GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Dicembre 2014 - page 2

Disgelo Usa – Cuba, cade l’ultimo muro della guerra fredda

AMERICHE di

Un annuncio epocale che spezza decenni di embargo verso l’isola dei caraibi durato ancora dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda.

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Uno degli sviluppi attesi è l’incremento del flusso turistico dagli USA verso le coste cubane con un incremento deciso  dei volumi che fino ad oggi si sono attestati intorno ai due milioni di presenze all’anno.

L’annuncio di Barack Obama non prevede specificatamente la liberalizzazione dei viaggi turistici ma avendo citato tra i capitoli interessati le autorizzazioni per familiari, ricercatori, giornalisti, attori, progetti umanitari, sportivi ci si aspetta sicuramente un via libera anche per i vacanzieri.

Resta comunque difficile fare impresa a Cuba che soffre ancora di una lentezza burocratica importante e un pacchetto di regolamenti insidiosi che fanno desistere gli investitori stranieri.

Qualcosa comunque cambia e lo si può vedere dagli ultimi provvedimenti del governo cubano tra cui La Ley de inversion extranjera, che  offre benefici fiscali agli investitori esteri e riduce gli ostacoli all’importazione di macchinari per l’industria.

 

Alessandro Conte

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Rischio e cambiamento climatico

Difesa di

Il cambiamento climatico è ormai diventato un argomento molto diffuso, grazie anche ai dibattiti accademici e scientifici che stanno coinvolgendo la società. Innanzitutto, conviene specificarlo, i cambiamenti climatici non sono una novità: quello che spaventa scienziati e politici è la proporzione che questi hanno assunto negli ultimi decenni. Alcuni studi affermano che negli ultimi 30 anni la temperatura è cresciuta ad un ritmo maggiore di quanto non si sia verificato negli ultimi 1400 anni. I ricercatori sono d’accordo nel definire il clima come un acceleratore di instabilità ed un catalizzatore di effetti o, meglio ancora, un ingrediente in grado di esacerbare tensioni ed aumentare il rischio di conflitti. Agendo direttamente sui bisogni fondamentali esso è in grado di stressare società, economie, infrastrutture.

Possiamo dividere i rischi partendo da una prima importante categorizzazione. I rischi diretti, quelli cioè derivanti da fenomeni naturali sempre più frequenti come tempeste, precipitazioni consistenti ecc, che hanno un impatto diretto ed immediato sull’ambiente e sulle società; i rischi indiretti, in grado di causare effetti di natura collaterale anche molto gravi, la cui pericolosità deriva da un’osservazione fondamentale: più le nostre vite e le nostre abitudini sono dipendenti dalla tecnologia, dalle infrastrutture, da servizi di diverso genere per soddisfare i nostri più svariati bisogni, più cresce la preoccupazione che questo genere di eventi sia in grado di minacciare la nostra sicurezza, la qualità della nostra vita.

L’interconnessione dei commerci, della finanza, del trasporto di merci, persone, informazioni è senza dubbio l’elemento caratterizzante questo secolo e nel prossimo futuro lo sarà in maniera sempre più diffusa e pervasiva. Di conseguenza possiamo affermare che eventi climatici naturali locali o regionali, sono in grado di avere effetti importanti su larga scala. Il punto su cui dovrebbero convergere le politiche e gli sforzi del settore pubblico e privato è uno e molto importante: bisogna che si decida quanta percentuale di rischio siamo disposti a considerare. Tenendo presente che inevitabilmente fenomeni climatici straordinari impatteranno in maniera seria su economie e società e considerando l’assenza di una zero risk policy bisogna agire in maniera differente nel breve, medio e lungo periodo, approntando le necessarie misure e precauzioni sulla base delle previsioni e soprattutto sul modello di vita che prospettiamo per le generazioni future. Questo genere di decisioni non possono essere più rimandate ad una data da destinarsi.

