GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Breve riflessione sul fenomeno della corruzione”

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Com’è noto, con il crollo del muro di Berlino e dei paesi comunisti dell’est venne meno anche quello che il giornalista Ronkey definiva il fattore K ovvero la pregiudiziale di esclusione del partito comunista dal governo.

Venne meno così anche di conseguenza l’insostituibilità dei partiti del pentapartito per la gestione del governo e come afferma Mieli anche la giustificazione della politica clientelare e del finanziamento illegale dei partiti, per ottenere quei fondi necessari per combattere il pericolo del comunismo.

Come dire che i costi della politica necessari, per battere elettoralmente il comunismo, erano non sostenibili solo con il finanziamento legali ai partiti, per via delle ingenti spese per gli importanti apparati burocratici dei partiti e del costo della comunicazione verso gli elettori.

Del resto però lo stesso partito comunista, che come disse giustamente Bettino Craxi, possedeva il più importante apparato burocratico di partito del mondo occidentale, partecipava al sistema tangentizio ed era finanziato illegalmente anche tramite i commerci delle cooperative rosse con l’Unione Sovietica.

Come effetto di questi cambiamenti di lì a un paio di anni nel 1991 il partito comunista avrebbe cambiato nome in PDS – partito democratico della sinistra, a seguito della svolta della Bolognina e con l’assenso e l’avallo del partito socialista sarebbe entrato a pieno titolo e diritto nell’internazionale socialista, sancendo così un chiaro approdo democratico e occidentale quale forza socialdemocratica e una sua spendibilità anche in chiave governativa.

In questo quadro di cambiamento, nei primi anni novanta si avvia l’inchiesta giudiziaria denominata “mani pulite”, che portò alla luce un vasto sistema di corruzione diffuso nel mondo politico e finanziario, caratterizzato dall’uso di fondi neri da parte delle aziende, per elargire tangenti ai partiti (in realtà non solo della maggioranza), con lo scopo di ottenere appalti e servizi da parte dalla pubblica amministrazione.

Ci fu nel paese un clima dell’opinione pubblica favorevole all’azione dei giudici del pool mani pulite fra i quali il giudice Di Pietro assunse a ruolo quasi di eroe nazionale; opinione pubblica che applaudiva ai continui arresti di politici e imprenditori e all’uso della carcerazione preventiva come strumento per estorcere le confessioni.

Insomma come disse correttamente Bettino Craxi i giudici del pool mani pulite avevano creato con la loro azioni giustizialista e giacobina, un clima di odio e di caccia alle streghe; basti pensare all’uso irresponsabile della carcerazione preventiva, di cui ne fecero le spese con la vita anche galantuomini come il manager ENI Cagliari, che in realtà erano solo vittime e ingranaggi di un sistema economico e politico sbagliato.

Così nel giro di un paio di anni nelle elezioni del 1994 i vecchi partiti furono minimizzati, in termini di consenso e nello stesso anno si sciolsero sia il PSI che la DC, creando un vuoto politico, che fu riempito dall’arrivo di nuovi partiti come ad esempio Forza Italia ma non solo, in discontinuità con il passato della prima repubblica e portatori di nuove idee e valori. 

Insomma fu scelta la via giudiziaria al cambiamento, azzerando di fatto la vecchia classe dirigente e politica ma lasciando inalterato il sistema politico, economico e il modello di funzionamento dalla burocrazia della P.A., che con la loro degenerazione erano alla base del fenomeno della corruzione.

In tal senso come il solo Bettino Craxi con il suo discorso in parlamento, individuò nel malfunzionamento del sistema politico e dei partiti, la causa principale della collusione fra la politica e l’imprenditoria.

Del resto come ricordava nel suo discorso lo stesso Craxi il fenomeno della corruzione o meglio del finanziamento illegale dei partiti riguardava tutti i partiti, compreso il maggior partito di opposizione ovvero il PCI, che partecipava come detto anche esso al sistema tangentizio.

Fu scelta dunque la strada giustizialista e di azzeramento della classe dirigente, senza incidere sulle regole del sistema; del resto come osservato da un bellissimo articolo di repubblica sul tema, in molto paesi occidentali la sanzione per il reato di corruzione non è penale ma di natura amministrativa, lasciando spazio a un ravvedimento dei rei.

Va sottolineato che la maggior parte dell’allora classe imprenditoriale della prima repubblica si dichiarò concussa dalla classe politica; mentre invece bisogna sottolineare l’atavica avversione della nostra classe imprenditoriale a sostenere l’etica della concorrenza utilizzando con sistemi aziendali di qualità, ricorrendo preferibilmente invece alle facili scorciatoie della collusione tangentizie per l’aggiudicazione degli appalti.

Basti pensare al caso dell’Olivetti di De Benedetti che tramite la collusione con l’amministrazione riuscì a vendere allo stato computer obsoleti e datati a prezzi esorbitanti, realizzando un lucro notevole.

Lo stesso Craxi infatti sottolineava, che definire i grandi gruppi economici, come vittime della concusione della classe politica era irrealistico, visto che gruppi come la FIAT o l’allora Montedison erano infinitamente più forti e potenti di tutto il sistema politico della prima repubblica.

SI scelse quindi la via giustizialista al cambiamento che fu solo di facciata e non tocco le regole di funzionamento del sistema politico ed economico; giustizialismo che ebbe come epilogo la barbaria delle monetine all’hotel raphael, verso Bettino Craxi e la sua politica riformista e di modernizzazione del paese (compreso il cambiamento del sistema politico basti pensare alla proposta di repubblica presidenziale).

Risultato più evidente di questa inerzia nel cambiamento del sistema? Ovvio che gli apparati dei partiti continuano ad essere onerosi e sovradimensionati e l’auspicato approdo ai cosiddetti partiti leggeri (come negli stati uniti dove i partiti sono realtà dei comitati elettorali) è ancora nel nostro paese un’utopia.

