Quando tutto sarà finito. Ancora sulla necessità sociale di rivalutare lo strumento militare.

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Esattamente un anno fa, soffermandomi sulla immane tragedia del coronavirus, che ha impattato su tutto il mondo e – primo tra tutti – sul nostro Paese, avevo analizzato con questo articolo, in maniera volutamente prolissa e polemica, il ruolo sociale dello strumento militare e l’assoluta necessità di rivalutarlo e riconsiderarlo in maniera più benevola al termine della pandemia.
Ma dopo un anno, purtroppo, la pandemia non è ancora finita.
Inutile soffermarsi sui disastrosi effetti per l’economia nazionale e per la tensione morale degli italiani, che sono esausti.
Inutile disquisire anche sulla politica più becera e sulla situazione di ritorno agli istinti primordiali che ha riguardato parecchi dei nostri concittadini. I furbetti del vaccino, i negazionisti, le serate anti-covid e via dicendo. 


Rimane la pandemia, ma rimane anche – come sempre – la necessità di affidarci alle Forze Armate e, soprattutto, all’Esercito Italiano.
Mi spiego meglio: mi ero ripromesso di non tornare più sull’argomento, perché ogni volta che approfondisco certi aspetti di politica sociale  riguardanti le nostre Forze Armate vengo tacciato di leccaculismo.
Recentemente, però, nelle noiose serate e negli infiniti pomeriggi in stile lockdown trascorsi a casa guardando qualche talk show, una nuova scintilla di rabbia si è accesa dentro di me.


Ho visto artisti – dalle notorie e rispettabilissime posizioni politiche – criticare il fatto che si sia ricorsi allo strumento militare per assicurare al Paese una più efficace distribuzione del vaccino.
Ricordo a me stesso che, per essere corretti politicamente, si può anche riconoscere la validità e l’efficienza del proprio avversario ideologico, senza peraltro che ciò significhi gettare la spugna dell’agone politico o abbandonare le proprie appuntite armi polemiche.


Anche un antimilitarista, secondo me, può pertanto riconoscere che – in caso di necessità ormai perdurante come quella che stiamo vivendo – l’Esercito serve, e con esso le sue uniformi policrome.
Occorrono i suoi teli mimetici per costruire accampamenti, drive trough, ospedali da campo e presidi vaccinali – sempre in colore rigorosamente grigio verde.
Servono e come.

Ma oltre ai vignettisti ci sono anche i comici.
Per carità, il diritto di critica e, con esso, il discendente diritto di praticare l’arte della satira, è sacrosanto e costituzionalmente garantito.
Però non ho apprezzato affatto il vuoto ludibrio a cui è stato esposto il nuovo commissario straordinario per l’emergenza covid, per il solo fatto di indossare numerosi nastrini sulla sua uniforme. “Nastrini“… Non “mostrine“. La sensazione che ho avuto è che non si sa più di cosa parlare. Non si sa più che cosa dire per strappare qualche risata a denti stretti
Le decorazioni che vengono concesse dall’amministrazione militare o da ordini cavallereschi, laici o religiosi, istituiti o ammessi nel territorio della Repubblica – o da enti stranieri titolati a rilasciare onorificenze e benemerenze in favore di militari o semplici cittadini italiani – devono essere obbligatoriamente portate sull’uniforme.

Per cui, se uno è stato molto bravo, ha comandato reparti, ha condotto missioni all’estero, ha compiuto azioni meritorie o umanitarie, è giusto che possa fregiarsi liberamente e dignitosamente delle onorificenze previste, senza necessariamente essere accostato all’idea di un fantoccio pieno di sé e militarmente narcisista. Bene ha fatto l’interessato a non replicare. 
Ancora oggi vengono riproposte le scene dei camion militari che trasportavano le salme dei primissimi italiani deceduti per il covid.
Quelle immagini vengono sfruttate ancora oggi ed inoltrate da ogni politico, di ogni partito, qualsiasi sia – appunto – la sua cifra politica e culturale, per ringraziare le Forze Armate.

Talvolta però va anche peggio: qualcuno ripropone quelle immagini dimenticandosi del tutto dell’Esercito e le utilizza per parlare di quanto sono bravi belli e forti gli italiani in periodo di crisi.
Dispiace, però, notare che non tutti parlano di quanto siano e siano stati efficienti i militari italiani e, in particolare, quelli dell’Esercito, che hanno di fatto tappato i buchi, colmato le lacune, riparato i danni delle deficienze e delle inefficienze della pubblica amministrazione.
In realtà, lo strumento militare non ha fatto altro che adempiere ad uno dei suoi mandati istituzionali, cioè quello di prestare la sua opera in caso di calamità. L’Esercito ha espresso al meglio tutte le sue potenzialità in campo organizzativo, logistico, sanitario e securitario.

