GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

Monthly archive

Maggio 2016

L’Aquila, in “COMANDO E CONTROLLO” un modello emergenziale pronto a tutto

EUROPA di

Alberto Puliafito è un giornalista, un regista e un autore televisivo nel 2009 comincia la lavorazione del documentario “ Comando e controllo” che parla dell’emergenza de L’Aquila, del modello adottato nel momento della tragedia per intervenire nelle situazioni di grande emergenza ma soprattutto di cosa significa tutto questo.

Alle 3.32 del 6 aprile 2009 una scossa di magnitudo 6,3 scuote la città, la colpisce forte, come un maglio nella notte. Crollano le case, crolla la casa dello studente, il centro della città si accascia su se stesso, intanto a Roma qualcuno ride. Sono momenti di terrore nella notte, per chi riesce a scendere in strada senza indicazioni senza aiuto.

Alberto Puliafito arriva a L’Aquila come tanti giornalisti e comincia a seguire l’evolversi dell’emergenza,a studiare cosa viene messo in campo, come e in che tempi, parla con gli aquilani, con le istituzioni, con i testimoni e con il tempo riesce a dipingere un quadro, un immagine di cosa sta succedendo.

L’opera di Puliafito riesce ad entrare nel vivo della questione, tra le macerie materiali e immateriali della città rinfaccia un filo conduttore, una regia di tutta l’operazione di soccorso riuscendo ad intravedere quello che realmente viene messo in atto in quei giorni.

Per approfondire quanto da lui descritto nella sua opera lo abbiamo intervistato e chiesto di spiegarci cosa aveva visto tra quelle macerie immediatamente dopo la tragedia, nel video la nostra intervista.

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A sette anni dal sisma la città non è ancora risorta come dichiaravano a pochi mesi dalla catastrofe le istituzioni, il tessuto sociale aquilano fondato sul nucleo familiare sembrava totalmente spezzato.

I cittadini sono ancora sotto shock, traumatizzati, incapaci di riprendersi la città, i legami familiari spezzati dalla scossa delle 3.32 di quella notte di aprile, trecento nove vittime , milleseicento feriti su una popolazione di 35.000 abitanti, ma quella notte qualcuno rideva, già sapeva del modello emergenza che si andava ad attuare, non lo sapevano gli abitanti però, per i quali non era stato previsto nessun piano di emergenza o evacuazione.

 

 

Libya: with Serraj or Haftar?

Middle East - Africa di

Several influences composed the current Libyan context. The war against Daesh and the possible international military operation on the ground, under Italy leadership as attested by the US Secretary of State John Kerry and the US Chairman of the Joint Chiefs of Staff Joseph Dunford, are two geopolitical variables that could intersect in the near future.

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“We have no links with Mr Serraj and the Presidential Council which he leads is not recognised by the parliament (in the east),” Haftar told i-Tele news channel in an interview in Libya. “Daesh does not have the capacity to face the Libyan armed forces, but the battle could take time. ” It’s what Geneal Khalifa Haftar said in an interview on May 20 and confirmed in following ones. So, Serraj’s visit in Egypt, the main Haftar’s sponsor, on May 26 could be determining to a possible coalition between GNA and Tobruk, which are fighting ISIS nearby Sirte.

So, the Libyan context is not going anywhere. Tobruk parliament has not already voted for GNA. On the other hand, on May 17 asked International Community for help Libya by engaging with the legitimate institutions in accordance with the political agreement. While, on May 8, he said that “”It doesn’t make sense that the international community supports our war against terrorism, and forbids us from arming ourselves.”

“We are ready to respond to the Libyan government’s requests for training and equipping the presidential guard and vetted forces from throughout Libya. The government of national accord has voiced its intention to submit appropriate arms embargo exemption requests to the UN Libya sanctions committee to procure necessary lethal arms and materiel to counter UN-designated terrorist groups and to combat Daesh throughout the country. We will fully support these efforts while continuing to reinforce the UN arms embargo,” UK Foreign Secretary Philip Hammond.

