelle e strisce nei nostri mercati.

Le polemiche fino a questo momento sono state incentrate proprio su questo ultimo punto. Molti dei prodotti che arriverebbero dal mercato statunitense infatti non rispetterebbero i canoni delle normative europee in materia di OGM e in generale di presenze di alcune sostanze in generi alimentari e non, che superano le soglie previste in Europa.
Banalizzando: un prodotto geneticamente modificato, proveniente dagli USA, potrebbe avere un costo (ma anche una qualità) inferiore, con la conseguenza che ci potrebbe essere una crisi delle alternative “di qualità” proposte dal mercato europeo.

A questo proposito  il Ministro francese per il Commercio Estero Matthias Fekl, ha dichiarato che nella prossimo consiglio dei ministri dell’economia europei che si terrà il 22 settembre a Bratislava, la Francia non ha il supporto politico per la ratifica dei trattati . Ricordiamo che nonostante i quattordici round di trattative che si sono concluse senza esito, il portavoce della Cancelliera tedesca Angela Merkel ha dichiarato lo scorso 29 agosto che le trattative sono ancora aperte.

Il popolo francese però sta iniziando a sollevare il suo malcontento così come quello tedesco. Entrambe le cittadinanze temono  delle ripercussioni molto gravi nel settore dell’agricoltura. Lo stesso presidente François Hollande ha dichiarato  il 30 agosto,  nel corso della settimana degli Ambasciatori, che “ Gli accordi non si raggiungeranno prima della fine dell’anno. Le trattative sono assenti, le posizioni non sono chiare e lo squilibrio evidente. Quindi credo che sia meglio analizzare lucidamente i fattori prima di continuare un discorso che non abbia delle basi solide e definite. Ritengo che la cosa migliore sia informare tutte le parti in causa che la  Francia non intende dare la sua approvazione in queste condizioni, ovvero senza le basi per una risoluzione positiva. La Francia vi prepara ad una visione realistica e non vuole creare illusioni: sarà impossibile concludere le trattative prima della fine del mandato dell’attuale Presidente degli Stati Uniti “.

Parole decise e pesanti quelle del presidente Hollande, che si trova in aperto contrasto con quanto dichiarato dalla sua corrispettiva tedesca . Se la Francia riuscirà a mantenere forti le sue posizioni, l’amministrazione Obama, al termine del suo mandato, non riuscirà a vedere la fine di queste trattative estremamente lunghe e complesse.

Laura Laportella

Panama Papers: il Parlamento Europeo istituisce una commissione d’inchiesta

EUROPA di

Con una delibera datata 8 giugno 2016 il Parlamento Europeo ha deciso di istituire una commissione di inchiesta che si occuperà di indagare sul caso “Panama Papers”. Ricordiamo che questi documenti hanno svelato l’esistenza di circa più di 214.000 compagnie offshore elencate dal celebre studio di avvocati panamense Mossak – Fonseca in una lista che include nomi di partecipanti e dirigenti di queste società. Ovviamente il chiaro fine di queste attività erano quelle di nascondere i redditi di facoltosi personaggi alle singole fiscalità di appartenenza, creando così un giro di evasione fiscale per miliardi: euro o dollari che dir si voglia, trattandosi di una lista piuttosto variegata ed eterogenea per provenienza geografica ed attività principale svolta.


In questo lungo elenco figurano moltissimi cittadini europei, con nomi di spicco del mondo della politica, dello sport e anche del cinema. Per il caso italiano basti pensare a Luca Cordero di Montezemolo o Carlo Verdone, tuttavia i nomi presenti non costituiscono forzatamente una partecipazioni in attività atte a frodare la legge, pertanto é giustificata l’azione del Parlamento Europeo che a come obbiettivo quello della chiarezza e quindi di assicurare i colpevoli (reali) alla giustizia. Inizialmente il caso scoperto dall’Associazione Internazionale di Giornalismo investigativo è stato sottoposto all’attenzione della “Special Commettee for Tax Ruling”, ma con la decisione presa l’8 giugno gli approfondimenti della vicenda saranno affidati ad un’apposita commissione d’inchiesta.

Il Parlamento ha scelto 65 membri che entro un periodo di 12 mesi dovranno presentare una relazione chiarificatrice su responsabilità individuali, danni e frodi nei confronti del fisco. Il mandato della commissione d’inchiesta, approvato dall’Aula per levata di mano, è stato concordato giovedì 2 giugno dalla Conferenza dei Presidenti del Parlamento europeo (il Presidente del Parlamento e i leader dei gruppi politici). Tra i punti più importanti del documento approvato troviamo : “indagare circa la potenziale violazione del dovere di leale collaborazione (…) da parte di qualsiasi Stato membro e dei relativi territori associati e dipendenti, purché pertinente all’ambito dell’inchiesta di cui alla presente decisione; a tal fine, valutare in particolare se un’eventuale violazione di questo tipo sia imputabile alla presunta mancata adozione di misure appropriate per evitare l’impiego di veicoli che consentano ai loro titolari finali effettivi di essere celati alle istituzioni finanziarie e ad altri intermediari, avvocati, prestatori di servizi relativi a società e trust o l’impiego di qualsiasi altro veicolo o intermediario che faciliti il riciclaggio di danaro, nonché l’elusione e l’evasione fiscali in altri Stati membri (tra cui l’esame del ruolo dei trust e delle società a responsabilità limitata con un unico socio e delle valute virtuali), tenendo conto nel contempo anche degli attuali programmi di lavoro predisposti a livello di Stati membri e intesi ad affrontare siffatte questioni e ad attenuarne gli effetti”.

Le linee direttive della delibera istitutiva si concludono con la precisazione che questa inchiesta dovrà anche essere creatrice delle “linee guida” per una buona governance fiscale all’interno dei singoli stati membri al fine che queste manovre di elusione ed evasione fiscale non si verifichino in altro modo, riportando così i patrimoni all’interno del territorio UE, e degli stati membri del G20.
da Parigi Laura Laportella

Laura Laportella
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