GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Laura Laportella - page 2

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Aereo Egypt Air: Probabile esplosione a bordo

BreakingNews/EUROPA di

oggi 24 maggio, a distanza di 5 giorni dalla tragedia aerea del volo M804 dell’Egypt Air sulla tratta Parigi – Il Cairo, si inizia a fare chiarezza su cosa possa essere successo a bordo.

I risultati delle prime analisi svolte dai medici legali egiziani su “parti di corpi ritrovati in mare”, indicano una molto probabile esplosione a bordo. A detta degli esperti forensi il fatto che non siano stati ritrovati corpi interi ma solo “brandelli sparsi” sarebbe un motivo ulteriore per avvalorare la tesi dell’esplosione all’interno del velivolo. A darne notizia verso le 12 è l’Associated Press, ripresa da NBC News.

Intanto non  appena battuta la  notizia,  immediatamenteun membro della Commissione d’Inchiesta francese   –  Gerardo Feldzer – smentisce la notizia dopo esser stato interpellato dal celebre sito francese BFM TV e dichiara che “ è imprudente parlare di esplosione avendo ritrovato solo parti bruciate  dei corpi. Potrebbe anche trattarsi di un incendio. Secondo me si può parlare di esplosione solo nel caso in cui vengano ritrovate tracce di polvere da sparo sui frammenti a disposizione”.

Si riapre ufficialmente la pista dell’attentato terroristico? Le ultime dichiarazioni di entrambi i governi si dicono “ aperti a tutte le ipotesi”. Intanto proseguono incessanti le ricerche delle scatole nere dell’aereo, che se dovessero confermare la tesi dell’ordigno esplosivo deflagrato in volo, le autorità aeroportuali di Parigi Charles De Gaulle dovrebbero dare delle spiegazioni a questa negligenza così grave, specialmente in un momento storico in cui la Francia ha innalzato i propri livelli di sicurezza al massimo, dopo gli attentati di Charlie Hebdo, del 13 Novembre e del 22 Marzo a Bruxelles.

da Parigi Laura Laportella

 

 

 

 

EgyptAir: primi frammenti trovati, la ricerca della scatola nera, l’ipotesi dell’incidente

Varie di

La coltre nuvolosa sul caso Egyptair pare ancora lontana dal diradarsi. La marina francese insieme a quella egiziana è impegnata in questa task force per ritrovare con “massima priorità corpi e la scatola nera” dell’airbus caduto nel Mediterraneo il 19 maggio durante la tratta Parigi-Il Cairo.
Per ora sarebbero stati ritrovati solo alcuni frammenti metallici della carlinga, uno zaino da bambino indumenti facenti parte dei bagli da stiva, qualche rivestimento dei sedili e un giubbotto salva gente. A distanza di tre giorni, ancora non ci sono ancora certezze su quanto accaduto quella notte.

I quotidiani francesi da Le Monde a Liberation riportano le espressioni caute di entrambi i governi coinvolti, dopo che anche il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sissi in un discorso tenuto in televisione proprio durante la mattinata di oggi 22 maggio, ha ripreso a considerare qualsiasi ipotesi aperta.

Sui media francesi si ascoltano molti esperti di aviazione che illustrano le più variegate ipotesi di guasto che possano essersi verificate in maniera così repentina. I segnalatori di fumo sarebbero stati attivati poco prima dello schianto per una dei fumi in gran quantità provenienti dalla toilette anteriore, chi ne sa qualcosa in più dice che potrebbe essere anche una depressurizzazione della cabina ad aver creato questo tipo di fenomeno. In generale l’opinione pubblica è piuttosto vaga nell’esprimersi sull’accaduto e la domanda principale è: possibile che con la tecnologia di cui disponiamo al giorno d’oggi non siamo ancora riusciti a sapere cosa sia successo?