Il tutto, senza far mancare la propria presenza nei teatri operativi, nelle strutture di vertice nazionali ed internazionali, nelle nostre strade, che sono davvero e senza dubbio “più sicure”.
Per cui, ripetendomi, quando tutto sarà finito ricordiamoci e ricordatevi dello strumento militare.

Assicurate alle Forze Armate il giusto peso e il giusto valore, la giusta considerazione quando si parla di legge di bilancio e di pensioni.
Non confondete semplici strutture di protezione sociale, come le basi logistiche ed i circoli, con benefit e prerogative di una casta.
Ogni pubblica amministrazione, ogni azienda privata, ogni organismo collettivo, se può, assicura ai propri dipendenti strutture di protezione sociale, di dopo lavoro, sportive e di cura del corpo o della mente.
Non dimenticate che gli F35 servono, quando il nemico non si annida nelle nostre cellule ematiche, ma magari potrebbe provenire dal cielo.

Non dimenticate che servono anche i sistemi d’arma e radar, per contrastare la pirateria, per difendere il naviglio commerciale italiano nei mari più pericolosi, a tutela dell’incolumità dei nostri connazionali all’estero e, perché no, anche del nostro prodotto interno lordo.  Ovviamente servono anche le industrie che li producano. 

Non dimenticate che servono benzina ed apparati radio per le auto che garantiscono la sicurezza sulle nostre strade. Siano esse verdi, grigie, nere o blu. 
Abbiamo festeggiato, con grande slancio ed entusiasmo, la giornata mondiale dell’acqua.
Ricorrenza assolutamente importante e fondamentale per la sopravvivenza di tutto il globo.
Ma perché non festeggiare con il medesimo slancio e lo stesso entusiasmo anche il 4 novembre?
Perché non festeggiare l’unità nazionale, e le Forze Armate che la rappresentano?
Per festeggiare, ovviamente, non intendo qualche cerimonia o qualche discorso strappalacrime, ma una vera e propria ovazione nazionale –  un’apoteosi – che riconosca il ruolo fondamentale delle Forze Armate nel nostro Paese, in tempo di pace e di guerra. 
Anche associare la parola militari con la parola guerra, è una cosa assolutamente sbagliata. E purtroppo si cade nell’errore anche oggi. 

Le Forze Armate fanno la guerra se chiamate a farla, in difesa della Patria. Svolgono mansioni di mantenimento ed imposizione della pace se chiamate a svolgerle. 

Incarichi gravosi, generati però da risoluzioni di organizzazioni internazionali a cui il nostro Paese siede a pieno titolo e forse anche grazie 
alle Forze Armate, oltre che alla politica ed alla diplomazia. 
Compiti gravosi, poco graditi al grande pubblico, ma giuridicamente e legislativamente supportati, in Italia e all’estero. 


In conclusione: ahinoi, ci siamo abituati a parlare ormai ogni giorno di anticorpi.

Io credo che le Forze Armate costituiscano gli anticorpi della nostra società nel momento in cui i virus dell’inefficienza, dell’arretratezza, della disorganizzazione e, perché no, della mancanza di cultura del bene comune comincia ad inocularsi tra le fila degli Italiani.
In caso di infezioni sociali, come quelle che ho elencato, le nostre Forze Armate sono un ottimo vaccino, a cui ricorrere in caso di emergenza e per prevenire l’insorgere o l’aggravarsi della malattia. 
Un vaccino apolitico, coerente e fedele ai  principi repubblicani e costituzionali ed al tricolore. Quel tricolore, verde bianco e rosso, per il quale molte migliaia di persone hanno perso la vita. 

Quel tricolore che oggi – proprio nel più importante consesso canoro nazionale! – viene gettato a terra come se fosse una pezza da piedi.
Ecco, io penso che intimamente, grazie alla comprensione, alla corretta valutazione ed all’apprezzamento dello strumento militare ognuno di noi possa sviluppare  gli anticorpi per reagire ad un tale decadimento dei nostri costumi.

Io credo che, anche grazie alle Forze Armate, ognuno di noi potrebbe idealmente sollevare da terra quel drappo tricolore e issarlo fieramente ed orgogliosamente al vento. Senza bisogno di essere militari.
Anche grazie alle Forze Armate, un giorno, potremo dire che è andato tutto bene e che ce l’abbiamo fatta. 

Bookreporter Settembre

1 Comment

  1. Bravo! Finalmente una voce fuori dal coro che sottolinea il contributo fondamentale delle Forze Armate quale strumento al servizio della Patria.
    Finiamo una volta per tutte di denigrare e sbeffeggiare una componente essenziale dello Stato!
    Complimenti per le parole che approvo e condivido in pieno.

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