Prospettive di in-sicurezza energetica in Europa

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L’impegno politico europeo per una maggiore diversificazione energetica delle fonti e delle vie di distribuzione poco ha potuto di fronte alla dipendenza che ancora il continente mostra. Percepito inizialmente come inevitabile dipendenza energetica, il rapporto tra alcuni Stati ha rivelato una vera e propria suggestione geopolitica, aggravata da perturbazioni sociali ed economiche (quando non da conflitti armati).

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In seguito ai recenti sviluppi delle crisi in Ucraina e Libia, il tema della dipendenza energetica è apparso in tutta la sua importanza come uno degli aspetti principali di cui tenere conto tanto nella politica interna quanto in quella estera europea. Non solo abbiamo scoperto quanto siamo dipendenti dall’estero, ma ci siamo resi conto di quanto siamo esposti ad eventi che, pur non minacciando direttamente il nostro territorio minacciano la qualità delle nostre vite. E’ data per scontata la possibilità di usufruire di un numero di servizi caratterizzanti la domanda interna nazionale, i quali però presentano relazioni di tipo politico, geografico ed economico su vasta scala che ne determinano disponibilità ed utilizzabilità. L’insieme di politiche adottate negli ultimi anni ha permesso al sistema energetico europeo di costruire una rete interdipendente di rifornimento e scambio aumentandone la competitività, creando e finanziando nuovi mercati dell’energia e diversificando provenienza e tipo di risorse. Tutto per far fronte ad una forte domanda interna in previsto aumento e mantenere la continuità delle forniture impedendo ai prezzi di crescere eccessivamente. In alcuni Paesi la differenziazione dei mercati e delle importazioni si è affiancata ad una riduzione della produzione di energia nucleare (Francia, Germania, Bulgaria, Olanda e Spagna hanno sensibilmente ridotto la loro produzione tra il 2012 ed il 2013 secondo i dati del BP Statistical Overview of World Energy 2014), un aumento di investimenti in termini di sostenibilità e di politiche ambientali, industriali ed energetiche in un’ottica di riconversione generale del sistema nazione. Il mercato dell’energia è infatti caratterizzato da numerosi sotto mercati che, in un regime di politiche coordinate, dovrebbe essere in grado di dimostrarsi resiliente rispetto a situazioni di insicurezza o stress sistemici.

Paradossalmente, nonostante l’aumento di richiesta di energia sarà pressoché una costante ed il perfezionamento della tecnologia e quindi lo sfruttamento di risorse energetiche cresceranno a loro volta, i trend mostrano una diversificazione verso fonti rinnovabili in grado di incidere sulle politiche economiche, energetiche nonché sugli stili di vita delle comunità. L’aumento del consumo di energia potrebbe coincidere, come hanno dimostrato le recenti crisi, con una parallela riduzione del consumo di greggio e la modifica di abitudini nelle grandi città, la nascita di sistemi alternativi di trasporto urbano aggiunti a standard di efficienza energetica sempre più elevati, che potrebbero agire da elemento riduttore delle richieste energetiche o di slittamento nelle preferenze dei cittadini europei.

Il continente europeo importa infatti circa il 50% dell’energia che utilizza e questa percentuale pesa per un quinto sul totale delle importazioni. Dati recenti della Commissione Europea certificano che un terzo dei circa 300 000 milioni di euro relativi alle importazioni energetiche di greggio e prodotti petroliferi provengono dalla Russia. In quest’ottica le proposte di diversificazione delle tratte di rifornimento di petrolio come il progetto South Stream offrirebbero un’ottima alternativa, sebbene anche in questo caso si ripropongono problematiche relative non solo a costi economici ma anche ad accordi bilaterali e multilaterali, continui smussamenti politici per mantenere una proficua pax internazionale con i partner storici, carenza di infrastrutture. La Commissione calcola inoltre che la bolletta energetica europea costi 1000 milioni al giorno, per una cifra corrispondente, relativamente all’anno 2013, di 400 000 milioni di euro. Attualmente, nella Strategia per la sicurezza energetica europea, c’è da tenere conto di alcuni fattori in apparente contrasto con quelle che sono invece le previsioni nel medio – lungo termine per il continente. La domanda totale di energia risulta inferiore rispetto al picco del 2006 (complici la crisi finanziaria, l’aumento del prezzo del petrolio, investimenti sulle energie rinnovabili) ma dipende sempre più dalle importazioni: cali di produzione interna hanno aumentato le richieste della stesa energia dall’esterno. I dati aggregati più attendibili risalgono al 2012. La situazione di dipendenza europea viaggia su questi fattori di importazione: il 90% del greggio, il 66% del gas, il 60% di carbone.

