Smart Working: cosa ci ha insegnato l’esperienza del lock down

Da anni ormai ferve il dibattito sullo Smart Working, il lavoro da remoto definito anche Lavoro Agile, salutto dai più entusiasti come efficace e moderna risposta ai problemi di conciliazione tra tempi di lavoro e vita privata/familiare dei lavoratori (e soprattutto delle donne lavoratrici) e alle esigenze delle aziende di riduzione dei costi di allestimento e gestione delle sedi, nonché come soluzione per il crescente degrado ambientale dovuto all’inquinamento causato anche dalle troppe auto quotidianamente in circolazione.

Nonostante le buone intenzioni di molti individui ed organizzazioni sia pubbliche che private, il percorso di adozione del Lavoro Agile in Italia stava procedendo lentamente e con difficoltà, a causa delle diffidenze sia dei datori di lavoro, timorosi di eventuali ricadute negative sul controllo e sui livelli di produttività; sia dei lavoratori, preoccupati dalle possibili ripercussioni sulla carriera e sulla socializzazione che la lontananza dal luogo di lavoro avrebbe potuto causare loro.

Quando la pandemia è dilagata, il Lavoro Agile, dall’essere vissuto come realtà quasi di nicchia e in fase di perenne sperimentazione, si è trasformato repentinamente in un’inevitabile necessità.

Prima dell’emergenza Covid in Italia lavoravano da remoto circa 500.000 persone. Nelle settimane di lock down generalizzato si stima siano state più di 8 milioni.

La sensazione è che, dopo questa “cura choc”, non sia più possibile tornare indietro e lavorare, come prima, prevalentemente in presenza.

Anche perché allo stato attuale l’epidemia sta subendo una nuova accelerata, e soffiano nuovi venti di chiusura.

A queste condizioni sarà inevitabile continuare ad adottare modalità di comportamento improntate alla prudenza e al distanziamento sociale.

Le grandi aziende, che peraltro hanno toccato con mano i vantaggi del lavoro da remoto in termini di riduzione dei costi, verificando nel contempo un inaspettato (da parte degli scettici) mantenimento, o addirittura un miglioramento, dei livelli di produttività, sono decise a non abbandonare il sentiero tracciato nei giorni più duri della pandemia.

E’ di questi giorni la notizia che la banca d’affari Schroders ha deciso di non fare rientrare in ufficio i propri dipendenti. Twitter ha annunciato che sarà lasciata ai lavoratori la piena libertà di scegliere se lavorare da casa. Altre aziende (come Enel, TIM, Engineering, ad esempio) hanno reso noto che consentiranno ai propri dipendenti di lavorare da casa alcuni giorni alla settimana, e a tal fine hanno sottoscritto o stanno negoziando appositi accordi con le organizzazioni sindacali.

Durante il lock down abbiamo sperimentato il vero Smart Working?

Quello che abbiamo vissuto nel periodo del lock down non può essere considerato un vero e proprio Smart Working, bensì una forma estrema di Home Working forzato.

Nella 1° indagine condotta dall’Area Politiche di Genere della CGIL insieme alla Fondazione Di Vittorio, ancora in pieno lock down, è emerso chiaramente il disagio correlato ad una situazione vissuta in emergenza.

Dei 6.170 intervistati, in gran parte donne (65%), la stragrande maggioranza (oltre 80%) ha risposto di essere stata “catapultata” nel lavoro da casa solo in concomitanza con l’emergenza del lock down, spesso senza aver ricevuto alcuna preparazione e senza mezzi informatici e tecnologici adeguati.

Dello Smart Working come è stato vissuto nel periodo del lock down fanno paura anche la mancanza di socializzazionee di scambio con i colleghi: c’è chi ha commentato che lo Smart Working rischia di farci diventare più sciatti (perché meno incentivati e attenti alla cura della persona) e più scorbutici!

Ma le rimostranze più diffuse riguardano un sostanziale aggravio dei carichi di lavoro: orari prolungati, mancato rispetto delle pause, richiesta tacita o esplicita di connessione continuativa da parte dei coordinatori, sono solo alcune delle criticità più frequentemente citate.

Il più grande scoglio ha riguardato l’aumento dei carichi di lavoro domestico e di cura, soprattutto per le donne. Se in una situazione normale lo smart working potrebbe favorire la conciliazione vita-lavoro, tutti i fattori che abbiamo sperimentato nel corso del lock down – dalla chiusura delle scuole e dalla didattica a distanza, fino ad arrivare allo stress correlato ad una situazione precaria e incerta – hanno negativamente influito sulla gestione più autonoma dei tempi.