La conclusione più saggia è sicuramente quella che conduce ad un rafforzamento della cooperazione internazionale. Ci sono fenomeni che sicuramente non possono essere fermati, altri che possono essere misurati e quindi in parte affrontati con appropriate misure di sostenibilità ambientale, economica, sociale. Quello che prospettano le ricerche e le proiezioni degli analisti è un aumento dell’instabilità a livello nazionale ed internazionale, che va però sommata ai cambiamenti sociali ed economici e che rischia di mettere in pericolo (o quanto meno causare ulteriori tensioni e stress) le comunità che ne saranno interessate direttamente ed indirettamente. Un esempio fra tutti le migrazioni forzate a causa di carestie e siccità. In un mondo così interconnesso, in cui regioni distanti sono influenzate da cambiamenti di natura politica, disastri ambientali, politiche di tipo conservativo non sono assolutamente la strada corretta da intraprendere. Eppure gli esperti ritengono che siamo ancora in tempo per intraprendere misure in grado di ridare col tempo un assetto più equilibrato all’ecosistema.

Alcuni studi suggeriscono che anche nel caso di misure aggressive per fermare l’inquinamento, il nostro pianeta necessiterebbe decine e decine di anni per ritornare ad un proprio stato d’equilibrio: uno scenario sicuramente non rassicurante. Nel suo studio Degrees of risk – defining a risk management frameworkfor climate security Mabey afferma che alcune politiche di riequilibrio dovrebbero andare di pari passo con l’aumento della temperatura globale, precisando che gli scenari di mitigazione divergono fortemente sulla base dei diversi livelli di emissioni e che, date delle politiche di riduzione e contenimento delle emissioni che siano generalmente condivise ed adottate, le applicazioni devono divergere ed essere tarate sulla base delle necessità e possibilità dei singoli Paesi. C’è poi un collegamento interessante tra i dati di questi studi e l’elemento governance. A causa degli impatti che il clima avrà sulle società (l’innalzamento della temperatura ad esempio sarà in grado di far sentire i suoi effetti sull’agricoltura, sulla vivibilità di centri urbani ecc), il modo in cui i governi decideranno di intraprendere politiche responsabili sarà in parte in grado di determinare il loro grado di sopravvivenza, competizione o fallimento. La differenza tra politiche di mitigazione che avranno impatti positivi o negativi sulla società avrà il suo peso laddove i governi siano caratterizzati da deboli istituzioni. Sebbene il richiamo di Mabey di restare sotto la soglia dell’aumento di 2°C sia stato già superato, lo studioso propone tre differenti approcci al problema: obiettivi di mitigazione per un aumento di 2°C ( siamo in presenza in questo caso di un aumento gestibile) e politiche di resilienza sviluppate a partire da quadri nazionali indipendenti, egli considera la possibilità di un aumento ulteriore tra i 2°C ed i 4°C suggerendo di adottare strategie internazionali di gestione delle risorse e coordinare interventi umanitari. Il terzo e più estremo degli scenari (un innalzamento che arriva ai 7°C) non lascerebbe altro spazio se non quello di preparare piani di emergenza che siano in grado di far fronte a dei veri e propri disastri. E’ chiaro che queste sono previsioni basate su trend storici e calcoli di proiezione, ma quanto detto riguardo la teoria della mitigazione del rischio fornisce un utile spunto e strumento che può servire l’investigazione di quelle politiche che saranno sempre più comuni nel prossimo futuro e diverranno sicuramente un punto importante di discussione e frizione tra gli stati.

Crocodile, la droga di strada russa alle porte dell’Europa

EUROPA di

In Europa la chiamano la droga “degli zombie”. In Russia è conosciuta come “droga di strada”. E’ il Krokodil o Crocodile, sostanza sintetica, di origine russa che deve il  nome alle brutali devastazioni che riesce a provocare sul corpo di chi la assume. Marina Akmedova, giornalista e scrittrice di Mosca, ne ha documentato gli effetti nel 2012 quando decise di trascorrere quattro giorni in compagnia di alcuni consumatori nella città di Ekaterinburg, Russia centrale. Le autorità russe, 74 ore dopo la pubblicazione del reportage, ne imposero la rimozione, adducendo al fatto che nell’articolo veniva descritta la sua fabbricazione apparentemente facile e casalinga.