Del resto il nostro paese si caratterizza per un clima di campagna elettorale continuo, con partiti che controllano ancora il sistema economico, dal quale continuano a ricevere finanziamenti illegali.

Allo stesso tempo anche i costi della comunicazione politica continuano ad essere esorbitanti e non possono essere certamente totalmente coperti con il mero finanziamento volontario dei cittadini del 2 per mille ai partiti; insomma le entrate non sono sufficienti anche oggi a coprire le spese dei partiti e da qui la necessità del ricorso a finanziamenti illegali.

Basti pensare che ad esempio Forza Italia ha più di cento milioni di euro di debiti e che non fallisce solo per  le fideussioni prestate alle banche creditrici, dal suo leader Silvio Berlusconi come noto facoltoso imprenditore.

Per quanto riguarda la nostra P.A. continua a essere controllata da una classe di burocrati, che rappresenta un potere anche esterno a quello di controllo della politica, con il risultato che la stessa classe politica non riesce a realizzare gli auspicati tagli verticali alla spesa pubblica (e non lineari) e averne un controllo reale; spesa pubblica che resta pertanto inefficiente e anche soggetta a sperperi e ruberie.

Infine la nostra classe imprenditoriale e le aziende che malgrado l’innovazione dell’introduzione dei sistemi di qualità della 231 organismo di prevenzione dei reati compresi quelli contro la pubblica amministrazione (obbligatori per alcune tipologie di imprese e in particolare per coloro che lavorano con la P.A.), continua ad essere ancora non completamente capace di affrontare e accettare in pieno, la concorrenza e la competizione, come elemento sano ed etico del sistema economico, ricercando invece spesso vie trasversali quali la collusione e corruzione della P.A. per l’aggiudicazione degli appalti.

Il risultato di questo sistema che non è né cambiato e nè è diventato più trasparente, sono sotto gli occhi di tutti, ovvero quello che le statistiche dichiarano: le tangenti in rapporto al PIL sono triplicate rispetto ai tempi di tangentopoli!! 

Quindi cambiano gli attori politici ma il fenomeno della corruzione resta un aspetto pervasivo della nostra società politica ed economica, come è testimoniato dagli scandali che hanno riguardato quelle stesse forze che allora erano davanti all’Hotel Raphael a tirare le monetine a Bettino Craxi.

Del resto lo stesso Gianni Alemanno assolto recentemente in cassazione per supposti reati di corruzione e collusione con il sistema mafioso relativi al periodo di quando era sindaco di Roma, ha dichiarato di essere diventato garantista e di essersi pentito di aver partecipato durante la fase storica di tangentopoli allo stillicidio di quella classe politica.

Certamente la legge cosiddetta spazza corrotti ha introdotto un sistema di rendicontazione delle donazioni ai partiti più efficace e trasparente, come avviene negli stati uniti ma potrebbe essere non sufficiente; come non è sufficiente il finanziamento del 2 per mille da parte dei cittadini ai partiti.

Insomma i costi della politica continuano ad essere superiori alle entrate legali dei partiti e da qui l’inevitabile sistema della corruzione che continua a interessare la nostra pubblica amministrazione.

Si rende necessario inoltre anche un maggiore controllo, da parte della politica e degli enti deputati, della spesa pubblica anche in termini di efficienza, trasparenza e qualità, per evitare proprio quei fenomeni di corruzione e di collusione della nostra burocrazia della P.A..

In questo senso la costituzione dell’ANAC deputata proprio alla prevenzione e controllo dei reati contro la pubblica amministrazione è sicuramente un passo in avanti importante e rappresenta un authority in grado di fornire modelli e procedure anticorruzione per tutta la nostra P.A. ma anche e soprattutto per le aziende.

Ma il discorso è più ampio e parte della riflessione che Mani Pulite e la via giudiziale al cambiamento hanno fallito, nel  tentativo di  rendere efficiente ed etico il sistema politico ed economico italiano, che anzi è oggi più corrotto e inefficiente che hai tempi di tangentopoli, con una crisi come allora del sistema dei partiti.

E’ indubbio come affermato dal giudice Gherardo Colombo (il migliore e più intelligente del pool mani pulite) nel suo bel libro, che per battere il fenomeno della corruzione bisogna passare da una cultura della repressione a una cultura della legalità e della prevenzione.

Sostiene ancora Gherardo Colombo che bisogna andare a parlare di cultura della legalità nelle scuole educando in tal senso i ragazzi, che costituiranno nel futuro una classe dirigente italiana più etica ed onesta.

Ma direi che anche le aziende devono cambiare e acquisire la cultura etica della competizione e della concorrenza etica e sana, come elemento ineliminabile della partecipazione al sistema economico e di stimolo al miglioramento della qualità dei servizi offerti, senza quindi ricorrere alla scorciatoia della collusione con la P.A. per aggiudicarsi appalti e servizi.

Ma soprattutto il sistema politico deve cambiare rendendosi più efficiente e in grado di creare maggioranze stabili in grado di governare a tutti i livelli dal nazionale al locale e opposizioni in grado di controllarne l’operato, soprattutto sul piano dell’erogazione spesa pubblica.

Infine anche i partiti devono evolvere verso forme leggere, quasi dei comitati elettorali, così come detto avviene negli stati uniti, con la possibilità di accedere in modo trasparente e rendicontato ai finanziamenti da parte di aziende e privati.

Concludiamo che quindi è necessario un reale cambiamento del nostro sistema politico, della pubblica amministrazione e del sistema economico che insieme alla diffusione della cultura legalità nelle nuove generazioni, sia in grado di battere nel medio periodo il fenomeno atavico della corruzione nel nostro paese. 