Per le donne lo Smart Working nella fase del lock down non è stato facile.

Stando a una ricerca condotta da Valore D, associazione di imprese impegnate per l’equilibrio di genere, dal titolo #IOLAVORODACASA, tale modalità non ha aiutato in particolare le donne, specie in un momento di convivenza familiare forzata.

1 donna su 3, è emerso dalla ricerca, nel periodo del lockdown si è trovata a lavorare più di prima e non è riuscita, o ha fatto fatica, a mantenere il cosiddetto work-life balance, ossia a conciliare lavoro e vita familiare. Per gli uomini, la situazione è stata diversa: il rapporto è di 1 su 5.

E questo perché, oltre al lavoro, alle donne è stato spesso affidato, totalmente o quasi, il carico della gestione della casa, ma anche dei figli, compresa la didattica a distanza.

In questi mesi si è dibattuto molto di carichi di lavoro eccessivi e di diritto alla disconnessione, invocando a gran voce una regolamentazione più stringente finalizzata a scongiurare eccessi e soprusi, non essendo ritenenuto sufficiente quanto previsto dalla legge del 2017 sullo Smart Working, che delega alla contrattazione aziendale la maggior parte della regolamentazione in materia di organizzazione del lavoro e controlli.

Anche se i lavoratori vanno certamente protetti da un uso improprio del Lavoro Agile, è indubbio tuttavia che, come ha evidenziato Mariano Corso, responsabile dell’Osservatorio Samrt Working del Politecnico di Milano, un eccesso di vincoli potrebbe mal conciliarsi con le caratteristiche stesse dello Smart Working: ovvero la flessibilità e la condivisione delle regole del gioco tra azienda e collaboratori, intesi entrambi come parti mature e consenzienti. Sembra essere più efficace quindi sviluppare una consapevolezza e una cultura delle modalità di lavoro Smart che consentano di vivere in serenità e soddisfazione reciproca, per tutti, sia capi che collaboratori, l’esperienza di lavoro da remoto.

In sintesi, qual è la percezione complessivache i lavoratori intervistati hanno espresso relativamente al Lavoro Agile?

Nonostante le esasperazioni e le pressioni che il lock down forzato ha comportato, la quasi totalità degli intervistati (oltre il 90%) ha confermato che lo Smart Working, se correttamente interpretato e attuato, e purché in modalità non esclusiva, è una soluzione valida per risparmiare i tempi del trasferimento casa-ufficio, consentire una maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro e un migliore bilanciamento dei tempi di lavoro e vita privata.

Maggiore scetticismo e preoccupazione, soprattutto da parte delle donne, è stato manifestato in relazione alla prospettiva di una prosecuzione strutturata e continuativa dell’esperienza del lavoro da casa, anche a emergenza cessata.

Smart Working: come renderlo più efficace?

Alcuni presupposti, a livello sociale, possono aiutare a rendere più agevole e meno gravoso, soprattutto per le donne, il ricorso a modalità di lavoro Smart, in particolare:

  1. Il regolare avvio e svolgimento dell’anno scolastico:prima e più importante condizione è che le scuole riaprano e che la didattica a distanza, adeguatamente organizzata e strutturata, possa essere considerata una modalità integrativa più che la regola.
  2. La condivisione delle responsabilità: nella società e nelle unità produttive dovrà essere incoraggiato e incentivato lo sviluppo di una maggiore corresponsabilità genitoriale e di cura che alleggerisca la donna dal duplice carico familiare e professionale.

All’interno delle aziende e delle unità produttive, perché si possa parlare propriamente di Smart Working o Lavoro Agile, devono essere garantiti:

