Una velocissima riflessione sulla dimensione esterna dell’UE.

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Ho letto da poco l’ormai ennesimo statement del Consiglio dell’Unione europea circa il tristissimo e vicinissimo conflitto in Ucraina. 

Negli scorsi mesi mi è capitato spesso di leggere numerose dichiarazioni di differenti istituzioni unionali (o, comunque, di altre organizzazioni, think tank, agenzie e centri di ricerca collegati all’Unione europea e da questa finanziati in tutto in parte).

Ma l’ultima dichiarazione dell’Unione che ho letto recava dei commenti e dei giudizi di valore – tutt’altro che benevoli – sulle elezioni locali e regionali in Russia. 

Con questo statement il Consiglio dell’Unione europea ha ribadito la sua totale condanna verso l’occupazione Russa in Ucraina e non fa alcun mistero di non riconoscere assolutamente la validità di dette elezioni, specie nei territori abusivamente e violentemente occupati. 

Vieppiù, viene reiterata con forza la richiesta di immediato ritiro delle truppe Russe dai territori occupati. 

La questione, però, non mi ha colpito per il merito quanto, piuttosto, per la forma

Sono rimasto piacevolmente sorpreso di come l’Europa oggi si esprima quasi alla stregua di un’organizzazione internazionale “matura”, “anziana”, “esperta” quando si tratta di questioni che attengono alla sicurezza internazionale e alla politica estera in generale. 

Qualcuno dirà che ho scoperto l’acqua calda. 

È vero, ma nelle ultime dichiarazioni riguardanti il conflitto in corso, ho davvero notato un grande salto di qualità, una nuova rivelazione di autorevolezza, un maggiore slancio nonché la totale assenza di “timidezza”.

Quasi a voler rimarcare come l’Unione non sia più un’organizzazione internazionale con una primaria vocazione economica ma come, anzi, essa rappresenti ormai un attore sovranazionale importante, anche negli scenari globali e securitari e di come agisca più quale un attore politico che come un mero organismo macroeconomico.

Leggere posizioni nette, a tratti intransigenti e scomode, mi ha fatto intendere come la politica estera dell’Ue sia chiara, decisa e rapida. 

Si percepisce che le decisioni in ambito politico internazionale vengono prese in maniera più veloce (non certo precipitosa), perché su questi dossier gli Stati membri e le Istituzioni unionali appaiono essere sempre sulla stessa scia, anche se non sempre completamente all’unisono.

Un bel traguardo, questo, se pensiamo che l’Ue è un’organizzazione internazionale non più giovanissima, ma ancora abbastanza neofita per le questioni securitarie. 

È un risultato ancora più ragguardevole, se pensiamo ai problemi che quotidianamente sentiamo e leggiamo circa le sfide che l’Unione deve affrontare al suo interno. 

Problemi di stabilità economica, questioni di sicurezza interna, “viscosità” nel processo decisionale per quanto riguarda il Regolamento di Dublino e la gestione delle migrazioni, sono solo alcuni esempi.

Qualche opinionista registra malumori e dissapori anche sul possibile futuro allargamento, sempre più a est, verso i Balcani.

Da europeista convinto, quindi, auspico che l’Ue e le sue istituzioni possano operare in maniera sempre più rapida, decisa, veloce, sicura e meticolosa anche per le questioni che attengono alla sicurezza ed al mercato interni, ad un sempre maggiore miglioramento del coordinamento con i governi nazionali, a delle politiche economiche e sociali più vicine ai cittadini. 

Operando anche sul fronte interno con la stessa speditezza e schiettezza utilizzata per le questioni internazionali, “il messaggio” europeo ed europeista – risultando vincente e persuadendo i popoli dell’Unione della sua bontà – non potrà che perpetuarsi e perpetuare la stabilità, la sicurezza e la prosperità del vecchio continente.

Ogni tanto un po’ di ottimismo ci vuole no?.   

Il Consiglio dell’Unione europea
Bookreporter Settembre

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