La querelle tra facebook e Casapound oltre la manifestazione del pensiero

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Un provvedimento del Tribunale di Roma rivede rapporto tra social network e utenti

Nel procedimento che vedeva contrapposte Facebook e Casa Pound, il Tribunale di Roma già si era pronunciato in sede di ricorso d’urgenza quando il social di Zuckerberg aveva oscurato la pagina del movimento, senza neppure un preventivo avviso, ordinando il ripristino della pagina. Nel suo primo provvedimento il tribunale aveva sottolineato un in evidenza come Facebook, e quindi anche gli altri social network, sia oggi di fatto non solo un luogo di incontro, ma una sede di dibattito e confronto, anche a livello politico dove gli assenti corrono il rischio di essere tagliati fuori proprio dalla vita politica di un paese facendo venir meno i principi di un confronto democratico paritario.

Ovviamente Facebook ha impugnato il provvedimento cercando di riportare la vicenda in una questione di rapporti disciplinati dal diritto civile, rilevando come l’iscrizione al social avesse maggiori connotazioni di un contratto tra le parti e, pertanto, dovesse prevalere la disciplina e il regolamento accettato al momento dell’iscrizione e predisposto dal gestore.

Il Tribunale di Roma ha respinto il reclamo di Facebook muovendo da considerazioni di carattere giuridico che, probabilmente, adesso impongono riflessioni sulla natura del rapporto tra il social e gli utenti a livello sia di diritto civile che, principalmente, costituzionale.

Il Collegio ha infatti stabilito che il rapporto Facebook – utente è un contratto atipico che si perfeziona sulla base delle regole dei contratti per adesione (quelli ciò predisposti e imposti dal fornitore). Tuttavia ciò non implica che la disciplina del rapporto sia demandata ai rapporti tra le parti specialmente quando una delle due muove da posizioni di maggiore forza al punto di imporre la propria volontà all’altra non solo nella fase di definizione del contratto.

Pertanto è possibile richiedere un intervento del Giudice, proprio come ha fatto Casapound, per incidere sul bilanciamento degli interessi delle parti giungendo a modificare o integrare il contratto ed evitare abusi di diritto e di posizioni.

Infondata e respinta la difesa di Facebook che, muovendo dal dato che è lei a gestire e fornire il servizio, le condizioni debbano sfuggire ad ogni forma di controllo. Inoltre non può avere rilevanza che, nel caso specifico, Facebook abbia contestato che Casa Pound di essere un’associazione proibita dalla legge italiana.

Infatti ha rilevato il Tribunale che se quella del gestore è una posizione riconducibile all’attività e libertà di impresa, quella dell’utente afferisce alla libertà di manifestazione del pensiero che, come tale, trovando una diversa e più ampia forma di tutela nella Costituzione, non può essere invocata come causa di risoluzione del contratto. Del tutto irrilevante in questo contesto se l’utente sia un partito politico. Anzi. Del resto, viene da ricordare, Facebook nasce proprio come luogo di incontro e scambio di opinioni.

Il Tribunale ha analizzato le contestazioni mosse da Facebook sulla natura di Casa Pound; le motivazioni toccano anche aspetti storici e ideologici, ma le conclusioni sono che l’associazione non può essere ritenuta, ai fini della materia, un’associazione illecita, vietata dal nostro ordinamento. In ogni caso non spetta a Facebook, oltretutto in forza di un rapporto contrattuale, né limitare le forme di manifestazione del pensiero, né tantomeno impedirle.  Un’eventuale valutazione in tal senso, e su eventuale comportamenti di rilevanza penale, deve essere demandata ad altra sede.

Facendo proprie le argomentazioni in diritto del primo giudice, anche in merito alla rilevanza di Facebook nel dibattito politico, il Tribunale ha confermato il provvedimento con cui il social era stato condannato al ripristino della pagina di Casa Pound.

Questi due provvedimenti, letti anche unitamente alla sentenza del TAR che ha stabilito come l’iscrizione su Facebook, diversamente da quanto originariamente dichiarato, non è a titolo gratuito, bensì pagata con la concessione dei dati personali dell’utente al social, che li usa, impongono valutazioni sulla natura dei rapporti tra i social e gli utenti: da un lato di natura contrattuale e, dall’altro anche come forme di manifestazione del pensiero.

Si tratta sicuramente di argomenti troppo ampi da approfondire in questa sede, ma che sicuramente avrà alti sviluppi non solo in sede di eventuali altri contenziosi ma anche, verosimilmente, dal Garante per la Privacy se i dati degli utenti debbano avere diverse forme di trattamento e protezione quando non siano trattate ad uso commerciale, bensì come dati sensibili nelle manifestazioni di pensiero.

Viene a questo punto spontaneo pensare, in questi giorni, agli interventi da parte del Presidente americano, Donald Trump, che ha preso una decisa posizione su Twitter riconoscendo di fatto il ruolo sociale e politico che hanno assunto i social.

 

 

Bookreporter Settembre

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