La pista del terrorismo –  intesa come atto mosso da organizzazioni come l’ISIS o Al Qaeda – è sempre meno presa in considerazione per il fatto che nel corso della giornata di sabato sono usciti dei comunicati ufficiali ( almeno da parte dello Stato Islamico) in cui non ci sarebbe nessun tipo di menzione rigurdante l’aereo EgyptAir. La questione in Francia sta iniziando a passare quasi “in secondo piano”, complice l’assenza di notizie determinanti e il fatto che la stampa d’oltralpe ben poco si presta  a dare seguito a tesi “complottiste” non verificate.

da Parigi Laura Laportella

Aereo Egypt Air: cosa sappiamo e quali sono le forze politiche in gioco

Varie di

Il caso dell’airbus A320 della EgyptAir scomparso dai radar alle 02.15 del 19 maggio sembra destinato a diventare un nuovo mistero internazionale. Innanzitutto l’elemento che salta di più all’occhio è che a più di 36 ore dal tragico incidente ancora non se ne conoscano con precisione le dinamiche. Altro punto “oscuro” l’ufficializzazione del ritrovo di parti del velivolo nel tratto di mare sotto l’Isola di Creta ( ma più a sud di dove si pensava inizialmente)  solo a 24 ore dalla disgrazia, la collaborazione non solo dei paesi coinvolti direttamente come Francia, Grecia ed  Egitto, ma anche di Russia e USA. A loro modo i due “giganti” hanno offerto aiuto nelle ricerche. La Russia a livello di informazioni di intelligence – come abbiamo visto nel precedente articolo  – e gli Stati Uniti mettendo a disposizione mezzi.

Lungi dal voler prestare troppa fede alle tesi complottiste, in questo caso ci limitiamo solo ad osservare i fatti. Molti sono gli elementi che, a quanto pare, non “quadrano” del tutto, ma intanto i punti fermi al momento sembrano essere tre: innanzitutto che il pilota non ha accennato nemmeno al più lieve dei problemi nel corso della sua ultima comunicazione con la torre di controllo greca. Un altro punto fondamentale: è stato confermato che si è trattato di uno schianto e non di un’esplosione; terzo elemento, ma per questo non meno importante, è il luogo del ritrovamento che ormai è accertato trovarsi nel braccio di mare tra la Grecia meridionale e l’Egitto.

 

Tutto il resto, o almeno molto di esso, fa parte del grande gioco delle ipotesi. Se i media francesi sono estremamente cauti nel riportare qualsiasi tipo di informazione, che deve avere una fonte ufficiale, nel resto del mondo iniziano a sortire notizie dal sentore mitologico. Ad esempio alcuni quotidiani italiani  parlano di una fantomatica  hostess che avrebbe “predetto” l’incidente; altri che più semplicemente calcano la mano sulla teoria  – né scartata, né privilegiata secondo Hollande – dell’attentato terroristico.  

 

Il traffico marittimo ed aereo nella zona dell’impatto tra il velivolo e l’acqua in queste ore è denso, così come lo sarebbe la macchia di petrolio rilevata in loco, come riportato dai media d’oltralpe. Tutti vogliono aiutare a fare chiarezza sull’accaduto, tuttavia questa chiarezza sembra – per la tecnologia a disposizione al giorno d’oggi – troppo lenta ad emergere. Si può solo sperare che non arrivi ad assomigliare troppo al “cold case” italiano di Ustica.

 

da Parigi Laura Laportella

 

Aereo Egypt Air: la Francia apre una Commissione di Inchiesta, le ipotesi di Russia ed Egitto

BreakingNews/EUROPA di

Sulla causa della tragedia del volo Egypt Air, precipitato nel Mediterraneo tra la Grecia e l’Egitto nelle prime ore della notte del 19 maggio 2016, le Istituzioni francesi si sono dimostrate molto caute nell’attribuzione di responsabilità di questa sciagura che ha visto coinvolti anche 15 cittadini francesi.

L’aviazione greca avrebbe ritrovato i resti del velivolo al largo delle coste dell’isola di Creta e nelle prossime ore dovrebbero giungervi i primi mezzi atti ad effettuare il recupero di ciò che resta del volo MS804. A quel punto si saprà davvero qualcosa in più. Le notizie che sono state diffuse parlano di un ultimo contatto con il pilota proprio mentre sorvolava la Grecia intorno alle 00.05 (ora locale) privo di qualsiasi anomalia. Le fonti egiziane sostengono che l’aereo fosse già entrato nella propria area di volo  ma che poi il velivolo abbia effettuato una brusca virata di circa 90 gradi, per poi precipitare nell’Egeo.

