Tra le quotate italiane una su quattro valuta l’opzione “Benefit” o B Corp

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“La normativa italiana che ha introdotto le Società Benefit nel nostro ordinamento rappresenta una straordinaria opportunità per le aziende italiane di coniugare in modo virtuoso il proprio scopo di lucro con un beneficio in favore del territorio, delle persone e dell’ambiente in cui operano”. È così che ha commentato Barbara Pontecorvo, Head of Deloitte Legal e coordinatrice del team Società Benefit Task Force.

Con la Legge di Stabilità del gennaio 2016 l’Italia, prima in Europa e prima al mondo fuori dagli USA, ha introdotto la Società Benefit per consentire a imprenditori, manager, azionisti di avviare una trasformazione dei modelli d’impresa a scopo di lucro dominanti per adeguarli alla sfida lanciata dai mercati del XXI secolo, incoraggianti un impatto positivo sulla biosfera.

Come ha giustamente sottolineato Franco Amelio, Deloitte Leader Sustainability, Deloitte Italia si annovera la prima posizione nelle Big Four che hanno trasformato le proprie società in Società Benefit, diventando un modello per altri grandi gruppi che vogliono intraprendere la strada aziendale all’interno di un paradigma più evoluto.

 

A questo proposito, le società italiane quotate in Borsa mostrano un interesse sempre più preminente verso la personale gestione aziendale in termini ambientali, sociali e di governance.

La maggiore attenzione alle tematiche ESG è stata attestata dallo studio “Le Società Benefit come possibile modello di sviluppo anche per le società quotate”, condotto dall’ESG European Institute e presentato durante un evento organizzato dalla Deloitte. Attraverso un questionario sottoposto a un campione di aziende quotate e molteplici interviste con i principali player di mercato, si è potuto indagare sull’orientamento rispetto al modello Società Benefit da parte delle società quotate e degli altri soggetti rilevanti del mercato come investitori istituzionali, proxy advisors, associazioni di categoria, banche d’affari e società di consulenza strategica.

Dallo studio emerge che oltre l’80% delle società promuove interessi sostenibili da un punto di vista economico, sociale ed ambientale, volendone dare anche visibilità. Inoltre, tra queste, più di un quarto ha preso in considerazione la possibilità di assumere lo status di Società Benefit o di acquisire la certificazione del nuovo modello di business B Corp.

Di contro, ci sono delle quotate che si dimostrano insicure sulla normativa e temono che, in seguito alla modifica dell’oggetto sociale, l’assenza di benefici o agevolazioni a fronte dell’onerosità delle strutture interne di monitoraggio dell’opzione Benefit, insorga il dritto di recesso; per questo motivo, non nutrono interesse in questo senso. Rispetto alle Società B Corp, le preoccupazioni riguardano il minaccioso obbligo di trasformarsi in Società Benefit subito in seguito all’acquisizione della certificazione.

In aggiunta, l’indagine ha suddiviso gli altri soggetti rilevanti del mercato principalmente in tre orientamenti: il primo, preponderante, è favorevole all’eventuale acquisizione dell’etichetta Benefit da parte delle grandi società quotate, anche in virtù di un effetto traino esercitabile sulle PMI. “La qualifica di società benefit arricchisce il nostro essere mutua che è il nostro purpose – ha dichiarato Virginia Antonini, Direttore della Sostenibilità e della Comunicazione Istituzionale di Reale Group – La capacità di generare impatti intenzionali positivi è condicio sine qua non della perennità delle aziende sul mercato, siano esse piccole, grandi o medie, quotate o non”. O ancora Afsoon Neginy, Coo Business and Sustainability Director di AGF88 Holding: “Sempre più società hanno interesse ad approcciare un percorso sostenibile, AGF88 Holding è tra queste. Nello scorso 2021 siamo diventati Società Benefit, epilogo di un percorso già tracciato nel DNA dell’azienda da anni”.

Il secondo si attesta su una posizione di neutralità, attendendo le nuove indicazioni comunitarie da parte della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD); anche se minoritario, possiede invece un’opinione sfavorevole il terzo orientamento ritenendo che, in termini di sostenibilità, siano già presenti strumenti sufficienti a dimostrare l’impegno di un’azienda.

Per quanto riguarda le piccole e medie società, si rileva un orientamento favorevole con l’opinione che la forma Benefit, indipendentemente da dimensioni e quotazioni, non comporti rischi di dividend policy meno appetibili né di risultati che influiscano sul livello delle prestazioni.

 

Si può concludere che in maggioranza il mercato di oggi sembra essere pronto ad accogliere le iniziative ESG per la misura della sostenibilità degli investimenti e che, come dichiarato da Neginy, “la vera sfida è riuscire a mettere in pratica concretamente in azienda il nuovo modo di lavorare e cambiare la cultura aziendale in tutti i suoi reparti”.




Bookreporter Settembre

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