Just as Italian Foreign Minister Paolo Gentiloni, who supposed a military support only after “we will try to reinforce the political accord, to fight against ISIS, including General Haftar, but the full recognition is needed”. While, during the meeting in Rome with GNA Foreign Minister Mohamed Siala, discussed about migration control and “the possibility of reactivating the tools set out in the 2008 friendship pact as soon as possible,” Italian government said in a statement.
Military context
GNA and Misrata militias from the South and the West; Haftar’s troops from the East. The siege of Sirte, ISIS stronghold in Libya, is underway. A military context which is causing two consequences. The first one, Western countries special forces, already on the ground since at least two months, are supervising by both and monitoring Libyan progress and Haftar’s reliability if GNA will fail. The second one, the first ISIS internal divisions caused as reported by Libyan online magazine al Wasat.

So, the next few weeks will be crucial for Libyan destiny. The pressure of United States, United Kingdom and France on Italy for an immediate military operation on the ground will particularly depend from result of war of GNA and Tobruk troops against Islamic State: therefore, General Khalifa Haftar is not still out of running.
Giacomo Pratali

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Cina: Xinjiang, bilinguismo per ridurre tensioni etniche

Asia/BreakingNews di

L’apice della tensione etnica nella Regione autonoma dello Xinjiang, in Cina, si raggiunse nel luglio 2009, quando nella capitale Urumqi  migliaia di uiguri si scontrarono con gruppi di etnia han. Le forze di polizia, inviate a sedare gli scontri, si trovarono ben presto a fronteggiare entrambi gli schieramenti e risposero duramente. Secondo le cifre ufficiali diffuse dalle autorità cinesi le sommosse si conclusero con 197 morti e 1721 feriti. Altre fonti, vicine agli Uiguri, affermano che le vittime furono in realtà alcune centinaia. La stessa Human Rights Watch testimoniò che vi furono rastrellamenti della polizia nei giorni successivi agli scontri, con la successiva scomparsa di decine di militanti di etnia uigura.

La tensione tra Uiguri e Han va avanti da molti decenni, di fatto da quando, nel 1949, l’Esercito di Liberazione Popolare prese il controllo di quella che veniva chiamata la Seconda Repubblica del Turkestan Orientale, annettendola alla nascente Repubblica Popolare Cinese. Che si sia trattato di invasione imperialista o di annessione pacifica con il beneplacito degli abitanti è da allora tema di discussione e scontro. Di certo, il forte movimento indipendentista che dice di rappresentare il 45% della popolazione di etnia uigura e religione musulmana contro l’invadenza sociale e demografica della Cina degli Han, il gruppo principale dell’intero paese, si è sempre battuto per preservare la specificità culturale delle minoranze dello Xinjiang arrivando più volte allo scontro aperto con le autorità dello stato centrale.

Dal 2009 non si sono più ripetuti episodi di simile gravità, ma gli incidenti non sono mancati e le tensioni permangono. Gli Han, che rappresentano il 41 % della popolazione contro il 45 % degli Uiguri, lamentano discriminazioni su vari fronti, tra cui quello lavorativo. Gli Uiguri e le altre minoranze della la più grande divisione amministrativa della Repubblica Popolare continuano invece ad opporsi a quello che considerano l’imperialismo culturale cinese, il cui principale strumento viene identificato nell’imposizione della lingua mandarina come idioma ufficiale ai danni delle lingue autoctone di derivazione turcomanna.

Per allentare le tensioni e tentare di avviare un processo di pacificazione etnica, le autorità centrali hanno deciso di promuovere una campagna per la diffusione del bilinguismo in età prescolare, così da permettere alle nuove generazioni di padroneggiare sia il mandarino che la lingua indigena. Lo Xinjiang potrà dunque usare fondi del governo centrale per portare da due a tre anni il periodo di educazione prescolare bilingue previsto per le aree rurali nel quadriennio 2016-2020. Lo scopo è portare l’85% dei bambini della regione, entro il 2020, ad avere accesso a questi programmi.

Lo stanziamento previsto per il primo anno è di 154 milioni di dollari, per la costruzione di 552 asili bilingue nella regione autonoma, a partire dalle zone rurali del sud.

