GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Il Senatore Francesco Giacobbe nominato nella delegazione italiana dell’Iniziativa Centro Europea (InCE)

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Il senatore del Partito Democratico (Pd) eletto all’estero, Francesco Giacobbe, è stato nominato nella delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare dell’Iniziativa Centro Europea (InCE), costituitasi questa mattina. La delegazione è composta da sette parlamentari, di cui quattro senatori e tre deputati.

Oltre a Giacobbe, il presidente del Senato, La Russa, ha designato Raffaele De Rosa (M5S), Roberto Menia (FdI) ed Elena Murelli (Lega). I deputati nominati dal Presidente della Camera, Fontana, sono Salvatore Caiata (FdI), Isabella De Monte (A-Iv) e Roberto Pella (Fi).

“Sono molto onorato di aver ricevuto questo incarico. Si tratta di un ruolo importante per favorire gli scambi socio-culturali ed economici fra il nostro Paese e quelli dell’Europa centrale. Inoltre, rappresenta un’opportunità per continuare a sostenere le politiche in favore degli italiani all’estero e le aziende italiane che sono alla ricerca di nuovi mercati e opportunità”, ha dichiarato Giacobbe, che questa mattina ha presieduto la prima seduta dell’Assemblea italiana in qualità di componente anziano.

L’InCE, fondata nel 1989, è oggi parte attiva del processo di integrazione europea dei Paesi membri e non, combinando l’azione diplomatica con la gestione diretta di fondi, programmi e progetti di cooperazione funzionali a tale obiettivo. L’associazione è anche impegnata a rafforzare la collaborazione con le organizzazioni internazionali e regionali, nonché a creare collegamenti strategici con altre istituzioni pubbliche o private, organizzazioni non governative e istituti di ricerca.

Questa nuova nomina sottolinea l’importanza dell’Italia nel promuovere gli scambi socio-culturali ed economici con l’Europa centrale e rafforzare la collaborazione tra i Paesi membri dell’InCE. Il coinvolgimento di parlamentari di diversi partiti politici dimostra inoltre l’unità del Paese nel perseguire questi obiettivi comuni.

Il catanese Rosario Valastro è il nuovo presidente nazionale della Croce Rossa Italiana

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Rosario Valastro è il nuovo presidente della Croce Rossa italiana. Già presidente facente funzione a seguito delle dimissioni di Francesco Rossa e per ben due mandati vicepresidente dell’associazione, Valastro è stato eletto ieri sera con oltre 370 preferenze (oltre il 62% dei votanti). Al suo fianco, all’interno del Consiglio direttivo, sono stati eletti: Adriano De Nardis, Debora Diodati e Antonio Calvano. Il nuovo rappresentante dei giovani sarà, invece, Edoardo Italia.

“Insieme ai consiglieri eletti,- ha dichiarato il neopresidente Valastro – lavoreremo per una Croce Rossa capace di essere ancora baluardo dell’umanità, forte dei suoi sette princìpi (umanità, imparzialità, neutralità, indipendenza, volontariato, utilità e universalità, ndr) e della capacità di tendere la mano verso chiunque ne abbia bisogno”. In qualità di presidente del Consiglio direttivo sarà chiamato a deliberare sui programmi e sui piani delle attività della Cri, indicando le priorità e gli obiettivi strategici di volta in volta previsti e sorvegliando su ogni altra questione di tipo amministrativo.”

Nato a Catania il 1 luglio del 1974, Rosario Maria Gianluca Valastro ha alle spalle una laurea in Giurisprudenza e una specializzazione in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni. Già iscritto all’albo degli avvocati di Catania, ha iniziato il suo percorso all’interno della Croce Rossa Italiana nel lontano 1993, come volontario. Nel tempo, ha poi assunto diverse cariche, sia a livello nazionale che europeo; tra le tante, quelle di ispettore di gruppo, ispettore provinciale e poi regionale, vice ispettore nazionale, fondando anche la scuola nazionale di formazione per i giovani. Consigliere qualificato in materia di applicazione del diritto internazionale nei conflitti armati, per il suo impegno in favore dell’organizzazione ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Nel maggio 2016 è stato eletto vicepresidente nazionale vicario, incarico che gli è stato riconfermato anche nel 2020. Dal 2021 è membro della commissione per lo studio e lo sviluppo del diritto internazionale umanitario, costituita presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

Gotico Americano di Arianna Farinelli, una foto della crisi identitaria degli Stati Uniti

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“Ci accoglie tra le ovattate moquette dell’élite occidentale, poi spalanca sotto i nostri piedi la voragine delle ipocrisie che la mettono in pericolo.”