 



Sviluppo dell’energia da fonti rinnovabili / opportunità e sfide per lo sviluppo sostenibile

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I cambiamenti climatici impongono scelte drastiche e non più rinviabili per la decarbonizzazione dell’economia globale. Le azioni fin qui implementate non sono sufficienti. A cinque anni dalla firma dell’accordo di Parigi le stime sul riscaldamento globale a fine secolo si sono ridotte nel 2020 di soli 0,7 gradi, rispetto ai 3.6 gradi stimati nel 2015. Siamo ancora molto distanti dall’obiettivo di incremento di 1.5 gradi e l’umanità continua a consumare risorse naturali 1.75 volte più velocemente di quanto il pianeta sia in grado di rigenerarle. 

Negli ultimi mesi c’è stata un’accelerazione eccezionale in termini di consapevolezza e di impegno globale. Da un lato, le grandi potenze industriali – dagli Stati Uniti al Giappone, dalla Cina all’Europa – hanno rivisto i loro piani con obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra che solo un anno fa non erano ipotizzabili. Dall’altro lato una nostra ricerca registra come la lotta al cambiamento climatico sia un obiettivo primario della gran parte delle aziende, indipendentemente dalla loro taglia, dal settore e dal Paese di appartenenza. In merito ai piani di decarbonizzazione attendiamo impegni più concreti e stringenti dal G20 a guida italiana, al quale Deloitte ha contribuito come Knowledge Partner per la task force Energy & Resources Efficiency, e nella COP 26 di Glasgow, organizzata congiuntamente dal nostro Paese e dalla Gran Bretagna. 

L’imponente sfida che abbiamo di fronte può essere vinta solo se agiamo subito e su più fronti contemporaneamente, utilizzando tre leve principali: l’efficienza energetica, la produzione di energia rinnovabile e l’elettrificazione dei consumi.

La produzione da rinnovabili è una possibilità concreta perché le tecnologie sono già disponibili. È già possibile produrre in maniera competitiva energia elettrica dal sole, dal vento, da bacini idrici o sfruttando l’energia geotermica. Altre tecnologie pulite, quali il nucleare sicuro, l’idrogeno da elettrolisi, il carbon capture o la produzione di biocombustibili devono ancora essere affinate ma dovranno, entro 5-10 anni, dare un apporto essenziale alla creazione di un portafoglio energetico pulito idoneo a supportare un sistema economico a impatto zero. 

Riguardo la conversione verso le rinnovabili degli usi finali, abbiamo un percorso già avviato per i settori che maggiormente contribuiscono alle emissioni di CO2. Il trasporto su ruota sta andando incontro a veicoli a trazione elettrica alimentati a batteria; le maggiori case automobilistiche stanno trasformando la loro gamma verso l’ibrido e il full electric; alcuni nuovi player propongono un catalogo solo elettrico. Sappiamo cosa fare anche su residenziale e terziario, dove il riscaldamento e la cottura possono essere elettrificate nella gran parte dei casi, con l’ulteriore vantaggio di un considerevole risparmio energetico.

La trasformazione verso le rinnovabili genera opportunità ragguardevoli, in particolare per i Paesi che guideranno la transizione. Un recente studio di Irena prevede la creazione di 100 milioni di nuovi posti di lavoro nel settore energetico, oltre alla creazione di 98 mila miliardi di prodotto interno lordo mondiale aggiuntivo nei prossimi trent’anni. Altri vantaggi saranno la disponibilità di infrastrutture più solide e avanzate; l’assenza di dipendenza dalle fonti fossili, comunque destinate all’esaurimento; l’estensione dell’utilizzo dell’energia in aree geografiche oggi non servite; la possibilità di vivere in un ambiente meno inquinato che migliori le condizioni di vita nel nostro pianeta.

Accanto a queste opportunità è necessario considerare alcune sfide. La principale è connessa al fatto che il raggiungimento degli obiettivi deve coinvolgere l’intero pianeta. Da un lato andranno convinti i Paesi meno attivi che cercheranno rendite competitive ritardando la transizione, dall’altro lato dovranno essere inclusi i paesi meno avanzati tecnologicamente e più deboli finanziariamente, che sino a oggi hanno contribuito in maniera limitata alla produzione di gas serra e sarebbero danneggiati dalla transizione. In secondo luogo, la transizione avrà categorie sociali e settori produttivi avvantaggiati e altri perdenti: affinché la transizione sia giusta e sostenibile, sarà necessario distribuire i costi in maniera equa, ma anche supportare la conversione di aziende e di professioni che si perderanno. 

Se guardiamo al percorso dell’Italia vediamo diverse luci e qualche ombra. In relazione agli aspetti positivi, va sottolineato il fatto che abbiamo un’intensità carbonica 0,12 KgCO2/euro PIL, di circa il 20% inferiore alla media europea, con una decrescita negli ultimi tre anni del -6,1% contro i -5,5% dell’Europa. Anche la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile è ben posizionata rispetto agli altri paesi europei con una percentuale pari al 42% contro il 38% dell’EU. Scendono anche gli incentivi: nel 2016 il 61% della produzione rinnovabile era incentivata mentre nel 2020 si è passati al 53%. Tra gli aspetti meno ottimistici segnaliamo il rallentamento della corsa al rinnovabile degli ultimi anni, le gare per l’assegnazione della capacità che vanno deserte e il freno ai nuovi investimenti. Gli interventi allo studio per invertire questo trend e soddisfare i nuovi target europei prevedono la semplificazione degli iter approvativi; l’incentivazione degli investimenti nelle nuove infrastrutture digitali per il trasporto e la distribuzione dell’energia elettrica per lo storage; il bilanciamento tra produzione e domanda. A questi interventi saranno dedicati una quota rilevante delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che può finalmente siglare l’agognato cambio di passo per tutto il nostro Paese.

di Angelo Era (Energy, Resources & Industrials Industry Leader – Deloitte Italia)

Gli spazi per le fonti rinnovabili nel PNRR

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Ci siamo, siamo alle fasi finali di implementazione del PNRR, quel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sul quale si sono impegnati finora due governi, che è stato concepito e raccontato da un lato come un secondo piano Marshall per una ripresa esplosiva e dall’altro come una panacea agli annosi problemi strutturali dell’economia italiana.