Poi, una legge successiva decise di bloccare la vendita nelle farmacie dei medicinali contenenti codeina, il principale componente, fino a quel momento richiedibili senza ricetta. Quel reportage aveva tutt’altro obiettivo, quello di testimoniare gli effetti del crocodile e raccontarne la diffusione, sempre più ampia e sempre più devastante. Ora quel reportage è diventato un libro, uscito recentemente in Italia con il titolo di “Crocodile”, mentre la diffusione della droga continua  imperterrita a mietere vittime. Sono cinque milioni i consumatori nella sola Russia, altri se ne stanno aggiungendo.

Dalla città russa di Tolyatti, porta di ingresso in Europa dell’eroina proveniente dall’Afghanistan, ora epicentro della diffusione del crocodile, alcune partite hanno già raggiunto la Germania e qualche mese fa anche l’Italia, dove una prima partita è stata sequestrata nel centro di Padova in un ristorante di lusso: mezzo chilo di sostanza mischiato con barbiturici. L’allerta per questo resta alta.  A consumarla  in Russia sono spesso malati di Aids o terminali. Oppure persone indigenti, con tanta voglia di dimenticare a costi accessibili. Il crocodile ha effetti molto più forti dell’eroina ma costa dieci volte di meno. In Russia è possibile acquistare un grammo spendendo due o tre euro.

L’eroina è molto, molto più costosa. Il crocodile agisce sul sistema nervoso. Il dolore passa, tutto diventa più grande e bello, almeno fino a quando l’assunzione non provoca effetti travolgenti e devastanti. Le impurità contenute nelle sostanze che servono a produrla come benzina, olio, detersivo industriale, iodio, devastano il corpo. La pelle diventa squamosa, il tessuto osseo si indebolisce fino a deteriorarsi al punto che in alcuni casi è stato resto necessaria l’amputazione degli arti colpiti dal degrado. L’aspettativa di vita di un consumatore abituale non è superiore ai 3 anni.

Creare il crocodile è sufficientemente semplice. La droga  è ricavata dalla reazione chimica della codeina, potente analgesico venduto puro o come componente all’interno di medicinali venduti per curare semplici mal di testa. La sintesi della codeina provocata tramite l’utilizzo di iodio e fosforo rosso, produce desomorfina, sostanza oppiacea inventata nel 1932 negli Stati Uniti come derivato dalla morfina. Fino al 2012 per chiunque era facile procurare tutti gli ingredienti, “cucinati” in casa, utilizzando eventualmente anche detersivo industriale, benzina, olio, e poi iniettati in vena. La dipendenza sorprende già dopo un paio di iniezioni e sfuggirne, in un percorso di riabilitazione, è drammaticamente difficile.

Fuoco contro giovani studenti, giornata di sangue in Pakistan

Asia di

I talebani del Tehrek- e- Taliban Pakistan TTP hanno attaccato una scuola gestita dall’esercito uccidendo più di 100 bambini

É durato nove ore l’attacco alla scuola pubblica, un commando di sette uomini armati pesantemente sono entrati nella scuola all’apertura e hanno cominciato ad uccidere chiunque incontrassero. Hanno fatto esplodere esplosivi con I quali hanno mietuto ancora vittime 145 civili di cui più di 100 bambini.

Il gesto è stato rivendicato dal TTP come vendetta nei confronti degli attacchi che l’esercito ha sferrato nei territori tribali per debellare il gruppo terroristico. Unanime la condanna dalla comunità internazionale.

 

Alessandro Conte

Putin – Erdogan: il ruggito delle vecchie potenze

Energia/EUROPA di

Con l’accordo sul gasdotto Blue Stream, Putin formalizza il protagonismo della Turchia di Recep Tayyip Erdogan nella ribalta internazionale.

Avevamo detto South Stream? Abbiamo scherzato: Blue Stream è la risposta esatta! Putin mischia le carte, fa l’occhiolino a Erdogan e assieme calano la carta del gasdotto, l’altro. Con il rublo in caduta libera, mai peggio di così dal lontano 1998, e all’indomani dell’attuazione delle sanzioni inflitte dall’UE a Mosca per la questione Ucraina, i due leader formalizzano l’accordo nell’ultimo vertice tenuto ad Ankara. Formalmente, additando la malagestione degli appalti decisi dalla Bulgaria come motivo del blocco dei lavori, ma sostanzialmente perché il conflitto tra Russia e UE è entrato nella sua fase acuta. Mosca deve attuare contromisure rapide e decisive per controllare la situazione ed evitare il peggio.