 

Luca Marchesini

China: Xinjiang, bilingualism to reduce ethnic tensions

Asia @en di

The peak of ethnic tension in Xinjiang Autonomous Region, China, was reached in July 2009, when in the capital of Urumqi thousands of Uyghurs clashed with Han ethnic groups. The police forces, sent to suppress clashes, were soon to face both sides and responded harshly. According to official figures released by the Chinese authorities the riots ended with 197 dead and 1721 injured. Other sources close to the Uyghurs, claimed that the victims were actually a few hundred. Human Rights Watch testified that there were police raids in the days following the clashes, with the subsequent disappearance of dozens of Uighur militants.

The tension between Uyghurs and Han has gone on for many decades, in fact since 1949, when the People’s Liberation Army took control of what was called the Second Republic of Eastern Turkestan, annexing it to the nascent Republic of China. That it was an imperialistic invasion or a peaceful annexation with the consent of the inhabitants has since then be subject of discussion and confrontation. Certainly, the strong independence movement that claims to represent 45% of the Uighur Muslim population against social and demographic invasion of the China of the Han, the main group of the whole country, has always fought to preserve the cultural specificity of Xinjiang minorities, coming several times to open conflict with the central state authorities.
Since 2009 there no other episodes of similar severity has happened, but accidents are not missed and tensions remain. The Han, which account for 41% of the region population compared to 45% of the Uyghurs, complain of discrimination on various fronts, including the workplace. Uyghurs and other minorities of the largest administrative division of the People’s Republic, continue instead to oppose what they see as China’s cultural imperialism, whose main instrument is identified in the imposition of Mandarin as the official language at the expense of the indigenous languages ​​of Turkmen origin.
To ease tensions and try to start an ethnic peace process, the central authorities have decided to promote a campaign for the dissemination of bilingualism in preschool education, as to allow the younger generations to master both Mandarin and indigenous languages. Xinjiang will thus be allowed to use central government funds to take from two to three years the period of bilingual preschool education provided to rural areas in the next four years, from 2016 to 2020. The aim is to bring 85% of children in the region, by 2020, to have access to these programs.
Funds budgeted for the first year is 154 million dollars and will be used for the construction of 552 bilingual kindergartens in the autonomous region, starting from the rural areas of the south.

 

Luca Marchesini

Convegno “Europa e Russia: quali rapporti?”. On.Maullu: “Basta sanzioni”

BreakingNews di

“Le sanzioni devono essere abolite. Non ci sono più, sempre che ci siano mai state, ragioni politiche reali per proseguire su questa strada, tanto dannosa politicamente quanto disastrosa economicamente”. Con questa dichiarazione, l’on.Stefano Maullu, organizzatore del convegno “Europa e Russia: quali rapporti?”, tenutosi a Milano sabato 21 maggio, ha sintetizzato il tenore degli interventi dei relatori intervenuti per l’occasione. Un evento in cui è stata sottolineata la necessità di una politica estera autonoma rispetto a Bruxelles e di un piano di investimenti delle PMI, con particolare riferimento al tessuto imprenditoriale lombardo, sul territorio russo.
“Io ho seguito la prima parte di Expo anche dal punto di vista dell’internazionalizzazione delle imprese – ha affermato il relatore Fabrizio Sala, Consigliere Regionale della Lombardia -. Noi lombardi e noi italiani ci siamo giocati un ruolo importante sullo scacchiere
internazionale. Vi voglio raccontare due aneddoti relativi a questo evento. Proprio prima dell’Esposizione Universale, presi dalla foga di invitare stranieri, abbiamo girato il mondo portando le eccellenze della Lombardia, soprattutto quelle imprenditoriali, con un po’ di timore perché magari conosciuti poco dalle comunità straniere. Sono stato alla NIAF, fondazione degli italoamericani negli USA, una lobby estremamente importante per la politica americana, e ho rivolto loro una domanda: ‘Perchè la maggior parte delle vostre multinazionali sceglie Milano e la Lombardia come sede europea?’. La risposta è stata: “Perchè voi possedete il miglior capitale umano in Europa”. Nello stesso viaggio vado a Montreal, in Quebec, dove persone da tutto il Canada vanno a visitare i loro resti più antichi risalenti al ‘600. Sono tornato da questi viaggi con due sentimenti: la rabbia perché non riusciamo a presentarci per quello che veramente siamo quando andiamo all’estero; entusiasmo, perché c’è un sacco di lavoro da fare visto che la maggior parte del mondo si sta sviluppando mentre noi siamo ancora in recessione”.