Nel contesto del PNRR i temi dell’energia trovano posto in una delle sei Missioni, le linee strategiche su cui si articola il Piano, anzi, nella più corposa delle sei missioni, quella della “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica”, con i suoi 69 Miliardi di Euro sui 222 complessivi del PNRR.

Alcuni dei bandi che allocheranno i 69 Miliardi sono già stati pubblicati, i più recenti a metà Ottobre dal MiTE, il Ministero per la Transizione Ecologica, che ha emesso bandi per 1,5 Miliardi destinati a Comuni e EGATO (gli Enti di Governo per gli Ambiti Territoriali Ottimali) per il miglioramento e la meccanizzazione della raccolta differenziata, per gli impianti di trattamento/riciclo di rifiuti urbani e per lo smaltimento di PAD, acque reflue e rifiuti tessili. 

Ancora briciole, finora, rispetto alle disponibilità complessive che si dispiegheranno nel corso dei prossimi anni, e forse proprio per questo vale la pena fare un volo d’angelo per capire cosa verrà messo a bando. 

Le azioni principali della Missione 2 sono state definite in compatibilità con gli obiettivi e le strategie del Green Deal Europeo, il programma adottato tra il 2019 e il 2020 contestualmente alla nomina di Ursula Von Der Leyen come Presidentessa della Commissione Europea, programma che ha come altissimo obiettivo quello di rendere l’Europa il primo continente climaticamente neutro entro il 2050.

Per raggiungere questo macro-obiettivo, il Green Deal Europeo punta su un’ampia varietà di azioni per, ad esempio, l’aumento dell’efficienza energetica, l’ottimizzazione delle risorse, la circolarità dell’economia e l’incremento della sostenibilità della mobilità, azioni rispetto alle quali si vanno a uniformare tanto i Programmi Quadro, come Horizon Europe per quanto riguarda ricerca e innovazione, quanto i singoli Piani di Ripresa, quali il PNRR italiano.

Quali, dunque, le azioni della “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica”, e dove troviamo le aree di interesse per le energie rinnovabili? 

Una prima azione è il potenziamento del ciclo dei rifiuti, nel quale ricadono i bandi di cui abbiamo parlato sopra, ma in cui rientrano anche i bandi destinati ai Progetti “Faro” di Economia Circolare, per finanziare progetti altamente innovativi per trattamento e riciclo dei rifiuti da filiere strategiche, come quelle dei pannelli fotovoltaici e di pale eoliche, oltre che di carta, cartone e tessile.

Altre azioni della Missione 2 sono legati agli interventi sulle reti idriche ed elettriche. In particolare, nell’ambito delle reti elettriche, si finanzieranno interventi sulle smart grid, ossia sulle reti di distribuzione che consentano di bilanciare molto più flessibilmente i carichi e gli assorbimenti e che consentano quindi di integrare in modo molto più efficiente le fonti rinnovabili, in particolare gli impianti fotovoltaici ed eolici, che con il loro profilo di disponibilità irregolare tendono a creare problemi di bilanciamento sulle reti

Ci sono poi le azioni per l’incremento dell’efficienza energetica degli edifici pubblici e privati, nelle quali le rinnovabili rientrano da un lato come componenti agevolabili per gli interventi finanziati dall’ecobonus, e da un altro lato, indirettamente, nel potenziamento delle reti di teleriscaldamento.

Infine, e più corposa, ci sono le azioni esplicitamente a sostegno delle fonti di energia rinnovabili e all’uso dell’idrogeno nell’industria e nei trasporti, nelle quali rientreranno i bandi per la promozione delle comunità energetiche e dell’autoconsumo, che porteranno fino a 2 GW di potenza elettrica verde aggiuntiva, il finanziamento per lo sviluppo di biometano e di agro-voltaico, e in generale il supporto all’adozione dell’idrogeno, che con il cosiddetto “idrogeno verde” viene prodotto a partire da fonti energetiche rinnovabili.

Da qui al 2022 si apriranno tutti i bandi, con rifinanziamenti annuali fino al 2026 a seconda dell’azione, quindi questi saranno mesi di avvio decisivi, nei quali sarà cruciale stare all’erta per cogliere appieno le opportunità.

Di Marco Croella



Turismo: Giuseppe Arleo (Competere.eu): “Le aziende sono a rischio”

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“Le aziende del turismo sono a rischio. L’aumento dei contagi dovuto alla nuova variante Omicron e le misure di contenimento necessarie per fermarlo, rischiano di mettere in ginocchio il turismo, un comparto che ancora risente – più di altri – delle ricadute economiche legate alla pandemia. Le sofferenze nel comparto alloggio-ristorazione in ottobre hanno ripreso ad aumentare: è un segnale da non sottovalutare”