Gli interrogativi sono molteplici. Sia il primo ministro Valls che il presidente francese Hollande si dicono aperti a non scartare nessun tipo di ipotesi, relegando quella di un ipotetico attacco terroristico ad una delle molteplici di esse. Meno cauto è il Governo egiziano che, al contrario  –  secondo le fonti di stampa francese – darebbe come preminente proprio l’ipotesi di un attentato ai loro danni. Il quotidiano Le Parisien inoltre riporta la fonte di un esponente dei servizi segreti della Russia il quale indicherebbe esplicitamente la matrice terroristica come causa della tragedia aerea.

L’idea dell’attentato viene esclusa anche dal noto specialista di comunicazione jiahadista , David Thomson, che su Twitter ha comunicato di non aver trovato nessun tipo di rivendicazione ufficiale dell’accaduto da parte dello Stato Islamico dell’ISIS.

Nel frattempo per evitare qualsiasi tipo di indugio, la Francia ha aperto una commissione di inchiesta che lavorerà al caso, considerando anche le opzioni di guasto tecnico, di incidente o di intenzioni suicidiarie da parte del pilota del volo Egypt Air, così come avvenuto per i casi della Germanwings e della Malaysia Airlines lo scorso anno.

da Parigi Laura Laportella

 

Aereo Parigi – Il Cairo scomparso: cronaca di un’ennesima mattinata buia francese

BreakingNews/EUROPA di

La Francia si sveglia alle 6.45 con le prime voci che un aereo della compagnia Egypt Air, partito da Parigi Charles De Gaulle nella notte di mercoledì e diretto a Il Cairo, sarebbe scomparso dai radar .

A darne notizia è la stessa compagnia aerea che comunica via Twitter. I passeggeri sarebbero poco più di una cinquantina, per la maggior parte cittadini egiziani: secondo Sky  News arabia  ci sarebbero anche un cittadino saudita, un irakeno e si conterebbero circa 15 passeggeri di nazionalità francese.

In poco meno di un’ora il governo francese presieduto da Valls ha indetto una cellula di crisi a disposizione delle famiglie dei passeggeri e per cercare di far luce su cosa sia accaduto al largo dell’Egeo.

Le notizie che seguono sono piuttosto vaghe, il velivolo  si sarebbe schiantato nel mare della Grecia nei pressi dell’isola di Karpathos. Verso le 7.20 il governo greco ha dato la sua disponibilità immediata per aiutare le ricerche dell’aereo, e nel frattempo il premier francese rilascia le sue prime dichiarazioni alla stampa in cui dice di “non scartare nessuna ipotesi”.

Dalle 8.30 inizia il vertice di sicurezza interministeriale a Parigi voluto dallo stesso Valls, Jean-Marc Ayrault (Affari esteri), Bernard Cazeneuve (Ministro interno), Jean-Yves Le Drian (Difesa), Ségolène Royal (Sviluppo) ed il segreatrio di stato per i trasoporti Alain Vidalies, secondo fonti precisate dall’Eliseo.

Al momento nessuno ancora si sbilancia nell’azzardare ipotesi, che al momento sarebbero prive di verifiche certe. Il Governo egiziano parla di un’esplosione in volo, a confermare questa tesi – secondo il quotidiano Le Parisien, sarebbe stato il comandante di una nave mercantile che si trovava al largo delle coste greche e sostiene di aver visto “una fiamma nel cielo” proprio nell’orario in cui effettivamente dovrebbe essere avvenuto lo schianto/esplosione.

Come riporta il quotidiano francese, secondo gli esperti, Il fatto che i piloti non abbiano avuto il tempo di inviare un messaggio, lascia supporre che sia stato un evento improvviso : “se l’equipaggio non ha inviato nessun messaggio di allarme è simbolico del fatto che sia stato un evento molto, molto brutale” spiega Jean Paul Troadec, in passato capo della Commissione di Inchiesta e di Analisi (BEA) in Francia, e prosegue “un problema tecnico,  di norma un incendio, un problema di panne dei motori non provoca un incidente immediatamente e l’equipaggio ha un minimo tempo per reagire”  –  dichiara lo stesso alla radio Europa 1.