Su Mosca: “Siamo andati anche nella Federazione Russa e in varie regioni. Nella regione di Mosca ci siamo accorti che, dopo un anno e mezzo, la percentuale di successo delle PMI è 92%. Data l’esistenza delle sanzioni, abbiamo scritto alcuni accordi individuando alcuni settori, quelli in cui la Lombardia è più forte, e ora possiamo operare in quel contesto”.

E ancora: “In Russia, c’è tanta voglia di spirito imprenditoriale italiano e lombardo. Perchè noi siamo interessati a questo? Perché noi abbiamo questa visione: in un momento in cui l’economia interna è stagnante mentre nel resto del mondo c’è uno sviluppo in atto, accade una cosa particolare: il crollo del valore delle materie prime ha imposto, per esempio, a Mosca di tagliare il suo bilancio del 48% e ha imposto a tutti gli Stati produttori di materie prime di stimolare la produzione interna. Anche quella delle piccole e medie aziende perché consente di avere flessibilità economica anche in caso di crisi e, al contempo, è possibile aumentare il loro valore: questo genera ricchezza e permette alle nostre PMI di essere presente specialmente in quegli Stati che si stanno sviluppando. Noi abbiamo necessità di avere alleanze con Paesi come la Federazione Russia poiché questa è la porta di entrata versi tanti mondi dove noi possiamo correre come eccellenza. Se andiamo all’estero, avvertiamo subito la consapevolezza che abbiamo una materia prima eccezionale che possiamo ancora spendere per la nostra economia perché questa è l’unica strada per uscire dalla nostra crisi”.

Ubaldo Livolsi, Presidente Livolsi&Partners S.p.a, si è soffermato sulle modalità di ripresa dei rapporti tra Italia e Federazione Russa: “Stiamo vedendo com’è difficile risollevarci da un periodo di non crescita e disoccupazione. Quindi, un partner così importante come la Russia è indubbiamente importante per lo sviluppo futuro della nostra economia”.

Infatti, con le sanzioni e con il crollo del prezzo dell’energia, i russi hanno deciso di impostare una nuova strategia: la sostituzione delle importazioni. Pertanto, noi ci troviamo di fronte una nazione che sta portando avanti una politica economica basata sull’industria locale. Lo stanno facendo attraverso una politica estremamente intelligente: ‘Benissimo, se voi volete vendere i vostri prodotti, non potete più solamente esportarli e portarceli qui; dovete sviluppare delle aziende autonome o delle joint venture con delle capacità proprie di insediamento o con società a responsabilità limitata’. Questa è la politica che il governo russo sta cercando di portare avanti. Quindi, hanno stabilito un contratto di speciale di investimento, che è una formula nuova ed estremamente importante definita negli ultimi mesi”.

Non solo: “Il Ministero dell’Industria, a fronte di progetti ben precisi, sviluppa tutta una serie di autorizzazioni e agevolazioni che hanno una durata temporale definitiva in sei mesi – afferma Livolsi -. Dopodichè, l’imprenditore italiano, che deve presentare un programma preciso di come voglia insediarsi nell’economia russa, deve sviluppare, nelle zone speciali individuate, tutte forme di accordo con la regione russa dove è posta l’impresa. Questa è una forma che dà la possibilità di avere vantaggi finanziari, fiscali ed economici incredibili: quindi, dobbiamo assolutamente cercare di sviluppare questa nuova opportunità proprio per andare a catturare, in questo momento specifico, una volontà del governo russo di avere imprenditori, possibilmente italiani, che possano sviluppare attività nella Federazione Russa. Hanno individuato zone specifiche dove esistono già insediamenti di carattere internazionale. Quello che si vuole fare è cercare di portare la filiera: per questo, le PMI potrebbero essere ideali per lo sviluppo di questo tipo di economia”.

“Vorrei terminare con un messaggio: le PMI sono pronte a passare da un discorso di esportazione ad uno di insediamento di carattere industriale? Ci sono le capacità tecniche, manageriali, personali per potere fare questo salto di qualità? Abbiamo noi la capacità di aggregare nelle varie forme elencate sopra la possibilità di sviluppare quella rete che molto spesso manca a noi italiani per portare avanti e a termine queste imprese? La risposta è che se non lo facciamo è che, inevitabilmente, lo spazio verrà occupato da altri e perderemo un’opportunità più unica che rara di insediarsi, in un momento così favorevole, nel tessuto produttivo russo?”, conclude Livolsi.