Lo dichiara il Coordinatore dell’Osservatorio Next Generation di Competere.eu Giuseppe Arleo nel presentare l’analisi realizzata dal think tank sulle sofferenze bancarie per il settore del turismo.
“La diffusione della variante Omicron e il conseguente aumento dei contagi – dichiara Arleo – rischiano di riportare indietro le lancette del tempo allo scorso anno quando la terza ondata, iniziata in ottobre, ha costretto al rafforzamento delle misure di contenimento del Covid e alla chiusura di alcune aree e attività con un impatto negativo sull’andamento dell’economia. Oggi si corre lo stesso rischio, che può essere fatale per molte imprese che non si sono ancora risollevate dall’impatto della crisi pandemica. “
“La crisi pandemica e le misure introdotte per limitare la diffusione del contagio – spiega ancora Arleo – hanno determinato, nella primavera del 2020, un crollo dell’economia (PIL in diminuzione di quasi il 19% cumulato nei primi due trimestri) con effetti devastanti sul sistema produttivo italiano (-50% il calo della produzione industriale solo tra marzo e aprile). La caduta improvvisa del fatturato, che in alcuni settori si è quasi azzerato, ha colpito in misura drammatica le imprese, con un impatto che è stato estremamente eterogeneo, anche a causa della selettività dei provvedimenti di contenimento del contagio. In risposta al crollo della redditività causato dalla crisi pandemica, il Governo ha adottato diverse misure destinate a sostenere il finanziamento delle imprese, come le garanzie e le moratorie sui prestiti.
L’indebitamento delle imprese è così notevolmente aumentato, in particolare per i settori più colpiti dalla crisi (soprattutto alloggio e ristorazione ma anche commercio e automotive), i quali a fronte di una riduzione del cash flow hanno dovuto fare maggiormente ricorso al prestito. Nel 2020 i prestiti al settore degli alloggi e della ristorazione sono aumentati di 6 miliardi di euro (lo stock di prestiti era 27 miliardi di euro nel 2019) a fronte di flussi di cassa negativi per oltre 10 miliardi. Ad ottobre 2021 lo stock complessivo di debiti al comparto alloggio-ristorazione ammonta a poco più di 37 miliardi di euro.
Di conseguenza, la situazione patrimoniale per alcuni comparti è notevolmente peggiorata, con rischi per la capacità di investimento e per la solvibilità nel medio termine. Gli anni di cash flow necessari a ripagare il debito sono più che raddoppiati in diversi settori: per il comparto alloggio e ristorazione è stato stimato un aumento a 5,9 anni.”

“L’effetto congiunto di calo dei profitti e aumento dell’indebitamento- spiega Arleo- ha indebolito la struttura patrimoniale delle imprese, peggiorato il merito creditizio e accresciuto i rischi di insolvenza. Secondo l’ISTAT, dopo la fase acuta della pandemia, circa il 45% delle imprese italiane è strutturalmente a rischio di chiusura; la situazione è allarmante soprattutto per le imprese del settore alloggio e ristorazione, già duramente colpite dai provvedimenti introdotti nell’ultimo anno e mezzo. Tra queste il rischio di insolvenza sale fino al 78% nel settore ricettivo e al 95% nella ristorazione .
In particolare, i settori del comparto turistico non hanno ancora recuperato la caduta di fatturato registrata nel corso del 2020, nonostante il buon andamento dei mesi estivi. Qualche segnale negativo si comincia ad avvertire: i crediti in sofferenza nel comparto alloggi e ristorazioni sono ancora elevati e in aumento a ottobre rispetto a settembre, per la prima volta da circa un anno: ammontano secondo Banca d’Italia a 1,53 miliardi di euro da 1,51 a settembre, seppure in diminuzione di circa un terzo rispetto a un anno fa (erano 2,3 a ottobre 2020, come si vede nel grafico). È un segnale ancora di difficile interpretazione ma potrebbe evidenziare un aumento delle difficoltà delle imprese del comparto turistico, che potrebbe aggravarsi nei prossimi mesi. Sono prestiti la cui riscossione non è certa per le banche e gli intermediari finanziari che hanno erogato il finanziamento poiché i soggetti debitori si trovano in stato d’insolvenza o in situazioni equiparabili. Nuove misure restrittive rischiano di fare risalire le sofferenze in un comparto già duramente colpito. Per questo è opportuno agire con oculatezza, garantendo la continuità dell’attività economica salvaguardando la salute dei cittadini.
In ogni caso – e da un punto di vista più generale – se le politiche attuate nel corso del 2020 hanno mirato ad evitare il collasso delle imprese in crisi di liquidità, adesso l’obiettivo di policy deve focalizzarsi sul rischio di insolvenza. La possibile insolvenza di molte imprese in questi mesi costituisce il principale problema per il sistema produttivo italiano e aumenta l’esposizione del sistema bancario a possibili trasmissioni dello shock dal segmento non finanziario, implicando possibili tensioni sia sui bilanci delle banche, sia sui rapporti banca-impresa. Non dobbiamo dimenticare la lezione imparata durante la precedente crisi finanziaria: è indispensabile che il sistema bancario sia resiliente affinché possa garantire la stabilità del nostro sistema economico.
In risposta a questo rischio,- conclude Arleo- il Gruppo dei Trenta, di cui Mario Draghi è co-chair, a fine 2020 aveva sollecitato di intervenire lungo tre direzioni: incentivare il rafforzamento patrimoniale tramite la raccolta di capitali privati; favorire la rapidità e l’efficacia dei processi di ristrutturazione del debito per le imprese con prospettive di rilancio, in modo da garantire la continuità delle attività aziendali e migliorare le procedure per la gestione delle crisi d’impresa.”

Civitavecchia nuovo ponte tra Mediterraneo e Mar Nero

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INAUGURATO IN CITTÀ IL NUOVO CONSOLATO ONORARIO DI GEORGIA

Inaugurato il nuovo consolato onorario della Georgia, Il sindaco Ernesto Tedesco: «Da Civitavecchia un esempio di rilancio internazionale per l’Italia dopo la crisi provocata dal Covid»

Una buona notizia che può rappresentare un esempio virtuoso per le prospettive di rilancio economico dell’Italia dopo le grandi difficoltà provocate dalla crisi del Covid 19: è stato inaugurato il nuovo Consolato onorario di Georgia a Civitavecchia che sarà retto dalla console onoraria Michaela Reinero. Presenti alla cerimonia la viceministra degli Affari Esteri di Georgia, KhatunaTotladze, l’ambasciatore di Georgia in Italia, KonstantineSurguladze, il sindaco di Civitavecchia Ernesto Tedesco, i rappresentanti del corpo diplomatico e delle autorità locali.

La viceministra georgiana ha dichiarato che la decisione del suo governo riflette la forte volontà di sviluppare intensi rapporti tra i due Paesi e di rafforzare le relazioni politiche, economiche e sociali bilaterali: «Crediamo fermamente che la Console Onoraria di Georgia a Civitavecchia contribuirà a rafforzare ulteriormente le relazioni e sostenere la determinazione ad esplorare le opportunità di accordi reciprocamente vantaggiosi» ha detto la viceministra che si è congratulata con la sig.ra Reinero.