 

Prospettive e sicurezza regionale

Nuove prospettive energetiche spinte dallo sviluppo di potenzialità territoriali autoctone o made in Europe, sarebbero in grado di deviare parte della produzione interna incanalandola in settori legati all’energia e quindi all’aumento dell’indotto facendo affidamento su una produzione europea che potrebbe sostituire, anche se in minima parte, l’importazione di energia dall’esterno. Questo discorso varrebbe anche per le importazioni di gas, di cui l’Europa è grande acquirente (i Paesi Baltici, in particolare, soffrono della dipendenza da un unico canale di rifornimento della risorsa). Le infrastrutture, le vie di rifornimento, la flessibilità del mercato e la polifunzionalità dei gasdotti (nell’operatività delle linee in più direzioni), le riserve sotterranee, rappresentano senza dubbio elementi imprescindibili per aumentare la resilienza del sistema europeo. Il documento della Commissione fa esplicito riferimento all’alternanza dei flussi per la mitigazione degli eventi critici. La bilancia delle importazioni continuerà ad essere piuttosto importante sotto questo versante per sopportare l’aumento di richiesta (il che significa che l’Europa continuerà a risentire delle fluttuazioni dei mercati cui è esposta) ma allo stesso tempo è previsto un calo nei consumi e nella domanda di alcune fonti di energia, come effettivamente successo con il calo di consumi di gas rilevato da alcuni anni (ad eccezione di Stati Uniti e Cina che hanno registrato un aumento). Sotto una prospettiva di sicurezza regionale, alcune previsioni danno per stabile la richiesta di petrolio così come quella di gas, mentre prevedono un calo per le importazioni di carbone. Il consumo di energia elettrica è destinato ad aumentare a causa del maggiore numero di apparecchiature elettriche che saranno rese disponibili, alla digitalizzazione dei servizi ed al contempo la qualità della produzione ridurrà lo spreco dell’energia stessa, d’accordo con un aumento della competitività e dell’utilizzo di fonti rinnovabili. L’aumento di diversificazione energetica potrebbe risultare in una maggiore sicurezza dalle importazioni estere (che potrebbero essere bilanciate da una rete di fonti energetiche sostenibili). Ruolo importante è quello che giocano l’energia nucleare (il cui utilizzo ha fatto registrare a livello globale un aumento di un solo 0.9%) e le energie rinnovabili che hanno visto un contribuzione nella fornitura di energia di oltre il 5% a livello globale e, seppure in forma molto differenziata, una crescita positiva anche in Europa.

Proprio l’ Europa è al centro di uno studio elaborato dalla Vienna University of Technology, che mette a confronto i dati relativi agli ultimi anni con una previsione fino al 2020. I ricercatori hanno calcolato che nel nostro continente la domanda di energia “lorda” registrerà un andamento altalenante che, anche a causa della crisi finanziaria, inizialmente farà registrare un ribasso per poi attestarsi su livelli moderatamente superiori a quelli registrati prima della crisi, per poi in pochi anni tornare a decrescere. La domanda di energia elettrica, al contrario, crescerà sensibilmente ed a ritmi sostenuti nei prossimi anni anche grazie a quella che lo studio definisce una “sostituzione infra-settoriale”, cioè una situazione in cui l’accesso e la distribuzione dell’energia elettrica diverranno fondamentali anche in settori come quello dei trasporti. Collegato all’elemento della infrasettorialità vi è quello del “portfolio delle forniture convenzionali”. Il rateo di crescita di domanda di energia per alcuni Paesi, che fa da contrappeso a quello del previsto calo di domanda di energia per altri, sarà determinato anche dal fattore di conversione industriale delle singole realtà nazionali. La realtà del settore elettrico, inoltre, è differente dai precedenti (diverrà con molta probabilità la fonte di energia dalla quale dipenderemo maggiormente per far fronte ai bisogni più diversi).

Questo genere di prospettive potranno avverarsi solamente in caso di un rafforzamento delle relative infrastrutture e di un piano di sviluppo nazionale che si sposi con un relativo piano di sviluppo strategico europeo. I vari Paesi europei infatti differiscono molto in termini di infrastrutture sotto il profilo della presenza e della funzionalità delle stesse. Al fine di rendere il settore energetico resiliente e reattivo senza però privarlo dell’efficienza che deve assicurare, si dovrebbero incrementare sistemi inter europei di condivisione di energia e di mobilità di risorse. Lo stoccaggio e le riserve nazionali potrebbero essere affiancate da riserve europee crescenti, sebbene qui bisognerebbe affrontare il problema del contributo economico e di investimenti in reti, infrastrutture, monitoraggio dei vari Paesi. Una maggiore cooperazione nella consapevolezza di vivere su un territorio, quello europeo, con elevate riserve di carbone, che in periodi di stagnazione economica e ricadute negative sul prezzo di altri combustibili è ancora l’alternativa di più immediato utilizzo (sebbene dannosa in termini di impatto ambientale). Giungere ad una Europa autosufficiente non è immaginabile alle attuali condizioni e per via di un processo di unificazione che pare non essere ancora terminato e per ragioni di diversità di necessità all’interno dell’area europea stessa. E’ auspicabile che si compiano sforzi per procedere verso una completa riorganizzazione in chiave continentale del settore, con l’obiettivo di costruire un’Europa sistematicamente resiliente. I fattori di vulnerabilità sono infatti diversi e tra questi nel nostro continente si rilevano una difficoltà di accesso alla fonte, una carenza di infrastrutture o mancanza di adeguata manutenzione (sotto il profilo qualitativo e quantitativo), una carenza di integrazione politica ed economica (vedi i Paesi del Baltico e quelli dell’Europa Orientale), situazioni politiche instabili o mancanza di investimenti, un unico canale di rifornimento.

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Bookreporter Settembre

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