Ettore Prandini, Presidente Federazione Coldiretti Lombardia, sottolineando le cospicue perdite del Made in Italy rilancia l’idea di una ”valorizzazione dei nostri prodotti che parta da una collaborazione a 360 gradi anche con il mercato italiano”.

Mentre Tommaso Cancellara, Direttore Generale Assocalzaturifici, analizza i dati relativi al suo settore: “Il settore calzaturiero italiano è uno dei pilastri del sistema moda italiano. Due parole sul contesto. L’Italia è di gran lungo il maggior produttore al mondo di medio-alto livello. In risposta al dottor Livolsi sull’organizzarsi strutturalmente, managerialmente e artigianalmente per sfruttare effettivamente l’opportunità del mercato russo di sostituzione dell’import con la produzione locale, io direi di no perché questo tipo di Made in Italy lo si può fare solo in Italia, non lo si può esportare. Noi non possiamo prendere degli artigiani e spostarli letteralmente in Russia: non sono dei processi o dei macchinari, ma persone che con il martello creano le migliori calzature al mondo”.

I dati della crisi dell’export con la Russia: “Un paio di numeri. Il 34% delle perdite citate dall’on.Maullu sono purtroppo solo i dati dell’ultimo anno. In realtà, in due anni, abbiamo perso il 44,3%: da 10,5 milioni di paia, oggi ne esportiamo 5,9. Un crollo verticale, un dramma sulla pelle delle nostre aziende. In un anno e mezzo hanno chiuso, nel solo settore calzaturiero, almeno 100 aziende direttamente legate al fattore Russia. Stiamo parlando di 1500 dipendenti rimasti a casa per un regime di sanzioni allucinante e assurdo che noi combattiamo. Siamo felici che il deputato Maullu stia portando avanti questo tipo di iniziativa e speriamo che tutto il Parlamento Europeo si accorga che le difficoltà dei Paesi produttori, come Italia, Spagna e Portogallo stanno affrontando in primis”, conclude.

Aereo Egypt Air: Probabile esplosione a bordo

BreakingNews/EUROPA di

oggi 24 maggio, a distanza di 5 giorni dalla tragedia aerea del volo M804 dell’Egypt Air sulla tratta Parigi – Il Cairo, si inizia a fare chiarezza su cosa possa essere successo a bordo.

I risultati delle prime analisi svolte dai medici legali egiziani su “parti di corpi ritrovati in mare”, indicano una molto probabile esplosione a bordo. A detta degli esperti forensi il fatto che non siano stati ritrovati corpi interi ma solo “brandelli sparsi” sarebbe un motivo ulteriore per avvalorare la tesi dell’esplosione all’interno del velivolo. A darne notizia verso le 12 è l’Associated Press, ripresa da NBC News.

Intanto non  appena battuta la  notizia,  immediatamenteun membro della Commissione d’Inchiesta francese   –  Gerardo Feldzer – smentisce la notizia dopo esser stato interpellato dal celebre sito francese BFM TV e dichiara che “ è imprudente parlare di esplosione avendo ritrovato solo parti bruciate  dei corpi. Potrebbe anche trattarsi di un incendio. Secondo me si può parlare di esplosione solo nel caso in cui vengano ritrovate tracce di polvere da sparo sui frammenti a disposizione”.

Si riapre ufficialmente la pista dell’attentato terroristico? Le ultime dichiarazioni di entrambi i governi si dicono “ aperti a tutte le ipotesi”. Intanto proseguono incessanti le ricerche delle scatole nere dell’aereo, che se dovessero confermare la tesi dell’ordigno esplosivo deflagrato in volo, le autorità aeroportuali di Parigi Charles De Gaulle dovrebbero dare delle spiegazioni a questa negligenza così grave, specialmente in un momento storico in cui la Francia ha innalzato i propri livelli di sicurezza al massimo, dopo gli attentati di Charlie Hebdo, del 13 Novembre e del 22 Marzo a Bruxelles.