Lo spettro del terrorismo torna a visitare l’Europa a distanza di poco meno di due mesi dagli attentati di Bruxelles, la Francia già agitata dai movimenti della Nuit Debut e dei suoi manifestanti, non può allentare nemmeno per un istante il cordone di sicurezza sulla vicenda terrore.

da Parigi Laura La Portella

Parigi, una settimana dopo

BreakingNews/EUROPA/POLITICA/Varie di

 Oggi è una settimana da quel tragico venerdì 13. Un venerdì sera che per Parigi era iniziato esattamente come gli altri, i bistrot pieni di gente che, complice una serata abbastanza mite, si godeva la sua bière o la sua cena nelle terràsse. Alle 21.30 di venerdì 13 Novembre mi trovavo ad un ristorantino in Place de la Bastille, festeggiando con un’amica la nuova esperienza di essere tornate a vivere nella città che amiamo di più dopo la nostra cara Roma.

Eravamo in “terràsse” a finire il nostro vin rosè quando ci si avvicina la proprietaria del locale e con una discrezione ed una calma apparente tale ci invita “ad entrare dentro il locale perché un terrorista ha sparato sulla folla in un ristorante abbastanza vicino”. Inizia l’incredulità, poi la paura. Ci facciamo coraggio, usciamo dal locale per andare lì fuori dove avevamo appuntamento con altre amiche italiane con le quali avremmo dovuto passare una serata in un discopub. Improvvisamente iniziano ad arrivare i messaggi dall’Italia, preso il Bataclan, terroristi in giro che sparano sulla folla.

Ci ritroviamo in Rue de Lappe, famosa per avere un locale accanto all’altro, uno dei centri del divertimento dei giovani parigini. Al nostro arrivo i locali stavano iniziando ad abbassare le serrande e chiudere dentro le persone su indicazioni della polizia. Il mio piccolo gruppo viene invitato ad entrare a casa di un conoscente che chiameremo “D. “. Lui tunisino di 29 anni vive da molti anni a Parigi, doveva andare alla “Belle Equipe” per festeggiare il compleanno di una cara amica di famiglia, ma per uno scherzo del destino non è andato, ha tentato di contattare i suoi amici e parenti lì, ma nessuno gli dava notizie.

Abbiamo passato il resto della serata in questa casa, con le notizie ed i messaggi preoccupati di amici e parenti, e senza avere un televisore, perché proprio quel giorno il nostro ospite aveva portato il decoder in riparazione. Ore di incertezza, poche notizie, telefoni scarichi e nessuna voglia di uscire di lì, il rifugio sicuro. Alle tre del mattino D. ha trovato un amico “tassista privato” che lavora con Uber, lui ci ha riaccompagnato tutte a casa, dopo molta incertezza sul da farsi se fosse sicuro o meno muoversi anche in macchina.

Arrivata a casa è subentrato il dolore, acceso il computer ho iniziato a vedere le immagini dei morti, il numero che aumentava, a chiedermi se tutte le persone che conosco qui stessero bene, vedere con i miei occhi quello che si è consumato a poche centinaia di metri dal nostro “rifugio sicuro”. Il primo pensiero è stato: “P­er un qualsiasi caso potevo essere lì anche io, sono solo fortunata a poterlo raccontare”. Poi la stanchezza delle ore di tensione ha ceduto il posto ad un sonno senza sogni. La mattina dopo eravamo tutti in stato di shock.

Abbiamo appreso, il mattino seguente, che al nostro ospite D. nella sparatoria sono morti quattordici dei suoi migliori amici e due sue cugine, vite spezzate così vicine a noi. Paura ad andare al supermercato, passare la giornata incollata al computer per vedere le notizie, per sapere se stava succedendo altro, se la follia avesse davvero avuto fine, per quel momento.

E questo è stato il clima per tutta la settimana. I parigini sono un popolo forte: dal lunedì hanno iniziato a riprendere le loro normali attività, con più silenzio, ma con la voglia di ricominciare, con il dolore ma con la volontà di non farsi vincere dalla paura. Anche con il blitz a St. Denis, gli elicotteri, i continui passaggi di vetture con sirene, alle quali ormai si fa meno caso, lentamente gli abitanti della Ville Lumière sono tornati alla loro vita.

