GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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REGIONI - page 55

Attacco a Villejuif: in Francia la lotta contro il terrorismo torna al centro dell’attenzione

EUROPA di

Cinque anni dopo gli attacchi terroristici che hanno colpito Parigi nel 2015, venerdì 3 gennaio, a Villejuif, comune francese a pochi chilometri dalla capitale, un uomo ha accoltellato diversi passanti: un uomo è morto e due donne sono state ferite gravemente. L’aggressore, noto come Nathan C., ventiduenne, è stato ucciso dalla polizia dopo aver tentato una fuga. Leggi Tutto

Trump agita il mondo

MEDIO ORIENTE di

Il calcolo ed il contenimento hanno caratterizzato la lunga rivalità tra Stati Uniti ed Iran. Una rivalità fatta di aggressioni più o meno segrete o tramite intermediari, evitando attacchi diretti e inequivocabili contro civili o militari che avrebbero innescato un aperto conflitto bellico nella regione. Quella tradizione è saltata in aria con un missile lanciato da un drone venerdì mattina nei pressi dell’aeroporto di Baghdad. Con l’ordine di sparare quel missile, il Presidente Donald Trump non solo ha eliminato un nemico degli Usa, il temuto e potente generale iraniano Qasem Soleimani, ma ha anche rinunciato a uno dei suoi pilastri in politica estera: l’impegno a far uscire il Paese dalle “guerre eterne” in Medio Oriente. Le ondate sismiche dell’attacco scuotono un sistema mondiale in cui Trump, a tre anni dal suo insediamento, ben poco ha fatto per stabilizzare.

A differenza di Osama Bin Laden o Abubaker al Baghdadi, leader di Al Qaeda il primo e dello Stato Islamico il secondo, giustiziati in passato dagli Stati Uniti, il comandante delle forze d’élite Al Quds della Guardia Rivoluzionaria iraniana, unità responsabile delle operazioni all’estero, non era un obiettivo troppo difficile da colpire. I due precedenti presidenti hanno avuto la possibilità di eliminarlo, ma hanno preferito evitare per paura di entrare in una guerra senza fine. Ecco perché è sorprendente che colui che ha deciso di agire sia stato proprio Trump, che non ha mai nascosto la sua riluttanza a rimanere imbrigliato in Medio Oriente. Va ricordato che, a differenza di Bin Laden e Al Baghdadi, entrambi terroristi indipendenti che non rispondevano a nessun governo, Soleimani era un funzionario di alto livello di uno Stato,  e non uno qualunque. Ecco perché la sua morte obbliga l’Iran a reagire con forza.

Mentre gli Usa attendono ritorsioni, nessuno contesta che Soleimani fosse un nemico e nemmeno la sua diretta responsabilità nella recente campagna della milizia sciita contro gli interessi degli Stati Uniti, conclusasi con la morte di un contractor lo scorso 27 dicembre a Baghdad, scatenando l’escalation di eventi che ha portato alla morte del generale. Ciò che più fa discutere è quanto sia stato conveniente per Washington questa mossa strategica in un’aerea in cui l’instabilità è cronica. Secondo Robert O’Brien, consigliere per la Sicurezza Nazionale Usa, l’Iran ha due opzioni: una è quella di continuare lo scontro con gli Usa, con ripercussioni sia per il popolo che per il governo iraniano; l’altra è sedersi a un tavolo per negoziare l’abbandono del programma nucleare e la sua guerra in Medio Oriente, comportandosi come un Paese civile.

Lo stesso Trump ha suggerito che l’attacco era uno strumento di negoziazione: “L’Iran non ha mai vinto una guerra, ma non hai mai perso una negoziazione”, ha twittato il Presidente. La sua amministrazione ribadisce che non cerca nessun conflitto e che l’azione è stata un esercizio di autodifesa per evitare un imminente attacco contro gli interessi americani: “Agiamo per fermare una guerra, non agiamo per iniziarne una”, ha dichiarato Trump lo scorso venerdì.

Trump aveva optato per il contenimento già in due occasioni. A giugno, dopo l’abbattimento di un drone di sorveglianza americano, il comandante in capo ha fermato all’ultimo minuto un’offensiva militare che considerava “sproporzionata”. Tre mesi dopo, non c’è stata nessuna reazione all’attacco missilistico alle due navi saudite. Ora, mentre da una parte sostiene che l’esecuzione di Soleimani si adatta alla strategia attuale e nega una svolta verso un conflitto, dall’altra Washington si prepara ad una tale contingenza.

In realtà Trump sembrerebbe aver scelto la strada del conflitto con l’Iran ancor prima di arrivare alla Casa Bianca, promettendo di ritirare gli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare firmato da Barack Obama nel 2015, che aveva tentato di congelare il programma nucleare iraniano in cambio della revoca delle sanzioni economiche. Nel 2018, Trump ha realizzato la sua promessa elettorale, ritirandosi ufficialmente dall’accordo e ripristinando le sanzioni, con la speranza di convincere l’Iran a ritornare alle fasi negoziali precedenti ed ottenere maggiori concessioni. Questa strategia ha avuto come risposta una serie di attacchi mirati agli interessi statunitensi, orchestrati dallo stesso Soleimani, in una regione in cui Trump insiste nel voler ignorare.

La sua campagna, finora senza successo, di massima pressione sull’Iran, combinata con la sua allergia al multilateralismo ed al suo comportamento impulsivo, gli ha fatto perdere sostegno nella regione. Questo si concentra in Arabia Saudita, al cui principe ereditario, il controverso Mohamed bin Salman, Trump ha mostrato un sostegno acritico, e nell’Israele di Benjamin Netanyahu, messo alle strette da problemi interni superiori perfino a quelli di Trump stesso.

Di Mario Savina

Gruppo di Visegrád, i quattro sindaci delle capitali uniti nel “Patto delle Città Libere”

EST EUROPA di

Il Gruppo di Visegrád è un’alleanza culturale e politica di quattro paesi dell’Europa centrale – Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia e Polonia – istituita nel 1991 con il fine di garantire l’avanzamento militare, culturale, economico ed energetico, nonché di promuovere l’integrazione dei singoli stati nell’Unione Europea. Leggi Tutto

Francia ancora in subbuglio: sviluppi delle mobilitazioni contro la riforma delle pensioni

EUROPA di

Età pensionabile ferma a 62 anni ed abolizione dei 42 diversi regimi del sistema pensionistico attualmente in vigore: l’11 dicembre, il Primo Ministro francese, Édouard Philippe ha annunciato il contenuto dell’attesa riforma delle pensioni, che ha provocato e continua a provocare diverse manifestazioni e proteste in tutta la Francia. Leggi Tutto

Redazione
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