

Dialoghi in corso tra il mediatore Onu Bernardino Leon e i governi di Tobruk. L’obiettivo è arrivare alla costituzione di un unico esecutivo che permetta di contrastare lo Stato Islamico. Ma la decisione del presidente al Thani e del generale Haftar di riprendersi la capitale libica potrebbe compromettere ogni sforzo diplomatico.
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Il tempo stringe. Mentre il presidente al Thani il generale Haftar sta mettendo i bastoni tra le ruote per una soluzione che porti ad un governo di unità nazionale. Per questi motivi, lunedì 23 marzo il mediatore Onu Bernardino Leon è volato in Libia per incontrare i governi di Tobruk e Tripoli. Nel corso della due giorni di colloqui è emersa la possibile soluzione all’instabilità del Paese nordafricano: “La costituzione di un governo unico è possibile entro la fine di questa settimana”, ha annunciato alla stampa il rappresentante delle Nazioni Unite. Una condizione che ha permesso allo Stato Islamico di occupare Derna e Sirte.
Il tanto sospirato accordo potrebbe prevedere in primis l’istituzione di una Camera dei Rappresentanti che sia un organo legislativo di tutti i libici. In secundis, la costituzione di un Consiglio di Presidenza, composto da un Presidente e dai due Vicepresidenti dei due esecutivi in carica, e di un Consiglio di Stato che raccolga la maggioranza dei deputati presenti nei due parlamenti.
L’accelerazione impressa da Leon alla sua azione diplomatica è dovuta al rischio che il presidente al Thani e il generale Haftar vogliano fare saltare il tavolo. L’annuncio del governo di Tobruk di volersi riprendere Tripoli manu militari, fatto venerdì 20 marzo, e già in corso, ha scatenato dure reazioni da parte di molti organi internazionali. E, a complicare il quadro, c’è pure l”offensiva delle milizie di Misurata ai jihadisti asserragliati a Sirte, le stesse truppe osteggiate dallo storico nemico Haftar e dall’Egitto.
Giacomo Pratali
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Sono partite da tutti I porti d’Europa per l’esercitazione Nato “Brilliant Mariner-Mare Aperto 2013”, attività addestrativa finalizzata a raggiungere “un elevato livello di addestramento e integrazione di parte delle forze che, dal primo gennaio 2014, faranno parte della componente marittima della Nato Response Force (Nrf), sotto guida italiana.
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Il capo di Stato Maggiore della Difesa italiano Generale Claudio Graziano ha dichiarato durante il suo discorso di insediamento che l’operazione rientra nel quadro addestrativo interforze internazionale e che nonostante sia stata pianificata da tempo resta comunque un valido strumento di dissuasione.
La Nato Response Force, cioè la Forza di Reazione Rapida della Nato, è un dispositivo militare “ad alta prontezza operativa”, formato da un’elite delle componenti terrestri, marittime, aeree e speciali provenienti dalle Forze armate dell’Alleanza atlantica. L’Italia parteciperà con 3.150 uomini e donne, la portaerei Cavour, i cacciatorpedinieri Duilio e Mimbelli, l’unità anfibia San Marco, le fregate Aliseo, Espero e Grecale, la rifornitrice Stromboli, la corvetta Fenice, i pattugliatori Foscari e Cigala Fulgosi, i cacciamine Crotone e Milazzo ed il sommergibile Pelosi, oltre ad 8 elicotteri e aerei Harrier AV8B.
Proprio la partenza della nave San Giorgio dal porto di La Spezia ha comunque destato qualche curiosità visto l’arrivo dei fanti di marina arrivati all’arsenale nella notte del 27 febbraio e ripartiti evidentemente sulla nave anfibia la mattina del 28 febbraio con destinazione acque in ternazionali del sud mediterraneo.
Alcune indiscrezioni raccolte indicano come possibile il dispiegamento dei fanti di marina a protezione del Greenstream, il gasdotto subacqueo dell’Eni che si snoda tra Gela in Sicilia e la stazione di compressione di Mellitah, una struttura lunga 520 km, molti dei quali percorsi sotto il Mediterraneo.
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