Sull’accordo tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti

in MEDIO ORIENTE by

Attraverso un tweet risalente al 16 agosto il presidente americano Donald J. Trump ha annunciato al mondo l’avvio verso una normalizzazione dei rapporti diplomatici tra gli Emirati Arabi Uniti e Israele; l’intesa segna un passaggio storico per le relazioni tra gli stati del Medio Oriente e una vittoria diplomatica per la Casa Bianca.

Stando a quanto riporta la BBC i colloqui inizieranno nei prossimi giorni e probabilmente le parti si riuniranno a Washington per firmare l’accordo di normalizzazione dei rapporti entro le tre settimane; non solo, la futura apertura delle rispettive ambasciate nei due paesi darà il via a numerosi accordi bilaterali di commercio in più campi che, stando al comunicato congiunto rilasciato dalla Casa Bianca, riguarderanno investimenti, turismo, sanità e sicurezza mentre già da giorni è stata data la possibilità di chiamarsi da un Paese all’altro, cosa fino a qualche mese fa impensabile.

Gran parte del merito per questa storica intesa va all’amministrazione del presidente Trump, che è riuscita a mitigare l’astio delle monarchie sunnite nei confronti di Tel Aviv; infatti gli EAU sono il terzo paese del mondo arabo a tessere relazioni diplomatiche con Israele dopo la Giordania nel 1994 e l’Egitto nel 1980. In particolare all’interno della Casa Bianca emerge come attore chiave Jared Kushner, ‘senior advisor’ e genero del presidente Trump, nonché amico di famiglia dell’attuale primo ministro Netanyahu. Nel 2017 Kushner è stato incaricato di occuparsi della questione israelo-palestinese e delle crescenti tensioni nel Medio Oriente per conto della Casa Bianca e già nel 2019 aveva presentato in Bahrain un possibile piano a trazione statunitense per pacificare la regione.

Non a caso tramite questo accordo Washington è stata capace di congiungere entrambe le questioni; difatti per la Casa Bianca e gli Emirati Arabi Uniti la normalizzazione dei rapporti con Tel Aviv spingerà Israele a cessare l’annessione della Cisgiordania, territorio a maggioranza palestinese ma de facto occupato dall’esercito israeliano in seguito alla guerra dei sei giorni; gli Stati arabi condannano all’unanimità la costruzione di insediamenti da parte di Israele in quanto questi minano fortemente l’integrità e l’indipendenza di un futuro Stato Palestinese, che per l’appunto unificherebbe i territori della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. L’eventualità, ora al tavolo, che cessino le costruzioni di nuovi insediamenti israeliani sarebbe considerabile una vittoria diplomatica in caso venga poi confermata; in Israele la situazione è complicata, dopo che in tre consultazioni elettorali non è emerso nessun vincitore Likud e Blu e Bianco si sono coalizzati per un governo di solidarietà nazionale; ciononostante i due leader hanno visioni contrastanti sulla questione della Cisgiordania e Netanyahu, capo di Likud e attualmente primo ministro fino a metà mandato, ha bollato lo stop ai nuovi insediamenti israeliani come una scelta temporanea e non definitiva.

Anche se la presidenza di Trump negli ultimi anni ha consolidato i rapporti con le petrolmonarchie del Golfo Israele ancora una volta si conferma il più grande alleato americano in Medio Oriente; infatti stando a quanto riporta il quotidiano The Times of Israel nell’accordo non rientrano questioni di reciproca difesa anzi, Washington continuerà ad offrire a Israele un vantaggio strategico rispetto ai Paesi arabi per cui prima di vendere loro le armi questa deve consultare Tel Aviv, nonostante il leader emiratino Mohammed Bin Zayed spingesse per accedere liberamente all’acquisto degli F-35 e altre tecnologie militari USA.

L’accordo di normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Israele ed Emirati Arabi Uniti ha infine avuto un forte eco nella regione mediorientale ed alcuni Paesi l’hanno accolto in maniera sorprendente. Ad esempio in Libano, paese vicino a Israele ma che ha enormi problemi con questo per via della presenza istituzionalizzata di Hezbollah, il presidente Michel Aoun parlando a un’emittente francese ha rimarcato neutralità rispetto alla scelta emiratina, e si è detto favorevole a un tavolo di pace. La causa palestinese sostenuta dal mondo arabo sembra quindi perdere progressivamente di ortodossia almeno nell’approccio; anni di distacco tra Tel Aviv e il mondo arabo per via della questione palestinese non hanno dato vita ai risultati sperati ma oggi l’azione diplomatica americana, decisa a pacificare la regione, potrebbe ottenere alcuni successi tra cui isolare l’Iran, nazione ostile agli Stati Uniti, a Israele e alle monarchie del Golfo ma protettrice per affinità religiose di Hezbollah e del regime di Assad in Siria.

Bookreporter Settembre

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