Per noi Italiani è diverso: le continue chiamate degli amici e parenti preoccupati, una strana sensazione che, da una parte ti dice di tornare a casa, ma che dall’altra è fortemente ferma nel voler restare qui, lo status confusionale da stress post traumatico è destinato a restare dentro di noi ancora a lungo, ma i francesi sono diversi. I francesi sono un popolo coraggioso, che “si piega ma non si spezza”, unito, compatto nel dolore e nel rispetto di chi invece prova molta paura. In questi giorni ho riflettuto molto sull’essenza dParigi: la cronologia del blitz; infograficai questo popolo che ritenevo “scostante” e “superbo”, ma ho iniziato ad aver voglia di essere “un po’ più francese”. Per il coraggio che dimostrano nel ricominciare a vivere la vita. Nelle università e nelle scuole se ne parla; dovunque c’è qualcuno che ha perso un amico o un conoscente, si cerca di capire le cause di tutto ciò di spiegare come la violenza abbia preso il sopravvento sulla libertà, ma non si arriva mai all’odio indiscriminato.

Hanno perso la vita anche molti musulmani e questo i francesi lo sanno bene, sono da anni compagni di questa difficile convivenza in terra d’oltralpe. La metrò si ripopola, così come lentamente anche i bistrot, ma in un silenzio surreale. Il silenzio a Parigi, una settimana dopo, è il protagonista di una ferita talmente grande da togliere le parole, ma non la forza per ricominciare giorno dopo giorno, a guardare avanti.

Il mondo intero a Parigi per la Marche Republicaine

Varie di

La folla in Place de la Republique si è iniziata a formare sin dal mattino e già verso le 14 le metro in direzione centro erano già tutte intasate e gran parte delle persone ha iniziato a dirigersi a piedi verso il luoghi del percorso della lunga marcia di libertà e solidarietà. I numeri di questo colosso pacifico sono noti a tutti: più di un milione e trecentomila le persone che hanno partecipato, tra cui 44 diversi  capi di stato stranieri che hanno sfilato a braccetto l’un l’altro. Tra le immagini che tutti ricorderanno con più commozione sarà quella di Netanyahu  e Abu Mazen per una volta vicini e solidali, ma anche l’abbraccio del  presidente francese Hollande ai supersiti ed ai familiari delle vittime di questi giorni che vorremmo cancellare dalle pagine dei libri di storia su cui non sono ancora stati scritti.

Dalla posizione favorevole trovata al passaggio della marea umana in Place de la Bastille descrivere il panorama è quasi impossibile senza perdersi qualche dettaglio. I colori della gente, le bandiere, qualsiasi esse siano erano portare in segno d’unità. Tanti bambini, anche di pochi mesi hanno camminato tra le braccia dei loro genitori, come se questi gli volessero insegnare da subito come si costruisce un mondo migliore. Non c’era una persona che non avesse con sé un simbolo  anche piccolo per manifestare il loro diritto alla libertà d’espressione, anche solo con penne e pennelli a chiudere un acconciatura. Un placido oceano umano che davano la sensazione uditiva di una calma solenne, interrotta solo da qualche coro che inneggiava alla “fraternità” ed al libero diritto di ognuno di esprimere la propria opinione. Uno dei momenti emotivamente più alti è quando le persone arrampicate sul monumento alla Bastiglia, lì dove i loro antenati hanno combattuto per la parità dei diritti tra tutti i cittadini, intonano l’inno nazionale francese. La Marsigliese all’unisono  di un milione di persone ancora una volta ci ricorda che siamo tutti fratelli e tutti egualmente liberi. “Not afraid” dicevano molti cartelli, per inviare il messaggio diretto di pace a chi punta solo al terrore.