Gotico Americano, questo è il titolo del romanzo d’esordio di Arianna Farinelli, uscito nelle librerie questa settimana. Edito dalla Bompiani, il racconto fa parte della collana Munizioni (a cura di Roberto Saviano), espressione tramite cui, in senso metaforico, si vuole accostare la serie di racconti a degli strumenti d’interpretazione per difendersi dalla realtà di oggi.

Lungo la linea tra narrativa e saggistica, l’autrice intende descrivere e criticare la realtà americana in cui lei stessa vive, ossia il panorama urbano di una grande metropoli come New York segnata da due eventi, il primo la crisi economica del 2008 e il secondo l’elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti nel 2016.

Proprio da questo avvenimento ha inizio la trama; la protagonista, Bruna, una professoressa di Scienze Politiche presso l’università di New York, riflette sulla sua vita e quella dei propri cari, a partire dal marito Tom i cui genitori sono figli di immigrati italiani che, una volta conseguito l’american dream, sono entrati nel tessuto americano borghese e conservatore, e con i quali Bruna ha un pessimo rapporto. Così la vita della professoressa s’intreccia con quella dell’altro protagonista del libro, Yunus, un suo alunno afro-americano con cui lei ha ritrovato la passione. La vita del ragazzo certamente non è facile e alcuni eventi, come la morte in carcere del padre, lo hanno portato a provare un forte senso di estraniazione verso la società di oggi; Bruna prova a capire questo rancore ma Yunus trova progressivamente riparo nella religione islamica poiché è l’unica capace di rispondere alle sue domande.

L’intento di Arianna Farinelli è quello di scattare una sorta d’istantanea della Grande Mela, città in cui si intrecciano vite differenti fra loro, ma che hanno come comune denominatore la disillusione verso la vita, l’insofferenza per i ruoli che essa ci impone e la crisi identitaria che ne scaturisce; è questo il filo rosso della narrazione, a cui fa da sfondo l’America post crisi, una società che sembra aver perso i valori che l’hanno resa grande e che, alla globalizzazione, epoca contraddistinta dall’intensificazione delle relazioni sociali e dall’avvicinamento dei modelli culurali, risponde in maniera divisiva, inconsapevole dell’ineluttabilità.

Gotico Americano è un romanzo che affronta a viso aperto le questioni politiche e sociologiche del tempo, ed è proprio dalla lente con cui l’autrice analizza gli Stati Uniti di oggi, che prende significato il titolo. American Gothic come il quadro di Grant Wood in cui viene rappresentata una coppia di fronte a una fattoria americana, presumibilmente la propria casa, con lui che impugna un forcone quasi a proteggerla; questi individui così austeri vogliono salvaguardare un qualcosa che ormai è diventato passato, come la loro posizione nella società di oggi, inconsapevoli che presto diverranno, spiega Arianna Farinelli durante la presentazione del libro, “la più grande delle minoranze”.

Nel romanzo il piano personale dei protagonisti si mescola a quello collettivo, in quanto legati da una forte crisi d’identità, perché in fondo non c’è salvezza dell’individuo che prescinda dalla comunità in cui si vive, anche in una grande metropoli come New York. Certi aspetti del libro, ci tiene a precisare Farinelli, rispecchiano fedelmente la realtà, come il carcere dove ingiustamente muore il padre di Yunus, Rikers Island ora prossimo alla chiusura; la scrittrice riprende delle storie veramente vissute come quella di Kalief Browder, ragazzo che appena sedicenne si tolse la vita una volta uscito dal carcere a causa delle numerose violenze di cui era stata vittima in quei tre anni di incarcerazione senza processo; o come la radicalizzazione di Yunus stesso, che per molti aspetti richiama le storie di quei tanti ragazzi che sentendosi emarginati sono arrivati, come il protagonista, a compiere la più tragica delle scelte, partire per combattere con il Califfato Islamico.

Di cosa abbiamo bisogno allora per affrontare queste situazioni? Risponde Bruna, di amore incondizionato per il prossimo, ma anche della consapevolezza che la propria libertà non può neppure iniziare se coloro che ci stanno accanto non sono liberi, poiché la libertà altrui è una responsabilità comune.

Andrea Elifani
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