  1. Un’adeguata Organizzazione del lavoro, basata sui seguenti requisiti/caratteristiche:
  • Volontarietà:fondamentale affinchè il lavoro da casa possa essere considerato veramente Smart è che sia volontario, liberamente scelto.
  • Informazione e Formazione:è richiesta un’adeguata preparazione al lavoro a distanza, che sottende modalità differenti dal lavoro in presenza.
  • Disponibilità degli strumenti tecnologici: devono essere messe a disposizione dall’azienda le risorse tecnologiche necessarie, perché affidarsi alla connessione internet domestica e al computer personale del dipendente non è corretto ed è rischioso, perché i dati aziendali devono essere tenuti al sicuro, tramite accessi e reti adeguatamente protetti.
  • Sostegno alla socializzazione: caratteristica dello Smart Working, o Lavoro Agile, correttamente inteso, è anche quella di preservare la dimensione sociale del lavoro, attraverso il ricorso non esclusivo al lavoro da casa, in un mix bilanciato con il lavoro in presenza, garantendo, nel contempo e/o in alternativa, adeguati momenti di coinvolgimento e condivisione da remoto.
  • Introduzione di adeguate metodologie di assegnazione degli obiettivi: la misurazione della capacità produttiva del lavoratore smart non avviene in base alle ore di presenza in azienda ma in base alla valutazione delle performance;devono quindi essere chiaramente esposte e condivise le modalità con le quali sono forniti gli obiettivi richiesti durante la prestazione da remoto.
  1. Un nuovo modello di leadership: una diversa cultura organizzativa, basata sul lavoro da remoto e sulla strutturazione del lavoro per obiettivi, richiede un cambiamento radicale della relazione capo-collaboratore che deve essere improntata alle categorie di fiducia responsabilità. Fiducia da parte dei manager e responsabilità da parte dei collaboratori.

Dare fiducia e autonomia ai dipendenti genera coinvolgimento e motivazione, abbassa il livello di diffidenza e conflittualità e li responsabilizza in modo che diventino “proprietari e imprenditori di se stessi e del proprio lavoro”.

La parola chiave è empatia, intesa come capacità di immedesimarsi nello stato d’animo delle altre persone. Sempre e comunque necessaria, è ineludibile quando occorre gestire una situazione caratterizzata da incertezza, preoccupazione e ansia, peraltro amplificata dal filtro emotivo della distanza fisica e dalla mediazione dello schermo del computer.

Il ricorso sistematico e strutturato a percorsi di coaching può aiutare manager e collaboratori a entrare in sintonia, agevolando la collaborazione, la motivazione e il coinvolgimento che sono tanto più importanti per la buona riuscita della modalità di lavoro da remoto.

I manager, che dall’essere controllori autoritari e distaccati devono diventare guide sensibili e attente di un team di professionisti consapevoli e responsabili, hano bisogno di essere accompagnati nel percorso di cambiamento che consenta loro di trasformarsi essi stessi in coach che cercano di far emergere e rafforzare le potenzialità degli individui,conciliando gli obiettivi personali con quelli aziendali.

Conclusioni

Il Lavoro Agile ha consentito, in un momento di crisi emergenziale, di mantenere più o meno regolarmente operative la gran parte delle attività che potevano essere svolte da remoto, attenuando considerevolmente gli impatti, comunque drammatici, che il lock down ha avuto sui livelli occupazionali.

Quanto appreso nel periodo del lock down, che ha costituito, pur con i traumi dovuti al contesto, un laboratorio sperimentale delle modalità di lavoro Smart su scala planetaria, unitamente ai progressi finora riscontrati e agli ulteriori miglioramenti che auspichiamo possano verificarsi in futuro nella società e negli ambienti produttivi, potranno incentivare e rafforzare il salto culturale già avviato.

In questo contesto lo Smart Working, quello propriamente inteso, ormai sdoganato e accettato dalla maggior parte delle aziende e dei lavoratori, troverà un sempre più largo consenso, apportando sostanziali benefici a tutti i lavoratori, sia donne che uomini in ugual misura, e alla società nel suo complesso.

 

 

Stefania Santucci, Manager, Consulente di Direzione, Business Coach.

In TIM ho maturato gran parte del mio percorso professionale ricoprendo diversi ruoli manageriali e professionali in numerosi ambiti e funzioni aziendali dall’HR (Organizzazione e Sviluppo) al Marketing Strategico, al Business Development, allo sviluppo commerciale di partnership tecnologiche.

Oggi collaboro con una società leader del mercato delle soluzioni di Cybersecurity dove mi occupo di marketing di offerta, sviluppo e gestione dell’ecosistema dei partner fornitori di tecnologie, e sviluppo commerciale.

Anche se da oltre un decennio sono uscita dalla funzione HR, non ho mai smesso di dedicarmi con interesse e passione allo studio della trasformazione dei modelli di leadership, dovuta ai forti cambiamenti che la pervasività delle nuove tecnologie e l’evoluzione del contesto sociale ed economico stanno provocando. Come Business Coach ho la possibilità di aiutare e sostenere le persone nei loro percorsi di sviluppo professionale.

Sono attivamente impegnata in gruppi e associazioni che si occupano di valorizzazione del talento e della leadership al femminile, per contribuire a rimuovere gli stereotipi e realizzare un contesto di lavoro più equo, solidale e inclusivo.

 

 

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