da Parigi Laura Laportella

 

 

 

 

EgyptAir: primi frammenti trovati, la ricerca della scatola nera, l’ipotesi dell’incidente

Varie di

La coltre nuvolosa sul caso Egyptair pare ancora lontana dal diradarsi. La marina francese insieme a quella egiziana è impegnata in questa task force per ritrovare con “massima priorità corpi e la scatola nera” dell’airbus caduto nel Mediterraneo il 19 maggio durante la tratta Parigi-Il Cairo.
Per ora sarebbero stati ritrovati solo alcuni frammenti metallici della carlinga, uno zaino da bambino indumenti facenti parte dei bagli da stiva, qualche rivestimento dei sedili e un giubbotto salva gente. A distanza di tre giorni, ancora non ci sono ancora certezze su quanto accaduto quella notte.

I quotidiani francesi da Le Monde a Liberation riportano le espressioni caute di entrambi i governi coinvolti, dopo che anche il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sissi in un discorso tenuto in televisione proprio durante la mattinata di oggi 22 maggio, ha ripreso a considerare qualsiasi ipotesi aperta.

Sui media francesi si ascoltano molti esperti di aviazione che illustrano le più variegate ipotesi di guasto che possano essersi verificate in maniera così repentina. I segnalatori di fumo sarebbero stati attivati poco prima dello schianto per una dei fumi in gran quantità provenienti dalla toilette anteriore, chi ne sa qualcosa in più dice che potrebbe essere anche una depressurizzazione della cabina ad aver creato questo tipo di fenomeno. In generale l’opinione pubblica è piuttosto vaga nell’esprimersi sull’accaduto e la domanda principale è: possibile che con la tecnologia di cui disponiamo al giorno d’oggi non siamo ancora riusciti a sapere cosa sia successo?

La pista del terrorismo –  intesa come atto mosso da organizzazioni come l’ISIS o Al Qaeda – è sempre meno presa in considerazione per il fatto che nel corso della giornata di sabato sono usciti dei comunicati ufficiali ( almeno da parte dello Stato Islamico) in cui non ci sarebbe nessun tipo di menzione rigurdante l’aereo EgyptAir. La questione in Francia sta iniziando a passare quasi “in secondo piano”, complice l’assenza di notizie determinanti e il fatto che la stampa d’oltralpe ben poco si presta  a dare seguito a tesi “complottiste” non verificate.

da Parigi Laura Laportella

Aereo Egypt Air: cosa sappiamo e quali sono le forze politiche in gioco

Varie di

Il caso dell’airbus A320 della EgyptAir scomparso dai radar alle 02.15 del 19 maggio sembra destinato a diventare un nuovo mistero internazionale. Innanzitutto l’elemento che salta di più all’occhio è che a più di 36 ore dal tragico incidente ancora non se ne conoscano con precisione le dinamiche. Altro punto “oscuro” l’ufficializzazione del ritrovo di parti del velivolo nel tratto di mare sotto l’Isola di Creta ( ma più a sud di dove si pensava inizialmente)  solo a 24 ore dalla disgrazia, la collaborazione non solo dei paesi coinvolti direttamente come Francia, Grecia ed  Egitto, ma anche di Russia e USA. A loro modo i due “giganti” hanno offerto aiuto nelle ricerche. La Russia a livello di informazioni di intelligence – come abbiamo visto nel precedente articolo  – e gli Stati Uniti mettendo a disposizione mezzi.

Lungi dal voler prestare troppa fede alle tesi complottiste, in questo caso ci limitiamo solo ad osservare i fatti. Molti sono gli elementi che, a quanto pare, non “quadrano” del tutto, ma intanto i punti fermi al momento sembrano essere tre: innanzitutto che il pilota non ha accennato nemmeno al più lieve dei problemi nel corso della sua ultima comunicazione con la torre di controllo greca. Un altro punto fondamentale: è stato confermato che si è trattato di uno schianto e non di un’esplosione; terzo elemento, ma per questo non meno importante, è il luogo del ritrovamento che ormai è accertato trovarsi nel braccio di mare tra la Grecia meridionale e l’Egitto.