L’Ambasciatore Surguladze ha osservato che Civitavecchia «sarà un riferimento importante per la comunità georgiana e un ottimo collegamento per attività commerciali e culturali tra i due Paesi e anche per le aziende italiane che intendono lavorare con la Georgia».

Per il sindaco di Civitavecchia Ernesto Tedesco «l’apertura del consolato onorario di Georgia nella nostra città è una ragione di orgoglio. Civitavecchia sta ritagliandosi uno spazio adeguato alla sua storia di punto di riferimento nel Mediterraneo. Dal punto di vista culturale, economico e di scambi può avere risvolti di carattere internazionale. La presenza di viceministro e ambasciatore gratifica un ruolo che compete a Civitavecchia e può aiutarci a uscire dalle prospettive troppo strette imposte dalla pandemia, guardando con fiducia al futuro dopo la crisi aperta dal lockdown».

La Console onoraria, dott.ssa Reinero, parla e scrive quattro lingue ed è laureata in Scienze Politiche con indirizzo politico internazionale. Esperta di Geopolitica, ha una formazione accademica specialistica nei Diritti Umani. Tra le sue esperienze professionali, ha partecipato a numerose missioni imprenditoriali internazionali. «Ringrazio il governo georgiano per questaprestigiosa nomina» ha commentato, «che onorerò con grande impegno e dedizione. Ringrazio il sindaco di Civitavecchia per l’accoglienza in questa splendida città e mi congratulo per il suo operato. Ringrazio le altre autorità di Civitavecchia qui presenti. Auspico stretti rapporti e collaborazione con tutte loro».

Italia e Georgia ristabilirono relazioni diplomatiche l’11 maggio del 1992, dopo il crollo dell’Urss. L’Italia, in linea con la politica dell’Unione Europea, assicura al Paese il proprio appoggio nel suo percorso di avvicinamento alle strutture europee ed euro-atlantiche. Le relazioni UE-Georgia sono inquadrate nella Politica di Vicinato, che dal 2009 ha conosciuto un importante salto di qualità, facendo della Georgia uno dei Paesi di punta della PEV. L’Italia e la Georgia intrattengono da tempo solide relazioni economiche, sia a livello istituzionale che imprenditoriale, facilitate anche dall’entrata in vigore, nell’ottobre del 2014, dell’Accordo di Associazione comprensivo di DCFTA tra l’Unione europea e la Georgia. Dal punto di vista commerciale, l’Italia è il quarto partner europeo della Georgia e il decimo mondiale. Le aziende italiane che operano in Georgia sono in costante crescita, e potranno ricevere un impulso formidabile dall’apertura del Consolato Onorario a Civitavecchia.

Breve riflessione sulla conciliazione vita lavoro del mondo femminile

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L’articolo di questa settimana. sulla conciliazione vita lavoro, con particolare focus sulla gestione della maternità delle lavoratrici, è basato anche sull’esperienza dello scrivente, nell’ambito di un progetto realizzato in una primaria banca.

E’ indubbio che la maternità rappresenta un evento, sia a livello individuale che sociale, di enorme importanza, che coinvolge anche la dimensione lavorativa delle lavoratrici madri.

Si sottolinea infatti che a livello sociale la maternità è statisticamente il principale motivo di abbandono del lavoro, del perdurare dell’inattività dopo un licenziamento e del lavoro sommerso femminile.

Infatti dopo la pausa per la maternità spesso nelle aziende le donne non ritrovano il proprio posto di lavoro o sono costrette ad accettare un cambio di ruolo in azienda.

In questo contesto le lavoratrici madri hanno necessariamente bisogno di ricevere da parte delle aziende: sostegno, aggiornamento professionale, momenti di confronto con i propri superiori, ma soprattutto informazioni e consulenza da parte delle direzioni risorse umane.

Il presente documento vuole delineare, in tal senso, un possibile modello di intervento da parte delle direzioni risorse umane a sostegno dell’occupabilità e reinserimento lavorativo delle lavoratrici madri.

Le donne possono infatti all’interno delle aziende vivere nella situazione di maternità un contesto di disagio caratterizzato dalle criticità riportate dalla figura seguente:

Figura 1 – criticità lavoratrici madri

In una prima approssimazione i possibili interventi delle direzioni risorse umane a sostegno delle lavoratrici madri possono riguardare le seguenti aree di attività principali e fondamentali:

  • Iniziative dedicate alla gestione integrata della maternità in azienda e al reinserimento professionale delle lavoratrici mamme;
  • Consulenza e formazione sui temi della flessibilità organizzativa e del work-life balance.

In questa fase della loro vita lavorativa le lavoratrici madri hanno necessità di ricevere da parte dell’azienda e dalle direzioni risorse umane sostegno nelle modalità illustrate sopra, per affrontare non solo le problematiche legate alla loro carriera ma anche al tema della conciliazione lavoro/famiglia.

L’obiettivo delle direzioni risorse umane, dunque, deve essere quello di fornire un supporto e delle facilitazioni, non solo per il reinserimento nel contesto lavorativo delle risorse, ma anche per la gestione di tutte le fasi collegate all’evento della maternità.

Il supporto alle donne in maternità di cui sopra si dovrà necessariamente estendere anche ai Manager e Responsabili, che gestiscono delle risorse in maternità, in modo da creare un contesto favorevole per il loro reinserimento in azienda.

Come già affermato dunque il tema del reinserimento delle risorse in maternità nel contesto lavorativo è in collegamento strettamente, con quello della conciliazione lavoro/famiglia e in generale del welfare aziendale.

In questo contesto assume valore centrale la funzione di servizio delle Direzioni Risorse Umane anche come punto di mediazione fra le esigenze aziendali, delle strutture organizzazione e quelle delle donne in maternità e come attivatore delle soluzioni idonee a conciliare la loro vita lavorative e familiare.

