Come la Russia vede la crisi ucraina

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Russian President Vladimir Putin (foreground left) and Russian Prime Minister Dmitry Medvedev  EPA/MIKHAIL KLIMENTYEV / RIA NOVOSTI / KREMLIN POOL MANDATORY CREDIT

 

 

 

Il clima mediatico occidentale sembra ritenere che il conflitto militare in Ucraina, in atto da ormai più di tre mesi, possa essere prossimo alla sua conclusione. Le sanzioni e l’insuccesso attribuito alle operazioni russe, a cui si imputa il mancato conseguimento di risultati militari definitivi, lascia ora il campo libero per un’azione diplomatico-politica volta a sancire la sconfitta dell’aggressore. O almeno, così sembra.

Infatti, l’Occidente compatto, anche se qualche crepa inizia a trasparire, persegue la sua politica di fermezza e di condanna, cercando di indebolire la posizione di Putin soffocando l’economia russa con le sanzioni. La NATO conduce esercitazioni militari nel Baltico e nell’Est Europa nella speranza di impressionare il Cremlino con una dimostrazione di potenza e di coesione che mettono in evidenza i limiti dell’organizzazione, piuttosto che la sua reale forza. La propaganda occidentale, travestita da informazione, provvede a veicolare un messaggio a senso unico senza aver il coraggio di concedere un diritto di replica.

La diffusa interpretazione che viene proposta è che la Russia sia prossima al crollo: il suo esercito ha fallito, Putin è malato, debole e sarà rovesciato a brevissimo dalle forze liberali e democratiche che faranno trionfare la giustizia. Quindi niente più armi, ma solo proposte di pace.

Putin è il nuovo Signore dei Sith e l’Ucraina è diventata la bandiera del concetto di libertà occidentale e il baluardo estremo dei suoi principi di democrazia, legalità e diritti individuali!

Questa è la visione di un Occidente confuso e spaventato che vuole di nuovo la sua vecchia e consolidata tranquillità geopolitica, nella quale si è incoscientemente cullato negli ultimi trent’anni. Ma ci siamo mai chiesti, invece, se la stessa visione è condivisa anche dalla Russia e se, quindi, le cose potrebbero essere diverse da quelle che noi assumiamo debbano essere?

Forse sarebbe bene considerare come lo svolgimento dei fatti e degli avvenimenti siano percepiti dal nostro avversario al fine di intraprendere un percorso diplomatico e politico che consenta di individuare le cause di quanto sta accadendo e perseguire, quindi, una soluzione che garantisca il successo di una vera pace e non di un temporaneo armistizio (accordi di Minsk docent).

Nel condurre l’analisi di come la Russia percepisca la situazione in Ucraina possono essere considerati alcuni dei fattori posti alla base della valutazione occidentale sugli sviluppi del conflitto.

Procediamo innanzitutto con l’assunzione che Putin stia perdendo il conflitto sotto il punto di vista militare!

La mancata conquista dell’Ucraina e della sua capitale dovuta alle difficoltà incontrate nello sviluppo delle operazioni; la necessità di cambio della direttrice strategica che da Nord si è spostata ridimensionandosi verso la regione orientale meridionale; l’elevato numero di perdite e le problematiche di carattere logistico, sono state indicate come le cause del fallimento militare del conflitto.

Ma la conquista dell’Ucraina non era l’obiettivo di Putin! Lo scopo dichiarato era quello di impedire che l’Ucraina potesse diventare una minaccia puntata verso la Russia che l’Occidente (USA, NATO ed UE) potesse usare per limitare il ruolo internazionale della Russia stessa e della leadership di Putin.

Infatti, le operazioni militari condotte dalla Russia hanno conseguito l’obiettivo prestabilito: l’Ucraina non entrerà nella NATO e una vera pace non potrà essere raggiunta senza tenere in considerazione anche l’anima russa delle aree orientali dell’Ucraina.

Se consideriamo il conflitto secondo questa prospettiva gli obiettivi dell’operazione sono stati raggiunti e Putin non sta perdendo!

Secondo punto. L’Occidente deve scongiurare un’escalation del conflitto e quindi i Governi di USA e UE sono volti a individuare un piano di pace per ricomporre, al più presto, il conflitto tra Mosca e Kiev.

Quindi, per timore di un ampliamento indiscriminato del conflitto, fatte salve le ragioni dell’Ucraina, si tenta di proporre alla Russia una soluzione locale di compromesso per un riconoscimento, almeno formale, della situazione nel Donbass e in Crimea.

Ma questa è una soluzione che non tiene conto delle reali cause del conflitto. Infatti, anche ammettendo di poter conseguire una situazione di compromesso che eviti la de-russificazione del Donbass e confermi le aspirazioni di indipendenza della Crimea, questo porrà termine esclusivamente alle operazioni cinetiche in territorio ucraino da parte della Russia, che invece, continuerà la sua campagna anti occidentale, dato che obiettivo primario è quello di cambiare l’atteggiamento dell’Occidente portandolo a considerare come reali ed effettive le preoccupazioni geopolitiche che vedono Mosca accerchiata da una alleanza ostile e minacciata nel suo ruolo autonomo di grande potenza.

Quindi nell’ottica del Cremlino questo non è un conflitto russo – ucraino ma un confronto diretto tra la Russia e il mondo Occidentale nel suo insieme. Putin è colui il quale dà voce e rappresenta questo sentimento di rivalsa nazionalistica, ma è il popolo russo (almeno nella sua gran parte) che lo sente proprio e lo vive intimamente.