Dopo una marcia che continua ed espandersi fraternamente per tutte le vie d’accesso a Place de la Nation quando si giunge in questa piazza illuminata dai lampioni dalla luce aranciata e dai flash delle macchine fotografiche. Le persone sul monumento al centro della piazza continuano a cantare inni e quelle intorno continuano a sfilare in un surreale carnevale di unità solenne , ma soprattutto di speranza. La folla inizia a disperdesi verso le 18. Naturalmente, così come è arrivata prende la via di casa. “Nulla di simile dalla Liberazione” ( dal nazismo ndr), titolano tutti i telegiornali. E per chi come me era lì e ha vissuto questo evento così straordinario,  così emotivamente intenso e pregno di unione, non può far a meno, anche in modo  un po’ utopico e sdolcinato, di sperare che dopo questa dimostrazione di unità nessuno abbia più il coraggio di attentare alla nostra libertà di espressione in ogni sua forma.

Da Parigi

Laura Laportella

 

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9 gennaio 2015 Parigi sotto assedio

Varie di

 

Parigi sotto assedio si sveglia il 9 di gennaio con la il reparto dei Corpi Speciali Francesi che si trovano a Dammaritin, a circa 40 km dalla capitale, nella regione di Senna et Marne,  circondando una stamperia in cui si sono rinchiusi i fratelli Kouachi, responsabili della strage di Charlie Hebdo.

Andandosi anche solo al prendere un caffè senti la gente che chiacchiera e qualcuno che inizia a dire “ per fortuna li hanno  isolati, sembrava che se li fossero persi nel bosco stanotte ”. Camminando per la strada, il clima era ovattato la tensione nella gente era comunque palpabile.

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Un collega giornalista proveniente dal Marocco racconta di esser stato fermato tre volte dalla polizia quel giorno, la tensione è alta. Parigi aveva subito una brutta ferita, alla quale si era aggiunta la sparatoria a Montrouge in cui era stata uccisa una poliziotta. “E’ un fatto isolato” – diceva la stampa locale –“Tragiche conseguenze di un incidente stradale”, queste le informazioni della Prefettura  e qui tutti ci volevamo credere per non pensare a due atti violenti in meno di ventiquattro ore. Parlando il giorno prima con un ragazzo francese che vive nel mio quartiere alle porte di Parigi,  commentando l’ultima sparatoria ho detto:  “Ma mi chiedo solo come sia possibile che qualcuno vada in giro indisturbato con un mitra in macchina”. Questo ragazzo mi ha risposto con aria rassegnata “Purtroppo c’è molta più gente di quella che noi immaginiamo che va in giro con le armi qui”; lui faceva certamente riferimento  ai fatti di cronaca locale, perché per chi vive qui è noto che ci sono alcune zone, specialmente nelle periferie a nord est della capitale francese , che sono un po’ il ricettacolo di piccole bande di malviventi locali, zone che esistono più o meno in tutte le grandi città.
La mattinata del 9 trascorre più o meno in una normalità quasi surreale. I terroristi assediati e si comincia a  vedere la fine di questo dramma con i terroristi che hanno dichiarato ad un giornalista della BFM-TV di “voler morire da martiri”. Tutti sapevamo che non si sarebbero arresi fino alle estreme conseguenze, ma la verità è che era stata talmente tanto grande l’efferatezza del loro gesto, che non importava a nessuno se fossero vivi o morti, bastava solo che sparissero dalla circolazione. In un modo o nell’altro.

Poi alle 13, seduta nel piccolo ristorante in cui stavamo pranzando con un gruppo di colleghi, sul televisore messo senza audio posizionato infondo alla stanza, leggiamo il sottopancia che scorre sotto le immagini “dell’assedio” ai fratelli Kouachi che dice “Un uomo armato ha fatto irruzione in un supermercato Kosher a Port de Vincennes, prendendo degli ostaggi”. “Non è un caso” abbiamo pensato tutti. Poi l’angoscia, Port de Vincennes si trova a circa due kilometri di distanza da dove ci trovavamo noi in quel momento. Immediatamente iniziano ad arrivare le agenzie che dicono che il sequestratore è l’assassino di Montrouge, che è legato ai fratelli Kouachi. Il quadro si fa inquietante. La tensione per la strada è al massimo, chiuso il tram 3a , chiusa la Periferìque – la “tangenziale” che circonda Parigi – volanti e blindati della Gendarmerie che sfrecciano ovunque a sirene spiegate e le ambulanze. All’interno del supermercato ci sono stati degli spari, ci potevano essere delle vittime e tra gli ostaggi c’erano anche bambini.

