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Libia: tra il possibile accordo e l’emergenza migratoria senza fine

EUROPA/Medio oriente – Africa di

Come concordato in Svizzera, le parti cercheranno una soluzione politica di unità nazionale entro settembre. Giallo sulle dimissione del premier al Thinni. Continua l’emergenza migratoria: per Oim, il Canale di Sicilia è la rotta migratoria più pericolosa nel Mediterraneo.

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Riavvicinamento a Ginevra tra le diverse fazioni libiche, compreso il governo di Tripoli. Nella due giorni presieduta dal delegato Onu Bernardino Leon, le parti in causa si sono dette concordi nel trovare una soluzione politica di unità nazionale tra la fine di agosto e gli inizi di settembre. Manca ancora l’accordo ufficiale, dunque. Ma, dopo l’accordo di luglio raggiunto in Algeria, adesso anche il Congresso Nazionale Libico potrebbe fare la sua parte. Anche se lo scoglio più grande sarà trovare un punto d’incontro tra le milizie di Misurata e le truppe del generale Haftar.

Intanto, è giallo a Tobruk. Appena due giorni fa, infatti, il premier Abdullah al Thinni aveva annunciato le proprie dimissioni ad una tv libica. Ma, poche ore dopo, un portavoce dell’esecutivo ha smentito la notizia.

Non c’è, però, più tempo da perdere nelle trattative. Oltre alla lotta interna contro il Daesh, la rotta migratoria verso le coste italiane è rovente. Oltre 2000 sono stati gli arrivi tra Sicilia e Calabria negli ultimi tre giorni. Il 10 agosto scorso, la nave Fiorillo della Guardia Costiera è riuscita a salvare almeno 400 persone. Così come oltre 150 dalla nave Fenice della Marina Militare. O i 450 migranti giunti ad Augusta. E così come molti sono stati gli arresti di scafisti da parte delle autorità italiane. Le condizioni disumane e le morti in mare sono ormai una costante.

Numero dei morti che, appunto, si aggiorna rispetto agli oltre 2000 di inizio agosto, certificati dall’Oim. Rispetto alla rotta greca, “la maggior parte dei migranti ha perso la vita nel Canale di Sicilia, lungo la rotta centrale del Mediterraneo che collega la Libia all’Italia: è proprio in questo tratto di mare che le imbarcazioni usate dai trafficanti, in pessime condizioni già al momento di partire, rischiano di naufragare”, racconta l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.

La rotta del Canale di Sicilia è “sproporzionatamente più pericolosa delle altre. Nonostante l’Italia e la Grecia siano entrambe interessate da flussi migratori molto significativi (rispettivamente circa 97.000 e 90.500), i tassi di mortalità sono molto diversi: sono stati circa 1.930 i migranti morti nel tentativo di arrivare in Italia, mentre sono stati circa 60 i migranti morti sulla rotta verso la Grecia”.

“Nonostante queste tragedie, l’OIM riconosce gli sforzi straordinari delle forze navali presenti nel Mediterraneo, che continuano a salvare vite umane ogni giorno. Il numero di decessi è diminuito in maniera significativa negli ultimi mesi e ciò è dovuto in gran parte al potenziamento dell’operazione Triton: il Mediterraneo è ora pattugliato da un maggior numero di imbarcazioni che si possono spingere fino a dove partono le richieste di soccorso”.
“Sono quasi 188.000 i migranti salvati nel Mediterraneo fino ad ora e l’OIM sostiene con forza il proseguimento di tali attività. L’Organizzazione ritiene che il numero di migranti in arrivo aumenterà nei prossimi mesi e che la soglia dei 200.000 sarà raggiunta molto presto”, conclude il comunicato di Oim.
Giacomo Pratali

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Libia: la comunità internazionale aspetta Tripoli

Settimana decisiva per la composizione del governo di unità nazionale. Il ministro degli Esteri Gentiloni e il mediatore Onu Leon sono in pressing sul premier Abusahmin. All’orizzonte si profila un possibile intervento militare sotto l’egida delle Nazioni Unite. L’Isis però diffonde un video in cui minaccia l’esecutivo di Tobruk.

