La potenza sprecata dei movimenti di massa del no

in FUORI DAL CORO by

Hanno iniziato a Bologna, dove si sono ritrovati spontaneamente, su iniziativa di alcuni amici, per protestare contro Salvini e la sua campagna elettorale. Con slogan contro la Lega e un modo di fare politica, il movimento autodefinitosi delle sardine si sta pian piano allargando in Italia con nuovi eventi e manifestazioni. Come ogni iniziativa che si rispetti sono già nati i gruppi Facebook, veri e sembra già anche i fake, e sono stati registrati i domini internet dove campeggia il nome di uno dei pesci azzurri più apprezzati dei nostri mari ed evocati, quasi con disprezzo dai pendolari quando si trovano stipati in scomodi e maleodoranti vagoni di treni e metropolitane.

E’ un movimento che sta già riempiendo le piazze e sembra avere sostituito quello dei seguaci della giovane Greta che, a distanza di poche settimane, sembra sia stato già soppiantato per quella che qualcuno (chissà se a torto), potrebbe definire una nuova moda del momento da seguire. Considerato come i movimenti ambientalisti dopo lo sciopero (?) dalla scuola non sembra stiano dando ulteriori segnali, la nascita di un nuovo movimento di massa che fa notizia, potrebbe segnare la sostituzione dei primi. E’ l’entusiasmo del momento, che sembra più che dalle idee nasca dalla voglia di click e like sui selfie.

Quello che accomuna le due situazioni, come la quasi totalità delle proteste in piazza, è l’essere caratterizzate da una base di “NO” e di “contro”. Contro l’inquinamento o contro la lega. No alle emissioni pericolose e no ad ideologie razziste e fasciste. I successivi argomenti propositivi sono a dir poco esili. Si a un futuro migliore e ad un mondo senza odio e senza violenza; con un ambiente sano e senza intolleranza.

Ovviamente, ed è insito nella loro natura, le piazze chiamano la protesta, il dissenso, forse addirittura la rivoluzione. Fin dagli anni sessanta la parola “NO” è sempre stata pronunciata nei confronti di qualcosa che si voleva combattere ed eliminare: dalla guerra in Vietnam alla segregazione raziale; dal fascismo e il razzismo all’energia nucleare. Contro Regan e contro Trump, contro le multinazionali e contro tutti i governi che si sono succeduti. IN Italia, perlomeno dalla fine degli anni ottanta, tutti gli studenti hanno detto NO ad ogni riforma e a tutti i ministri che si sono succeduti. E che cosa è cambiato, perlomeno dal loro punto di vista? Sembrerebbe poco o niente, se ancora si continua ad andare in piazza e protestare.

Giusto e legittimo far sentire la propria voce, manifestare un’opinione e combattere idee obiettivamente poco compatibili con valori assoluti quali la democrazia, la solidarietà, il rispetto altrui. Ma su questo punto ci sarebbe da aprire un lungo dibattito, in quanto la protesta è, di per sé, poco democratica e non tollera il dissenso. Riconosciamo comunque la legittimità di un gruppo che si coalizza per portare un messaggio e, oggettivamente, non può al proprio interno neppure ascoltare una voce fuori dal coro.

Ma che cosa vuole un movimento che nasce solo da un no? Quale speranza ha di sopravvivere chi nasce solo per combattere il nemico del momento? Se lo scopo fosse soltanto quello, è chiaro come la levata di scudi, fine a se stessa, sia più che sufficiente. Una prosecuzione nel tempo di movimenti volti solo a distruggere, e nei quali ben possono comunque trovarsi voci dissenzienti ed addirittura estremiste come nel caso dei gilet gialli, portano a risultati degenerativi, fino ad alienare le simpatie originarie.

Che lezioni trarre o che messaggi giungono da questi movimenti di piazza? Vanno ovviamente letti e compresi nel momento in cui si vive; ed oggi nell’era di internet non possiamo non fare i conti con masse in cui molti sono avvezzi a esprimere opinioni dietro l’anonimato di una tastiera e un video. Lo stesso anonimato di chi si nasconde dietro un cappuccio per manifestare e non si prende la responsabilità delle proprie azioni e idee, specialmente quando non si avrebbe niente da temere. Non siamo, ricordiamoci bene, ad Hong Kong, dove la repressione del dissenso fa temere che possa ripetersi una Piazza Tienanmen. E non siamo neppure a Praga nel 1969. In ogni caso, anche se l’affermazione potrebbe sembrare provocatoria, non sembra si possa trovare, oggi, tra i manifestanti uno Jan Palach (e viene da chiedersi se la maggior parte dei manifestanti sappia chi sia).

Conclusione? Al momento nessuna in attesa di vedere se questo ennesimo movimento avrà un futuro o se finirà con le prossime elezioni locali o regionali. Chi nasce solo dietro alla bandiera di un NO sembra destinato a durare poco, e l’attuale crisi dei 5S sembra ne sia una conferma. Ma ciò che sembra emergere, pensando con tristezza allo spreco di energie, è che ancora una volta non emerge alcun messaggio propositivo o costruttivo, e che le idee altrui si combattano solo a colpi di protesta distruttiva e non con idee da contrapporre. Fino a far morire un qualcosa che nasce da valide intuizione ma che resta solo una fiammata fine a se stessa, sprecando tutto ciò che di valido poteva portare e non durare solo per un’elezione o rivelarsi semplicemente deleterio come sembra ormai essere il movimento dei cinque stelle.

 

 

Bookreporter Settembre

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