 

Tutto il resto, o almeno molto di esso, fa parte del grande gioco delle ipotesi. Se i media francesi sono estremamente cauti nel riportare qualsiasi tipo di informazione, che deve avere una fonte ufficiale, nel resto del mondo iniziano a sortire notizie dal sentore mitologico. Ad esempio alcuni quotidiani italiani  parlano di una fantomatica  hostess che avrebbe “predetto” l’incidente; altri che più semplicemente calcano la mano sulla teoria  – né scartata, né privilegiata secondo Hollande – dell’attentato terroristico.  

 

Il traffico marittimo ed aereo nella zona dell’impatto tra il velivolo e l’acqua in queste ore è denso, così come lo sarebbe la macchia di petrolio rilevata in loco, come riportato dai media d’oltralpe. Tutti vogliono aiutare a fare chiarezza sull’accaduto, tuttavia questa chiarezza sembra – per la tecnologia a disposizione al giorno d’oggi – troppo lenta ad emergere. Si può solo sperare che non arrivi ad assomigliare troppo al “cold case” italiano di Ustica.

 

da Parigi Laura Laportella

 

A military operation to cleanse the borderline between Iraq, Syria and Jordan

On May 19, the security committee member in Anbar Province, Bahr Barakat al-Eissawi has announced that the borderline between Iraq, Syria and Jordan west of Ramadi (110 km west of Baghdad) will be opened again: “The joint forces began, at noon today, a large-scale military operation to cleanse the borderline between Iraq, Syria and Jordan that extends from Rutba District and Trebil crossing point to al-Waleed crossing point west of Anbar. Trebil crossing point will be opened after completing the military operations against the terrorist cells and securing the international highway from Rutba District to Ramadi.” In this way, the most important trade passage between Iraq and Jordan could return to run within a few weeks.

Aereo Egypt Air: la Francia apre una Commissione di Inchiesta, le ipotesi di Russia ed Egitto

BreakingNews/EUROPA di

Sulla causa della tragedia del volo Egypt Air, precipitato nel Mediterraneo tra la Grecia e l’Egitto nelle prime ore della notte del 19 maggio 2016, le Istituzioni francesi si sono dimostrate molto caute nell’attribuzione di responsabilità di questa sciagura che ha visto coinvolti anche 15 cittadini francesi.

L’aviazione greca avrebbe ritrovato i resti del velivolo al largo delle coste dell’isola di Creta e nelle prossime ore dovrebbero giungervi i primi mezzi atti ad effettuare il recupero di ciò che resta del volo MS804. A quel punto si saprà davvero qualcosa in più. Le notizie che sono state diffuse parlano di un ultimo contatto con il pilota proprio mentre sorvolava la Grecia intorno alle 00.05 (ora locale) privo di qualsiasi anomalia. Le fonti egiziane sostengono che l’aereo fosse già entrato nella propria area di volo  ma che poi il velivolo abbia effettuato una brusca virata di circa 90 gradi, per poi precipitare nell’Egeo.

Gli interrogativi sono molteplici. Sia il primo ministro Valls che il presidente francese Hollande si dicono aperti a non scartare nessun tipo di ipotesi, relegando quella di un ipotetico attacco terroristico ad una delle molteplici di esse. Meno cauto è il Governo egiziano che, al contrario  –  secondo le fonti di stampa francese – darebbe come preminente proprio l’ipotesi di un attentato ai loro danni. Il quotidiano Le Parisien inoltre riporta la fonte di un esponente dei servizi segreti della Russia il quale indicherebbe esplicitamente la matrice terroristica come causa della tragedia aerea.

L’idea dell’attentato viene esclusa anche dal noto specialista di comunicazione jiahadista , David Thomson, che su Twitter ha comunicato di non aver trovato nessun tipo di rivendicazione ufficiale dell’accaduto da parte dello Stato Islamico dell’ISIS.

Nel frattempo per evitare qualsiasi tipo di indugio, la Francia ha aperto una commissione di inchiesta che lavorerà al caso, considerando anche le opzioni di guasto tecnico, di incidente o di intenzioni suicidiarie da parte del pilota del volo Egypt Air, così come avvenuto per i casi della Germanwings e della Malaysia Airlines lo scorso anno.

da Parigi Laura Laportella

 

Laura Laportella
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