Le ore passano, le televisioni dividono le inquadrature tra l’assedio  di Dammartine e Port de Vincennes, arriva la dichiarazione del sequestratore Coulibaly che dice esplicitamente “ Se la polizia farà il blitz a  Dammartine , io ucciderò tutti gli ostaggi”. La conferma ufficiale della correlazione di tutti questi avvenimenti.  Continua a passare il tempo, massima attenzione da parte di tutti, telefonate e messaggi di preoccupazione che arrivano continuamente dall’Italia, si è in attesa: in un’angosciante attesa che questo incubo finisca.

La sensazione generale era quella di essere in mezzo ad una guerriglia, ma non contro i musulmani come sta iniziando a pensare l’opinione pubblica italiana, si è in guerra contro il terrorismo. Noi qui a Parigi eravamo tutti insieme: cristiani, atei, musulmani, ebrei: tutti con la stessa sensazione di  orrore. Alle 17 e 30 circa iniziano i blitz praticamente in contemporanea, le forze speciali sono agli ordini diretti del Presidente Hollande che sta guidando in prima persona le operazioni. La contemporaneità dei blitz era l’unica via possibile da un punto di vista strategico considerato che la presa di ostaggi a Port de Vincennes era la conseguenza del primo assedio. Le immagini vengono trasmesse in diretta mondiale. Tutti abbiamo visto la fine dei fratelli Kouachi e sentito gli spari che hanno ucciso Coulibaly . Era finalmente finita, ma non ci si riprendeva, la conta delle vittime era straziante e continuavano ad arrivare notizie sugli attentatori. I due fratelli erano stati addestrati in Siria ed avevano dichiarato di essere parte di Al Qaeda, il sequestratore ha detto “di far parte dello Stato Islamico”.

Nella notte la conferma:  il ramo yemenita di Al Qaeda rivendica la strage di Charlie Hebdo. Tra le ultime notizie quella della telefonata che sarebbe stata fatta dal sequestratore alla famiglia, ormai certo che sarebbe stato ammazzato ed avrebbe detto “ continuate la mia opera”. Parigi è una città sotto shock,  le persone hanno paura,  nessuno pensa “che sia finita qui”. Bene o male, prima o poi,  la vita ricomincerà a scorrere normalmente nonostante le nuove minacce che gia arrivano nella notte. Le misure di sicurezza sono strettissime, blindati ovunque, controlli delle borse nei centri commerciali. L’atmosfera è surrealmente ovattata. Il cielo grigio continua a rendere pesante l’aria di una Parigi, di una Francia e dell’Europa intera che hanno subito una profonda ferita al cuore.

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Da Parigi

Laura Laportella

Charlie Hebdo, la Francia e l’Islam

EUROPA di

Parigi – La strage di Charlie Hebdo segna per la Francia e per l’Europa un punto fondamentale.

Sono appena passate le 11 di martedì 7 gennaio quando due uomini incappucciati hanno fatto irruzione nella sede parigina della storica testata giornalistica francese Charlie Hebdo ed hanno aperto il fuoco dei loro kalashnikof ed ucciso 12 persone. Charlie Hebdo è giornale satirico nato nel 1970, gli anni della Contestazione e a poca distanza dal Maggio Francese, che nel corso della sua storia, pur mantenendo uno stampo libertario e marcatamente di sinistra, non ha mai mancato di ironizzare pesantemente su chiunque fosse ritenuto oggetto di satira senza  riguardi per fazione politica, religione o altro.

E’ sempre stata considerata una testata “di nicchia”, ma  ha iniziato ad acquisire maggiore popolarità con la pubblicazione di vignette satiriche anti islamiche che hanno fatto il giro del mondo attraverso il web. Che fosse una testata “scomoda” lo si era compreso già dall’incendio doloso nei confronti della redazione avvenuto nel 2011, ma nessuno si sarebbe aspettato un atto di una gravità così estrema.