Un possibile modello per il reinserimento delle risorse in maternità potrà prevedere i seguenti servizi e azioni da parte delle Direzioni risorse umane:

  • Servizi alla risorsa durante la maternità
  • Consulenza per il rientro in azienda: Bilancio professionale e riorientamento nel ruolo
  • Consulenza e Welcome Back Training al momento rientro in azienda
  • Monitoraggio risultati rientro in azienda della risorsa
  • Agevolazioni per la conciliazione vita lavoro.

Ma vediamo ora nel concreto quale potrebbe essere i servizi di assistenza per le donne durante la maternità e al rientro nel mondo lavorativo aziendale:

SERVIZI DURANTE LA MATERNITA’:

  • Consegna alla risorsa di un Maternity Kit, ad hoc, con informazioni e linee guida per la migliore gestione del periodo di maternità;
  • Consulenza alla risorsa nel corso della Maternità sui diritti previsti dalla normativa e sulla gestione degli adempimenti connessi;
  • Informazione via e-mail e/o telefono alla risorsa sull’evoluzione organizzativa, normativa e gestionale del contesto aziendale;
  • Disponibilità per la risorsa durante la maternità di corsi on line, in particolare sulle tematiche di leadership, work-life balance etc.

CONSULENZA E FORMAZIONE PER LE DONNE IN MATERNITA’ AL RIENTRO IN AZIENDA

  • Consulenza e assistenza alla risorsa per l’employability (occupabilità) e l’eventuale riorientamento lavorativo (coaching, formazione, job rotation);
  • Consulenza e assistenza a supporto del Manager, che gestisce la risorsa per il suo reinserimento professionale e l’eventuale riorientamento;
  • Definizione del Bilancio professionale e analisi dei fabbisogni formativi della risorsa;
  • Welcome Back Training formativo alla risorsa per l’aggiornamento delle competenze necessarie al reinserimento lavorativo;
  • Percorsi di coaching individuale quando è necessaria un riallineamento con l’azienda e il proprio ruolo.

MONITORAGGIO DALLE LAVORATRICE MADRE A REINSERIMENTO AVVENUTO

  • Valutazione con il responsabile della Risorsa della possibilità di concedere eventuali agevolazioni (esempio part time)
  • Monitoraggio da parte delle Risorse Umane del percorso di reinserimento e colloqui gestionali periodici con la risorsa
  • Valutazione a 4 o 6 mesi dal rientro, il livello di soddisfazione della neo-mamma e dell’azienda, e l’eventuale ri-orientamento del percorso professionale.

 

AGEVOLAZIONI PER LA CONCILIAZIONE VITA LAVORO PER LE LAVORATRICI MADRI.

Infine le Direzioni Risorse Umane a completamento delle azioni illustrate ai punti precedenti potranno prevedere l’erogazione di agevolazioni per le lavoratrici madri come illustrato dalla figura seguente:

Figura 2 – agevolazione per le lavoratrici madri

FORMAZIONE E COACHING PER LE LAVORATRICI MADRI

Il percorso formativo di sostegno al reinserimento delle lavoratrici madri nel contesto lavorativo potrà prevedere più aree tematiche:

  • Organizzazione e Processi;
  • Relazionale e comunicazione;
  • Benessere e life work balance;
  • tecnica e procedurale.

La formazione potrà essere erogata con modalità diversificati (aula, e-learning, affiancamento on the job, coaching, autoformazione etc).

Il percorso prevederà dopo l’erogazione un momento di follow up per la verifica dell’apprendimento e dell’avvenuto aggiornamento delle competenze alle esigenze del ruolo dopo il reinserimento della lavoratrice madri nel contesto aziendale e lavorativo, così come illustrato dalla figura seguente.

Figura 3 – formazione alle lavoratrici madri

Infine va sottolineato che con l’intervento del legislatore, e quindi con la Legge n. 81/2017, si è congegnata una disciplina del lavoro agile ovvero il cosiddetto smart working, introducendo modalità di esecuzione c.d. flessibile della prestazione lavorativa subordinata, volta proprio a rendere possibile una conciliazione fra lavoro e vita personale, applicabile come strumento di agevolazione e flessibilità anche alle lavoratrici madri.

Ma non è questa la pagina per trattare del modello di lavoro flessibile in smart working, che sarà oggetto di un prossimo articolo.

Concludiamo che il modello di reinserimento delle donne madri nei contesti lavorativi delineato nel presente articolo si inquadra nei nuovi compiti delle aziende di garantire la conciliazione vita lavoro dei propri dipendenti e delle donne in particolare, delineando un modello di welfare aziendale che deve integrarsi e in futuro essere sussidiario a quello offerto storicamente dallo stato.

Ma anche il tema del welfare aziendale è complesso e importante e sarà oggetto di un futuro articolo.

Guido Massimiano

Danitacom, la Camera di Commercio Italiana in Danimarca inaugura la Sede di Roma

ECONOMIA di

Riconoscendo l’importanza di essere presenti quotidianamente sul territorio Italiano, Danitacom, la Camera di Commercio Italiana in Danimarca ha aperto una  sede a Roma. La nuova sede, posizionata nel centralissimo quartiere Ludovisi, al numero civico 35, è vicina ai quartieri generali di Assocamerestero, l’associazione di riferimento per tutte le Camere di Commercio italiane all’estero.

Danitacom si propone come punto di riferimento per tutte le aziende e le istituzioni italiane interessate ad espandere la propria attività in Danimarca, offrendo altresì il supporto agli investimenti danesi nel mercato italiano.

L’apertura dalla filiale italiana è stata celebrata, Il 19 novembre 2021, con un aperitivo a tema scandinavo tenutosi presso la sede di un partner storico della Camera, ADVANT Nctm, ed è stata un’occasione importante per discutere di internazionalizzazione e promozione del Made in Italy nel mondo. Tra i partecipanti all’evento, oltre al Consiglio di Amministrazione della Camera, tra cui il Presidente Avv. Jan Snogdal e l’Avv. Federico Manili (ADVANT Nctm), erano presenti alcuni tra gli stakeholders e partner istituzionali e privati che, durante gli anni, hanno partecipato e creduto nel progetto Danitacom.