Nell’area si ragiona in funzione di un nuovo gasdotto che si concluderebbe nel confine greco-turco, presenziando dunque il mercato europeo. Dalla televisione all news russa in lingua inglese, RT, apprendiamo che il volume del nuovo gasdotto sarà pari a 63 miliardi di metri cubi, dei quali 14 serviranno a soddisfare il mercato interno turco. Nel frattempo riceverà tre miliardi di metri cubi aggiuntivi, via Blue Stream, gasdotto con portata da 16 miliardi di metri cubi che corre sul fondale del Mar Nero, collegando la Russia meridionale alle coste settentrionali turche e controllato da Gazprom e Eni.

E’ in questa ulteriore prospettiva, quella della guerra del gas, dei giacimenti di oro blu nella zona del Mediterraneo orientale che Erdogan cerca di imporre il suo gioco, sotto le mentite spoglie dell’arbitro. Quella del numero uno turco non è una politica estera doppiogiochista con effetto sorpresa. E’ la nuova real politik condotta dal ministro degli esteri Ahmet Davutoglu riassunto nel motto Policy of Zero Problems with Our Neighbours. In tale scenario vanno inseriti tutti gli investimenti economici nell’intera area dei Balcani dai primi anni 2000. La Turchia esercita un’ influenza determinata e determinante nel panorama economico e culturale dei paesi balcanici. Bosnia, Albania e Kossovo, Serbia e Macedonia, vedono tra i principali attori delle proprie economie e commerci la Turchia. Fondi per la costruzione di atenei universitari e scuole sono stati destinati a questi paesi dal governo di Ankara. Facile accendere la tv a Tirana e trovarvi infinite puntate di soap opera turche che si susseguono nelle programmazioni. Esercitare la propria influenza tramite il metodo del soft power è quello che sta facendo la Turchia nei Balcani e nel Mediterraneo orientale.

L’accordo con Putin è solo un aspetto di questa rete di interessi dalla quale il leader turco vuole elevarsi a protagonista. L’altro occhio osserva da vicino lo sviluppo del corridoio paneuropeo numero 10, quello che dovrebbe collegare Istanbul-Sofia-Igumenitsa-Budapest-Monaco di Baviera. Affari nel cuore dell’Europa.

Nel frattempo, la discussione verte  sulla posiziona turca nella guerra a ISIS, i tentennamenti di Erdogan e il suo disincanto alla corsa verso l’accettazione occidentale del paese dell’Asia Minore. Che non riconosca il governo di Strasburgo lo sanno i suoi e il mondo intero, molto bene. Nonostante, a differenza di Putin, Erdogan deve spesso fare i conti con una opposizione interna strutturata, il suo carisma, le uscite decisive e quelle non  poco bislacche su diritti civili e storia moderna ( Le Americhe scoperte dai musulmani!), tutto questo fa da sponda al protagonismo del turco nei nuovi intrecci geopolitici, nella corsa alla riscoperta delle antiche aree di “naturale” influenza, nello scacchiere delle frontiere mobili.

Ucraina: il cessate il fuoco e l’illusione della pace nel teatro di scontro del diritto internazionale

EUROPA di

Il 14 dicembre Poroshenko ha affermato che per la prima volta non ci sono stati scontri nel Paese. Nel frattempo, Putin cerca di stabilire nuove partnership economiche con India e Cina. La Nato è sempre più irritata dall’atteggiamento della Russia in contrasto con gli accordi di Minsk

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“Oggi è la prima giornata, dopo sette mesi, in cui non abbiamo avuto scontri e uccisioni in Ucraina. Possiamo dire che è il primo vero giorno di cessate il fuoco”. Queste le parole del Presidente dell’Ucraina Poroshenko pronunciate il 14 dicembre. Parole che fanno presagire ad un allentamento delle tensioni tra Kiev e Mosca. Parole, appunto. Ma i fatti di dicembre che le precedono sembrano dire tutt’altro.