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Il 7 gennaio all’interno della sede di Charlie Hebdo era in programma una riunione di redazione, che nessuno si aspettava finisse in un bagno di sangue. I terroristi di matrice islamica – individuati dall’espressione “Allah u Akbar” ovvero “Allah è grande” – hanno fatto irruzione nell’edificio situato nel XI Arrondissement di Parigi, non lontano da Place de La Republique , ed hanno ferito a morte 12 dipendenti  ed  eseguito una vera e propria condanna a morte per il direttore Stephan Charbonnier ed i tre magiori vignettisti del giornale satirico: Cabu, Tignous e Georges Wolinski.  Dopo questo atto efferato, con maggiore brutalità i folli omicida si sono accaniti contro un poliziotto già steso per terra a causa dei colpi subiti inizialmente, per poi fuggire a bordo un’auto di che verrà ritrovata abbandonata inseguito nel XIX Arrondissement presso Port de Pantin vicino alla periferia nord est della capitale francese.

manifestazione-2Questo è un avvenimento che ha scioccato profondamente non solo Parigi, ma l’intera Francia che già era preda di forte un vento nazionalista con l’ascesa sempre più rapida dell’esponente del Front Nationale Marine Le Pen. I francesi scrivono: “con l’attentato di oggi muore la libertà d’informazione”. Una frase significativa, come lo è ancor di più il fatto che proprio questo martedì 7 gennaio 2015 è uscito l’ultimo libro del celebre scrittore francese Houellebecq “Sottomissione” alla quale era stata dedicata proprio l’ultima Prima Pagina di Charlie Hebdo. Il libro di Houellebecq ipotizza nello specifico una Francia governata nel 2022 dai Fratelli Musulmani, quindi di una Francia che ha ceduto la sovranità del pensiero Occidentale a favore della meno “responsabilizzante” cultura islamica.

La Francia  è il paese europeo con il numero maggiore di cittadini di religione musulmana e gli intellettuali più acuti, come Houellebecq che da oggi è sotto scora armata, hanno intuito questa progressiva islamizzazione del Paese anche se ancora rifiutata da molti. La strage di oggi e questo libro sono  simbolo di due culture che difficilmente convivono e che spesso collidono. Anche se è vero che la parte maggiore dei musulmani è moderata e ha preso formalmente le distanze dai tragici fatti, costituisce e costituirà una fertile base per far attecchire i movimenti integralisti come l’ISIS, già mandante degli attentati terroristici dello scorso Dicembre in alcune città come Lille e Rennes .

Tutti i  paesi europei si sono sentiti profondamente colpiti in prima persona dalla strage di Charlie Hebdo, perché si è colpito un diritto che almeno in Occidente è fondamentale: la libertà di espressione e di informazione, tipici di stati laici come quelli dell’Unione Europea. I francesi sconvolti, si sono mobilitati immediatamente: dalle 17 del 7 gennaio stesso è stata indetta una manifestazione di cordoglio in Place de la Republique, un luogo simbolico oltre che per la vicinanza con la sede del giornale, anche per la nascita della democrazia prima francese, poi europea.

Commemorazione e rivendicazione dei principi della Rivoluzione Francese, queste le parole ripetute in coro dall’enorme marea pacifica di persone che si snodava nella piazza. Gli slogan più frequenti lanciati dai giovani arrampicati sul monumento al centro della piazza erano “ fraternite” , “ Charlie c’est ne pas mort” e “Sommes tout Charlie” in segno di solidarietà con i le vittime ed i loro parenti ed una volta ancora ribadire i principi per i quali la Francia è stata la culla del pensiero moderno e contemporaneo dell’intero Occidente. Grandi, bambini ed anziani, tutta Parigi si è stretta nel ricordo delle vittime, tra le quali annoverano una porzione della loro libertà

Questo inquietante accadimento di Charlie Hebdo  può essere considerato come una goccia che fa traboccare un vaso già colmo di incomprensioni e di intolleranze. Come da “corsi e ricorsi” analizzati da Gian battista Vico, quello che abbiamo vissuto in quelle drammatiche ore costituisce senza dubbio un evento storico, nodale, il sintomo di un passaggio e così percepito anche dall’opinione delle persone che lo stanno attraversando. E l’inizio di una rivoluzione socio-culturale, di un cambiamento annunciato ed atteso,  di cui ancora oggi non riusciamo a distinguere nitidamente forma e conclusione.

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da Parigi  Laura Laportella

Laura Laportella
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