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“Questo è un avvertimento ad Haftar e ai suoi compagni, gli atei che si riuniscono nel Parlamento, noi non saremo tolleranti, avremo piacere a sgozzarvi”. Queste le parole pronunciate dal jihadista Abu Yahya Al-Tunsi in un video diffuso in rete dall’Isis libico e dal titolo “Messaggio di Sirte”. Le minacce dirette al governo di Tobruk arrivano nella settimana decisiva per la formazione del governo di unità nazionale, sul quale deve sciogliere le riserve l’esecutivo di Tripoli.

Proprio non più tardi del 1° agosto, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e il mediatore Onu Bernardino Leon hanno incontrato il premier di Tripoli Nuri Abusahmin. Nell’incontro, avvenuto in Algeria, si è cercato di dare un seguito all’accordo di Shikat di due settimane fa in cui tutte le fazioni, a parte il governo sostenuto dai Fratelli Musulmani, hanno messo nero su bianco la firma per l’istituzione di un governo di unità nazionale. Nonostante le molte difficoltà nei negoziati in questi ultimi mesi, il fatto che Tripoli abbia continuato a negoziare, può far presagire che l’accordo non sia poi così distante.

C’è tuttavia urgenza da parte delle istituzioni internazionali. Un’istituzione governativa stabile, infatti, darebbe il via libera ad una possibile missione militare, ormai chiesta a gran voce dalla comunità internazionale, sotto l’egida Onu. I Paesi in campo sarebbero l’Italia, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, la Spagna e gli Stati Uniti che, secondo il quotidiano La Repubblica, fornirebbero solo l’appoggio logistico all’operazione.

Intanto, il 3 agosto un altro video è stato diffuso in rete. Il filmato documenta le torture subite da Saadi Gheddafi, secondogenito del Rais, nel carcere di Tripoli. Immagini quanto mai eloquenti e quanto mai dure che porteranno all’apertura di un’inchiesta da parte della Procura Generale di Tripoli.
Giacomo Pratali

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Libia: l’accordo è monco

Primo passo nelle trattative per la costituzione di un esecutivo di unità nazionale, dirette dal mediatore Onu Leon. Il governo di Tobruk e i rappresentanti delle altre fazioni hanno ufficializzato il proprio consenso dopo mesi di trattative. Ma manca ancora l’adesione indispensabile di Tripoli.

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Domenica 12 luglio, è stato messo nero su bianco l’accordo per il governo di unità nazionale libico. A Skhirat (Marocco) il governo di Tobruk e i rappresentanti di Zintan, Misurata e di altre fazioni hanno sottoscritto il patto già nell’aria dal 3 luglio scorso. Un passo in avanti, visto il lungo lavoro del mediatore Onu Bernardino Leon. Ma un’intesa monca, visto che manca il consenso dell’esecutivo di Tripoli.

Le reazioni, tuttavia, sono state positive. Per Leon e e per i rappresentanti di Tobruk si tratta di “un primo ed importante passo verso la pace”. Mentre il governo italiano, attraverso il ministro degli Affari Esteri Gentiloni, saluta l’accordo come “un motivo di speranza e ci incoraggia a proseguire nell’impegno negoziale. Tocca adesso a Tripoli compiere un gesto importante e responsabile, aderendo all’accordo proposto dal Rappresentante Speciale ONU Bernardino Leon, con il pieno sostegno anche dell’Italia”, conclude il titolare della Farnesina.

Intanto, sul fronte interno, Derna, città portuale della Cirenaica, è ormai stata “persa dallo Stato Islamico”, come ha ammesso un miliziano dal volto coperto in un video diffuso sul web. Mentre gli Stati Uniti stessi, consapevoli dell’impasse politico-istituzionale del Paese, hanno deciso di rompere gli indugi e, in accordo con altri Stati africani, sarebbero pronti ad impiegare droni contro le roccaforti del Daesh in Libia. Sia il presidente Obama sia il premier della Gran Bretagna Cameron hanno evidenziato, nelle uscite pubbliche di questi giorni, che l’Isis si può sconfiggere. Ma, al tempo stesso, hanno entrambi escluso l’impiego di forze militari tradizionali a vantaggio di tecnologie che non implichino l’utilizzo diretto di truppe.
Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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