Una situazione di compromesso che riguardi esclusivamente l’Ucraina non cambierà nulla e non eliminerà il rischio della temuta escalation.

Altro elemento di analisi. La posizione di potere di Putin all’intero dell’establishment russo è in crisi e presto sarà rovesciato da un colpo di stato.

Sicuramente l’élite russa non è soddisfatta dell’andamento del conflitto e dei risvolti economici della crisi internazionale che ha investito il paese, ma, al contempo, sa che Putin è l’unico leader che possa garantire una situazione di stabilità interna e di coesione dell’intero sistema russo e quindi, di riflesso, consentire il mantenimento attuale della loro posizione di egemonia politica. Duma e Governo sono schierati, formalmente compatti, con il Presidente. Come pure la popolazione è in gran parte favorevole a Putin in quanto rappresenta uno dei valori fondamentali della cultura russa: un nazionalismo profondo che ha come mito la potenza e la grandezza della Russia.

La dissidenza c’è, esiste e si fa anche sentire alle volte, ma non ha né la coesione né i mezzi per tentare quel colpo di stato o quella rivoluzione democratica che i media occidentali danno come imminente. Non ci sarà una Primavera Russa!!

Infine. Putin non si fida dei suoi generali e li sta sostituendo perché gli stanno facendo perdere la guerra.

Voci e notizie spesso prive di conferme ufficiali danno per scontato la rimozione di Alti Ufficiali e di personalità di vertice da parte di Putin, deluso per la presunta mancanza di successi nel conflitto ucraino.

Che Putin possa essere non del tutto soddisfatto dei risultati ottenuti o dell’operato di alcuni membri dello staff è normale e non c’è di che sorprendersi, ma, dall’analisi del comportamento tenuto nel corso degli anni di potere di Putin, la sostituzione in corso d’opera di alti vertici, durante una situazione di crisi, non sembra essere il modus operandi di Mosca. Errori di condotta e valutazioni non corrette fanno parte delle procedure di pianificazione e gestione di ogni attività operativa e se questi sono commessi e vengono effettuati in buona fede non c’è la necessita di effettuare nessuna purga di carattere staliniano.

Quindi Putin non sta perdendo il controllo della situazione e la fiducia nei suoi collaboratori rimane intatta. Non esiste la possibilità che il sistema politico di Mosca collassi e che Putin sia in preda a fobie complottistiche che ne possano limitare le capacità di analisi e di condotta delle politiche russe.

Il quadro di situazione, se letto e interpretato dalla parte di Mosca, appare alquanto differente da quello che il sistema occidentale di informazione presenta e ritiene condizionante per la soluzione del conflitto.

La dicotomia esistente a livello di percezione generale propone due possibili scenari per le azioni diplomatico – politiche dell’Occidente.

Sostenere militarmente l’Ucraina (e agitare lo spauracchio dell’allargamento ulteriore della NATO) perché siamo convinti che Putin sia perdendo il conflitto e che sia arrivato al suo capolinea politico, oppure, cercare una qualche forma di appeasement nei confronti di Mosca per evitare un’escalation che possa portare a un improbabile, ma temutissimo uso di armi di distruzione di massa, ultima risorsa di un Putin disperato e fuori controllo.

Per quanto è stato detto precedentemente nessuna di queste due linee di condotta potrà avere successo in quanto il conflitto non riguarda l’Ucraina e la Russia, ma investe l’Occidente nei suoi rapporti globali con la Russia.

La soluzione che dovrà essere elaborata deve tenere conto di altri due fattori: il primo è il diverso approccio che l’Occidente deve avere nei confronti della percezione russa della sua sicurezza; il secondo concerne la ridefinizione delle ambizioni e della prospettiva russa nel suo modo di intendere le relazioni geopolitiche.

Entrambi i contendenti sono convinti di avere la mano più alta, ma non è così.

L’Occidente è convinto che le sanzioni e il supporto all’Ucraina abbiano intaccato lo spirito nazionalista di Mosca e che il suo leader sarà rovesciato da un movimento di resistenza o minato dalle sue tante presunte malattie.

Mosca ritiene che il tempo giochi a suo favore nel distruggere la coesione interna del fronte occidentale e che la presa di distanza del resto del mondo attenui e neutralizzi gli effetti economico finanziari dei mercati nei confronti della Russia.

Questa visione porta allo stallo diplomatico politico e, pur condannando a priori la scelta di Mosca del ricorso alla forza, l’unica soluzione possibile è quella di un compromesso che, tenendo conto delle vere ragioni del conflitto, si basi sul ridimensionamento delle rispettive ambizioni geopolitiche da una parte e dall’altra.

Il punto cardine per la risoluzione del conflitto è quello di individuare una serie di azioni volte a creare un clima di sicurezza reciproco, nel quale i rispettivi interessi nazionali possano essere conseguiti nell’ambito del rispetto dei concetti su cui vogliamo si basi l’ordine internazionale. Un ordine dove gli strumenti per la risoluzione delle controversie tra Stati non sono il livello di potenza che si esprime ma la legalità e il rispetto reciproco.

E l’Ucraina? L’Ucraina dovrebbe smettere di credere di essere la vittima innocente di una invasione immotivata e iniziare un esame di coscienza per definire quanto peso il suo Presidente attuale e l’establishment politico degli ultimi vent’anni abbiano avuto nel contribuire a creare le premesse per l’esplodere di questo conflitto.

Bookreporter Settembre

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