Tra i partecipanti anche il Segretario generale di Assocamerestero, Dott. Domenico Mauriello, e rappresentanti del Ministero Economico dello Sviluppo, Danish Trade Council, CCIAA di Roma, della Maremma e Tirreno, CNA nazionale, Simest e Unindustria Lazio.

In occasione dell’evento del 19 novembre sono stati festeggiati anche i primi 10 anni di attività di Danitacom. La Camera di Commercio Italiana in Danimarca, infatti, è stata fondata nel 2010 ad Aarhus dall’ex presidente Henning Holmen Møller e dall’attuale presidente Jan Snogdal. Agli inizi contava un solo dipendente, l’attuale segretario generale Chiara Dell’Oro Nielsen. Nel 2015 è stata ufficialmente riconosciuta come Camera di Commercio Italiana all’Estero dal MISE e, nel 2017, ha trasferito gli uffici a Copenaghen. Oggi, Danitacom conta un organico di 20 dipendenti, tra l’Italia e la Danimarca, che operano suddivisi in tre dipartimenti: Progetti, HR e Amministrazione.

L’assistenza offerta dalla Camera di Commercio Italiana in Danimarca nel corso degli anni è diventata sempre più specifica e offre, ad aziende e istituzioni, sevizi che includono:

  • Promozione del “Made in Italy”, con particolare attenzione ai settori tradizionali come l’enogastronomia, il turismo e la moda; e settori innovativi come l’edilizia e la meccanica.
  • Assistenza alle aziende, tramite la creazione di soluzioni su misura per le aziende italiane che vogliono entrare nel mercato danese o espandere il loro business in Danimarca.
  • Assistenza HR e amministrazione, grazie a due dipartimenti dedicati a supportare concretamente le aziende nello svolgimento di tutte le pratiche di amministrazione del personale in Danimarca, adempimenti fiscali e gestione amministrativa.
  • Partecipazione e leadership in progetti europei, creando partnership con enti pubblici e privati, che prevedono l’elaborazione di piani di sviluppo aziendale all’insegna dell’innovazione.

Breve riflessione sul reddito di cittadinanza

ECONOMIA di

L’articolo di questa settimana ha per tema una breve riflessione sul reddito di cittadinanza, quale strumento di lotta alla povertà; strumento sul quale in questo ultimo anno si è sviluppato una fortissima polemica, non solo fra i partiti ma anche all’interno della società civile ed economica.

Certamente il reddito di cittadinanza deve essere considerato come una forma di sostegno temporaneo del reddito delle persone in difficoltà economica e strettamente collegato all’ avviamento al lavoro di quest’ultimi, dopo che abbiano fruito azioni di politiche attive del lavoro (ad esempio la formazione) da parte dello stato.

Perché come diceva il premio nobel per l’economia Samuelson, oramai più di 50 anni fa, le politiche di sostegno e i sussidi alla disoccupazione si giustificano eticamente e socialmente, solo a condizione che sia sempre incentivato e conveniente per i lavoratori trovarsi un’occupazione stabile di lavoro.

In questo senso per tale ragione la fruizione del reddito di cittadinanza deve essere, come già sottolineato, sempre accompagnata dalle gestione di politiche attive verso i fruitori di tale strumento, che consentano di raggiungere attraverso l’azione dei centri impiego i seguenti risultati

  • Favorire l’incontro fra l’offerta di lavoro e la domanda di impiego sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo;

 

  • Rappresentare uno strumento di orientamento per i lavoratori disoccupati per la scelta delle professioni e dei mestieri più ricercati dalle imprese (vedi nuove professionalità emergenti);

 

  • Rappresentare uno strumento per garantire la formazione di quelle competenze e skill dei lavoratori, necessari, per accedere alle offerte di lavoro delle imprese e in particolare professionalità emergenti.

In tal senso il mondo del lavoro è in continua evoluzione nell’era internet, che da un lato vede il declino di vecchie professionalità legate all’old economy e dall’altro la formazione di nuove professionalità emergenti quali ad esempio quelle legate al mondo digitale.

Inoltre è un dato acclarato che accanto al fenomeno della disoccupazione strutturale persiste anche quello delle numerose aziende che non riescono a trovare per le loro esigenze di manodopera qualificata, lavoratori con le competenze e professionalità da loro richieste; in particolar modo proprio per le professioni legate al mondo digitali.

Quindi si ribadisce il concetto che per affrontare la tematica della lotta alla disoccupazione è necessario un approccio non solo quantitativo ma anche qualitativo e legato alla formazione nei lavoratori di quelle   competenze e skill, collegate alle professionalità effettivamente richieste dal mercato.

Il sostegno del reddito di cittadinanza alle persone in difficoltà economica deve quindi essere temporaneo e collegato all’ adesione del lavoratore, agli strumenti di orientamento e riqualificazione professionale offerti dai centri impiego.

Per far questo sarà necessario propedeuticamente non solo incrementare i centri impiego (oggi in un numero insufficiente rispetto alle esigenze del mondo del lavoro), ma anche riqualificarne il personale, assumendo nel contempo anche professionalità specifiche e direttamente dal mercato ( ad esempio i famosi navigator), dotandole di tutti gli strumenti (ad esempio banche dati offerte di lavoro ma anche della professionalità necessaria), per svolgere il loro fondamentale lavoro di incontro fra domanda e offerta lavoro.

Così come avviene ad esempio con i centri impieghi dei paesi anglosassoni, dove infatti la disoccupazione è ha solo natura fisiologica e non ha carattere strutturale, ovvero riguardando solo le persone, che per una serie di motivi non sono in cerca di lavoro.

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Guido Massimiano
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