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Roma: arrestati sospetti terroristi ISIS

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Martedì 8 marzo i Carabinieri del Ros hanno arrestato a Roma due delle tre persone sospettate di essersi legate allo Stato Islamico. Tra i due spicca Vulnet Makelara, conosciuto con il soprannome Karlito Brigande, 41 anni, macedone, già finito in carcere in Italia, il quale stava progettando di unirsi allo Stato Islamico. Il terzo mandato d’arresto per l’altro complice era destinato al tunisino Barhoumi Firas (29), fuggito però diversi mesi fa in Iraq.

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La ricostruzione degli investigatori
Sono proprio Brigande e Firas i due personaggi chiave dell’inchiesta condotta dai Carabinieri. I due, conosciutisi in prigione, hanno continuato a mantenere i contatti anche fuori dalla prigione nel corso del 2015. Infatti, il macedone, già arrestato negli anni Novanta per rapine, era stato convinto dal tunisino ad arruolarsi con lui nel Daesh e raggiungerlo in Iraq per compiere assieme una sequenza di attacchi con autobomba.

E sono proprio le conversazioni via chat del 20 ottobre 2015, riportate nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Roma Elvira Tamburelli, ad inchiodare i due:

Barhoumi: … andrà tutto bene inshallah… anche se tu vuoi venire qua… posso sistemare tutto per te. Basta che tu fai un programma così anche con documento falso così tu puoi venire inshallah.
Brigande: .. fratello mio, ma io già sono pronto se… mi puoi scrivere le strade, le cose, come faccio, da dove cerco inshallah piano piano di arrivare là.
Barhoumi: … basta tu cerca per venire a Turchia resto ci penso io per te hai capito? Basta che tu venire a Turchia, hai capito?
Brigande: Ok fratello cerco questo mese inshallah… cerco di venire più presto.
Barhoumi: … per me io ho segnato… uno… per una operazione suicida, vuol dire prendo una macchina con l’esplosivo dentro per fare un’operazione contro i kuffar (miscredenti, ndr) inshallah. Però se mi dici una promessa che tu venire dopo un mese io posso allontanare la data dell’operazione.

La questione foreign fighters
Quella riguardante Karlito Brigande è solo una goccia nel mare del reclutamento portato avanti con successo dallo Stato Islamico in Europa e in Italia. Un reclutamento portato avanti da stati come Siria, Iraq e Libia (solo per citare i tre casi più eclatanti), ma di cui sono complici passivi gli stessi Stati occidentali da cui partono i futuri jihadisti.

L’emarginazione sociale ed economica è la leva sulla quale, attraverso i social network, gli uomini di Daesh contano. L’indottrinamento e la campagna di propaganda fatta su quelle persone, in maggioranza giovani tra i 18 e i 35 anni, immigrati di prima ma anche di seconda generazione, è una sorta di fase di addestramento psicologico, preliminare a quello di tipo fisico in loco.

Militanti che spesso si pentono di giungere in aree di guerra, come dice l’aumento degli arruolati in Libia a dispetto di Siria e Iraq, ma che altrettanto spesso vengono utilizzati come pedine dalle gerarchie locali.

Militanti che, però, come già accaduto in Francia e Belgio, tornano con frequenza in Europa per prendere il comando di gruppi di aspiranti jihadisti e guidare una o più azioni terroristiche nelle principali città del Vecchio Continente.

Il fenomeno dei foreign fighters, aldilà dei numeri (circa 30000 sarebbero giunti in Iraq e Siria da oltre cento paesi, secondo gli ultimi dati dei servizi segreti italiani), porta, o ha già portato, la guerra tra Occidente e Stato Islamico ad un livello diverso rispetto al passato. Non più nazione contro nazione. Non più una guerra condotta prettamente contro un nemico in un luogo specifico. La guerra in Siria, in Iraq e quella prossima in Libia, sono combattute anche in Europa, Italia compresa, dalle forze di polizia e dai servizi di intelligence. L’arresto di Brigande, così come i tanti dell’ultimo periodo in Europa, dimostrano che la guerra tra Occidente e Califfato sia solo all’inizio.
Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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