Se il 9 dicembre, Kiev ha cominciato a ricevere le prime forniture di gas, in rispetto degli accordi del 30 ottobre scorso tra Ucraina, Russia e Unione Europea, due giorni più tardi ha fatto discutere l’incontro tra Putin e il presidente indiano Modi. Il vertice, a cui non a caso ha partecipato il leader della Crimea Aksionov, ha visto l’accordo di cooperazione per la costruzione di dieci reattori nucleari di ultima generazione. Una mossa, quella del Capo del Cremlino, che ha il sapore dello smarcamento rispetto alle sempre più esose sanzioni economiche decise da Bruxelles e Washington, soprattutto se guardiamo al precedente accordo, raggiunto con la Cina, per la fornitura trentennale di gas.

Le dichiarazioni di Poroshenko e l’atteggiamento di Putin, però, ci dicono che lo scontro in seno all’est ucraino si gioca sempre di più nel teatro del diritto internazionale. In questo senso, il comunicato rilasciato dalla Commissione sull’Ucraina della Nato il 2 dicembre non usa mezzi giri di parole e accusa Mosca di non avere cessato “il rifornimento di armi ai separatisti filorussi e di avere proseguito le attività militari in violazione degli accordi raggiunti a Minsk lo scorso settembre”.

Proseguendo, la nota fa riferimento ai punti essenziali per il raggiungimento della pace decisi a Minsk: “Il ritiro delle truppe dal territorio ucraino; provvedere all’effettivo monitoraggio dei confini e della sovranità ucraina; favorire una soluzione politica e diplomatica dei negoziati”. Non solo. Il segretario generale Nato Stoltenberg ha annunciato di avere riattivato quattro fondi per aiutare Kiev ad aggiornare a propria logistica, la cybersicurezza, il comando e controllo e i servizi medici.

Un aiuto, quello della Nato, che, se visto dalla prospettiva russa, assomiglia ad un abbraccio mortale, ad un tentativo di Washington di isolare ancora di più Mosca: “Tutti i passi della Nato – afferma Morozov, a capo della Commissione Esteri del parlamento russo -, che già quest’anno vuole coinvolgere l’Ucraina nella serie interminabile di esercitazioni delle truppe nel momento in cui nel paese è in corso una guerra civile, dimostrano soltanto una cosa: la Nato continua la sua politica aggressiva nei confronti dell’Est. Per alimentare la sua strategia di espansione, fa delle dichiarazioni provocatorie accusando la Russia di intenzioni aggressive”, conclude il deputato.

Giacomo Pratali

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Rivoluzione DAO News, un nuovo modello di business per editori e autori digitali

INNOVAZIONE di

Cambiano i modelli di business nell’editoria contemporanea che si rivolge al web sempre più spesso.

Sono infatti moltissime le nuove testate giornalistiche, i blog e i magazine che si rivolgono ai nuovi media come canale di comunicazione. Blog, podcast web tv sono ormai una realtà affermata che permette a tanti autori di mettersi alla prova e a volte di raggiungere un successo inaspettato.

Spesso però manca una capacità di fare network tra i tanti autori e gli editori grandi o piccoli che siano ed è a questo problema che DAO News vuole dare una risposta.

“La nostra storia comincia quasi cinque anni fa – raccontano sul loro sito i ragazzi di DAO Square –  quando DaoNews prende forma da un’idea: riunire i professionisti dell’informazione online in un progetto comune, ben strutturato e che permettesse ai suoi protagonisti – giornalisti 2.0, blogger, copywriter – di guadagnare attraverso la propria vocazione per la scrittura, rendendo al contempo un servizio di qualità al pubblico del web. “

Questa piattaforma risponde alle esigenze degli editori di avere un serbatoio di notizia a cui attingere per il proprio lavoro ma ancora più importante di remunerare gli autori che si iscrivono per i pezzi che scrivono sulla base della qualità del loro lavoro.

Allora DaoNews era un network di blog tematici che si affacciava sul web con un’ambizione importante: consolidarsi, crescere e diventare un punto di riferimento per l’informazione di qualità.

Non solo, la piattaforma mette a disposizione una area di community dove si realizza una vera e propria piazza dedicata agli operatori della comunicazione dove si incontrano professionisti e aspiranti del settore

Agli editori e ai brand, le aziende che usano contenuti per i propri siti, DAO propone anche una piattaforma editoriale ottimizzata per le azioni di web & social marketing fondamentali per la promozione del proprio sito.

“Con la nostra piattaforma è possibile creare in poche mosse un magazine online e mobile, un blog e perfino un social network dedicato, e popolare questi canali con articoli e contenuti multitematici, originali e di qualità, studiati e scritti “su misura” da blogger, giornalisti e copywriter”

Una rivoluzione del settore giornalistico e dei nuovi modelli di marketing on line che riserva ancora molte sorprese.

 

Alessandro Conte

 

EA Report – Il rischio ISIS

POLITICA/Report/Video di

European Affairs intervista Gianluca Ansalone sui possibili rischi di espansione del conflitto in atto in medio oriente, le fonti di finanziamento del califfato e il coinvolgimento dell’Iran nella crisi.

La Siria è il terreno dove si giocano le carte di questo nuovo terrorismo, evoluto, strutturato e territorializzato che sembra essere anche in conflitto con le altre organizzazioni terroristiche come Al Qaeda e Boko Haram che proprio in questi giorni hanno intensificato i loro attacchi quasi cercando di rivendicare uno share mediatico ormai in calo.

Lo stesso modello di reclutamento è cambiato passando dalle Madras alla rete con l’obiettivo di raggiungere combattendo sempre più giovani.

 

Alessandro Conte

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=q6qNb2fXT-U[/youtube]

Terra di nessuno, il terrorismo internazionale nell’Italia del dopoguerra

Video di

[youtube]http://youtu.be/I3jKZogMUgM[/youtube]

L’Italia del dopoguerra è stata il confine di un conflitto mai dichiarato formalmente ma che ha mietuto vittime innocenti.

Furono gli antesignani di Al-qaeda e dei tagliagole dell’ISIS, lottavano per una causa e scelsero l’Italia come campo di battaglia.

Non solo gruppi islamici e irredentisti di ogni sorta, ma anche servizi segreti che si sfidavano usando la politica italiana come una sorta di laboratorio o fronte trincerato dove ogni colpo era valido.

Iraniani, giordani, siriani, palestinesi, libanesi, iracheni, armeni, libici e cellule dormienti, organizzazioni terroristiche del vicino oriente che lasciarono sul terreno 36 morti e oltre 200 feriti e che dichiararono guerra al nostro Paese diventato, di fatto, “Terra di nessuno”.

Allora ecco la testimonianza del giudice Ferdinando Imposimato che ha confermato quante volte si è imbattuto in ingerenze esterne nelle sue indagini sui misteri più importanti del nostro paese, da Moro all’attentato a Giovanni Paolo II.

Salvatore Lordi nel suo libro ha raccontato con dovizia di particolari molti di questi momenti che sono stati eventi importanti della sua carriera giornalistica.

 

Alessandro Conte

Yemen, il giornalista Somers ucciso durante le operazioni di liberazione

Medio oriente – Africa di

Il reporter americano, tenuto in ostaggio da al Qaeda dal settembre 2013, è morto assieme a circa dieci membri dell’organizzazione terroristica nel corso del tentativo di liberazione portato avanti da un drone Usa

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È fallito il tentativo di salvataggio di Luke Somers, reporter americano rapito da al Qaeda in Yemen nel settembre 2013. Il giornalista non è riuscito a salvarsi dal raid statunitense, che ha comunque visto uccisi circa 10 componenti dell’organizzazione terroristica di istanza nella provincia di Shabwa. La sorella Lucy ha dichiarato di avere appreso la notizia dagli agenti dell’Fbi.

Somers, 33 anni, ha lavorato come reporter presso alcuni organi di informazione yemeniti, ma il suo materiale ha avuto diffusione presso media internazionali come la Bbc. Non più tardi di giovedì 4 dicembre l’Aqap, il ramo saudita di al Qaeda, aveva diffuso un video appello in cui il giornalista chiedeva aiuto per la sua vita in pericolo.

Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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